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Nella fase di esecuzione dell’audit clinico, per assicurare rigore metodolo- gico all’intero processo ed una buona qualit`a dei dati raccolti, `e necessario stabilire correttamente [Potter et al., 2010, HQIP, 2012a]:

ˆ Chi `e il soggetto dell’audit - ovvero la popolazione di pazienti in studio; ˆ Quanti dati raccogliere - ovvero la dimensione del campione;

ˆ Quali dati raccogliere - sulla base degli standard e dei criteri prescelti; ˆ Come raccogliere i dati - ovvero quali supporti utilizzare;

ˆ Da dove raccogliere i dati - ovvero le fonti utilizzate;

ˆ Quando raccogliere i dati - ovvero l’intervallo temporale in cui si monitora l’attivit`a;

ˆ Chi raccoglier`a i dati - ovvero chi sar`a l’investigatore.

La Figura 7.3 illustra la fase di esecuzione nell’ambito del ciclo dell’audit clinico.

La popolazione in studio

Innanzitutto occorre definire chiaramente quale popolazione o gruppo di pa- zienti sar`a oggetto dell’audit clinico. I pazienti dovrebbero essere facilmente identificabili e le informazioni agevolmente accessibili. Un approccio pu`o essere quello di considerare, ad esempio, tutti i pazienti che vengono trattati da un certo servizio in un determinato intervallo di tempo, oppure utilizzare i codici di accesso ad un ospedale, o ancora i codici dei Diagnosis-Related Groups (DRG) [Potter et al., 2010].

Inoltre `e essenziale stabilire in maniera corretta i criteri di inclusione ed esclusione nel campione dei pazienti in esame, considerando fattori quali

Figura 7.3: Fase di Esecuzione (Do) nell’ambito del ciclo dell’audit clinico. Eseguire un audit clinico significa identificare i dati necessari e procedere con la raccolta degli stessi. (Da: Royal College of Paediatrics and Child Health (RCPCH). Intermediate level clini- cal audit training for clinicians. http://www.hqip.org.uk/guidance-support/intermediate- level-clinical-audit-training-for-clinicians.html, Aprile 2012).

et`a, condizioni pre-esistenti, tipi di trattamento cui essi vengano sottoposti. I criteri di inclusione scelti devono fare riferimento agli standard di migliore pratica e ai criteri di auditing prescelto [Dixon and Pearce, 2010].

Se nell’audit si considera anche la prospettiva dei pazienti, occorre defini- re accuratamente come i pazienti saranno identificati, approcciati ed inclusi nella popolazione in esame [Potter et al., 2010].

La dimensione del campione

La dimensione del campione dipende dal tema dell’audit. Un audit clinico non `e uno studio randomizzato controllato, per cui `e necessario raccogliere solamente i dati sufficienti a convincere i partecipanti-chiave del fatto che possa essere necessario un cambiamento [Dixon and Pearce, 2010].

Per alcuni temi, su cui tutti concordano circa i problemi di gestione, sono spesso sufficienti pochi dati per raggiungere l’obiettivo: studi condotti su audit clinici nazionali hanno dimostrato come, di solito, siano sufficienti 40 pazienti per fornire una adeguata rappresentazione della pratica corrente in un determinato contesto di cura [Potter et al., 2010].

Nondimeno, `e necessario assicurarsi che la dimensione del campione sia tale da permettere una generalizzazione dei dati raccolti per non introdurre dei bias di valutazione [Potter et al., 2010].

Nel calcolo della dimensione del campione `e inoltre cruciale considerare la frequenza attesa della condizione osservata (ad esempio, numero di casi per settimana), la disponibilit`a di personale per la raccolta dei dati (in rapporto ai turni di lavoro), il tempo a disposizione per il completamento del ciclo e le possibili variazioni stagionali di una determinata condizione clinica [Dixon and Pearce, 2010].

Il tipo di dati raccolti

I dati utilizzati per un audit clinico possono essere quantitativi o qualitativi: i primi sono di solito utilizzati per valutare se uno standard di migliore pra- tica sia stato raggiunto o meno; i secondi sono pi`u appropriati per valutare, ad esempio, l’esperienza dei pazienti [Potter et al., 2010].

E’ necessario raccogliere solamente i dati necessari a raggiungere l’o- biettivo dell’audit, ed essere sicuri di mantenere l’anonimato di tutte le informazioni a disposizione [HQIP, 2012a].

Le modalit`a di raccolta dati

I dati possono essere raccolti utilizzando supporti elettronici o cartacei: in tutti i casi `e necessario predisporre un modulo unico di raccolta dei dati da utilizzarsi per tutti i pazienti. Il modulo dovrebbe essere facile da utiliz- zare, per poter individuare con facilit`a se un determinato criterio sia stato raggiunto o no; inoltre i singoli elementi del modulo utilizzato dovrebbero essere disposti in un ordine logico, e in maniera tale da facilitare il lavoro di raccolta [Potter et al., 2010].

Numerose societ`a scientifiche hanno iniziato a promuovere la conduzione di audit multicentrici, fornendo il materiale necessario per gli stessi: allineare il proprio sistema di raccolta dati con quelli proposti pu`o permettere, alla fine del ciclo, non solo di valutare la propria pratica ma anche di confrontarla con quella di altri centri [RCoA, 2012, Potter et al., 2010].

Le fonti dei dati

Fonti utilizzabili per la raccolta dei dati possono essere le cartelle cliniche dei pazienti, le schede di ammissione ospedaliera, le schede di dimissione ospedaliera, database elettronici per indagini di laboratorio e strumentali, codici DRG. La fonte pi`u appropriata da cui ricavare i dati pu`o variare di volta in volta a seconda del tema analizzato e degli scopi dell’audit [Potter et al., 2010].

I tempi della raccolta dati

L’intervallo temporale in cui si esegue la raccolta dati dovrebbe essere ridotto al minimo necessario per ottenere un campione della numerosit`a desiderata, compatibilmente con le risorse disponibili [Dixon and Pearce, 2010].

L’audit clinico dovrebbe essere uno strumento flessibile: utilizzare dei cicli brevi ma frequentemente ripetuti `e preferibile, e pi`u efficace, rispetto a cicli lunghi e pi`u diradati nel tempo.

Dal momento che la durata della raccolta dati pu`o essere il principale fattore condizionante la durata del ciclo di audit, cercare di limitarla quanto possibile pu`o aiutare a valutare pi`u rapidamente la pratica corrente, a met- tere prima in atto i cambiamenti necessari e ad avviare pi`u velocemente il re-audit.

Fondamentale `e inoltre la scelta tra un audit retrospettivo e un audit prospettico, che dipende innanzitutto dal tema dell’audit e dai suoi obiettivi. Un audit retrospettivo aumenta la possibilit`a di identificare tutti i pazien- ti che rientrino nei criteri di inclusione stabiliti. Tuttavia `e necessario che tutte le informazioni necessarie siano ricavabili dalla documentazione clinica a disposizione, e che i pazienti eliggibili siano facilmente individuabili nella popolazione di pazienti assistita.

Un audit prospettico ha meno possibilit`a di contenere dei bias e aumenta la probabilit`a di ottenere dei dati di buona qualit`a. Tuttavia i tempi di esecu- zione possono essere pi`u lunghi, ed esiste la possibilit`a diƒperdere‚pazienti che dovrebbero essere inclusi. Un altro rischio `e l’eventualit`a di introdurre dei bias di informazione per via del cosiddettoƒeffetto Hawthorne‚: consape- vole della conduzione dell’audit su un certo argomento, il personale sanitario potrebbe modificare la propria pratica quotidiana in senso migliorativo [Pot- ter et al., 2010]. Se da un lato questo pu`o essere un fatto positivo, perch`e aumenta la qualit`a delle cure fornite, dall’altro pu`o anche portare ad una erronea valutazione della pratica corrente, ed alterare i risultati dell’audit. Il ruolo degli investigatori

E’ importante identificare il prima possibile chi raccoglier`a i dati. Se la re- sponsibilit`a `e di una singola persona, l’affidabilit`a dei dati ottenuti aumenta; se la raccolta `e condotta da pi`u persone, `e necessario che tutti i partecipanti ricevino un’adeguata formazione circa le modalit`a di esecuzione per limitare la variabilit`a inter-osservatore [Potter et al., 2010].

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