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Esempio significativo di tale atteggiamento politico e strategico che, tra le altre cose, ribadisce ancor più il ruolo centrale dell’Ambasciata d’Italia a

Washington nel cercare di animare il dibattito diplomatico intorno alle questioni

della difesa euro-americana, è un telespresso del febbraio 1959 proveniente

proprio dall’ambasciata italiana negli Stati Uniti che ha per oggetto l’esame delle

linee guida delle concezioni strategiche e militari statunitensi alla luce delle

discussioni maturate davanti alla Commissione senatoriale d’inchiesta per gli

armamenti missilistici e al Pentagono da parte di alcune figure chiave

dell’establishment dell’amministrazione Eisenhower, quali Werner von Braun,

Capo dell’Agenzia missilistica dell’Esercito degli Stati Uniti e il Segretario alla

Difesa McElroy. Di seguito parte dell’ampia sintesi elaborata dai funzionari

diplomatici italiani di stanza a Washington:

Contemporaneamente infatti alle indagini che va svolgendo la Commissione Senatoriale d’inchiesta, una complessa ed accesa discussione è in corso al Pentagono tra i massimi esponenti militari per giungere ad un accordo su un concetto chiave ancora controverso e la cui soluzione dovrebbe determinare tutta la futura

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ACACE, Vent’anni di politica estera italiana (1943-1963), cit., p.512.

impostazione della politica militare degli Stati Uniti. E cioè che “genere” di deterrent gli Stati Uniti devono assicurarsi; in altre parole di quali e quante forze gli Stati Uiti devono disporre per potersi dire in possesso di un deterrent davvero efficiente. La disputa che, a quanto si apprende, sarà ben presto portata davanti al Consiglio Nazionale di Sicurezza, procede a “porte chiuse”: il che significa che tutti i dettagli sono già ampiamente e conoscenza di molti circoli interessati e che le linee principali sono già sulla stampa165.

Così continuava:

Ho già dato uno schematico riassunto di quelle che sono le tre tendenze principali che si confrontano in merito a questo problema: sembra ora che gli indirizzi si stiano precisando in modo più netto e che i portatori delle varie correnti si stiano polarizzando intorno a due teorie abbastanza definite. Da una parte gli assertori del deterrent “minum” o “finite”; dall’altra gli assertori dell’”infinite deterrent”, o teoria della “counter force”. In base a quest’ultima teoria un deterrent veramente efficace è solo quello che può assicurare la distruzione totale della macchina militare avversaria e cioè di tutte le sue forze di attacco nucleari e missilistiche: per ottenere un tale deterrent è indispensabile contrapporre al potenziale sovietico un potenziale identico per quantità e qualità, adottando il criterio del “missile per missile” Sostengono invece i portatori della prima teoria che è assurdo pensare ad eliminare con un solo colpo tutto il potenziale bellico avversario, mentre è invece sufficiente per fiaccare le intenzioni aggressive di quest’ultimo essere in possesso di una forza che sia in grado di distruggere il maggior numero possibile delle sue città: a tale scopo non è necessaria l’applicazione pratica del “missile per missile”, poiché l’efficacia del deterrent non è costituita dalla quantità degli armamenti su cui esso si basa, bensì dalla invulnerabilità degli stessi, che consente loro di sopravvivere al primo attacco nemico. I portatori di questa teoria, pertanto più che sul numero dei missili da costruire mettono l’accento sulla necessità di creare un vasto ed efficiente sistema di armi missilistiche quanto più mobili, nascoste e disperse sia possibile; sistema che non potrà, d’altra parte, essere perfezionato se non con l’entrata in linea della “seconda generazione” di missili, quelli azionati a propellente solido ed i cui prototipi più efficienti saranno il Polaris della Marina e, soprattutto, il Minuteman dell’Aviazione[rispettivamente un IRBM e un ICBM ]166.

165 ACS, MDA, Ufficio Segretariato Generale, b. 12, 1960, telespresso n. 22/382, da

MAE (DGAP-Ufficio NATO) a MDA, 11 febbraio 1959, riservato.

166Ibidem. Per quanto concerne l’evoluzione dell’ipotesi legata alla cosiddetta teoria della

counter force da notare è il discorso del Capo dell’Agenzia missilistica dell’Esercito americano, Werner von Braun, davanti alla Commissione Senatoriale d’inchiesta per gli armamenti missilistici. Dalla sintesi fatta dai funzionari diplomatici italiani emerge quanto segue: “Dalle sue dichiarazioni [quelle di von Braun] sono emersi tre punti di maggiore risalto: 1) I russi sono sicuramente in possesso di un accuratissimo sistema di guida che dovrebbe permettere ai loro missili intercontinentali di colpire gli obiettivi avversari con precisione quasi assoluta: ciò è stato ampiamente dimostrato dal recente, riuscito esperimento lunare. 2) Il vantaggio dei sovietici sugli americani nello sviluppo del programma ICBM può calcolarsi tra dodici e diciotto mesi. 2) Se i sovietici continueranno a sviluppare al ritmo attuale il loro programma ICBM, agli americani occorreranno almeno cinque anni di sforzi assai più intensi di quelli che compiono oggi per rimettersi alla pari”, Ibidem. Come possiamo notare le dichiarazioni di von Braun avevano una presa vigorosa sulle posizioni a favore della teoria del first strike grazie alle teoriche carenze strategiche e operative in materia di armamenti missilistici che si pensava gli Stati Uniti avessero contratto rispetto all’URSS. In evidente contrasto con quest’ultima posizione si manteneva l’opzione legata alla teoria della rappresaglia massiccia così descritta nella nota diplomatica proveniente dell’Ambasciata d’Italia a Washington: “Dalle apparenze sembrerebbe che la teoria del “minum deterrent” stia esercitando un’influenza sempre più determinante nel pensiero e nei piani strategici del Segretario della Difesa e dei suoi massimi collaboratori. Ma in ciò, sostengono alcuni ambienti competenti, più che l’accoglimento definitivo di una ben individuata teoria difensiva è da scorgersi una viva riluttanza ad impiegare forti cifre per sviluppare oltre un dato limite armi di transizione, quali indubbiamente sono gli attuali missili a propellente liquido, che in un futuro abbastanza vicino dovranno essere rimpiazzate da prototipi più efficienti e meno costosi.

Il fatto che il dibattito internazionale sulle dottrine militari e nucleari