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In maniera sempre più particolareggiata i funzionari diplomatici descrivevano l’effettiva situazione dello stato degli aiuti militari americani alla

penisola e il ruolo che quest’ultimi avevano nel costruire un’efficace politica

difensiva, a sua volta capace di sostenere l’evoluzione politica e militare

dell’integrazione euro-atlantica. L’allegato suddetto continuava affermando:

La situazione delle nostre necessità e dei possibili aiuti americani è la seguente: a) il nostro S.M. [Stato Maggiore], in un piano finanziario quinquennale compilato nel 1958, valutò, per ottenere il [riammodernamento] e la messa a punto delle FF.AA., un fabbisogno di aiuti MDAP [Programma di aiuti militari americani] (oltre alle risorse nazionali) di 160 miliardi di lire all’anno (80 miliardi di aiuti normali e 80 di aiuti straordinari) per cinque anni. Tale cifra non teneva conto delle nuove armi, ma era riferita al solo armamento convenzionale. Lo Stato Maggiore Difesa dà la priorità alla modernizzazione dei nostri armamenti nei settori degli aerei per l’Aeronautica e dei veicoli da combattimento per l’Esercito; b) SHAPE è partito, ne[gli] studi di pianificazione, dall’assunto che all’Italia verrà corrisposto per i prossimi cinque anni un aiuto annuo di 125 milioni di dollari (78 miliardi di lire). Tale cifra non costituisce un impegno ma l’ipotesi che, tenuto conto dei vari fattori, SHAPE riterrebbe più consona alle nostre esigenze; c) le assegnazioni di aiuti MDAP all’Italia negli ultimi due anni hanno segnato una preoccupante flessione,

211 ACS, PCM, Ufficio del Consigliere Diplomatico 1949-, b.34, fasc.I15, appunto Aiuti

riducendosi a 50 miliardi di lire nel 1958-59 (80 miliardi di dollari) e, in seguito a vari contatti ufficiali ed ufficiosi con il Pentagono, non sembra che tale cifra, negli anni […] sarà suscettibile di aumenti; d) le recentissime tendenze che vanno manifestandosi in America possono anzi far temere una riduzione dell’ammontare globale degli aiuti americani, e quindi anche di quelli assegnati all’Italia. Le dichiarazioni di esponenti responsabili americani sono, a questo riguardo, solo parzialmente rassicuranti. Ciò non può non preoccuparci notevolmente sul piano tecnico militare, date le esigenze di rimodernamento - in settori vitali – delle nostre Forze Armate212.

E ancora:

Negli Stati Uniti a queste tendenze di ridurre gli aiuti si accompagna quella di chiedere ai Paesi alleati un aumento del loro contributo. Possiamo dire che l’Italia, aumentando recentemente del 4% progressivamente per i prossimi cinque anni i suoi bilanci militari, ha già dato prova di voler fare il massimo sforzo compatibile con la sua situazione economico-finanziaria. Per questo motivo non le si può chiedere un ulteriore aumento. I dirigenti americani debbono peraltro rendersi conto di quanto sia difficile, specie nel clima di distensione, per i Governi dei Paesi con forte opposizione comunista, di chiedere maggiori sacrifici per la difesa se gli Stati Uniti rallenteranno i propri sforzi nel settore della Difesa e degli aiuti militari. Una riduzione degli aiuti americani verrebbe ad avere una grave incidenza sui piani di difesa del nostro Paese concepiti con una visione d’assieme, in modo che la mancata corresponsione di una parte degli aiuti avrebbe un effetto più che proporzionale e toglierebbe gran parte del suo valore al nostro sforzo supplementare213.

212 Ibidem.

213 Ibidem. Per meglio chiarire le difficoltà che Washington stava vivendo

nell’elaborazione degli esercizi di spesa della propria politica militare e di sicurezza nazionale è utile leggere un appunto proveniente dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica inerente la polemica tra due delle principali Forze Armate statunitensi: la United States Air Force (USAF) e la Marina Militare (NAVY). Di seguito ciò che si evidenzia dal documento in questione: “Quest’anno la polemica è stata, e continua ad essere, particolarmente violenta in quanto il Congresso è chiamato a decidere in merito alle attuali e future responsabilità delle due Forze Armate. Le divergenze di opinioni possono così sintetizzarsi: [a] la NAVY sostiene la necessità di potenziare al massimo il Weapon System «Sottomarino atomico-Polaris», considerato da essa il deterrente meno vulnerabile ad attacchi condotti con missili balistici intercontinentali; [b] l’USAF per contro desidera che il deterrente principale dovrà essere costituito dal missile intercontinentale della II generazione Minuteman. Negli ultimi giorni la polemica si è ulteriormente inasprita a seguito delle disposizioni, fatte di fronte al Congresso, dal Capo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio Burke, e dal Sottocapo di Stato Maggiore dell’USAF, Generale Le May. L’Ammiraglio Burke, ha fermamente sostenuto che le forze di ritorsione dovrebbero essere principalmente costituite da unità mobili, al fine di garantire la loro sopravvivenza ad un attacco termonucleare. Tali unità mobili non solo sarebbero praticamente invulnerabili, ma avrebbero anche il vantaggio di allontanare dal territorio degli Stati Uniti la minaccia di un attacco diretto. Il Generale Le May pone invece in dubbio questo concetto della NAVY. Egli sostiene che lo schieramento dei mezzi di ritorsione al di fuori del territorio degli Stati Uniti, potrebbe avere imprevedibili conseguenze. Infatti un eventuale nemico sarebbe portato a ritenere che, fino a quando il territorio degli Stati Uniti non fosse direttamente sottoposto ad attacco, gli americani potrebbero essere disposti a negoziare ed a cedere. Non vi è dubbio invece, sostiene il Generale Le May, che se il territorio degli Stati Uniti fosse colpito, questi no avrebbero altra alternativa se non quella di impegnarsi a fondo, rigettando ogni possibilità di negoziato […]. È da ritenere che la polemica durerà indefinitivamente. Essa potrebbe risolversi soltanto nel caso che lo sviluppo dei due Weapons Systems dovesse dare qualche sorpresa ed uno di essi non venisse messo a punto. Ciò sembra comunque poco probabile dato i soddisfacenti risultati conseguiti fino ad oggi. È da attendersi pertanto che entrambi verranno a costituire una aliquota sostanziale del deterrente, anche perché la politica militare degli Stati Uniti si basa sulla esistenza di forze di ritorsione diversificate”, in ACS, MDA, Ufficio del Segretariato Generale, b.5, 1960, da Stato Maggiore Aeronautica a MDA, protocollo n.8354/413, Roma, 8 aprile 1960.

Le linee guida del pensiero diplomatico e militare appena descritte saranno