I rilievi che precedono consentono dunque di inquadrare me-glio la previsione della conferenza di servizi all’interno della più ge-nerale problematica della semplificazione.
Tra le esigenze che hanno condotto alla formulazione della previsione legislativa dell’art. 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (all’interno del Capo IV dedicato alla “semplificazione dell’azione am-ministrativa”), vi è stata quella di facilitare il rapporto tra P.A. e
pri-vati e tra le stesse amministrazioni in procedimenti complessi carat-terizzati dall’emanazione di una pluralità di provvedimenti ammini-strativi.
Quindi, da un lato il contatto del privato con un’unica ammi-nistrazione anziché il rilascio di più provvedimenti da parte delle varie amministrazioni coinvolte, dall’altro, nell’adozione di ciascun provvedimento, un confronto contestuale delle amministrazioni in una sede comune, al fine di pervenire ad una decisione il più possi-bile concordata e frutto delle volontà diffusa.
L’istituto, per la verità, ancor prima della normazione positiva della legge sul procedimento amministrativo, era rinvenibile in
al-cune previsioni settoriali nei casi in cui fosse necessario acquisire pa-reri delle varie amministrazioni coinvolte nel procedimento162.
La legge n. 241 del 1990 raccoglie, dunque, le esigenze, di cui si è parlato in precedenza, derivanti dall’affermazione di un plurali-smo amministrativo che ha posto in crisi il metodo tradizionale di esercizio della funzione ed ha aperto la strada verso moduli di eser-cizio alternativi163.
Essa, dunque, «consente di ricucire sul piano operativo il fra-zionamento delle competenze e la distribuzione, tra vari centri di imputazione, (della cura) degli interessi pubblici»164. Ed in tal modo diviene «rimedio idoneo a fronteggiare e rendere meno dannoso,
162 Si pensi, ad esempio, all’art. 3-bis del decreto legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito con modificazioni in legge 29 ottobre 1987, n. 441, in materia di smaltimento dei rifiuti;
all’art. 27 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (legge finanziaria del 1988); all’art. 1 della legge 30 dicembre 1989, n. 424 (recante misure di sostegno per le attività economiche nelle aree interessate dagli eccezionali fenomeni di eutrofizzazione verificatisi nell'anno 1989 nel mare Adriatico); all’art. 2 del decreto legge 1 aprile 1989, n. 121, convertito in legge 29 maggio 1989, n. 205, in materia di interventi infrastrutturali nelle aree interessate dai campionati mondiali di calcio del 1990; all’art. 3 della legge 5 giugno 1990, n. 135 in mate-ria di prevenzione e lotta contro l’AIDS; all’art. 3 della legge 29 novembre 1990, n. 380 (interventi per la realizzazione del sistema idroviario padano-veneto).
163 E’ quella che G.PALMA, Itinerari di diritto amministrativo, Padova, 1996, 288 ha definito come progressiva crisi della logica procedimentale per approdare a «nuove metodologie per la più proficua formazione della imparziale volontà della Amministrazione», con la conseguenza di giungere verso una maggior “informalità”, volta a «stemperare la preesi-stente rigida previsione normativa» non solo «in riferimento ai singoli momenti procedi-mentali, ma anche in riferimento alla conformazione giuridica degli atti».
164 Così, F.G. SCOCA, Analisi giuridica della conferenza di servizi, cit., 259.
sotto il profilo dell’efficienza, questo policentrismo imperfetto, rian-nodando le competenze nel momento in cui diversi poteri vengono concretamente esercitati»165.
La previsione contenuta nella legge n. 241 del 1990, da un lato dà una prima risposta alle esigenze di trasformazione della funzione amministrativa non in grado di soddisfare con i suoi tradizionali moduli di esercizio in modo efficiente alle numerose e variegate sol-lecitazioni della realtà. Dall’altro, tenta di utilizzare, a tal fine, un istituto di carattere generale. Ed è per tale ragione che, in dottrina, si è colto un punto di svolta all’interno dei moduli di esercizio della funzione amministrativa166.
165 Cfr., ancora, F.G.SCOCA, Analisi giuridica della conferenza di servizi, cit., 259. Da notare come l’autore rinviene, quale finalità primaria della conferenza, non tanto la semplifica-zione o lo snellimento del procedimento ma «la valutasemplifica-zione comune e contestuale degli interessi pubblici comunque coinvolti in una determinata operazione amministrativa».
166 Parla di una «soluzione originale ai problemi del coordinamento delle azioni ammini-strative» F.G. SCOCA, op. ult. cit., 257; per P. BERTINI, La conferenza di servizi, cit., 271, la conferenza è un «efficace strumento di coordinamento e adeguato rimedio ai possibili ri-schi di disarticolazione e di settorializzazione del sistema amministrativo»; P.M. P IACEN-TINI, La conferenza di servizi: considerazioni generali, in Riv. trim. appalti, 1989, 1147, sostene-va che la conferenza di servizi potesostene-va «costituire l’occasione per l’introduzione nel nostro sistema di una nuovo modo di amministrare che consenta da una parte l’intervento di tutti i soggetti interessati e, dall’altra, mantenga l’unicità della sede decisoria e restringa al massimo i tempi di decisione»; si riscontra, infine, una interessante interpretazione in S.CASSESE,L’arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001, spec.
611, che, nel considerare l’incidenza delle conferenze di servizi nei consueti paradigmi dello Stato, ne offre una chiave di lettura diversa dagli usuali concetti di semplificazione e coordinamento dell’azione amministrativa. L’A., infatti, definisce la conferenza quale
Quindi, costituiscono punti chiave sia la semplificazione che l’accelerazione dei processi decisionali delle amministrazioni pubbli-che perché nei moderni sistemi amministrativi democratici convivo-no una pluralità di interessi pubblici meritevoli di tutela. E tra di essi il più delle volte non vi è un rapporto di prevalenza imponendosi, così, esigenze di coordinamento tra centri in posizione di equiordi-nazione.
Pertanto, «il rapporto, la composizione, la ponderazione, il contemperamento fra di essi vengono sempre più spesso realizzati con moduli orizzontali e consensuali e non più, o sempre di meno, con moduli verticali e gerarchici»167.
L’esigenza è, dunque, chiara: individuare moduli procedimen-tali in sintonia con questo nuovo contesto in cui l’interesse pubblico può derivare e manifestarsi attraverso un processo di formazione cui siano chiamati a partecipare in posizione paritaria numerosi sogget-ti, compartecipi di un’opera di armonizzazione e contemperamento
tra i diversi interessi pubblici alla tutela dei quali ciascuno è
«luogo dello scambio, dove, con concessioni reciproche, si può raggiungere una conclu-sione».
167 F. BASSANINI -L.CARBONE, La conferenza di servizi. Il modello e i principi, cit., 174.
sto che deve dare una risposta anche attraverso la sintesi che dal confronto deriva.
L’idea di un luogo – quale la conferenza – per la «valutazione contestuale» degli interessi pubblici, coinvolti in un medesimo pro-cedimento o in più procedimenti collegati, sembra vincente anche per combattere il frazionamento delle competenze, causa di ineffi-cienze provvedimentali della P.A.168.
Ma, come spesso accade, la concretizzazione di un’idea è ope-razione complessa perché non sempre i modelli costruiti riescono a dare le risposte sperate per le inevitabili incrostazioni e sedimenta-zioni esistenti e per l’oggettiva difficoltà di precostituire schemi adattabili alla multiforme realtà.
La “storia” della conferenza, di cui si sono riassunte le tappe significative, ne costituisce una esemplificazione significativa.
168 E ciò in linea con le idee espresse da autorevole dottrina: cfr. M.NIGRO,Relazione intro-duttiva, in F. TRIMARCHI, (a cura di), Il procedimento amministrativo fra inerzia legislativa e trasformazioni dell’amministrazione (Atti convegno Messina-Taormina 25-26 febbraio 1988), Milano, 1990, 23, per il quale il procedimento amministrativo dovrebbe essere concepito come «entità dinamica, flessibile, di natura organizzativa e soprattutto come entità aper-ta, cioè non vincolaaper-ta, né quanto all’istruttoria, né quanto alla conclusione da modelli ri-gidi ma suscettibile di assumere tutte le forme che la realtà concreta della vicenda sugge-risce o impone».
3. I riflessi sulle teorie ricostruttive della dottrina. Inquadramento