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Il bagaglio di conoscenze e abilità possedute da un individuo unito alla sua capacità di ragionamento analitico e all’intensità dei suoi rapporti sociali, definiscono in modo totale ed univoco ciascuna persona. Nel capitolo precedente si è discusso quale sia l’importanza di possedere tali abilità e quale sia il loro impatto su performance lavorative superiori. Quali sono, però, le modalità con le quali un individuo arriva a possederle e ad utilizzarle in maniera efficace? Quali attività permettono ad un soggetto di svilupparle? Quali processi mentali e comportamentali devono essere messi in atto per apprenderle e padroneggiarle? Questi sono alcuni degli interrogativi che verranno affrontati in questa sezione.

Attraverso questo capitolo, si vuole evidenziare, unicamente tramite la letteratura e dal punto di vista teorico-concettuale, in che modo l’esperienza vissuta determina la formazione e lo sviluppo di competenze spendibili nel lavoro. Il rapporto tra questi elementi non è diretto. È necessario, infatti, che l’individuo metta in atto dei processi che gli permettano di ampliare le proprie conoscenze e competenze. Questi processi, costituiti da una serie di fasi strutturate detti modelli di apprendimento, necessitano che i soggetti entrino in contatto con nuove informazioni e che vi sia la volontà di possederle come nuova conoscenza. Le esperienze, si vedrà, costituiscono una delle principali fonti con le quali gli individui alimentano il proprio essere.

L’attenzione verrà concentrata su di una particolare tipologia di esperienze, cioè quelle personali (o extra-lavorative), che costituiscono il principale ambito di studio di questo contributo. Lo studio della letteratura, concentrato su di alcune esperienze ritenute significative, permetterà la formulazione di ipotesi che saranno oggetto di studio nel capitolo successivo.

2.1 INTRODUZIONE

“Repetita iuvant”. La locuzione latina, che letteralmente significa “le cose ripetute aiutano”, esprime quale sia la principale modalità attraverso la quale un individuo arriva ad imparare e, successivamente, a padroneggiare una nuova informazione: la ripetizione. Dal punto di vista neurologico, attraverso questa attività, si stabiliscono e si rafforzano i circuiti neuronali che permettono uno scambio più efficace di informazioni, regolando la nostra capacità di memorizzare un determinato evento ed intervenendo, inoltre, nei processi di apprendimento.

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L’esperienza diretta non è, però, l’unico elemento da considerare nell’ambito delle abilità possedute da un individuo. Oltre a questa, vi è un fondamentale apporto derivante dalla conoscenza istintiva o innata. Tralasciando il dibattito filosofico5 sull’argomento e analizzando solo il punto di vista neurologico, considerando i dieci miliardi di neuroni presenti nel nostro cervello alcuni dei quali hanno ciascuno connessioni sinaptiche nell’ordine delle dieci mila (Popper & Eccles, 1994), si può capire quale sia la mole di informazioni di carattere ereditario ed inconscio presente nella nostra corteccia cerebrale. La nuova conoscenza derivante dall’esperienza va a consolidarsi sulla conoscenza ereditata dall’evoluzione e, in alcuni casi, a modificarla.

Il corredo genetico presente in ciascun individuo rappresenta un ulteriore carattere ereditario derivante dai genitori e, in generale, dai nostri avi. Tale corredo influisce in maniera profonda sul nostro essere, definendo caratteristiche caratteriali e comportamentali, gusti, propensioni e attitudini intrinseche, così come una forma mentis che caratterizza profondamente il nostro modo di vivere e pensare.

Risulta, quindi, che il nostro sapere ed il nostro essere siano alimentati da due fonti: le informazioni acquisite attraverso l’eredità ed il corredo genetico e quelle acquisite nel corso della nostra vita attraverso le esperienze, sia di carattere lavorativo, scolastico/accademico sia personali, cioè, legate ad interessi, passioni e valori personali.

Tralasciando qualunque trattazione riguardo alla conoscenza innata, si cerca ora di approfondire le tematiche dell’apprendimento, in quanto processo necessario per la creazione di nuova conoscenza, trattando dei molteplici approcci educativi presenti in letteratura.

2.2 APPRENDIMENTO: LE PRINCIPALI DETERMINANTI

Affinché il processo di apprendimento abbia inizio, è necessario che un individuo entri in contatto con una serie di informazioni, provenienti da innumerevoli possibili diverse fonti, e che vi sia l’intenzione personale (o la necessità) che queste si trasformino in nuova conoscenza. Il solo contatto con queste diverse tipologie di informazioni, infatti, non comporta che

5 Brevemente, si possono individuare due diverse filosofie di pensiero contrapposte: l’empirismo e l’innatismo. La corrente “empirica” abbraccia dai classici Aristotele e Tommaso D’Aquino fino alla corrente degli Illuministi di Locke, sostiene che la mente umana, al momento della nascita, sia una tabula rasa che viene plasmata dai sensi e dalle esperienze sensoriali. L’innatismo, da Platone a Leibniz, sostiene l'esistenza nella mente di un metodo con regole di conoscenza preesistenti ad ogni esperienza, enfatizzando l’importanza dell’evoluzione e dell’eredità nella conoscenza innata degli uomini.

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l’individuo ampli effettivamente la sua conoscenza, in quanto è necessario un processo di apprendimento attraverso il quale ciò avvenga.

Questa sezione vuole presentare le diverse modalità con le quali avviene il processo di apprendimento, le diverse tecniche ed approcci educativi, sottolineando le peculiarità di questo processo nello sviluppo delle competenze emotive.

Affinché possa avvenire un processo di apprendimento, è necessario, innanzitutto, che vi siano una serie di meccanismi di generazione e condivisione del sapere, che permettano la diffusione della conoscenza personale all’interno di un gruppo di persone o di una organizzazione (Gerli, 2002). Il processo, presentato da Nonaka e Takeuchi (1995), prende il nome di “conversione

della conoscenza”, attuabile in quattro diverse modalità, in base alle possibili interazioni tra

forma implicita ed esplicita della conoscenza6. La prima modalità prende il nome di socializzazione e consiste nel trasferimento tra individui di conoscenze implicite senza l’uso del

linguaggio ma tramite tecniche come l’osservazione, l’imitazione e la pratica. I principali esempi sono costituiti dal lavoro in affiancamento o dal on-the-job training. La seconda è chiamata

combinazione e consiste in un trasferimento di conoscenza esplicita per formare altra

conoscenza esplicita attraverso il linguaggio, documenti scritti o reti informatiche. In questa modalità rientrano le più tradizionali forme di istruzione e formazione come quella scolastica/universitaria ed i Master. Sono, però, le modalità chiamate esteriorizzazione (da implicita ad esplicita) ed interiorizzazione (da esplicita ad implicita) ad essere centrali per la creazione di nuova conoscenza. Attraverso la prima, infatti, viene compiuto uno sforzo di concettualizzazione della conoscenza tacita tramite il linguaggio, convenzioni grafico- metaforiche, analogie, concetti ed ipotesi (un esempio può essere la creazione di un manuale musicale che spieghi le nozioni teoriche e pratiche di uno strumento). Questa fase permette la successiva interiorizzazione che porta a nuova conoscenza tacita (Gerli, 2002).

Le modalità presentate, anche se teorizzate in ambito di creazione di conoscenza in ambito organizzativo, non sono riscontrabili unicamente in quell’ambito, bensì in una qualunque situazione nella quale avvenga una condivisione di conoscenza. Il trasferimento di una conoscenza, per quanto centrale per l’apprendimento, non è sufficiente ad un individuo per vedere accrescere il proprio sapere. Nel tentativo di affrontare la tematica dell’apprendimento,

6 Secondo la distinzione avanzata da Polany (1965), la conoscenza esplicita è quella che risulta articolata, codificata e

comunicabile, ad esempio una ricetta; la conoscenza implicita, invece, è intimamente connessa all’individuo, intuitiva, non articolabile e difficilmente trasmissibile, come saper cucinare bene o saper suonare uno strumento musicale (Vicari, 2008).

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Bonesso, Gerli e Pizzi (2015) classificano nel modo seguente le numerose tipologie di apprendimento presenti in letteratura (come in Wertenbroch & Nabeth, 2000; Hawtrey, 2007):  Traditional Learning methods: sono le più tradizionali forme di apprendimento con approccio di tipo top-down. Attraverso lezioni frontali, vengono presentati contenuti teorici agli individui, i quali sono chiamati a risolvere problemi utilizzando le nozioni apprese. Secondo Dwhliwayo (2008), l’utilizzo univoco di queste modalità porta a risultati limitati, in quanto i destinatari delle nozioni divengono passivi spettatori dell’insegnamento stesso e sono unicamente chiamati ad imparare teorie e concetti.  Individual Experiental Learning methods: sono le modalità di apprendimento con le quali

le persone acquisiscono conoscenza attraverso simulazioni, progetti ed altri strumenti che permettano di applicare praticamente le conoscenze. L’approccio è di tipo bottom-

up.

 Social Experiental Learning methods: modalità attraverso le quali le persone acquisiscono conoscenza dall’interazione reciproca e della condivisione di esperienze. È un processo tipicamente di carattere sociale.

Se la classificazione proposta racchiude le numerose metodologie di apprendimento teorizzate in letteratura, è necessario differenziare le due diverse tipologie di training possibili: il training di carattere tecnico-cognitivo; il training legato allo sviluppo dell’intelligenza emotiva e delle competenze collegate. Se i metodi evidenziati sono ottimali per l’insegnamento della prima tipologia di training, quando al centro vi sono le competenze emotive è necessario avanzare delle precisazioni.

Figura 2.1: Evoluzione degli approcci nei processi formativi (Gerli, 2002)

Qualunque sia l’oggetto dell’addestramento – tecnico-cognitivo o emotivo – l’approccio con il quale viene svolto l’insegnamento determina la qualità del risultato finale. Un focus unicamente sulle metodologie didattiche, sui materiali e strumenti utilizzati o sui contenuti (approccio

teaching-centered), per quanto aggiornati siano, non è garanzia di efficacia dell’insegnamento.

È necessario che si modifichi radicalmente l’approccio, ponendo come elemento centrale del processo l’apprendimento ed i risultati positivi derivanti dal processo formativo (approccio

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«Il training relativo alla parte tecnica del lavoro è facile – ma è molto più difficile insegnare a essere flessibili, a dimostrare integrità, a essere coscienziosi o abili nelle

relazioni interpersonali» [Goleman, 1998]

Questa differenza è dovuta al fatto che le due diverse tipologie di training interessano due diverse aree celebrali. L’addestramento tecnico-cognitivo, infatti, interessa l’area celebrale detta neocorteccia (chiamata anche “cervello razionale”) nella quale risiedono le capacità tecniche ed analitiche. La sua struttura la rende estremamente efficiente nell’apprendere nuova conoscenza e permette l’inserimento molto rapido di nuovi eventi o informazioni in una rete cognitiva estesa, creando nuove strutture di associazione o rafforzando quelle già esistenti. L’addestramento necessario allo sviluppo delle competenze sociali ed emotive, invece, coinvolge altre aree cerebrali. In particolare sono interessati i circuiti che collegano i centri emotivi, ed in particolare l’amigdala, facenti parte del sistema limbico e situati in profondità nel cervello, con i lobi prefrontali che costituiscono la parte esecutiva del cervello.

Tale differenza è evidenziabile tramite le parole di Goleman, Boyatzis e McKee (2004): “La

struttura della neocorteccia fa di essa una macchina straordinariamente efficace ai fini dell’apprendimento, in grado di espandere la capacità di comprensione dell’individuo inserendo fatti nuovi o concetti sconosciuti in una rete cognitiva estesa. Questa modalità associativa di apprendimento si realizza in tempo straordinariamente rapidi: il cervello razionale può afferrare qualcosa a partire da un singolo ascolto o da una semplice lettura. Il sistema limbico, al contrario, impara in modo molto più lento, soprattutto quando occorre riapprendere abitudini profondamente radicate (...). La rieducazione del cervello emozionale richiede pratica ed esercizio costante”. Non si tratta di aggiungere nuovi dati ad una conoscenza pregressa, ma si tratta di

indebolire un’abitudine divenuta naturale e spontanea e sostituirla con una nuova. Questo addestramento non può essere svolto in un’aula scolastica. È la vita l’arena dell’apprendimento (Goleman, 1998) e richiede un prolungato esercizio.

Figura 2.2. Goleman: Un diverso modello di apprendimento

L’addestramento tecnico è semplice se paragonato a quello necessario allo sviluppo dell’intelligenza emotiva e sociale. Tutto il nostro sistema educativo s’ingrana su abilità cognitive. Ma quando è il momento di insegnare le competenze emotive, esso è penosamente carente. Capacità come l’empatia o la flessibilità differiscono in modo essenziale dalle abilità cognitive – si basano su aree cerebrali diverse.

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Le abilità puramente cognitive hanno sede nella neocorteccia, il cervello “pensante”. Ma nel caso delle competenze sociali e personali, entrano in gioco altre aree cerebrali, e principalmente i circuiti che collegano i centri emotivi – e in particolare l’amigdala – situati in profondità nel centro del cervello, con i lobi prefrontali, che sono il centro esecutivo del cervello. L’apprendimento delle competenze emotive comporta una riaccordatura di questi circuiti. Poiché l’apprendimento intellettuale differisce in modo fondamentale dalla modificazione del comportamento, i modelli di educazione sono significativamente diversi nei due casi. Per le capacità intellettuali, l’aula scolastica è l’ambiente adatto, e la semplice lettura – o il semplice ascolto – di un concetto, anche una sola volta, può essere sufficiente ad impadronirsene (…). Nel caso della modificazione comportamentale, invece, è la vita stessa a rappresentare l’autentica arena dell’apprendimento, che richiede un prolungato esercizio. L’apprendimento scolastico consiste, essenzialmente, nell’aggiungere informazioni e conoscenze alle banche della memoria localizzate nella neocorteccia. La neocorteccia impara immettendo nuovi dati nelle strutture di associazione e comprensione preesistenti, così da estendere e arricchire i circuiti neurali corrispondenti.

Ma l’apprendimento di una competenza emozionale comporta questo e altro: richiede anche il coinvolgimento dei circuiti emotivi, nei quali è immagazzinato il nostro repertorio di abitudini sociali ed emotive. Modificare tali abitudini – imparare ad accostarsi in modo più positivo agli altri invece di evitarli, imparare ad ascoltare meglio o a saper fornire un valido feedback – è un compito più difficile di quello che aspetta chi debba semplicemente aggiungere nuovi dati ai vecchi. L’apprendimento emotivo richiede un cambiamento più profondo a livello neurologico: l’indebolimento dell’abitudine preesistente e la sua sostituzione con una migliore.

La comprensione di questa differenza nella funzione cerebrale alla base dei due processi è essenziale per trovare i modi davvero efficaci di insegnare le competenze emotive e sociali.

Fonte: Goleman (1998)

La conoscenza di questa differenza tra le due tipologie di addestramento è fondamentale nel momento in cui si organizzano i programmi di formazione. Basare unicamente un programma finalizzato all’insegnamento di competenze emotive su metodi e strumenti ottimali per l’apprendimento cognitivo produce risultati minimi, se non addirittura negativi. Il risultato di programmi di formazione non efficacemente progettati è quello di ottenere il cosiddetto “effetto luna di miele”, dove, nell’arco di un periodo di poche settimane, si perde qualunque vantaggio immediato ottenuto tramite il training.

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A questo riguardo, Waddock e Lozano (2013), hanno sottolineato come la fase educativa debba essere sempre più rivolta verso lo sviluppo della autoconsapevolezza degli studenti e delle abilità interpersonali, a discapito del puro apprendimento concettuale e tecnico. L’insegnamento emotivo-comportamentale, inoltre, richiede che vi sia una partecipazione maggiore dell’insegnante rispetto al tradizionale insegnamento tecnico-cognitivo, il che lo rende maggiormente complesso (Bonesso, Gerli & Pizzi, 2015). La rieducazione del cervello richiede molto tempo e una pratica costante.

Partendo da queste considerazioni riguardo la natura delle competenze emotive, Goleman (1998), insieme ad un gruppo di ricercatori e studiosi, si concentra sull’individuazione di una lista di Linee-guida che costituiscano la prassi ottimale per far sviluppare ed apprendere tali competenze emotive. Nella Figura 2.3 sono presentati tutti i punti individuati, ciascuno dei quali risulta necessario per una efficace programma di training ma non sufficiente, in quanto è la presenza contemporanea di più elementi a determinare un’efficacia superiore del training. Tra le Linee-guida, è possibile evidenziarne alcune di particolare importanza per l’efficace riuscita del programma. Innanzitutto, la complessità del processo richiede che il soggetto sia adeguatamente motivato prima di intraprenderlo; un sistema per permettere ciò è quello di focalizzare su di esso l’intero processo, coinvolgendo il soggetto stesso, in fase di pianificazione del processo, nella definizione degli obiettivi finali.

Durante il processo, gli obiettivi devono essere sempre chiari, sfidanti ma raggiungibili, in modo che non venga mai meno la spinta motivazionale.

In ogni fase, il soggetto deve essere inserito in un contesto sociale favorevole, disposto a supportarlo negli sforzi verso i nuovi comportamenti. Questo clima può provenire da persone fidate e legate da legami personali o da altri soggetti coinvolti nei medesimi sforzi.

Viene, in fine, evidenziata l’importanza della valutazione e del feedback durante ogni fase del processo stesso.

Figura 2.3: Linee-guida per il training delle competenze emozionali

 Valutare il lavoro. Progettare il training sulle competenze necessarie per eccellere in un ambito.

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 Presentare le valutazioni con delicatezza. Il feedback ha una valenza emotiva rilevante; se presentato efficacemente è centrale nello sviluppo di un soggetto, se offerto in modo improprio, disturba.

 Giudicare esattamente la preparazione. Considerare che le persona si trovano ad un livello diverso di preparazione e farne un valutazione.

 Motivazione. Il training deve rendere esplicito il legame tra una forte spinta motivazionale e il perseguimento dei propri obiettivi.

 Fare in modo che il cambiamento sia auto-guidato. Obiettivi di sviluppo e piano per raggiungerli devono essere scelti dal soggetto stesso. In questo modo esso si renderà conto della valenza di queste finalità sui propri obiettivi.

 Concentrarsi su obiettivi chiari e raggiungibili. La competenza deve essere chiaramente presentata, così come i passi necessari per impararla e padroneggiarla.  Evitare le ricadute. Modificare abitudini cementate richiede tempo ed eventuali

ricadute, comunque, non costituiscono un fallimento. È necessario, però, esserne consapevoli ed imparare dagli errori.

 Offrire un feedback sulla prestazione. Inserire nel training momenti per il feedback permette di incoraggiare e guidare il cambiamento.

 Incoraggiare l’esercizio. Un cambiamento richiede esercizio costante, a casa come a lavoro. Il training deve evidenziare l’importanza di utilizzare il comportamento per un periodo prolungato.

 Organizzare forme di sostegno. La composizione ottimale consiste in persone che stanno svolgendo sforzi simili in modo da condividere problematiche e fornire sostegno reciproco. Possono essere utili inoltre persone fidate come familiari o amici.  Fornire modelli. Persone che dimostrano efficacemente un comportamento possono

essere di ispirazione.

 Incoraggiare. Creare un generale clima di sostegno e di apprezzamento per gli sforzi profusi nel miglioramento incoraggia ad affrontare le difficoltà.

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 Rinforzare il cambiamento. Si sostiene un cambiamento efficacemente riuscito, ad esempio, con maggiori responsabilità o riconoscimento con lodi.

 Valutare. Stabilire metodi per valutare lo sforzo di cambiamento e per capire se questo potrà essere duraturo.

Fonte: Goleman (1998)

Oltre alle Linee-guida presentate, in letteratura sono stati sviluppati dei modelli di apprendimento finalizzati a definire processi mentali, comportamentali ed attitudinali ottimali per favorire l’apprendimento e permettere la padronanza di nuove conoscenze ed abilità. Questi modelli non sono stati sviluppati per essere applicati unicamente all’interno dell’ambito lavorativo. La loro applicazione è ottimale anche per l’apprendimento di abilità legate ad interessi personali o ad azioni che vengono svolte quotidianamente (cucinare, guidare, ecc…). Si presentano, oltre al già citato contributo di Goleman, altri contributi storici in ambito di sviluppo delle competenze.

2.3 MODELLI DI APPRENDIMENTO

Il contributo degli Spencer

Il primo contributo storico analizzato proviene dagli Spencer (1993). Queste quattro teorie definiscono un metodo generale con il quale gli adulti imparano e si correggono. Le teorie sono:

1. Apprendimento dall’esperienza. 2. Acquisizione della motivazione. 3. Apprendimento dagli altri. 4. Autocorrezione.

La prima teoria si fonda sull’idea che gli adulti apprendono al meglio se seguono un processo articolato in quattro fasi: concettualizzazione astratta, sperimentazione concreta, esperienza

personale e riflessione (Figura 2.4). Nonostante gli adulti generalmente si concentrano su una o

due fasi del processo, questo porta a risultati ottimali solo se viene svolto nella sua interezza. Figura 2.4: Apprendimento dall’esperienza

58 Fonte: www.provincia.torino.gov.it

La seconda teoria evidenzia come i soggetti possono sviluppare ed agire sui tratti più profondi della personalità. Ciascuna delle 5 fasi del modello rappresenta una spinta a cambiare:

 Modello concettuale: viene presentato un nuovo modello teorico di riferimento e le ragioni per le quali sarà efficace.

 Autovalutazione: indicare in che misura il soggetto possiede la competenza e quale sia il divario tra il suo livello ed il livello necessario per raggiungere gli obiettivi personali.  Pratica: il nuovo comportamento deve essere messo in pratica, prima con attività

simulate poi nella vita reale.

 Dichiarazione degli obiettivi: il soggetto deve apprendere a fissare obiettivi coerenti, quindi sfidanti ma raggiungibili, e a programmare l’uso della competenza.

 Supporto dagli altri: incentivare un clima favorevole attorno al soggetto, attraverso il sostegno personale di persone fidate e messaggi di feedback ottimamente presentati. La terza teoria si basa sull’idea che l’apprendimento possa derivare dallo studio o dalla vicinanza prolungata con individui che manifestano un comportamento di successo in una determinata situazione. Attraverso la visione di casi reali o filmati, il soggetto viene invitato ad imitare il medesimo comportamento.

La quarta teoria dell’autocorrezione parte dal presupposto che nessuna persona può essere cambiata contro la sua volontà. L’Autocorrezione afferma che un cambiamento riguardo un

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