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Espressività: Neutralità vs Affettività

Nel documento Tecnici (pagine 57-61)

Nel calcio il controllo delle proprie emozioni è naturalmente una grande qualità, una di quelle che segnano la differenza tra il campione e il calciatore normale.

Pelè era solito dire che la diversità tra un buon giocatore e un giocatore ordinario è nella capacità di fare certe cose in partita e non solo in allenamento. La differenza tra un buon giocatore e un fuoriclasse, nella capacità di farle nelle grandi partite.

Con questa dimensione, non ci si riferisce alla maniera di gestire le proprie emozioni ma al diverso modo di manifestarle. La gestione dei sentimenti rientra nella sfera della capacità individuale, l’espressione degli stessi è invece correlata alla formazione culturale.

Si può ragionevolmente presumere che anche Messi e Cristiano Ronaldo abbiano tensione e paura prima di un’importante finale; il campione argentino, addirittura, diverse volte è stato ripreso dalle telecamere con violenti conati di vomito in campo, durante le partite. Quello che fa la differenza non sono l’insensibilità o la freddezza ma la capacità di gestire le emozioni nel miglior modo possibile. Questo avviene soprattutto grazie alle capacità individuali di autocontrollo, magari determinate dalla sicurezza nei propri mezzi e da un’autostima cresciuta nel tempo grazie ai successi pregressi.

Nella maniera di esultare, arrabbiarsi, deprimersi o commuoversi anche i calciatori sono profondamente condizionati da tutto quello che hanno appreso nel loro ambiente culturale.

La famiglia e le istituzioni sociali insegnano ai loro membri in quale maniera sia corretto o educato manifestare ciò che provano e questo a prescindere da quello che realmente sia il grado di intensità emotivo.

Nelle culture neutrali quali Inghilterra, Svezia, Olanda, Finlandia e Germania ma anche e soprattutto alcune culture asiatiche confuciane (Giappone su tutte) si insegna a contenere le espressioni di qualunque sentimento come forma di educazione e rispetto. L’autocontrollo è degno di ammirazione, nascondere le proprie reazioni non solo non è negativo ma al contrario una dimostrazione di forza.

Nelle culture affettive quali quelle latino - europee o latino - americane, il processo logico - culturale è esattamente opposto. Si percepisce fin da

bambini la possibilità di manifestare liberamente le proprie sensazioni e, addirittura, diventa quasi obbligatorio in certi momenti esprimere in forma chiara quello che gli astanti si aspettano che l’individuo realmente debba provare.

Una particolare attenzione a questa profonda differenza culturale dobbiamo averla proprio noi Italiani, considerati l’emblema dell’espressività tanto quanto i Giapponesi lo sono della neutralità. Questo scontro culturale portò tanti anni fa il popolarissimo presentatore italiano Pippo Baudo26 a commettere una gaffe con due ospiti giapponesi invitate sul palco del festival di Sanremo. Al momento del commiato, Baudo, evidentemente pervaso di cultura italiana a forte espressività, pensò di baciare sulle guance le due ospiti che rimasero impietrite e quasi mortificate: nella neutrale cultura giapponese il bacio pubblico sulla guancia a una donna in una circostanza formale è una confidenza arrogante ed inaccettabile.

Il dottore italiano del West Ham, medico di comprovata professionalità ed esperienza nel calcio, si è trovato, nella sua avventura con i calciatori britannici, in una sorta di incompatibilità ambientale, tanto grave da costringere il direttore sportivo Gianluca Nani, che lo aveva portato con sé in Inghilterra, a sostituirlo con un medico inglese. Il modo molto italiano e confidenziale di rivolgersi ai calciatori del West Ham aveva trovato molto più che freddezza e diffidenza: dare pacche sulle spalle ridendo e scherzando con i pazienti durante le visite è un segno di affabilità con i calciatori italiani ma di frivolezza con quelli inglesi.

26Pippo Baudo rifece la stessa gaffe con una donna islamica nella puntata di Ballarò nel gennaio del 2016. «Qui ci vuole un

bacio», come si fa in Sicilia, dove tutti si strusciano le guance. Macché, non se ne parla nemmeno: nell'ottica delle buone maniere islamiche il kiss kiss pubblico non è assolutamente previsto. Non è appropriato. Il Giornale 14/01/2016

Il nostro modo di essere, considerato spontaneo, folcloristico e divertente per il gesticolare continuo può essere travisato dalle culture nelle quali esistono comportamenti profondamente diversi. Parlare ad alta voce impartendo direttive ad un calciatore polacco può portare a una seria incomprensione: in Polonia si tende ad usare un tono monocorde in situazioni pubbliche nonostante quella polacca sia tendenzialmente una cultura affettiva.

Sgridare un calciatore asiatico pubblicamente e duramente potrebbe comportare una rottura irrimediabile: nelle culture neutrali esiste un’importante clausola detta del “salvafaccia” (saving face in inglese). Bisogna sempre permettere al nostro interlocutore una via di uscita onorevole, che sia per uno sbaglio o per una posizione negoziale. Non dare questa via di fuga significa quasi certamente perdere un rapporto o non chiudere una negoziazione.

Il modo di “offrire la faccia” contraddistingue il diverso approccio culturale delle nazioni affettive e quelle neutrali. L’approccio “dare la faccia” (in inglese giving face) è il modo di fare di chi vuole mettere a proprio agio sempre e comunque l’interlocutore o l’ospite. Atteggiamento informale, tono colloquiale e ambiente amichevole ne sono il corollario.

Il modo “salvare la faccia” (come detto saving face) è l’approccio di chi mette in primo piano la propria reputazione rispetto al confort dell’ospite: atteggiamento formale, tono quasi aulico e ambiente elegante ne sono le caratteristiche esteriori.

Gli Italiani sono affettivi con approccio diretto giving face e il confronto con le culture neutrali e approccio saving face può portare a errori e incomprensioni di incalcolabili conseguenze.

Il grande Indro Montanelli, nella sua opera Storia d’Italia, scrive che non si sa “se il melodramma nacque in Italia perchè gli Italiani sono

melodrammatici o se gli Italiani sono melodrammatici grazie al melodramma”. Conclude considerando che senza nulla togliere alla

grandezza di certi capolavori di Claudio Monteverdi27 “nel suo insieme il

melodramma è stato la dannazione degli Italiani, una corruzione del gusto, un adescamento a quanto c’è in noi di più retorico, falso, teatrale e grandiloquente. Esso diventò una seconda natura dell’Italiano e tutt’ora fa parte di un certo nostro bagaglio di gesti, atteggiamenti e di mentalità.”

Per evitare che il melodramma sia una dannazione anche per i professionisti italiani che lavorano nel calcio, la cultural intelligence può essere un buon antidoto.

Nel documento Tecnici (pagine 57-61)