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Ettore Sottsass Jr, Nanda, 1972

«La proposta di

microevents è un riesame critico delle possibilità di vita senza oggetti. Si tratta di una rilettura dei rapporti tra il processo di progettazione e l’ambiente attraverso un modello alternativo di esistenza, reso visibile da una serie di immagini simboliche. Il microevent è una stanza in cui il pavimento e il soffitto sono ricoperti da feltro nero. Sottili linee luminescenti agli angoli fanno risaltare chiaramente la forma cubica. Le dimensioni sono circa sei piedi per sei piedi. L’ambiente è posto al centro di una piattaforma alta sedici pollici. Tutte le pareti del cubo sono costituite da specchi polarizzati, in modo che il modello

interno sia più leggibile. Il prototipo è un quadrato di scacchi plastificati: una macchina dalla quale fuoriescono vari terminali. Uno di questi è collegato ad uno schermo televisivo, che trasmette un filmato di tre minuti: un documentario su modelli di vita naturali e su diverse situazioni di lavoro. La traccia audio, che accompagna le immagini, dà informazioni sui concetti proiettati. Eventi meteorologici sono ripodotti sul soffitto: alba, sole, nuvole, tempesta, tramonto, notte. L’illuminazione del cubo varia in base ai fenomeni proiettati. Il resto della camera è immerso nelle tenebre. [...]

In questa mostra

MVRDV, KM3, 2006

Nella sezione dedicata alla genealogia del gruppo una ricostruzione cronologica illustra come, dopo l’esperienza formativa che passa attraverso lo studio di Sant’Elia e dell’unità di Marsiglia di Le Curbusier, gli MVRDV intrapren-dono ricerche disciplinari in merito al concetto di urbanizzazione verticale.

In questo quadro sinottico si trova come riferi-mento per l’anno 1969 il Monuriferi-mento Continuo dei Superstudio e No stop-city di Archizoom. vi presentiamo un

modello alternativo di vita sulla terra. Abbiamo immaginato una rete di energia e di informazioni che si estende ad ogni zona abitabile in cui la ‘vita senza lavoro’ e le nuove ‘potenzialità’ dell’ umanità sono rese possibili dalla rete stessa.

Nel modello, questa rete è rappresentata da un ‘quadrato’ cartesiano, inteso non solo in senso fisico, ma anche come metafora visivo - verbale per un ordinata e razionale distribuzione delle risorse.»

Superstudio, Microevents, in Emilio Ambasz (a cura di), Italy, the new domestic landscape, Centro D, Firenze 1972. p. 242 (trad. red.)

«Ascoltate, credo davvero che sarà qualcosa di veramente straordinario! Sarà molto spaziosa, luminosa, veramente ben organizzata, senza angoli nascosti. Ci sarà buona illuminazione, davvero brillante, tanto da mostrare chiaramente a tutti gli oggetti presenti. Tutto sarà semplice, senza misteri, senza anime inquiete. Meraviglioso! Veramente molto bello e molto grande. Straordinario! Sarà fresco, con un immenso silenzio! Mio Dio, come posso descrivervi questi splendidi colori! Vedete, molte cose sono davvero difficili da raccontare, soprattutto perché saranno utilizzate in un modo nuovo. E poi, ci sarà vetro, legno, linoleum, acqua, piante, vasi, e molte di queste scatole saranno in legno o plastica …Vedete, ci saranno moltissimi oggetti meravigliosi, e rimarrà

ancora spazio , sarà così grande e così bello ... quello che si usa, quindi, per realizzare il nostro ambiente è il minimo necessario, vale a dire, le parole. Naturalmente, ciò non significa che, nel rinviare la realizzazione fisica di questo ambiente, abbiamo evitato di disegnarlo. Al contrario, ci siamo rifiutati di completare una singola immagine, dando la possibilità ai molti in ascolto di plasmarlo, in base al loro racconto personale.

Non una sola utopia, quindi, ma un’ infinità di utopie, quante sono le persone che ci ascoltano. Non una singola cultura, ma una per ciascun individuo. Non abbiamo voluto suggerire un modello ambientale, in parte perché ci sembra sia arrivato il momento di cominciare ad imparare a farne a meno, e in

Iaac, Media Lab, Media House Project, 2008 Progetto sviluppato dallo IaaC di Barcellona in collaborazione con il Media Lab del MIT di Boston.

Il Media House Project - casa del futuro in cui le tecnologie informatiche hanno un ruolo determinante - si mostra come un’installazione multimediale che racconta e sperimenta le sinergie fra spazio fisico e spazio digitale oltre al rapporto tecnologia/tempo di vita nell’ambiente domestico.

Il prototipo è stato presentato alla XI Biennale di Architettura di Venezia.

www.iaac.net

parte perché è impossibile presentare un unico modello. La cultura oggi non è più - almeno, non dovrebbe essere - il privilegio di pochi intellettuali che forniscono agli utenti un apparato critico con cui spiegare il mondo e con il quale organizzare la ‘forma’ del loro ambiente. Il diritto di andare contro una realtà che manca di ‘senso’ è il diritto di agire, modificare la forma o distruggere l’ambiente.

Questo è un diritto inalienabile, e una capacità che ciascuno di noi possiede.»

Achizoom, in Emilio Ambasz (a cura di), Italy, the new domestic landscape, Centro D, Firenze 1972, p. 234 (trad. red.)

Archizoom, 1972

Archizoom, No-stop City, 1970 - 1972

Korteknie & Stuhlmacher, Las Palmas. 2001

Un oggetto verde brillante innestato sul vano ascensore del magazzino Las Palmas è diven-tato logo tridimensionale delle manifestazioni che hanno animato gli spazi industriali dismes-si di Rotterdam nel 2001 .

Il Parasite Las Palmas è un prototipo di casa volto a combinare i vantaggi della tecnologia prefab-bricata e la qualità spaziale data dalla proget-tazione su misura. Le limitazioni imposte dalle dimensioni del vano ascensore a cui l’unità si innesta ha portato Korteknie & Stuhlmacher a progettare un volume compatto.

Attualmente Las Palmas si trova in magazzino, in at-prototipo in scala 1:1

e i presupposti a scala urbana che sottendo-no l’applicazione del-l’unità in contesti reali: una città composta da un efficiente sistema di trasporto pubbli-co grazie al quale collegare sottosistemi di comunità che ri-chiedono abitatazioni per brevi periodi di tempo.

Nella descrizione del progetto appaiono vocabili come working comuunities e turist colonies, nuovi utenti urbani con inedite richieste funzionali. Nata dalla

colla-borazione di Marco Zanuso con Richard Sapper - ex impiegato per lo styling departe-ment della Mercedes Benz - il prototipo, realizzato dalla Fiat in collaborazione con Kartel e Boffi, è stato esposto in occasione della mostra: Italy, the new domestic landsca-pe presso il MO.MA di New York nel 1972. Il disimpegno, mon-tato in opera, diviene fulcro su cui innestare i diversi ambienti che - portati in loco come unità prefabbricate - compongono l’abi-tazione.

La cellula oltre a essere dotata di tutti i comfort legati al vivere moderno, è provvista dell’attrezza-tura necessaria per la sua manutenzione. L’ installazione al MO.MA propone il

Warren Chalk, membro del gruppo Archigram, utilizza il termine capsu-la per capsu-la prima volta nel 1964 quando ormai il gruppo inglese, preso coscienza delle mutate esigenze abitative con-temporanee, discute su quali materiali utilizzare per la realizzazione delle megastrutture di Plug-in City.

La capsula è dotata di tutti i comfort, imma-ginati da Chalk, del vivere moderno quali connessione alla rete di informazione collet-tiva o lo schermo per la proiezione video.

Quest’ultimo elemen-to viene utilizzaelemen-to an-che come dispositivo atto a suddividere lo

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