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Dopo un periodo medio di follow up di 28.2+18.2 mesi, i nostri pazienti con stenosi pura hanno presentato un tasso di mortalità precoce dello 0% e di mortalità a tre anni pari al 5.7% ; quelli con l-SIA una mortalità precoce dell’8.1% ed una mortalità a tre anni del 21.6%; i pazienti con s-SIA una

mortalità precoce del 4% ed una mortalità a tre anni del 16%. Gli eventi cardiovascolari avversi si sono presentati in percentuale del 21% nelle stenosi pure, del 36.1% nelle l-SIA e del 34.5% nelle s-SIA (Fig.15).

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40%

MACE

mortalità

precoce

(entro 30

gg)

mortalità

a tre anni

SA

l-SIA

s-SIA

Fig.15. Eventi avversi cardiovascolari, mortalità precoce e tardiva nei tre

DISCUSSIONE

Allo stato attuale delle conoscenze, il nostro sembra essere il primo studio a descrivere, mediante un approccio clinico che si avvale dell’ausilio di diversi biomarcatori, un vero e proprio spettro clinico-patologico nell’ambito della Malattia Degenerativa della Valvola Aortica, spettro che si estende dalla stenosi aortica pura fino alla steno-insufficienza valvolare con insufficienza di grado severo. Fino ad ora, la steno-insufficienza aortica è stata sempre considerata una “condizione di comorbidità”10; si noti, invece, come nel nostro lavoro abbiamo scelto di considerare il consistente gruppo di steno- insufficienze come un entità nosologica di per se stessa. Di conseguenza, lo spettro clinico-patologico della malattia risulta costituito da tre categorie di soggetti, distribuiti su una gaussiana:

 soggetti con stenosi valvolare aortica pura,

 soggetti con stenosi aortica associata a lieve rigurgito,

 soggetti con stenosi valvolare associata a rigurgito di entità da moderata a severa.

Pertanto, ad un estremo dello spettro abbiamo descritto la stenosi aortica pura, nella quale i fattori di rischio cardiovascolare “classici” sono effettivamente meglio e più rappresentati, in particolare il diabete e la sindrome metabolica. Al contrario, i tre gruppi non differiscono in maniera significativa in quanto ad età e la patologia ipertensiva è presente in modo paragonabile nei tre gruppi. I

pazienti con stenosi pura o con lieve insufficienza non solo presentano maggior incidenza di fattori di rischio cardiovascolari, ma sono anche, di fatto, maggiormente colpiti da comorbidità cardiovascolare. All’estremo opposto del nostro spettro clinico-patologico ci siamo trovati a descrivere quei pazienti che si presentavano con stenosi valvolare aortica associata a rigurgito valvolare di entità da moderata a severa. Questi ultimi soggetti sono caratterizzati da un bilanciamento in senso pro-fibrotico del sistema delle metalloproteasi e dei loro inibitori, sia sul versante plasmatico che su quello tissutale. Tale profilo delle proteasi di rimodellamento tissutale potrebbe riflettere un fenomeno fisiopatologico di abnorme deposizione di “fibrosi sostitutiva” 35,36, fenomeno particolarmente attivo a livello valvolare e miocardico, nel caso specifico dei nostri pazienti. Al contrario, i soggetti di controllo, con insufficienza aortica secondaria ad ectasia dell’anulus valvolare, mostrano un profilo “anti- fibrotico” delle metalloproteasi della matrice, come già precedentemente descritto da Truter e colleghi37. In più, i parametri ecocardiografici indicativi di disfunzione ventricolare sinistra, l’incremento della massa miocardica indicizzata e l’incremento della pressione polmonare sistolica di picco, ci suggeriscono chiaramente l’incipienza di una condizione di scompenso cardiaco in questi pazienti con insufficienza aortica associata. Anche l’anamnesi e l’esame clinico confermano l’appartenenza di questi soggetti a classi NYHA superiori a riprova del loro quadro clinico di pre-scompenso.

Infine, anche i livelli plasmatici del BNP, sono nettamente maggiori nei soggetti con steno-insufficienza, rispetto ai soggetti con stenosi aortica pura. Perfino i valori più elevati degli inibitori tissutali delle metalloproteasi, TIMP1, nei soggetti con steno-insufficienza aortica potrebbero essere indicativi di uno stadio clinico di pre-scompenso cardiaco, come ci indicano anche precedenti pubblicazioni scientifiche38. Il profilo plasmatico “pro-fibrotico” delle metalloproteinasi e dei loro inibitori tissutali endogeni potrebbe indicare, come già detto, l’accumulo di fibrosi sostitutiva, o meglio, l’irreversibile deposizione di tessuto fibrotico nel contesto del miocardio, reso ipertrofico dal sovraccarico combinato di pressione e di volume. Per confermare queste ipotesi, sono sicuramente necessari ulteriori studi focalizzati a chiarire le reali corrispondenze tra il grado effettivo di fibrosi valutata mediante biopsie endomiocardiche e/o risonanza magnetica cardiaca39 ed i livelli plasmatici degli indici di rimodellamento tissutale. I nostri pazienti sono stati seguiti per circa tre anni dopo l’intervento cardiochirurgico di sostituzione valvolare aortica con bioprotesi, tutte ugualmente sottoposte a subire il processo degenerativo che si verifica sulle stesse protesi biologiche con il passare del tempo40 .

Ebbene, i pazienti con steno-insufficienza hanno presentato più alte percentuali di eventi avversi cardiovascolari e di mortalità entro i primi 30 giorni dall’intervento e nell’arco dei tre anni di follow up. Considerati nel loro

insieme, i nostri risultati sembrano smascherare, nei pazienti con steno- insufficienza, un processo continuamente attivo di rimodellamento cardiovascolare e miocardico particolarmente sfavorevole, con un conseguente peggior outcome clinico nei pazienti con steno-insufficienza aortica, nonostante il fatto che il calcium score, l’area valvolare, la velocità aortica ed il gradiente aortico non differiscano significativamente tra stenosi pura e steno- insufficienza. Catovic e colleghi, invece, sembrano non aver rilevato differenze significative negli outcome maggiori tra stenosi pura e steno-insufficienza41. Ma va sottolineato che i succitati autori hanno suddiviso i pazienti in due soli gruppi: nel primo gruppo hanno fatto rientrare non solo i pazienti con stenosi pura, ma anche quelli con insufficienza valvolare aortica lieve e nel secondo gruppo hanno riunito i pazienti con insufficienza aortica moderata e severa. In realtà, in una fase preliminare di analisi statistica dei dati, anche noi avevamo suddiviso i pazienti in questo modo, ma i risultati non si sono rilevati significativi e sono apparsi “sfocati” in seguito all’inclusione dei pazienti con lieve, ma significativa insufficienza, nel primo gruppo. Solo in una seconda, definitiva, fase ci siamo resi conto del fatto che il gruppo con associata insufficienza lieve era, di fatto, il più consistente, rappresentava la porzione centrale della nostra gaussiana relativa allo spettro di malattia e pertanto avrebbe sicuramente dovuto essere inserita tra le steno-insufficienze, costituendo un gruppo a sé. Così facendo, inoltre, siamo riusciti a mettere in

luce quelle caratteristiche clinico-patologiche esclusivamente peculiari delle stenosi aortiche pure.

In conclusione, un interessante quesito scaturisce dai nostri dati: perché il rimodellamento della valvola aortica e del miocardio imbocca direzioni così differenti seppur nell’ambito del medesimo spettro di malattia? Ulteriori modelli di studio, di tipo genetico e biomeccanico, dovranno essere progettati con il fine di capire il perché di queste dissimiglianze pato-biologiche e di testare sempre più nuovi e personalizzati interventi sia medici che chirurgici. Riteniamo molto interessante il rinvenimento, in alcuni dei nostri campioni, di claster di cellule staminali, potenzialmente in grado di effettuare la già menzionata transizione epitelio-mesenchimale. L’isolamento e l’utilizzo di tali citotipi potrebbe portare ad importanti sbocchi terapeutici nel campo della terapia cellulare.

Sul fronte farmacologico, il nostro studio, essendo di natura sostanzialmente osservazionale, non ci ha permesso di valutare gli effetti clinico-patologici di differenti protocolli farmacologici; ACE inibitori, statine ed inibitori dell’angiotensina II rientravano nei protocolli di tutti i pazienti con una distribuzione abbastanza uniforme tra i tre gruppi di studio (Tab.6).

Tab.6. I dati sono espressi come media + deviazione standard; *p<0.05 versus

AS; §p<0.05 versus AR; + p<0.05 versus s-ASI.

Potremmo supporre che farmaci più strettamente “anti-rimodellamento fibrotico” quali ACE inibitori ed inibitori dell’angiotensina II possano risultare maggiormente efficaci nei pazienti con steno-insufficienza e pertanto siano destinati a trovare indicazione nei primi stadi di malattia in questi soggetti; mentre le statine potrebbero trovare maggior indicazione nelle stenosi pure. Anche il momento in cui effettuare l’intervento cardiochirurgico potrebbe essere diverso.

Il rimodellamento avverso valvolare, ma soprattutto miocardico, potrebbe rappresentare di per sé una indicazione all’intervento di sostituzione valvolare nei pazienti con steno-insufficienza, anche se il gradiente transvalvolare ed il calcium score lascerebbero di fatto spazio ad un ulteriore tempo di follow up medico prima della cardiochirurgia. Noi speriamo proprio che vengano

SA (n°19) l-SIA (n°39) s-SIA (n°29) ACE inibitori (% di pts) 11.5 20.8* 16.7 ARBs (% di pts) 16.6+ 8.3*+ 27.2* Statine (% di pts) 32.5+ 15.8 23.6 ACE inhibitori+Statin2 (% di pts) 11.5 20.9*+ 9.8 ARBs+Statins (% di pts) 6.2 10.6* 8.4

pianificati ulteriori studi a conferma o smentita di queste ipotesi.

Il concetto di spettro della malattia degenerativa valvolare aortica in letteratura

Freeman e Otto per primi introdussero il concetto di spettro in senso “longitudinale” e parlarono appunto di “spettro della malattia valvolare aortica”, riferendosi ad un “continuum di malattia” che si estende dalla condizione di lieve ispessimento fibro-calcifico della valvola aortica fino allo stadio finale di vera e propria sostituzione calcifica severa42. Comunque, la stessa Otto aveva già sottolineato la necessità di integrare tutti i fattori ventricolari, valvolari e vascolari nella valutazione globale della malattia nei singoli pazienti10. Secondo Hermann e colleghi, invece, i pazienti con basso gradiente e bassa frazione di eiezione ventricolare sinistra sembrano presentare una peggiore prognosi associata ad un rimodellamento patologico più avanzato e ad una maggior quota di sostituzione fibrotica, documentabile sia con esame istologico che con risonanza magnetica cardiaca43. A ben guardare, anche i nostri dati hanno evidenziato una più alta quota proprio di pazienti con basso gradiente transvalvolare e ridotta frazione di eiezione tra le stenosi con associata insufficienza di grado severo. Possiamo quindi leggere, in questi risultati, una sovrapposizione tra lo spettro clinico descritto da Hermann e confermato ripetutamente da Pibarot44 e quello descritto nel nostro studio. Alla luce di tutte le considerazioni fatte fino ad ora e di tutti gli studi

menzionati, noi riteniamo di poter suggerire di considerare la steno- insufficienza valvolare aortica come una vera e propria entità nosografica nel contesto della malattia degenerativa valvolare aortica. Tale condizione clinica è caratterizzata e determinata da una complesso di fattori genetici, emodinamici, displastici e degenerativi, tutti in grado, sinergicamente, di determinare in essa una peggior prognosi in confronto con la stenosi valvolare aortica pura.

Punti di forza e limitazioni dello studio

Abbiamo ritenuto giusto non mostrare alcuna inferenza sulla mortalità nei diversi gruppi di pazienti, dato il relativamente esiguo numero di soggetti, limitandoci pertanto a rilevare la percentuale reale di mortalità a breve e lungo termine. Riteniamo comunque rilevante il fatto che ci sia una concordanza tra la maggior incidenza di eventi cardiovascolari avversi e la mortalità a breve e lungo termine nei due gruppi con associata insufficienza valvolare, rispetto al gruppo con stenosi aortica pura. Un altro punto di forza del nostro studio è stato quello di scegliere di considerare la stenosi pura a sé e di suddividere i soggetti con steno-insufficienza in due gruppi con due diversi ed ingravescenti gradi di insufficienza valvolare. Il gruppo con severa insufficienza ha dimostrato così di allontanarsi parecchio dal modello “simil-aterosclerotico” più caratteristico, invece, della stenosi pura. Anche se l’approccio multimarker ha sicuramente conferito particolare forza al nostro studio, questo modello “integrato” necessita di essere testato in ben più ampli studi prospettici.

Conclusioni e prospettive cliniche

Nel nostro studio, i pazienti con steno-insufficienza valvolare aortica hanno mostrato un peggior profilo clinico-patologico “multimarker” in confronto alle stenosi pure. Sulla base di questi dati, anche se ottenuti da un campione relativamente limitato di soggetti, noi ci sentiamo di incoraggiare l’utilizzo clinico non solo del BNP, ma anche del TIMP1 come marcatori “surrogati” di scompenso cardiaco incipiente, preclinico, in particolar modo nei pazienti con steno-insufficienza aortica. L’approccio multibiomarker e lo spettro clinico di malattia degenerativa valvolare aortica potrebbero rappresentare un modello di pratica clinica lungo tutto il decorso della malattia. Potrebbero altresì essere di ausilio ai clinici nelle fasi pre-chirurgiche di stratificazione del rischio, così come durante il follow up post-chirurgico, proprio quando le valvole biologiche sono sottoposte a processi di usura e di degenerazione al pari delle valvole native40. Ne potrebbero inoltre derivare un inquadramento clinico più personalizzato ed una pianificazione più accurata delle diverse misure farmacologiche potenzialmente in grado di ritardare la progressione della malattia e di prevenire gli eventi avversi cardiovascolari.

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