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Tracce di istituti con funzioni simili alla revisione si rinvengono già nell'antico diritto romano141, tuttavia, l'origine moderna dell'istituto, viene fatta risalire alla Francia del XVII secolo. In questo periodo, con l'emanazione della Ordonnance criminelle (1670), divenne possibile chiedere al re un riesame del giudizio142.

141 In epoca romana, tardo impero, vigeva l'istituto della c.d. licentia supplicandi, esso più che una revisione, consisteva in una specie di richiesta di grazia rivolta al principe. A. SCALFATI, L'esame sul merito nel giudizio preliminare di revisione, Padova, Cedam, 1995, p. 2 (nota 3);

142 I presupposti per poter richiedere la revisione erano indicati in modo molto generico, non tassativo, poiché qualsiasi fosse stata la pronuncia, questa era destinata a soccombere innanzi al potere assoluto del sovrano. D. BELLANTONI, La revisione dei giudicati penali, Milano, Il Sole 24 Ore, 2000, p. 16;

Con l'avvento della Rivoluzione francese (1789), l'istituto venne abolito per un breve periodo (1792) per poi essere successivamente reintrodotto, con forti limitazioni (1793); si riteneva, infatti, che il cittadino fosse già ampiamente tutelato dalla presenza dei giudici popolari, che operavano secondo il principio del libero convincimento e non più secondo il regime delle prove legali, e che, quindi, l'errore nelle pronunce da loro emesse fosse da considerarsi come del tutto eccezionale143. Tale

impostazione, con alcune modifiche, andrà a confluire nel code del 1808. In Italia, da sempre fortemente ispirata e condizionata da ciò' che accadeva oltralpe, le prime tracce dell'istituto si rinvengono nel codice di

procedura penale del 1865, il quale ricalcava144, con piccolissime differenze, la legge francese del 1808145.

Un salto di qualità si avrà con il codice del 1913, il quale, di ispirazione moderatamente garantistica, allargò i casi di revisione e

143 A. SCALFATI, L'esame sul merito nel giudizio preliminare di revisione, Padova, Cedam, 1995, p. 3;

144 Erano previste tre ipotesi di revisione: l'inconciliabilità tra due sentenze di condanna, la presenza di indizi sull'esistenza della persona la cui supposta morte aveva dato luogo alla condanna, accertamento della deposizione falsa di uno o più testimoni. Articoli 688, 689, 690, c.p.p. del 1865.

145 In particolare: il potere di iniziativa era riservato al Ministro di grazia e giustizia, il quale poteva agire d'ufficio o su richiesta della parte interessata. L'istituto della revisione veniva visto come uno strumento per assicurare l'interesse dello Stato alla corretta amministrazione della giustizia piuttosto che come mezzo di tutela del condannato. In secondo luogo, veniva attribuito alla Corte di Cassazione il potere di deliberare in chiave rescindente sull'ammissibilità del rimedio, mediante l'esercizio del potere di annullamento della sentenza. D. BELLANTONI, La revisione dei giudicati penali, Milano, Il Sole 24 Ore, 2000, pp. 17-8;

introdusse tra essi quello della sopravvenienza di nuove prove146.

Nel 1930, in una Italia pregna dell’ideologia fascista, il nuovo regime decise di emanare un nuovo codice di procedura penale, per sostituire quello del 1913, ritenuto eccessivamente liberale. Il contesto sociale, a seguito della guerra del 1915-18, era profondamente mutato; vi era un bisogno di ordine e di tranquillità che portava a preferire la quiete dell'errore piuttosto che il pericolo della verità ad ogni costo. Il giudicato diviene quasi intangibile, esso è il simbolo politico dell'onnipotenza dello Stato147.

Lo strumento della revisione non viene eliminato e, anche se vengono introdotte nuove ipotesi148, sono previste alcune disposizione che rendono estremamente arduo accedere a tale rimedio. In particolare, l’art. 554 n. 3 in tema di prova nuova richiedeva che questa “rendesse evidente149" l’esito del proscioglimento a seguito del giudizio di revisione, ovvero che il nuovo elemento probatorio dimostrasse palesemente che il fatto non sussistesse o

146 Art. 538 c.p.p. 1913: La revisione è ammessa se, dopo la condanna, sopravvengono o si scoprono fatti o nuovi elementi di prova che, soli o unitamente a quelli già esaminati, dimostrino che il fatto non sussiste o che il condannato non lo ha commesso; M. D'ORAZI, La revisione del giudicato penale: percorsi costituzionali e requisiti di ammissibilità, Padova, Cedam, 2003, p. 5;

147 D. BELLANTONI, La revisione dei giudicati penali, Milano, Il Sole 24 Ore, 2000, pp. 19- 20;

148 Si introduce la revisione per il caso della revoca della sentenza civile o amministrativa che abbia deciso una questione pregiudiziale. Tale previsione, tuttavia, non nasce dalla volontà di ampliare l'ambito del rimedio, ma da esigenze di coerenza logica. A. SCALFATI, L'esame sul merito nel giudizio preliminare di revisione, Padova, Cedam, 1995, p. 16; 149 A differenza del codice del 1913, dove bastava che la sopravvenienza o la scoperta, dopo la condanna, di fatti o nuovi elementi di prova "dimostrassero" che il fatto non sussiste o che il condannato non lo ha commesso; nel codice del 1930 si ritiene che gli stessi elementi "rendano evidente" che il fatto non sussiste o che il condannato non lo ha commesso.

che l’imputato non l’avesse commesso: in sostanza, il novum doveva condurre ad una certezza assoluta dell’innocenza del condannato150. La revisione era chiamata ad intervenire solo nei casi più evidenti di errore per un fine di salvaguardia della coerenza logica dell'ordinamento e non veniva, invece, concepita come mezzo per eliminare, in ogni caso, la contraddittorietà tra accertamento ed esigenze di giustizia151.

Con la caduta del regime fascista e la fine della Seconda guerra mondiale, emerge la necessità di procedere ad una riforma dell'istituto. Il giudicato viene ora concepito come fondamento della sicurezza dei rapporti sociali e, l'eliminazione dell'errore giudiziario, ponendo rimedio ad una ingiustizia, ristabilisce tale sicurezza152. Il codice del 1930 non viene abolito ma intervengono una serie di modifiche legislative genericamente favorevoli all'imputato153.

L'attuale disciplina della revisione è contenuta nel codice di procedura

penale del 1988, che la annovera tra i mezzi di impugnazione (straordinaria).

150 M. ARIENTI, La prova nuova nel procedimento di revisione in http://www.giurisprudenzapenale.com/

151 D. BELLANTONI, cit.; p. 19; 152 D. BELLANTONI, cit.; p. 20;

153 In particolare con la legge n. 481 del 1965. L'innovazione più rilevante riguarda la possibilità di esperire il rimedio per ottenere qualsiasi pronuncia favorevole, ad eccezione della assoluzione per insufficienza di prove e del proscioglimento per perdono giudiziale. La revisione non è più diretta ad accertare soltanto l'insussistenza del fatto o la sua mancata commissione da parte dell'imputato, ma qualunque errore capace di trasformare la condanna in proscioglimento. M. D'ORAZI, La revisione del giudicato penale: percorsi costituzionali e requisiti di ammissibilità, Padova, Cedam, 2003, p. 6; A. SCALFATI, L'esame sul merito nel giudizio preliminare di revisione, Padova, Cedam, 1995, p. 27;

L'odierno istituto cerca di superare il principio dell'intangibilità del giudicato e la visione della revisione come rimedio a carattere eccezionale154.