• Non ci sono risultati.

Il fair value nei principi contabili IAS/IFRS: obblighi e facoltà

CAPITOLO 1: Metodi di misurazione delle poste contabili: da “Historical Cost

1.4 Il fair value nei principi contabili IAS/IFRS: obblighi e facoltà

Il tema della misurazione delle poste contabili è da molto tempo protagonista di un lungo dibattito tra le varie scuole di pensiero. L’attenzione profusa nei confronti di questo argomento deriva dal fatto che viviamo in un mondo imperfetto, caratterizzato da attriti tra le parti in gioco e asimmetrie informative, dove le regole contabili devono essere progettate per soddisfare i bisogni della maggior parte dei soggetti coinvolti, fornendo informazioni efficaci per ridurre i difetti del mercato. Al contrario, in un mondo di mercati perfetti e completi i prezzi di scambio sarebbero i valori ottimali per l’iscrizione delle poste di bilancio, perché rappresenterebbero la sintesi di tutte le informazioni rilevanti, quindi la contabilità sarebbe capace di identificare i valori economici reali in modo preciso. In questo caso, tuttavia, la materia contabile sarebbe superflua e non avrebbe senso di esistere. Questa condizione di efficienza dei mercati è piuttosto rara nella pratica, pertanto il fair

value (nella sua forma pura di prezzo negoziato) perde gran parte della sua

attrattività, lasciando spazio all’apprezzamento di altre tecniche valutative.

29 Cfr.USSECURITIES AND EXCHANGE COMMISSION (2008). “Report and recommendations pursuant to section 133 of

the Emergency Economic Stabilization Act of 2008: study on mark-to-market accounting”, in http://www.sec.gov/news/studies/2008/marktomarket123008.pdf.

35

Nei paragrafi precedenti sono state delineate le principali caratteristiche delle due basi di misurazione più comunemente utilizzate. La scelta tra questi due criteri comporta sempre un trade-off perché entrambi offrono dei benefici ma richiedono anche di sostenere dei costi. Normalmente questi “compromessi” variano a seconda dell’attività svolta dalle aziende, del settore economico e della funzione attribuita alla misurazione, pertanto è improbabile che la FVA (o l’HCA) sia sempre preferita a prescindere dalle circostanze.30 Alle istituzioni contabili è affidato l’arduo compito

di stabilire la base valutativa appropriata per ciascuna posta di bilancio; questa decisione viene presa considerando le caratteristiche specifiche dell’elemento, in seguito ad un’attenta ponderazione delle diverse idee riguardo quale metodo riesca a rappresentare meglio la realtà circostante.

Secondo Whittington (2008), i membri dello IASB e del FASB possono essere suddivisi in due grandi categorie: i sostenitori della Fair Value View e coloro che hanno un’Alternative View. A seguito della rivoluzione dell’ambiente economico e sociale avvenuta negli ultimi decenni, la Fair Value View sembra aver assunto un ruolo preponderante nello sviluppo dei principi contabili. I concetti teorici alla base di questa visione sono i seguenti:

• l’unico scopo del sistema di bilancio è fornire informazioni utili per l’assunzione di decisioni economiche;

• la stewardship31 non rappresenta un obiettivo distinto ed essenziale della

contabilità, tuttavia può essere raggiunta incidentalmente;

• i destinatari del report finanziario sono investitori e creditori sia presenti che potenziali, non viene dato alcuno status privilegiato ai bisogni degli azionisti attuali;

• attività e passività devono essere misurate in modo da consentire agli utilizzatori di prevedere i futuri flussi di cassa;

30 Cfr.LAUX C.,LEUZ C.(2009). “The crisis of fair-value accounting: Making sense of the recent debate”, in

Accounting, Organizations and Society, 34, pp. 826-834.

31 Stewardship: capacità del management di gestire le risorse di cui dispone per raggiungere una performance

36

• le informazioni contabili vengono utilizzate in ottica prospettica quindi devono riflettere il futuro, pertanto le transazioni e gli eventi passati sono rilevanti solo se possono essere d’aiuto nelle previsioni;

• il costo di acquisizione è una base di misurazione inadeguata per l’assunzione di scelte di investimento, mentre il valore di mercato risulta essere più informativo perché rispecchia i benefici economici futuri e prescinde dalla prospettiva della singola entità;

• i mercati sono sufficientemente efficienti e completi per fornire valori capaci di rappresentare fedelmente la realtà economica;

• il fair value, inteso come prezzo corrente d’uscita, è la tecnica di valutazione che riesce a meglio soddisfare gli obiettivi di bilancio.

Al polo opposto c’è l’Alternative View, così chiamata perché non è rappresentativa di un’ideologia contabile, ma racchiude tutte le proposte, per l’appunto, alternative rispetto alla precedente visione, derivanti da soluzioni pratiche senza uno specifico fondamento teorico. Appartengono a questa categoria i sostenitori del costo storico, ma non solo. Nel tentativo di scovare i suoi tratti comuni, è possibile identificare la priorità assegnata ai bisogni degli attuali azionisti, il ruolo centrale della funzione di

stewardship, l’importanza della prospettiva storica e l’idea che l’ambiente

economico sia imperfetto e incompleto.

Ad oggi, una parte significativa dei membri del Consiglio dei due principali standard

setter, quello internazionale e quello statunitense, ha una preferenza per la Fair Value View. Uno dei componenti del FASB, L. Todd Johnson, nel 2005 confermava

quanto appena detto, sostenendo che: “Il Board ha richiesto un maggior utilizzo delle misurazioni al fair value nei bilanci perché ritiene che tali informazioni siano più rilevanti per gli investitori e i creditori rispetto alle informazioni fornite dal costo storico. Queste misure riflettono meglio lo stato finanziario delle entità e facilitano la valutazione delle sue performance passate e delle prospettive future”.

È evidente come la predominanza della Fair Value View abbia influenzato anche il processo di revisione del Conceptual framework. Molti dei cambiamenti apportati al nuovo quadro concettuale favoriscono un utilizzo estensivo del valore equo, tra questi:

37

• eliminazione del trade-off tra relevance e reliability, che veniva percepito come una giustificazione per non utilizzare il fair value, spesso carente di affidabilità. La caratteristica primaria diventa la “rilevanza”, mentre la “rappresentazione fedele”, sostituta dell’affidabilità, viene considerata in un secondo momento, pur rimanendo entrambe qualità essenziali per le decisioni economiche; • rimozione del concetto di “prudenza” tra le caratteristiche desiderabili

dell’informativa contabile, considerata limitativa di altri principi come la competenza e la neutralità, perché di fatto introduce delle distorsioni attraverso la sottovalutazione delle attività e la sopravalutazione delle passività;

• la definizione degli elementi patrimoniali viene modificata. L’attività è “una risorsa economica attuale controllata dall’entità a seguito di eventi passati”. La passività invece è “un obbligo attuale dell’entità di trasferire una risorsa economica a seguito di eventi passati”. A queste definizioni fa seguito quella di “risorsa economica”: “è un diritto che ha il potenziale per produrre benefici economici”. Il cambiamento più significativo riguarda il passaggio da benefici economici “attesi” a “potenziali”; secondo lo IASB, infatti, la precedente versione introduceva delle distorsioni in bilancio perché non consentiva l’iscrizione di elementi gravati da un elevato grado di incertezza, aspetto che dovrebbe riguardare la “misurazione” e non la “rilevazione”. La tecnica contabile più coerente con queste definizioni non potrà che essere il fair value, capace di meglio catturare gli elementi di incertezza.

Tuttavia, come già detto, lo IASB, così come gran parte degli altri GAAP, ha optato per l’adozione di un sistema contabile misto. La presenza di una visione alternativa ha, infatti, impedito lo sviluppo di un sistema di pura FVA, lasciando ancora ampio spazio alla misurazione del costo storico, in particolare nelle valutazioni iniziali ma anche in quelle successive. La preferenza accordatagli dallo IASB, però, ha consentito al fair value di essere il metodo valutativo principale, per lo meno in linea teorica. Viene talvolta utilizzato come unico criterio di misurazione consentito, ad esempio per alcune tipologie di strumenti finanziari, in altri casi invece può essere

38

impiegato in alternativa al costo storico. Appartengono a quest’ultima categoria i seguenti asset non finanziari:

• Immobili, impianti e macchinari (IAS 16): la valutazione iniziale deve essere fatta al costo di acquisizione o costruzione, mentre per quelle successive le aziende possono scegliere tra il modello del costo e quello di rivalutazione, pari al fair value alla data di rideterminazione al netto di ammortamenti e perdite per riduzione di valore;

• Attività immateriali (IAS 38): vengono iscritte in bilancio al costo storico e le valutazioni seguenti possono essere fatte al costo oppure, se esiste un mercato attivo per l’elemento, con il modello della rivalutazione (che ha come base il

fair value);

• Investimenti immobiliari (IAS 40): valutati inizialmente al costo, con la possibilità di scegliere per le misurazioni successive il criterio del costo storico oppure quello del fair value, il quale deve in ogni caso essere riportato nelle note al bilancio.

L’applicazione di questi tre principi risulta essere particolarmente interessante per gli studiosi della materia, perché consente di capire il livello di consenso raggiunto dalla misurazione al valore equo tra i redattori del bilancio. La maggior parte delle ricerche empiriche fatte in questo campo mostra che, nella pratica, quando viene concessa la facoltà di scelta alle aziende, questo metodo viene raramente adoperato. Perciò, nonostante il forte supporto che riceve dallo IASB, la diffusione del fair value è ancora molto limitata, è evidente che le imprese ripongano ancora la loro preferenza nella contabilità tradizionale.

Gli studi fatti in quest’ambito, come quelli di Quagli e Avallone (2010) e Marcon e Fasan (2018), mettono in luce come questa scelta risulti essere più variegata nell’applicazione dello IAS 40, dove l’adozione di uno dei due metodi a scapito dell’altro è più bilanciata rispetto a quanto avviene negli altri principi suddetti, in cui il costo storico gioca un ruolo dominante. La ragione di questa differenza potrebbe ricondursi al fatto che immobili, impianti, macchinari e asset intangibili sono beni che normalmente l’azienda detiene per un utilizzo all’interno del suo processo produttivo, per i quali il fair value può risultare meno rilevante e più costoso da calcolare. Gli investimenti immobiliari, invece, sono definiti “in-exchange

39

asset” perché sono tenuti dall’azienda per essere scambiati nel mercato, quindi è

probabile che il loro valore equo sia utile per assumere decisioni di investimento; inoltre, ci si attende una misurazione affidabile vista la presenza di mercati più liquidi rispetto ad altri beni.

Alla luce di quanto esposto, si è ritenuto interessante analizzare più nello specifico il principio contabile IAS 40, per poi cercare di comprendere le possibili determinanti di questa accounting choice: prima attraverso l’esame della letteratura già esistente e in seguito mediante una ricerca empirica su un campione di aziende del settore real estate.

41

Documenti correlati