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La famiglia ricomposta di fatto e convivenza more uxorio; aperture normative e

2.2.6 L’adozione del figlio maggiore di età

3.1. La famiglia ricomposta di fatto e convivenza more uxorio; aperture normative e

giurisprudenziali, la tradizionale diffidenza

dell’ordinamento

italiano

ad

una

regolamentazione

Come già anticipato nel capitolo precedente, oltre alla così detta famiglia ricomposta legittima, basata sull’atto di matrimonio, la nuova coppia può dar vita anche ad una solida e stabile unione, non formalizzandola tuttavia in alcun modo: si avrà, pertanto, una famiglia ricomposta di fatto 122.

In questo caso, il discorso deve necessariamente prendere le mosse dalla constatazione che nel nostro ordinamento, - così come già argomentato - nonostante qualche proposta legislativa degli ultimi anni, non esiste una regolamentazione completa ed organica della convivenza more uxorio.123

122

COCUCCIO, Convivenza e famiglia di fatto: problematiche e prospettive, in Dir. fam. e pers., 2009.

123

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Se si isolano le posizioni di maggiore chiusura, ci si avvede che un dato accomuna non solo i progetti, i disegni di legge italiani, le indicazioni sovranazionali, le esperienze giu- ridiche straniere, l’atteggiamento della dottrina e della giuri- sprudenza, ma anche gli stereotipi concreti: la richiesta di giuridicizzazione proveniente da coloro che danno vita ad una unione paraconiugale è vista sempre meno quale tentativo di emulare la famiglia, per cosi dire, tradizionale, di ritagliare per sé uno statuto peculiare124; viceversa, guadagna spazio la consapevolezza che i modelli affettivi, per cosi dire, alternativi non implichino una tutela autoreferenziale, bensì il riconoscimento dei diritti, cui fanno da logico contraltare gli obblighi, di coloro che vi ricorrono volontariamente e di coloro che rischiano di risentirne negativamente.

Si tratta, insomma, di affermare “l’inevitabile proiezione sociale della dimensione affettiva e familiare del singolo” piuttosto che “di rivendicare una tutela della sfera sentimentale o sessuale del convivente dall’ingerenza del potere pubblico” o “una pretesa garantistica di tipo meramente negativo”.

Il dato è emerso con chiarezza dall’analisi della giurispru- denza che, riflettendo la natura cangiante dell’interpretazione

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e della concreta applicazione del diritto, anticipa e trascina - ma è anche anticipata e trascinata - dal più vivace costume: se ad oggi, per la Corte di Cassazione, la famiglia rappresenta una comunità degli affetti derivante dal matrimonio o da vincoli di responsabilità e solidarietà, appena ieri era concubinato, socialmente e giuridicamente riprovevole. E pur evidenziandosi che le aperture giurisprudenziali e, talvolta, normative verso le convivenze sono una realtà innegabile, si palesa tangibile un atteggiamento prudente volto ad evitare la svalutazione del vincolo matrimoniale e l’indifferenziazione normativa che deriverebbe dalla proliferazione delle “famiglie”.

Non meno attento è l’atteggiamento della dottrina 125

restìa - anche quando muove dalla idea che la regolamentazione delle convivenze di tipo non propriamente familiare sia necessaria almeno per garantire i diritti dei singoli - ad una applicazione analogica della disciplina della famiglia matrimoniale, perché ne difettano i presupposti strutturali, individuati nella stabilità, nell’assunzione di obblighi coercibili e di responsabilità.

Sebbene una parte dei giuristi, così come già argomentato, da

125

Cfr. F. PROSPERI, La famiglia “non fondata sul matrimonio”, Napoli, 1980; F. GAZZONI, Dal

concubinato alla famiglia di fatto, Milano, 1983; A. TRABUCCHI, Morte della famiglia o famiglie senza famiglia?, in RDC, 1988.

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tempo avverta che la Costituzione non si limita a registrare la coincidenza tra famiglia e matrimonio, privilegiando piuttosto l’aspetto del rapporto126

, è innegabile che la letteratura giuridica prevalente si sia soffermata tra la alternativa della famiglia coniugale e quella dei modelli di convivenza.127

Nel corso di alcuni decenni, da quando cioè tale fenomeno si è diffuso sul piano sociale, tuttavia, la giurisprudenza e, in misura minore, anche il legislatore sono intervenuti a garantire alcuni diritti specifici ai conviventi di fatto128, data la rilevanza numerica del fenomeno delle unioni fuori dal matrimonio e la possibilità di farle rientrare in quelle

«formazioni sociali» previste dalla Costituzione, ex art. 2,

dove l'individuo compie il suo processo di sviluppo e crescita. 129

Appare palese, tuttavia, la rilevante differenza di disciplina nel nostro ordinamento rispetto a quella presente in altre realtà europee, oltre che internazionale.

126

Cfr. F. PROSPERI, op. cit.

127

Cfr. A. TRABUCCHI, op. cit., E. ROPPO, Famiglia di fatto, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1989

128

V. SCALISI, La famiglia e le famiglie, in La Riforma del diritto di famiglia dieci anni dopo. Bilanci e

prospettive, Padova 1986

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Una soluzione legislativa ben precisa alle problematiche relative alla famiglia di fatto è stata adottata nell'ordinamento francese.

Con la legge n. 944 del 15 novembre 1999 è stato, infatti, introdotto e disciplinato il c.d. pacte civil de solidarieté, contratto con il quale i conviventi assumono obblighi e diritti in buona parte corrispondenti a quelli dei coniugi.

In particolare, il patto in questione prevede, con modalità diverse stabilite dai singoli accordi, l'obbligo dell'assistenza morale e materiale tra i conviventi.

La convivenza more uxorio, da un punto di vista sostanziale, risponde pur sempre al modello di famiglia nucleare quale comunità di un uomo e di una donna che si uniscono stabilmente, con l’eventuale presenza della prole. 130

Essa presenta una precarietà intrinseca, dal momento che è suscettibile di sciogliersi per semplice volontà di uno dei due conviventi, ma è ugualmente meritevole di una qualche protezione da parte del diritto, in considerazione delle persone coinvolte in questa formazione familiare. 131

I figli, soprattutto, che nascono da questa unione sono figli

130

Cfr M.SESTA, Manuale di diritto di famiglia, Padova, 2009

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naturali, la cui posizione , come già osservato, risulta essere, a livello disciplinatorio, quasi completamente equiparata a quella dei figli nati da genitori coniugati, pur permanendo, in realtà, differenze nel nomen dei rispettivi status.

Pur non essendo assimilabile la famiglia di fatto ai matrimoni nei rapporti intercorrenti tra i conviventi, non avendo questi gli stessi diritti e doveri nascenti dal rapporto coniugale - e non potrebbe essere diversamente, data la scelta che essi hanno compiuto - la convivenza è stata di volta in volta ritenuta rilevante per attribuire, ad esempio, il diritto alla prosecuzione del contratto di locazione o per considerare soddisfatto il triennio necessario per poter adottare dei minori in base all’art. 6, 4° comma della l. 4 maggio 1983 n. 184, oppure ai fini dell'assegnazione della casa familiare al convivente separato in presenza di figli minori o maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti, in considerazione dell'interesse dei figli alla conservazione ed al godimento dell'ambiente domestico.132

Occorre a questo punto analizzare alcuni dei problemi già individuati a proposito della famiglia legittima anche riguardo a quella di fatto ed evidenziarne le differenze.

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3.2. L’equilibrio instabile dei rapporti patrimoniali tra