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Le famiglie ducali (secoli VIII-IX)

Una prima esperienza di successione familiare ai vertici politici del ducato è costituita da Orso, che la tradizione vuole sia stato il primo duca ‘autonomo’ – anni 726-737 circa (27) -, e dal figlio Deusdedit, che, già terzo dei cinque magistri militum [61] degli anni 737-742 (28), assunse poi il ducato dal 742 al 755, trasferendone nel contempo la sede in Malamocco (29): fu vittima di una congiura, senza lasciare, per quel che sappiamo, eredi diretti (30).

Con il ducato di Maurizio – anni 764/65-797 -, succeduto al metamaucense Domenico Monegario – anni 756-764 -, si verifica il primo vero esperimento di continuità nella detenzione del potere ducale da parte patriziato veneziano data da J.-C. Hocquet, Oligarchie et patriciat à Venise, «Studi veneziani», XVII-XVIII (1975-1976), p. 405, che, invero, si riferisce prevalentemente al secolo XIV: il patriziato è caratterizzabile soprattutto in base alla detenzione di uffici pubblici. Anche Rösch, Der venezianische Adel cit., p. 13, dichiara di adottare quale procedimento per l’individuazione della nobiltà la detenzione continua di uffici e critica le innumerevoli storie della nobiltà veneziana, che non si basano sulla documentazione, in particolare sui documenti ducali, alla cui analisi egli si dedica, in modi tuttavia che risultano, pur nella raccolta totale dei dati, sostanzialmente sommari, almeno per i secoli che ci interessano.

(26) Rinviamo alle «Osservazioni conclusive» in Castagnetti, Famiglie cit. (27) Cessi, Venezia ducale cit., I, p. 101.

(28) Ibidem, p. 103; Ortalli, Venezia cit., p. 367.

(29) Giovanni diacono, Cronaca cit., pp. 97-98; Cessi, Venezia ducale cit., I, pp. 106 ss.

di una famiglia: a Maurizio succede il figlio Giovanni, che si associa il figlio Maurizio (31), secondo la tecnica, ispirata al modello bizantino, dell’associazione al trono; entrambi vennero spodestati nell’803 da una congiura, che aveva a capo il tribuno Obelerio di Malamocco (32), il quale assunse il ducato fino all’810 (33).

Oltre alle vicende politiche, tramandateci dal cronista, assai poco conosciamo dei Maurizi: la notizia, che proviene dalla medesima fonte, che il primo Maurizio fosse «cittadino eracleese» (34), è confermata da un documento più tardo, il testamento del duca Giustiniano (35), della famiglia nota alla storiografia come Particiaci o Partecipazi (36).

[62] Fra i beni del duca sono menzionati quelli posti nel territorio, fines, di Cittanova, pervenutigli per donazione di Agata, figlia di Maurizio, «magister militum» e già «dux Veneciarum», a lei rimasti dopo la divisione effettuata con la sorella Suria; altri eredi non sono nominati. Il Cessi (37) avanza l’ipotesi che Agata sia figlia del primo Maurizio, poiché il secondo non è mai chiamato «magister militum»; il che è vero, ma anche del primo l’appellativo risulta solo dal nostro documento, poiché nel solo altro documento che lo menziona – la lettera dell’arcivescovo Giovanni di Grado al pontefice Stefano II (38) -, egli è denominato quale «consul et imperialis dux Venetiarum provinciae». Il nipote omonimo Maurizio si spense, come il padre Giovanni, in esilio (39). L’argomento non vuole essere, nemmeno per il Cessi, risolutivo: Agnese e Suria potrebbero essere state figlie del secondo Maurizio. In ogni caso la donazione della prima sembra anche rappresentare un consenso politico all’azione dei Particiaci, che avevano prima deposto, poi fatto giustiziare Obelerio, colui che aveva congiurato contro i Maurizi.

(31) Ibidem, pp. 98-101.

(32) Ibidem, p. 101; Cessi, Venezia ducale cit., I, pp. 116-135.

(33) Giovani diacono, Cronaca cit., pp. 101-105; Cessi, Venezia ducale cit., I, pp. 136 ss.

(34) Giovanni diacono, Cronaca cit., p. 98.

(35) Cessi, Documenti cit., I, n. 53, riedito in SS. Ilario cit., n. 2, 828 dicembre 25- 829 agosto 31.

(36) Il nome di Particiaci/Partecipazi per la nostra famiglia ducale non si riscontra nella documentazione, pubblica e privata, né in Giovanni diacono, Cronaca cit., ove esso è attribuito solo al duca Orso III (ibidem, p. 132; cfr. sotto, t. c. nota 46); esso è rinvenibile solo in altre fonti cronachistiche: si leggano i rinvii nell’«Indice dei nomi» di

Origo civitatum cit.

(37) Cessi, Venezia ducale cit., I, pp. 116-117, nota 5.

(38) Cessi, Documenti cit., I, n. 30, anni 770-772; regesto in Kehr, Italia pontificia cit., VII/2, p. 39, n. 24, datato agli anni 768-772.

La famiglia ducale dei Maurizi è definita dal Carile, che ne pone giustamente in luce le aspirazioni all’ereditarietà del potere, quale appartenente ad «uno dei maggiori clan tribunizi» (40): può ben essere, ma non abbiamo rinvenuto indizi concreti in merito. Dei loro rapporti con altre famiglie veneziane conosciamo solo quelli, ora accennati, con i Partecipazi.

[63] La volontà di trasmettere il potere ducale per via ereditaria fu propria anche della famiglia dei Partecipazi. Il duca Agnello – anni 811- 827 – associa a sé il figlio Giustiniano e il nipote suo omonimo, Agnello II, tuttavia premorto al nonno e al padre (41). Dopo Giustiniano – anni 827- 829 -, è duca il fratello Giovanni, deposto per iniziativa dei Mastalico (42).

Il testamento di Giustiniano, poco sopra citato, fornisce molte indicazioni, non solo relative al patrimonio familiare: generiche quelle concernenti il capitale ‘mobile’, sufficienti, tuttavia, ad indicarne la notevole consistenza (43); dettagliata la descrizione dei possedimenti fondiari, specialmente di quelli acquisiti (44).

[64] I numerosi riferimenti a nuove acquisizioni, più o meno recenti, permettono di conoscere, oltre che l’intensa attività di acquisti della famiglia ducale, l’esistenza, in via indiretta, di famiglie cospicue residenti in località minori del ducato, particolarmente nella regione settentrionale: in una decina di casi le cessioni sono state compiute da famiglie di Equilo,

(40) Carile, La formazione cit., p. 230. (41) Giovanni diacono, Cronaca cit., p. 109. (42) Ibidem, p. 112.

(43) Doc. dell’anno 829, citato sopra, nota 35. I redditi finanziari provengono «de laboratoriis soldis, si salva de navigatione reversa fuerint», espressione generica, ma che mostra, con immediatezza, la ‘diversità’ dell’aristocrazia veneziana rispetto a quella dell’Europa carolingia, come fa rilevare Ortalli, Venezia cit., p. 393, che sottolinea l’impiego ‘a rischio’ dei capitali, investiti nei commerci marittimi; si vedano in merito Cessi, Venezia ducale cit., I, pp. 167-168, e Luzzatto, Les activités économiques cit., pp. 126-127.

(44) G. Luzzatto, L’economia veneziana nei suoi rapporti con la politica nell’alto

Medio Evo, in Le origini di Venezia cit., p. 152, nega recisamente che i possessi terrieri

del duca Giustiniano, elencati nel suo testamento dell’anno 829 (doc. citato sopra, nota 35), possano essere avvicinati a quelli di un grande proprietario terriero dell’Europa carolingia: oltre all’esiguità in sé dei possessi, se raffrontati con quelli dell’aristocrazia carolingia, va sottolineato che è del tutto assente ogni indizio circa un’organizzazione ‘curtense’ dei possessi stessi. Anche il termine di massaricia, impiegato per designare i beni situati nel comitato di Treviso, se da un lato segnala senza incertezze la natura degli stessi, che non sono grandi aziende fondiarie, come le curtes, ma poderi contadini a conduzione familiare, dall’altro lato, rinvia all’organizzazione della proprietà in età longobarda, che solo in età carolingia inizia ad imitare, in proporzioni assai più ridotte per entità e, soprattutto, per distribuzione territoriale, quella franca: A. Castagnetti,

Minoranze etniche dominanti e rapporti vassallatico-beneficiari. Alamanni e Franchi a Verona e nel Veneto in età carolingia e postcarolingia, Verona, 1900, pp. 45-49.

in due casi di Torcello; i beni in Cittanova provengono, invece, dalla donazione di Agata, figlia del duca Maurizio, cui abbiamo fatto cenno. Di rilievo la presenza di numerosi tribuni, ben otto, di cui cinque abitanti nella sola Equilo, e uno in Torcello, sui quali ci soffermeremo (45).

Non sono provati i rapporti di parentela, che, secondo la tradizione, riflessa dalle fonti cronachistiche, sussistevano fra i Partecipazi e il vescovo di Olivolo, Orso (46), che testa nell’anno 853 (47), e il duca Orso (II) (48), che regge il ducato negli anni 864-881, cui succede il figlio Giovanni. An- cor meno accettabile è l’attribuzione alla stessa famiglia del duca Orso (III) – anni 911-932 -, definito, invero, oltre che Particiaco (49), [65] anche Paureta (50) e Badoer (51), mentre al figlio Pietro, duca dal 939 al 942, la tradizione è concorde nell’attribuire il cognome di Badoer (52). Di tale attribuzione mancano le prove e, secondo noi, non sono sufficienti nemmeno gli indizi, a meno che non si voglia identificare un Orso Badoer, presente ad un atto pubblico dell’anno 900 (53), con il futuro duca Orso III, ipotesi difficilmente accoglibile (54).

Dobbiamo concludere che la famiglia dei Partecipazi, dopo il ducato di Giovanni, si estingue: se eredi sopravvissero, non hanno lasciato traccia nella documentazione, pubblica oltre che privata, segno di una loro, questa sì certa, scomparsa dal novero delle famiglie preminenti. Anche il duca Giovanni, figlio di Orso II, non lascia eredi diretti; né conosciamo la di- scendenza dei suoi tre fratelli, Badoer, Orso e Pietro: il primo muore in una spedizione contro Comacchio (55); il terzo, designato alla successione,

(45) Sotto, par. 3.

(46) Origo civitatum cit., p. 132.

(47) Il vescovo Orso non dichiara la sua paternità nel testamento dell’anno 853: Cessi, Documenti cit., I, n. 60, 853 febbraio, p. 114, riedito in S. Lorenzo cit., n. 1. L’ipotesi di un legame parentale con i Partecipazi può essere confermata dalla disponibilità della basilica di S. Severo, presso la quale chiesa si era rifugiato nell’813 Giustiniano Partecipazio: Giovanni diacono, Cronaca cit., p. 106.

(48) Origo civitatum cit., pp. 117, 125; cfr. Cessi, Venezia ducale cit., I, p. 256, nota 1. Per non confondere i duchi Orso, li denominiamo II e III.

(49) Giovanni diacono, Cronaca cit., p. 132.

(50) Venetiarum historia cit., p. 52; Cessi, Venezia ducale cit., I, p. 307, nota 4, dopo aver esposto l’ipotesi di una discendenza da Giovanni Paureta, la giudica troppo labile.

(51) Citazioni delle fonti in Pozza, I Badoer cit., p. 30, nota 8. (52) Ibidem, p. 10 e p. 30, nota 9.

(53) Cessi, Documenti cit., II, n. 25, 900 febbraio. (54) Pozza, I Badoer cit., pp. 30-31, nota 12. (55) Giovanni diacono, Cronaca op. cit., p. 127.

premuore al fratello e il secondo rinuncia al ducato (56), mentre Giovanni è infermo.

I Venetici designarono quale duca, di propria iniziativa, secondo il cronista (57), Pietro (I) Candiano, il cui ducato fu assai breve, poiché egli morì pochi mesi dopo nel corso di una spedizione militare contro gli Slavi (58). Invitato a riprendere il governo, il duca Giovanni rimise al populus la facoltà di [66] designare il duca; fu eletto, in modo unanime (59), Pietro, figlio di Domenico Tribuno, la cui madre, Agnella, era nipote del duca Pietro assassinato nell’864 (60). La tradizione (61), accettata sostanzialmente dalla storiografia (62), gli assegna il cognome di Trundomenico, chiara derivazione dal nome e cognome paterno: un suo figlio, Domenico, sarebbe stato patriarca di Grado (63); un suo nipote, Pietro figlio di suo figlio Pietro, sarebbe stato vescovo di Olivolo (64). La sua famiglia, come altre ducali – l’osservazione è del Cessi (65) -, si spense senza discendenti. Ma, se accettiamo il cognome Trundomenico, possiamo constatare la presenza di una famiglia di tale nome, partecipe della vita pubblica del secolo XII, un cui membro, Pietro, è giudice nella seconda metà del secolo (66).