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I primi giudici noti (1064-1074)

Durante il ducato di Domenico Contarini, come abbiamo potuto notare, iniziano ad apparire nella documentazione singole persone connotate dalla qualifica di giudice, dopo quasi tre secoli che i giudici venivano nominati in modi generici: anche questo processo appare quale conseguenza della tendenza alla costituzione di organismi stabili.

La considerazione dei loro nomi conferma pienamente quanto abbiamo affermato circa l’identità sostanziale fra primates e iudices (16).

I primi nominativi di giudici (17) sono giunti a noi in [103] modo indiretto, in una testimonianza, resa da Stefano Dendo di Chioggia, in merito ad un processo dell’anno 1064, già menzionato (18). Il Dendo narra che in un tempo anteriore, imprecisabile, ma non lontano, vertendo la controversia tra Maurizio Memo e l’abate del monastero della SS. Trinità e

(13) Danduli chronica cit., p. 217; Venetiarum historia cit., p. 80; cfr. Cessi,

Venezia ducale cit., II, p. 118, nota 2, e p. 160, nota 1; M. Pozza, Il testamento di Andrea Michiel ambasciatore veneziano in Ungheria, «Studi veneziani», n. ser., VII

(1983), pp. 224-225, nota 6. I nomi degli altri due ambasciatori, Domenico Dandolo e Iacobo Orio, trovano rispondenza nel periodo: un Domenico Dandolo è attestato nel 1054 (Ughelli, Italia sacra cit., V, col. 1373, doc. 1054 gennaio), mentre altri due Domenico sottoscrivono il documento ducale del settembre 1107 (doc. citato sopra, cap. II, nota 98); nello stesso documento compare anche un Iacobo Orio, il solo di tale nome della famiglia.

(14) Pozza, Il testamento cit., p. 227. (15) Ibidem, p. 228.

(16) Sopra, cap. II, par. 8 ex.

(17) Un primo elenco di giudici veneziani, molto incompleto e senza indicazione di documenti, è stato elaborato da B. Cecchetti, La vita dei Veneziani fino al secolo XIII, «Nuovo archivio veneto», II (1871), p. 108; più ampi e documentati – non sempre, tuttavia, poiché a volte il riferimento è allo studio del Cecchetti – gli elenchi elaborati da M. Roberti, Dei giudici veneziani prima del 1200, «Nuovo archivio venento», ser. IV, VIII (1904), pp. 230-245, e da Idem, Le magistrature cit., I, pp. 140-145, che si arresta all’anno 1180 (ma 1181); infine, da Rösch, Der venezianische Adel cit., pp. 59-60, che segnala la documentazione, in genere, ma vi rinuncia quando utilizza gli studi del Ro- berti.

di S. Michele Arcangelo di Brondolo con Pietro Orseolo e Domenico Roso, tutti costoro si presentarono in giudizio – per il suo carattere ‘tecnico’ l’espressione «venire ad legem ... ante presentiam ...» non lascia dubbi circa il suo significato – al cospetto di Florenzio Flabianico, Pietro Flabiano e Agostino Orio. Il teste, pur non qualificandoli singolarmente con l’apposizione di giudici, si riferisce certo a loro quando afferma, di seguito, che i «predicti iudices», visti i documenti presentati dall’abate, investirono lui e Maurizio Memo della proprietà contesa. I riferimenti complessivi del teste – o la loro ‘traduzione’ in termini giuridici ad opera del notaio verbalizzatore – sono espressi in modi ‘tecnici’: «... predicti iudices, dum audierunt legem .., iudicaverunt per veram legem ...».

Domenico Bello conferma la testimonianza del Dedo, dichiarando in modo sommario che egli stesso vide l’investitura dei beni «per iudices, ut supra legitur» (19). Le deposizioni di molti altri testimoni sono dichiarate identiche dal notaio, che non si sofferma a riportarne il contenuto in modo dettagliato.

[104] Accertata la funzione di giudici dei tre personaggi suddetti, consideriamo la loro condizione sociale e politica, scorrendo i dati a noi noti concernenti le loro famiglie.

I Flabianico appaiono sulla scena politica fin dalla seconda metà del secolo IX (20). Un Fiorenzo, in particolare, sottoscrive il privilegio ducale del 1024 (21) ed è nel 1041 fra gli arbitri della controversia tra patriarca e vescovo di Olivolo (22): potrebbe essere il medesimo qui nominato. Dei Flabiano è sufficiente ricordare Domenico, duca dal 1032 al 1042/1043: Pietro Flabiano compare solo nel documento in oggetto, come Agostino Orio, appartenente ad una famiglia presente nella documentazione pubblica dal 982 (23).

I giudici, che l’anno seguente si pronunciano sulla controversia – «Nos hec omnia audientes ... iudicavimus per veram legem ...» -, dichiarano di averla sottoscritta con una parte dei boni homines. Fra i dieci nominativi che si sottoscrivono sono compresi certamente i giudici, ma la qualifica è indicata solo per uno di loro, Domenico Mauro, il solo, anche, che non ap- pone la sottoscrizione autografa, ma il signum manus, per cui nome e

(19) Ibidem, p. 68.

(20) Sopra, cap. II, t. c. note 87-88.

(21) Doc. dell’anno 1024, citato sopra, cap. I, nota 137.

(22) Codice diplomatico veneziano, a cura di L. Lanfranchi, dattiloscritto, Archivio di Stato di Venezia, n. 96, 1041 giugno.

(23) Cessi, Documenti cit., II, n. 61, 982 dicembre 20 = S. Giorgio Maggiore cit., II, n. 1.

qualifica sono annotati dal notaio. Riteniamo che proprio per questo fatto sia stata indicata la sua funzione di giudice, poiché documentazione immediatamente successiva, come vedremo, mostra che singole persone, le quali hanno sottoscritto documenti pubblici senza alcun attributo, sono connotate dalla qualifica di giudice nella notitia testium redatta dal notaio – la sola eccezione è di nuovo costituita da Domenico [105] Mauro che appone il signum manus ed è qualificato giudice, come nel 1065 -, a testimonianza delle resistenze che ancora incontra l’uso di indicare la funzione esercitata, una consuetudine che è accolta dai singoli dopo che essa è invalsa nella pratica documentaria, la cui introduzione può essere dovuta all’iniziativa dei notai per meglio certificare gli atti dell’ammi- nistrazione della giustizia.

È appena il caso di sottolineare che quanto delineato discende dalla situazione particolare dei giudici in Venezia, non professionisti del diritto né giudici a vita, limitati nel numero – in genere non sono più di cinque, una sola volta sono sei (24) – e nella durata della funzione, anche se non sembra che la qualifica venga abbandonata, una volta conseguita (25).

La famiglia del giudice Domenico Mauro ci è nota come ci è noto per altra documentazione egli stesso: la prima appare sulla scena pubblica fin dal 971 (26); il secondo, senza qualifica nel 1064 quando è inviato a Chioggia (27), è definito ancora giudice in un documento del 1068 ove è ricordato quale fondatore della chiesa di S. Salvatore in Murano (28) e come tale ritorna nel privilegio ducale del 1074, ove pure non si sotto- scrive, ma appone il signum manus (29).

Al primo dei due documenti dell’anno 1072, concernenti una lite fra il monastero di Brondolo e Pietro Orseolo per possessi in Conche già di Maurizio Memo (30), si sottoscrive lo [106] un Pietro Orseolo, che poi nella notitia testium viene definito iudex: ancora una volta, dunque, la qualifica viene dichiarata non per iniziativa personale, ma per quella del notaio estensore del documento.

Analoga situazione si presenta due anni dopo, nel 1074, nell’elenco dei sottoscrittori all’atto ducale (31): i cinque testimoni, indicati dal notaio

(24) Doc. dell’anno 1112, citato sotto, nota 84. (25) Sotto, t. c. note 102 e a 103.

(26) Cessi, Documenti cit. II, n. 49, 971 luglio. (27) Doc. dell’anno 1064, citato sopra, nota 5.

(28) Ughelli, Italia sacra cit., V, col. 1374, doc. 1068 aprile. (29) Doc. citato sopra, nota 9.

(30) Doc. dell’anno 1072, citato sopra, nota 6. (31) Doc. dell’anno 1074, citato sopra, nota 9.

nella notitia testium, sono connotati, tranne l’ultimo (32), dalla qualifica di giudice: essi sono Domenico Mauro, sul quale ci siamo soffermati poco sopra; Pietro Orseolo, che abbiamo già incontrato nel documento del 1072 (33); Giovanni Gradenigo e Bonofilio Zusto: membri della famiglia del primo sono presenti nella documentazione pubblica dal 900 (34), del secondo dal 971 (35).

Sottolineiamo che le famiglie dei giudici finora incontrati risalgono almeno al secolo X, una, quella degli Orseolo, appartiene ad una stirpe ducale: le meno antiche sono quelle dei Mauro e degli Zusto.

3. L’attestazione usuale della funzione di giudice fino alla vigilia del