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II Al-Farabi: la ricerca della felicità nella vita pratica e teoretica e l’idea di “uomo intero”.

CITTÀ IDEALE

V. 1. II Al-Farabi: la ricerca della felicità nella vita pratica e teoretica e l’idea di “uomo intero”.

La concezione di al-Farabi sulla felicità quale scopo della scienza politica coniuga le tesi di Platone con quella aristotelica, sulla base del suo

background islamico.

Il filosofo arabo sostiene, in linea con una concezione di matrice aristotelica, che la felicità consiste nel raggiungimento della perfezione ultima cui la nostra natura può tendere155. Tale traguardo non è perseguibile nell’isolamento, ma solo attraverso la cooperazione, nella comunità politica. Se la vita associata rappresenta la condizione necessaria per il raggiungimento della felicità, quest’ultima nel suo massimo grado porta l’uomo a trascendere la dimensione politica e materiale. È soprattutto nella Città virtuosa che al-Farabi sembra sostenere un apparente primato della perfezione e della rispettiva felicità teoretica rispetto a quella legata alla dimensione pratica: «Tale è la felicità, la quale consiste nel fatto che l’anima umana raggiunge la perfezione dell’esistenza senza aver bisogno di sussistere nella materia, diventando uno

153

M. Vegetti, Introduzione alla Repubblica, Platone, cit., p.XXIII.

154

Repubblica, X, 618.

155

73 degli esseri privi di corporeità e una delle sostanze separate dalla materia in uno stato di sublimità, che conserva eternamente e per sempre»156.

La questione della suprema felicità viene posta nell’opera in stretta relazione con la teoria emanatista157 e con la dottrina dell’Intelletto Agente elaborate dal filosofo. In base a quest’ultima, l’intelletto passivo presente nell’uomo può cogliere i primi principi del pensiero e delle scienze grazie all’emanazione e alla mediazione dell’Intelletto Agente. Coloro che compiono questo passaggio dall’intelletto passivo a quello acquisito, pur senza identificarsi completamente con l’Agente, entrano in connessione con esso, godendo della felicità e dell’immortalità158.

Secondo M.Galston è difficile determinare quale sia la natura della felicità secondo il filosofo, poiché vi sono tre alternative che lo stesso sembra aver preso in considerazione all’interno della sua vasta produzione filosofica: la felicità coincide con un’attività esclusivamente teoretica, con un attività esclusivamente politica o che, infine, deriva da una combinazione di entrambe, posto che aspetti pratici e teoretici sono entrambi parti dell’essenza della felicità159.

In relazione al tema l’autrice osserva che diversi autori160 alla luce di alcune affermazioni farabiane161, hanno sostenuto la prima ipotesi, interpretando l’argomentare del filosofo come una subordinazione della virtù e della perfezione pratica, ovvero della capacità di convivere in modo responsabile e in armonia con l’altro, nei confronti del più alto livello di perfezione puramente intellettuale in cui si risolve la vera felicità.

Altri studiosi, tra cui Walzer, hanno invece abbracciato la seconda linea interpretativa, che prende in considerazione la ricerca di perfezione teoretica come atta a promuovere una perfezione pratica,in base alla forte accezione

156 Al-farabi, La città virtuosa, cap. XXIII. 157

Nella prima parte della Città virtuosa al-Farabi traccia una serie di emanazioni dalla Prima Causa attraverso intelletti incorporei e sfere celesti, identificando l’intelletto attivo di cui parla Aristotele nel De Anima come l’ultimo della gerarchia dei dieci intelletti incorporei.

158

Cfr. H.Davidson, Alfarabi, Avicenna e Averroè on Intellect, Oxford University Press, 1992.

159

Cfr. M.Galston, Politics and excellence, cit., p. 56.

160 T.J de Boer, M.Fakhry, F. Najjar, come riporta M.Galston, Politics and excellence, cit., p. 57 161

“la potenza razionale è tanto pratica, quanto speculativa, la pratica serve la speculativa la quale a sua volta, non serve nessun altra, e anzi è utile affinché per mezzo suo si pervenga alla felicità” al-Farabi, La città virtuosa, cap. 23 p.186 trad. it. M. Campanini.

74 politica a cui il filosofo è destinato nel progetto della instaurazione della città virtuosa.

Entrambe le prime due ipotesi interpretative, tuttavia, sono difficilmente compatibili con l’idea di uomo “intero” presentata da al-Farabi, su cui secondo M. Galston va posta attenzione.

La ricerca della perfezione concerne, infatti, un soggetto che per natura ha sia una dimensione politica, sia una dimensione trascendente e religiosa162, due aspetti che non vanno interpretati in modo scisso e conflittuale, ma alla luce di un legame dialettico di reciproco apporto.

Nel Conseguimento della felicità si trova conferma di questa scelta interpretativa “comprensiva” . All’inizio dell’opera, infatti, al-Farabi valuta le virtù deliberative, le virtù morali e le arti pratiche insieme alle virtù teoretiche, come le cose che «se conseguite nelle nazioni e negli abitanti delle città, procurano ad essi la felicità materiale nella vita di questo mondo e la felicità suprema nella vita dell’al di là»163.

Nello stesso testo l’autore sostiene l’indivisibilità della più alta perfezione deliberativa e morale da quella teoretica, nell’ambito della sua argomentazione inerente l’unione della filosofia e dell’arte di governare che si integrano nella singola persona del sovrano ideale.

Inoltre, tornando all’analisi della Città virtuosa, è possibile trovare conferma della concezione comprensiva della felicità nella trattazione della profezia, che riguarda un aspetto caratterizzante del governante perfetto.

Il profeta è descritto come colui che ha raggiunto il più alto livello di perfezione e di felicità possibili per la condizione umana, poiché è pervenuto all’eccellenza delle sue facoltà sia teoretiche che pratiche, e a compimento di ciò è divenuto in grado di ricevere la profezia, intesa come la capacità di parlare di ciò che è nascosto ed invisibile nel presente e di predire il futuro.

Quest’ultima capacità, insieme alla facoltà immaginativa, legano quest’uomo eccezionale, la cui azione è perfetta e la cui anima è unita all’Intelligenza Agente164, al mondo materiale e storico della città dove vive la

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M.Galston, Politics and excellence, cit., P.93.

163

Conseguimento della felicità, paragrafo 1.

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75 comunità dei fedeli, precludendo un’accezione esclusivamente teoretica della felicità.

In sintesi, se nell’opera platonica emerge un nodo problematico circa la considerazione della felicità individuale a fronte di un apparente primato del bene della polis come intero, nella Città virtuosa il raggiungimento di una perfezione pratica, sembra subalterno e funzionale al conseguimento della massima felicità, che pare risolversi nella perfezione spirituale.

Rispetto a quest’ultima diade (perfezione e felicità pratica/spirituale), oltre all’attenta disamina della Galston a cui ho appena fatto riferimento, chiarificatore mi pare il contributo di Rosenthal, che inserendo al-Farabi nel proprio contesto medievale e musulmano, porta a considerare il tema della felicità in relazione a Dio e alla comunità religiosa che insieme segue una legge rivelata, in cui riconosce il viatico per il bene terreno e la beatitudine eterna165.

La dimensione associativa resta un elemento imprescindibile per ottenere la felicità, ed è possibile leggere in questo assunto la convergenza di un insegnamento sia islamico che greco, in particolare platonico - aristotelico.

165

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