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Gli anticorpi monoclonali sono stati commercializzati per il trattamento di un vasto numero di patologie, tra cui il cancro, malattie autoimmuni e malattie infiammatorie.

Per praticità la farmacodinamica di questi anticorpi viene descritta suddividendoli in quattro categorie relative alle 4 principali classi terapeutiche in cui trovano applicazione:

I) immunotossicoterapia , in cui l’anticorpo viene impiegato per alterare la farmacocinetica e la farmacodinamica di alcuni ligandi solubili; II) eliminazione di cellule bersaglio ;III) alterazione della funzione cellulare; IV) anticorpi con azione mirata e selettiva(Lobo, Hansen et al. 2004).

Nella prima classe degli anticorpi utilizzati per l’immunotossicoterapia si trovano il bevacizumab, adalimumab, ranibizumab, omalizumab e infliximab.

Ciascuno di questi anticorpi si lega ad un ligando solubilie ( come ad esempio il fattore di crescita dell’endotelio vascolare che determina l’angiogenesi, o il fattore di necrosi tumorale), alterandone la farmacocinetica e farmacodinamica.

Questi anticorpi, definiti “neutralizzanti”, agiscono come inibitori competitivi nei confronti del ligando nel sito di legame del recettore solubile determinando uno spostamento del rapporto tra la concentrazione del ligando e l’effetto da lui determinato.

L’immunotossicoterapia determinando il legame tra l’anticorpo ed il ligando solubile spesso ne determina gravi alterazioni farmacocinetiche; nella maggior parte dei casi infatti, l'anticorpo anti-ligando diminuisce la sua quota libera presente nel plasma, il suo volume di distribuzione e la sua clearance, mentre determina un aumento della sua emivita.

Ad esempio , omalizumab, un anticorpo monoclonale che agisce legandosi alle IgE presenti in circolo evitando così che possano legarsi al recettore FcεR1 posto su mastociti e basofili, diminuisce drasticamente la clearance del suo ligando , determinando di conseguenza un aumento di circa 5 volte dell’emivita dell’IgE. Un recente studio descrive la farmacocinetica e la farmacodinamica del denosumab, un anticorpo monoclonale completamente umanizzato utilizzato per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale.

Il denosumab agisce formando degli immunocomplessi con il RANKL (ligando del RANK), proteina già trattata in precedenza, che agisce in questa via di segnalazione come promotrice della rimozione ossea attraverso il legame con il recettore RANK.. L’attività farmacodinamica del denosumab rappresenta un ottimo modello esemplificativo del funzionamento degli anticorpi monoclonali, utilizzati nelle

immunotossicoterapie, che agiscono come antagonisti dei ligandi solubili (Marathe, Peterson et al. 2008).

Figura 5 rappresenta il modello farmacodinamico del denosumab; il denosumab si lega ad un ligando solubile RANKL (ligando responsabile dell’attivazione del recettore del fattore nucleare KB) prevenendone e/o limitandone l’interazione con il suo recettore endogeno ,RANK, e riducendo così lo sviluppo degli effetti che ne derivano. Il modello di questa interazione ,qui semplificato , mostra l’equilibrio che viene a costituirsi tra i legami del denosumab con i ligandi RANKL, tra la formazione del complesso RANK-RANKL, tra osteoprotegerina (OPG) e il ligando RANKL attraverso la misurazione della concentrazione plasmatica del N- telopeptide (NXT) biomarker del turnover osseo (Marathe, Peterson et al. 2008).

Nella seconda classe vi sono diversi anticorpi ,tra cui rituximab, cetuximab e trastuzumab, che sono stati progettati per legarsi alla superficie cellulare e determinare la distruzione dei recettori; difatti riescono a bloccarli o a legarcisi inducendo l’attivazione del processo apoptotico cellulare o il richiamo del sistema immunitario endogeno attraverso ad esempio il sistema del complemento. L'efficacia di un anticorpo IgG nel mediare la distruzione cellulare è determinata da diversi fattori, tra cui l’isoforma dell'anticorpo, l'espressione della proteina bersaglio sulla superficie cellulare, il percorso di segnalazione associato alla proteina

bersaglio ed alla disponibilità delle proteine del complemento e dalle cellule effettrici , come i macrofagi.

Alcune variazioni nell’espressione del target o nell’espressione dei recettori associati alla via effettrice possono portare ad una variabilità interindividuale della farmacodinamica degli anticorpi monoclonali.

Ad esempio l’efficacia degli anticorpi anti-CD20 , come il rituximab ,utilizzati nel trattamento del Linfoma non Hodgkin delle cellule B, nelle leucemie delle cellule B ed in alcune malattie autoimmuni, è significativamente differente nei pazienti che esprimono il FcγRIIIa con la valina rispetto alla fenilalanina in posizione 158 della sequenza primaria del recettore (Cartron, Dacheux et al. 2002). Il modello Deng è mostrato nella figura 6 è un esempio della farmacodinamica degli anticorpi usati per stimolare l’eliminazione delle cellule bersaglio.

Nella terza classe troviamo anticorpi che agiscono attraverso l’alterazione della segnalazione cellulare come l’Abciximab, basiliximab, daclizumab, e efalizumab. L’abciximab è un frammento Fab che si lega al recettore GP IIb / IIIa espressa sulle piastrine. Legandosi al recettore, abciximab inibisce competitivamente il legame delle piastrine con il fibrinogeno e con il fattore di von Willebrand, determinando così l’inibizione dell'aggregazione piastrinica. Abciximab, essendo un frammento Fab, non possiede i domini Fc necessari per mediare un attività di citotossicità e per questa ragione l’abciximab non induce trombocitopenia nei pazienti trattati. Diversamente anticorpi intatti (contenenti anche i domini Fc) rivolti contro il recettore GP IIb/ IIIa hanno provocato episodi di gravi trombocitopenie in degli animali trattati. Infine nell’ultima classe vi sono degli anticorpi che hanno avuto un discreto successo grazie alla loro azione mirata e selettiva.

La maggior parte dell’interesse in questo ambito è incentrato sullo sviluppo di una coniugazione tra anticorpi e agenti tossici ( come chemioterapici, radioisotopi e tossine biologiche), con l’intento di sfruttare l’elevata selettività d’azione dell’anticorpo per veicolare in maniera selettiva agenti tossici.

I coniugati anticorpo-tossina, o anche detti immunotossine, ripresentano tutti gli elementi tipici che caratterizzano gli anticorpi come l’immunogenicità. Inoltre, la tossicità off- target è spesso una preoccupazione maggiore per le immunotossine a

causa del potenziale di dissociazione, in vivo, della tossina dall’anticorpo e a cause dell’elevata potenza delle tossine impiegate.

Questa tossicità è spesso il risultato di una distribuzione "non specifica" dell’immunotossina fuori dai siti del bersaglio. Le cellule staminali del midollo osseo risultano particolarmente sensibili alla tossicità delle immunotossine a causa della loro rapida crescita e dell’alta sensibilità che hanno per i chemioterapici. Tra le proprietà da non sottovalutare nella progettazione delle immunotossine, risulta essere importante selezionare un bersaglio cellulare che sia facilmente accessibile dagli anticorpi presenti nel sangue, è altresì importante che anticorpi e tossine abbiano un basso rischio di immunogenicità ed infine che vi sia una coniugazione chimica tra l’anticorpo e la tossina che impedisca una liberazione della tossina fuori dal target.

Figura 6 Schema della farmacodinamica degli anticorpi anti-piastrinici. Questo modello è esemplificativo del meccanismo d’azione degli anticorpi che determinano l’eliminazione di cellule bersaglio. La produzione piastrinica avviene in seguito ad una serie di eventi che vedono una graduale maturazione dei megacariociti attraverso una funzione di trasduzione cellulare, in cui τ rappresenta il ritardo di tempo associato ad ogni fase del processo di maturazione. La conta piastrinica produce un feedback negativo che determina l’inibizione della produzione delle piastrine (I3, kin). Il trattamento con Immunoglobuline somministrate per via endovenosa (IVIG) porta ad una stimolazione della clearance dell’anticorpo anti-piastrinico (CL) tramite la saturazione di FcRn, e ad un inibizione nell’eliminazione(Kout)delle piastrine opsonizzate (Deng and Balthasar 2007)

CAPITOLO IV

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