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Fase di analisi e di reporting

Social Media Monitoring

3.3 Come monitorare

3.3.3 Fase di analisi e di reporting

Con l’ultima fase si passa alla parte specifica di analisi dei dati raccolti e classificati. Attraverso l’utilizzo di software professionali è possibile sottoporre i dati raccolti online ad analisi estremamente dettagliate, che permettono di analizzare i messaggi sia attraverso un’analisi quantitativa, sia qualitativa.

Metriche quantitative

a) Brand presence: quanto se ne parla?

Una prima importante informazione che può essere ottenuta durante un’attività di monitoraggio è “quanto si parla dell’azienda/brand/prodotto online”. Questo può essere ottenuto attraverso un conteggio delle citazioni trovate online o dei messaggi che hanno menzionato l’oggetto sottoposto ad analisi. Il numero delle citazioni, o dei messaggi che hanno citato l’oggetto, indicherà la misura dell’awareness degli utenti rispetto alla sua popolarità. Per capire davvero però il significato del dato ottenuto, è necessario compararlo alla concorrenza in uno stesso

periodo di tempo. La valutazione comparativa, infatti risulta essere la più adatta per poter interpretare nel modo migliore il numero di citazioni ottenute. Il dato analizzato, a seconda che sia considerato nella sua prospettiva statica o diacronica, può essere interpretato in maniera differente.

• Prospettiva statica: si tratta di indicare un numero, appunto statico, delle citazioni, o dei messaggi, oppure una percentuale rispetto ai competitor. Viene valutato il brand awareness online, anche in modo congiunto rispetto ai dati ottenuti dalle ricerche tradizionali. Inoltre, viene valutata la popolarità rispetto a competitor diretti e indiretti. Queste analisi dovranno essere effettuate, non solo sul totale dei messaggi rilevanti, ma anche a seconda dei diversi social media. Ognuno di essi, infatti, raccoglie una diversa tipologia di messaggi fornendo informazioni diverse ed è quindi opportuno ripetere l’analisi per ciascun tipo di social media.

• Prospettiva diacronica: indica una variazione nel tempo del numero di citazioni o post rilevanti. In questo caso si valutano i risultati rispetto alla storia di marca e alle azioni di branding messe in atto durante il periodo di monitoraggio. Si valuta anche la variazione nel tempo dello share of voice a seguito di azioni di business, marketing e comunicazione dei competitor. Da questa analisi si otterrà una fotografia della presenza nel tempo, una rappresentazione grafica del trend dei messaggi rilevanti. In questo modo sarà possibile capire se si tratta di una presenza stabile, oppure legata a particolari eventi. Nel secondo caso si potranno effettuare ulteriori analisi per scoprire cosa ha determinato il picco di buzz, eventi esterni come crisi del settore, oppure interni all’azienda, come cambiamenti a livello dirigenziale. Come per il dato statico, anche quello diacronico deve essere comparato alla concorrenza, ricordando che un confronto sensato può avvenire soltanto tra soggetti affini.

Figura 3.8: i grafici a torta mostrano una prospettiva statica

b) Brand presence: dove se ne parla?

Una prima informazione utile sul tipo di partecipazione e coinvolgimento che l’azienda, il brand, o il prodotto, è in grado di generare lo si può ottenere esaminando lo share del buzz delle diverse tipologie di fonte. Spesso i forum ospitano conversazioni che riguardano gli aspetti tecnici in cui gli utenti discutono e si confrontano, mentre i blog invece, analizzano e approfondiscono secondo una prospettiva personale. Potrebbe risultare utile ai fini dell’analisi anche una lista di siti su cui sono avvenuti gli scambi più attivi, per poi avviare una pianificazione dell’attività di comunicazione. Un altro aspetto interessante può essere l’analisi dei siti più spesso citati o suggeriti nelle conversazioni che parlano dell’azienda, del brand, o del prodotto. Questo tipo di analisi è utile per capire quali sono le fonti più utilizzate dagli utenti e se queste sono attendibili o meno. Inoltre, fornisce informazioni sui contenuti più condivisi dagli utenti, per capire se si tratta di materiali virali messi in rete volutamente dall’organizzazione, oppure se sono user-generated.

c) Brand presence: chi ne parla?

Approfondendo l’analisi ed entrando più nel dettaglio dei messaggi rilevati, è possibile anche stilare una lista degli autori più attivi, coloro che nominano più spesso dell’azienda, del brand, del prodotto: blogger, influence, membri di forum. All’interno della lista potranno comparire nomi e cognomi, o semplicemente dei nickname. Possedere il vero nome dell’utente facilita la valutazione della complessiva presenza online, inoltre permette di ricondurre allo stesso profilo i messaggi pubblicati su altre piattaforme online. Nel caso in cui sia fornito solo il nickname la ricostruzione di un quadro completo risulterebbe più complicato. Trovare comunque un nome ricorrente, anche un nickname, può risultare utile per sostenere le attività promozionali, per reclutare brand ambassador, oppure per cercare di stabile un dialogo con i più ostinati detrattori, cercando così di limitare gli effetti negativi che questi potrebbero causare.

Metriche qualitative

a) Brand presence: di cosa si parla?

Capire quali sono gli argomenti più trattati e dibattuti è fondamentale per qualificare la presenza della propria azienda/brand/prodotto in rete. Un’indicazione degli argomenti più trattati si può ricavare esaminando le conversazioni più dibattute. Spesso anche solo i titoli sono in grado di offrire un’indicazione degli argomenti che hanno interessato gli utenti.

Anche definire classi tematiche può risultare utile, poiché in questo modo si sintetizza un’ampia mole di informazioni, per poi arrivare a fare dei confronti sintetici tra le marche rispetto alle aree tematiche che sono state identificate come più rilevanti e inserite nella tassonomia di dominio. Così poi è possibile costruire mappe di posizionamento bivariate che confrontano i livelli raggiunti dalle diverse marche.

Infine, è possibile anche analizzare termini e concetti ricorrenti attraverso il conteggio delle occorrenze, sia per verificare l’incidenza di tematiche previste, ma anche per scoprirne delle nuove. Sarà per esempio possibile scoprire se la presenza di un brand o prodotto online è legata a pochi o molti temi e a quali. Termini e concetti più presenti potranno essere rappresentati in due diversi grafici: il primo sarà una lista di parole citate in ordine di ricorrenze, mentre il secondo un cloud in cui termini e concetti sono rappresentati in dimensioni diverse a seconda del numero di citazioni ottenute.

Una volta chiarita la quantità, la diversificazione ed il posizionamento relativo alle marche/prodotti è possibile introdurre le mappe concettuali. Questi grafici mostrano come le parole chiave, e quindi i contenuti delle conversazioni in merito ad un argomento/prodotto/brand si combinano in relazione ad un termine inserito al centro dell’analisi. Attraverso le mappe è possibile capire con quale frequenza i termini ricorrono assieme, osservando lo spessore del tratto che unisce i termini e quanto spesso è presente il termine in assoluto, osservando invece la grandezza del riquadro che contiene la parola. Inoltre, si può comprendere quali siano le vie ed i percorsi logici che portano da un tema ad un altro.

Figura 3.11: mappa concettuale

Con lo stesso sistema di conteggio delle occorrenze di concetti e termini all’interno delle conversazioni, è inoltre possibile valutare il posizionamento della marca rispetto ad alcuni valori predefiniti. In questo modo sarà possibile verificare quali valori costituiranno l’immagine del brand, attraverso la scelta di valori più significativi e più rappresentativi dell’identità di marca.

b) Brand presence: come se ne parla?

Un’analisi qualitativa dei messaggi raccolti permette di ottenere diversi vantaggi. In particolare è possibile il tono delle conversazioni intorno alla marca o prodotto, i contesti in cui questi sono inseriti, le motivazioni che spingono le conversazioni online. Si possono tracciare:

• le occasioni di consumo, per esempio: in quale momento della giornata viene maggiormente consumata una merendina?

• I luoghi di consumo, per esempio: questa bevanda viene consumata più a casa, al pub, o in discoteca?

• Le motivazioni al consumo, per esempio: in occasione di quali performance sportive vengono bevute bevande energetiche?

• Il sentiment espresso. Come già scritto, è importante capire il gradimento che i messaggi esprimono e attraverso un’analisi, manuale o automatizzata, si tracciano le opinioni favorevoli, sfavorevoli o dubbie.

• Le motivazioni dell’utente, per esempio si potrà distinguere tra i messaggi pubblicati per esprimere apprezzamento, per dichiarare il proprio uso del prodotto, per un’intenzione d’acquisto, per suggerire brand e prodotti ad altri utenti e così via.

Misurare la rilevanza

Per dare un senso ai dati estratti, è necessario valutarne il peso e metterli in prospettiva, poiché un tweet da parte di una celebre blogstar non equivale a quello di un adolescente con una trentina di follower. Risulta quindi utile misurare la rilevanza, riferendoci o alla rilevanza di canale e della piattaforma di riferimento, o alla rilevanza dell’autore.

La rilevanza non è uno status che si mantiene stabile, esso varia rapidamente, seguendo i ritmi del web. Può essere valutata in modo relativo, rispetto agli altri blog, forum, o gruppi facebook, che vengono presi in considerazione. Ma anche rispetto al tema di riferimento, poiché sono poche le fonti influenti in modo assoluto, sono invece più frequenti quelle che hanno un peso nel proprio universo di riferimento. Data la natura estremamente variabile della rilevanza, sarà necessario calcolarla periodicamente, per esempio ogni mese. Inoltre, sarà anche necessario utilizzare metriche

che facciano riferimento a dati pubblici, accessibili a tutti, in modo tale da non rischiare di effettuare una valutazione parziale ed incompleta. 8

Figura 3.12: perché monitorare i social media

Capitolo 4

Metodologia

Nel capitolo precedente è stato descritto il processo di social media monitoring. Di seguito verrà presentata l’analisi di un dataset, la sua classificazione e la relativa analisi quantitativa e qualitativa. La classificazione si è basata su quella utilizzata da Starbucks nel 2014. L’azienda americana si è affermata prepotentemente nel mondo dei social media, su Twitter, Facebook, YouTube e Tumblr. In particolare, su Twitter Starbucks ha quasi raggiunto i dodici milioni di followers. Si è quindi cercato di capire la strategia di marketing communications utilizzata da Starbucks su Twitter, per poi avvalersene nel dataset analizzato. L’unica differenza è rappresentata dall’analisi di messaggi Facebook e non di Twitter, come fatto da Starbucks. Al contrario di strategie utilizzate da altre aziende di successo, quella di Starbucks non richiede un particolare sforzo tecnologico ed è quindi facilmente riproducibile da altre organizzazioni.

Il primo obiettivo della ricerca, come è stato per Starbacks, è quello di esplorare e classificare i diversi messaggi Facebook delle aziende inserite nel dataset. Il secondo è quello di comparare l’efficacia dei diversi tipi di contenuto. Infine, la ricerca ha lo scopo di suggerire possibili linee guida di marketing communication per attività di social maedia marketing.

Per poter valutare il successo di un post si sono presi in considerazione il numero di like e di commenti per ciascun messaggio. I social media per le aziende, come già spiegato precedentemente, rappresentano un eccellente veicolo per instaurare un rapporto duraturo con i propri clienti. I social network possono essere descritti come reti di amici per interazioni sociali o professionali. I membri dei social possono diventare amici di altri membri, ma possono anche diventare fan di aziende e successivamente indicare la loro opinione sul brand mettendo like o commentando i post della pagina seguita. I like ed i commenti riflettono quindi, oltre l’opinione dei clienti, anche la popolarità dei post. In questo capito, si cercherà di trovare i possibili driver per stabilire la popolarità di un post.

Un altro indice molto importante sarà dato dal numero delle condivisioni del post. Infatti, le condivisioni su Facebook rappresentano il passaparola digitale. Il passaparola è sempre più la fonte principale della forza di un brand. Le aziende crescono perché i clienti contenti parlano dei prodotti e servizi di quell’azienda, creando negli altri la curiosità di provare, oppure incontrando negli altri

bisogni che quella azienda può soddisfare. Apparentemente questo fenomeno nella realtà avviene in maniera molto semplice: persone che parlano della loro esperienza con altre persone. Attraverso Facebook, questo avviene condividendo il post pubblicato da un determinato brand. Infatti, oltre ad esprimere il proprio gradimento, l’utente mostra il messaggio pubblicato a tutta i contatti presenti nella sua rete social.

Figura 4.1: esempi di linee guida di social media marketing

Molti studiosi hanno suggerito che l’uso professionale dei social media attira gli stakeholder, sviluppando sane interazioni e creando con essi dialoghi diretti. Inoltre, i brand dovrebbero creare ampie reti di fan per cercare di eliminare ogni tipo di problema con il passaparola

negativo. Il corretto uso dei social media può aiutare la forza della relazione con i clienti, identificare nuove opportunità, costruire fiducia attorno al brand e favorire un passaparola positivo. L’opinione positiva di un consumatore sui social, può anche avere effetti positivi sulle intenzioni d’acquisto del prodotto in negozio. Inoltre, i social media offrono la possibilità al prodotto di svilupparsi grazie al coinvolgimento e alla partecipazione attiva dei clienti online. Il seguente studio, ha quindi lo scopo di cercare possibili relazioni tra il contenuto dei messaggi scritti dalle aziende ed il comportamento degli utenti, affinché si possa rafforzare ulteriormente questo legame tra le due parti.

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