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Il museo comunica se stesso: indagine sulla qualità comunicativa dei musei della provincia di Siracusa.

Ipotesi 2: il personale del museo è poco coinvolto nel processo educativo

3.2 Fase metodologica e strumenti di ricerca

Al fine di comprendere come i musei si presentano ai loro pubblici e in che modo comunicano con essi, si è scelto di avviare un’indagine esplorativa nella provincia di Siracusa per verificare se, e in che modo, i musei della zona, che rappresentano il nostro caso di studio, si sono adeguati agli standard di qualità minimi dettati a livello ministeriale.

A riguardo, il 10 maggio 2000, infatti, il Ministero per i Beni e le Attività culturali ha emanato il Decreto Ministeriale Atto di indirizzo sui criteri

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che offre disposizioni per ogni aspetto coinvolto nel corretto funzionamento del museo e, precisamente, per i seguenti ambiti: Status giuridico, Assetto

finanziario, Strutture, Personale, Sicurezza, Gestione delle collezioni, Rapporti con il pubblico e relativi servizi e Rapporti con il territorio.

Il documento è, inoltre, suddiviso in due ambiti: il primo relativo alle

norme tecniche e il secondo inerente alle linee guida. Se, ad esempio, gli

adempimenti in ordine alla conservazione, alla sicurezza e alla prevenzione del rischio, sono da intendere come ineludibili, si propongono invece delle linee guida per aspetti quale la promozione, la valorizzazione e l’attivazione di programmi a carattere territoriale, evidentemente soggetti a essere intrapresi a seconda delle opportunità e delle risorse a disposizione144. Ciò

non diminuisce, tuttavia, l’efficacia delle stesse linee guida, che assumono valore di standard orientativi e propulsori laddove il museo o il sistema dei musei decidano di impegnarsi in questi campi.

In sintesi, le norme contenute nella definizione degli standard sono di due tipi: obbligatorie, da seguire cioè in ogni caso; volontarie, da seguire nei casi in cui si attivino in tutto o in parte i settori cui esse si riferiscono, disciplinandoli145.

La parte relativa alla comunicazione è quella contenuta nell'ambito VII -

Rapporti del museo con il pubblico e relativi servizi, in particolare, nel sotto

ambito dotazioni fisse e servizi essenziali, voce 1 Strumenti di

comunicazione primaria (obbligatori).

144 Cfr. MiBAC, Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo

dei musei, 10 maggio 2000, p.16.

145 Cfr.MiBAC, Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo

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Scegliendo come punto di riferimento l'ambito VII (si veda l’Appendice), è stata redatta una lista di proprietà essenziali per una “struttura

comunicativa” di qualità da verificare attraverso l’indagine sul campo:

- capacità manageriali del direttore;

- riconoscibilità e accessibilità della struttura alle diverse

tipologie di pubblico;

- chiarezza e accessibilità nell’allestimento;

- uso di diverse lingue e diverse tipologie di linguaggio; - attività differenziate per i pubblici;

- disponibilità della sezione educativa;

- disponibilità delle undici figure professionali146 previste dal

documento ministeriale;

- legami con il contesto/territorio (partenariato);

- disponibilità della pubblicità sulle collezioni e sulle attività del

museo;

- disponibilità di strumenti di valutazione e verifica.

Abbiamo scelto di condurre uno studio di caso che è una delle forme della

ricerca qualitativa, la quale ha come obiettivo quello di comprendere la

realtà indagata e approfondirne le specificità, prediligendo un approccio

olistico. Essa, inoltre, adotta di preferenza studi in profondità su gruppi

ristretti di soggetti o su un unico caso. I soggetti studiati non vengono scelti

146Le figure professionali previste dal Ministero sono: Direttore, conservatore/curatore, responsabile

servizio educativo, esperto in comunicazione, funzionario amministrativo, responsabile tecnico, restauratore, responsabile della sicurezza, assistente al pubblico, operatore museale, addetto alla sorveglianza, e vigilanza, personale operativo di supporto.

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in quanto indifferenziati rappresentanti di una popolazione a cui estendere i risultati della ricerca, bensì perché interessanti di per se e per i particolari legami instaurati con il contesto147.

Per molto tempo la ricerca qualitativa è stata contrapposta a quella quantitativa e considerata più semplice e meno rigorosa di quest’ultima. Attualmente, però, la tendenza è quella di integrare le due tipologie di ricerca, «nella sequenza ritenuta più adatta ad affrontare il problema di ricerca: alcuni avviano in forma qualitativa una ricerca esplorativa sul campo, per definire con cura costrutti, variabili e strumenti e pianificare poi una ricerca quantitativa. Altri invece, partono da quest’ultima e utilizzano le strategie della ricerca qualitativa per approfondire le costanti, i significati emergenti, per studiare variazioni in contesti diversi, coinvolgere nella ricerca operatori sul campo, ecc.»148

In questa direzione, nel presente lavoro ci avvarremo, come strumento, dell’intervista e l’analisi presenterà una struttura principalmente descrittiva, costantemente supportata da tabelle, schemi e fotografie che daranno forma e visibilità a ciò che si va precisando attraverso le rappresentazioni delineate. Sono, inoltre, presenti frammenti di testo tratti dalle interviste con i direttori dei musei. Ove si reputi necessario saranno inclusi grafici statistici che aiutano a comprendere il testo di riferimento.

Lo studio di caso (case study)si pone l’obiettivo di studiare «unità di analisi ristrette quali possono essere singoli soggetti, piccoli gruppi, classi, team di lavoro o di studio, comunità, ambienti educativi, denominate appunto casi. I casi sono unità autonome dotate di una struttura propria, delimitate in termini di spazi e di attori (es. una classe), con caratteristiche

147 Cfr. C. Coggi, P. Ricchiardi, Progettare la ricerca empirica in educazione, Carocci, Roma 2012, p.26. 148 Ivi, p.80.

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di unitarietà e specificità che ne rendono sensato il loro studio come unità autonome»149.

Lo studio di caso, inoltre, «rappresenta uno strumento per approfondire la conoscenza di un processo piuttosto che dei suoi singoli prodotti, la comprensione di un contesto nel suo insieme piuttosto che delle variabili specifiche, insomma un’attività basata sulla scoperta piuttosto che sulla conferma»150. Esso, quindi, tiene conto della complessità della situazione

concreta, partendo dal presupposto che esistano molti più fattori che operano nella situazione di quanti sia possibile considerarne in una ricerca.

Altra caratteristica è quella di non prevedere a priori generalizzazioni statistiche per i risultati che verranno prodotti; è però possibile la trasferibilità dei risultati «se le conclusioni ottenute possono essere applicate ad altri casi i cui presupposti di partenza sono analoghi a quelli del caso studiato»151.

Lo studio di caso può, innanzitutto, rivolgersi ad un unico caso con lo scopo di «descrivere e comprendere la struttura complessa di relazioni che individuano e caratterizzano il caso in sé, nella sua unica e irripetibile specificità, e solo in secondo luogo utilizzare l’evidenza empirica raccolta per gettare luce su temi più generali o a casi multipli»152, o rivolgersi a casi

multipli con l’obiettivo di studiare il fenomeno più generale (nel nostro caso

la comunicazione dei musei) attraverso lo studio delle singole sottounità prese una per una (i singoli musei). Si può, inoltre, effettuare una distinzione

149R. Trinchero, Lo studio di caso, in Pedagogia sperimentale online,

www.edurete.org/public/pedagogia_sperimentale/corso.aspx?mod=2&uni=5&arg=1&pag=1., ultima visita il 20 settembre 2013.

150INVALSI, Guida metodologica agli studi di caso, marzo 2001, in

http://archivio.invalsi.it/ri2003/quasi/html/Falconieri/protocollo.pdf, p. 7, ultima visita il 30 settembre 2012.

151R. Trinchero, Lo studio del caso,cit. 152 Ibidem

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tra studi di caso intensivo (volto a definire tipizzazioni153), comparativo (per

individuare similitudini e differenze tra i casi), studio di caso di ricerca azione (analisi di un caso volta a valutare la possibilità di introdurre un cambiamento che porti ad un miglioramento)154.

Le tecniche di raccolta dati utilizzate negli studi di caso sono molteplici ed hanno natura qualitativa e quantitativa, con una prevalenza delle prime. Gli strumenti più comuni sono:

- osservazione partecipante e non partecipante; - interviste;

- questionari o test;

- registrazioni audio e video; - documenti cartacei;

- fotografie; - diari;

- focus group

Nella ricerca qui presentata si è scelto di utilizzare come strumento di rilevazione l’intervista, però, a causa della poca disponibilità di tempo da parte di alcuni direttori dei musei presi in esame, si è dovuto optare, nei casi specifici, per un questionario da recapitare tramite email.

L’intervista è la tecnica maggiormente usata nella ricerca qualitativa; essa può essere di diversi tipi: strutturata, caratterizzata da domande pianificate e poste in maniera sequenziale e rigida; semi strutturata, le domande sono pianificate, ma presentate in maniera flessibile, lasciando spazio ad eventuali

153 Ibidem

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altre domande non programmate; libera o non strutturata, composta da uno schema basato sui punti da toccare.

In questo lavoro è stata scelta l’intervista semi strutturata, proprio perché si configura come una via di mezzo tra lo schema rigido e lo schema libero. Il questionario è una lista organizzata di domande poste per iscritto al campione scelto, allo scopo di raccogliere informazioni, conoscere opinioni, atteggiamenti, etc.

Le domande possono essere chiuse o aperte, in quest’ultimo caso l’intervistato è libero di rispondere come vuole, però possono sorgere problemi legati alla competenza espressiva di chi risponde e/o alla interpretazione da parte del ricercatore.

Il questionario può essere stilato in formato cartaceo o elettronico; può essere inviato per posta, per e-mail, o anche sottoposto di presenza.

Nella presente ricerca è stato utilizzato un questionario aperto, in quanto consente di raccogliere informazioni più in profondità, oltre al fatto che lascia ai soggetti la possibilità di spiegare, per esempio, le ragioni della messa in atto di determinate strategie comunicative o le ragioni dell’assenza di alcuni requisiti importanti per una comunicazione di qualità.