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CAPITOLO 2 IL TRATTAMENTO DEL TUMORE DEL COLON-RETTO

2.2 T RATTAMENTO DELLA MALATTIA AVANZATA

2.2.1 Fattori che influenzano la scelta del trattamento nel paziente metastatico

Per poter personalizzare la strategia terapeutica è importante valutare fattori clinici legati al paziente quali il performance status (PS), eventuali comorbidità, l’età, se il paziente ha precedentemente ricevuto un trattamento adiuvante. Inoltre, è importante considerare anche le preferenze del soggetto, ovvero le sue aspettative e l’accettazione del profilo di tossicità. Vengono valutate poi la sede e le caratteristiche molecolari del tumore, in particolare lo stato mutazionale di RAS e BRAF; altri aspetti sono le caratteristiche della malattia come il volume, l’aggressività clinica, i sintomi correlati, se presenti, e la potenziale resecabilità.

Sulla base di questo è possibile individuare 4 principali approcci:

o in pazienti con malattia limitata e resecabile si procede con l’intervento chirurgico radicale e/o la terapia medica perioperatoria;

o per i pazienti con malattia limitata, ma non resecabile, si utilizzano terapie ad alta percentuale di risposta per convertire la malattia a resecabile (conversion

therapy);

o i pazienti sintomatici con qualità della vita e prospettive di sopravvivenza compromesse vengono trattati a scopo palliativo con terapie che consentano una rapida riduzione della massa tumorale;

55 o per i pazienti asintomatici si utilizza una strategia che preveda un trattamento sequenziale con i vari farmaci a disposizione tenendo sempre presente la tossicità (concetto di “continuum of care”). In questi pazienti non deve essere escluso l’impiego del trattamento chemioterapico più attivo disponibile68.

2.2.1.1 Resecabilità e trattamento chirurgico della malattia metastatica

Nei tumori del colon-retto definire la resecabilità è un punto chiave per individuare la strategia terapeutica ideale. Il paziente con malattia metastatica può essere identificato in uno dei tre gruppi seguenti:

o facilmente resecabili (15%), sono lesioni che presentano un numero limitato di metastasi non superiore a 4, in cui i margini radiologici sono ampi, tali da consentire al chirurgo una asportazione radicale e sono assenti i fattori prognostici negativi maggiori (ad esempio metastasi sincrone piuttosto che metacrone, lesioni voluminose, secondarismi esterni al fegato);

o potenzialmente / borderline resecabile (35%), in cui sono presenti fattori prognostici multipli per un DFS breve (come metastasi sincrone, extraepatiche, dimensioni della lesione, interessamento linfonodale del tumore primitivo, CEA) e margini radiologici inadeguati. La chirurgia in queste lesioni è fattibile solo dopo un trattamento medico che determini una riduzione delle dimensioni delle lesioni. L’espressione “lesioni possibilmente resecabili” in particolare indica neoplasie che non sono resecabili al momento attuale ma potenzialmente potrebbero esserlo riducendo la dimensione e il numero delle metastasi. I tumori borderline invece sono lesioni difficili da operare poiché si riscontrano importanti fattori prognostici negativi e i margini della resezione potrebbero non essere R0;

o non resecabile: il setting terapeutico in questo caso è palliativo, ma nel paziente che risponde particolarmente bene ad un trattamento medico è possibile anche riconsiderare la chirurgia. Tuttavia, trattandosi di pazienti con metastasi diffuse ed altri fattori di rischio negativi, questa eventualità è piuttosto rara.

Nei pazienti con malattia metastatica non resecabile e tumore primitivo in sede è importante quindi definire se il tumore primitivo sia sintomatico o meno. Se sintomatico è necessario un intervento chirurgico o endoscopico palliativo (la

56 resezione del primitivo, e/o una stomia decompressiva o stent endoscopico) a cui segue la chemioterapia. Relativamente alla possibilità di poter intervenire sulle metastasi epatiche e/o polmonari si possono identificare 2 principali scenari clinici con 2 diversi approcci:

o in pazienti con malattia limitata e resecabile è previsto un intervento chirurgico radicale e/o una terapia medica perioperatoria. Qualora si opti per terapia perioperatoria l’unico schema validato è FOLFOX (o XELOX);

o nei pazienti con malattia limitata al fegato e/o al polmone ma non resecabile è possibile utilizzare terapie ad alta percentuale di risposta per “convertire” la malattia a resecabile (concetto di “conversion therapy”).

In quest’ultimo caso, i dati disponibili derivano principalmente da analisi retrospettive di trials di fase III o, quasi esclusivamente, da studi clinici di fase II, con criteri di inclusione dei pazienti non uniformi. Appare comunque evidente che l’obiettivo del trattamento medico in questo set di pazienti debba essere quello di ottenere la miglior risposta possibile mediante la conversion therapy, poiché è stata dimostrata una diretta correlazione tra un più elevato tasso di risposta e l’efficacia della resezione epatica83.

A tal proposito, le combinazioni a tre farmaci o le doppiette + farmaco biologico sembrano consentire un più rapido raggiungimento dell’obiettivo. L’impiego di queste combinazioni in casi con malattia esclusivamente epatica consente la “conversione” di una percentuale di pazienti che può arrivare oltre il 50% in alcuni studi, con la possibilità di ottenere lunghe sopravvivenze. Considerando l’efficacia delle moderne combinazioni chemioterapiche, l’opzione chirurgica viene valutata in tutti i pazienti in cui la chemioterapia abbia ottenuto una riduzione di malattia che ne consenta l’exeresi. Il trattamento deve poi essere sospeso non appena la malattia risulti resecabile in quanto il paziente verrebbe esposto ad inutili rischi chirurgici e di tossicità epatica. Le sedi di malattia metastatica da valutare per un eventuale trattamento chirurgico sono fegato, polmone e ovaio. Anche la recidiva pelvica può essere considerata una indicazione chirurgica, se unica sede di malattia e potenzialmente resecabile R0 dopo una chemioradioterapia preoperatoria. In caso di epatectomie maggiori è comunque importante eseguire una valutazione volumetrica dell’ipertrofia compensatoria del fegato residuo, ottenibile con embolizzazione portale o altre tecniche, al fine di

57 garantire un’adeguata funzione epatica postoperatoria. Attualmente è comunque indicato che tutti i pazienti con malattia metastatica potenzialmente resecabile siano inviati al chirurgo previa discussione multidisciplinare. La resezione epatica R0 rappresenta attualmente l’unico mezzo terapeutico curativo, con una sopravvivenza a 5 anni compresa tra il 15 ed il 50%, in funzione dell’estensione della malattia epatica e dell’assenza di malattia extraepatica. È comunque riconosciuto un valore anche alle resezioni R1, in particolare se possono migliorare la qualità della vita del paziente. Il numero delle metastasi epatiche non è più riconosciuto come fattore prognostico sfavorevole se l’intervento chirurgico è eseguito da chirurghi esperti.

L’approccio laparoscopico confrontato con la chirurgia open è fattibile per resezioni epatiche anche maggiori, ma solo in centri con adeguata esperienza. Il Gruppo italiano I GO MILS (Mini-Invasive Liver Surgery) ed una meta-analisi in letteratura hanno documentato che il suddetto approccio è in grado di migliorare la qualità di vita postoperatoria dei pazienti (dolore e riduzione della degenza) a parità di rischio di complicanze postoperatorie e di sopravvivenza a distanza, rispetto alla chirurgia open68.

Relativamente alla resezione di metastasi polmonari vi sono dei recenti dati retrospettivi su una casistica di 898 pazienti presentati all’ASCO 2014 che evidenziano un beneficio dalla resezione delle metastasi polmonari anche multiple (purché risultino negativi i margini di resezione) con DFS e OS a 5 anni del 35% e 66% rispettivamente84.

2.2.1.2 Fattori molecolari

RAS

Il pathway di ERK (Extracellular Signal-Regulated Kinase) rappresenta una via delle MAPK che regola l’attività cellulare ed è controllato da elementi esterni come fattori mitogeni e di crescita. Tra i recettori che attivano questa via c’è l’EGFR85. Il legame del ligando a questo recettore comporta un cambiamento conformazionale di RAS. La famiglia delle proteine RAS comprende KRAS, NRAS e HRAS. L’oncogene KRAS è mutato in circa il 40% dei CRC; in particolare, le mutazioni somatiche a singolo nucleotide si verificano nel 95% dei casi nei codoni 12 e 13 dell'esone 2 del gene e in

58 una piccola percentuale dei codoni 61 dell’esone 386. Le mutazioni di NRAS e HRAS sono molto rare nell’mCRC87.

Le mutazioni di KRAS sono meno frequentemente associate a fenotipo MSI-high e sono mutualmente esclusive con quelle del gene BRAF, mentre possono trovarsi contestualmente a mutazioni di PIK3CA.

Analisi retrospettive di studi randomizzati controllati di fase III hanno stabilito che le mutazioni nell’esone 2 di KRAS possono prevedere la resistenza al trattamento con mAb anti-EGFR in mCRC. Pertanto, l'EMA e la FDA hanno approvato cetuximab e panitumumab (anticorpi monoclonali anti-EGFR) solo per il trattamento di pazienti con tumori esone 2 KRAS wild-type88.

Negli ultimi anni, oltre alle mutazioni dell'esone 2 KRAS, sono stati identificati diversi marcatori coinvolti nella resistenza alla terapia anti-EGFR. In particolare, la presenza di altre mutazioni attivanti KRAS (esone 3, codoni 59/61 ed esone 4, codoni 117/146) e NRAS (esone 2, 3 e 4) è correlata ad una assenza di efficacia degli anticorpi anti- EGFR.

Questo è quanto emerso da un'analisi retrospettiva dello studio di fase III PRIME che ha valutato l’impatto dello stato di “RAS ampliato” (KRAS e NRAS) relativamente all’aggiunta del farmaco anti-EGFR panitumumab alla chemioterapia. Tale analisi ha dimostrato l'efficacia della terapia che associa panitumumab a FOLFOX4 in termini di RR (ORR), PFS e overall survival rispetto alla sola chemioterapia come trattamento di prima linea per carcinomi del colon-retto RAS wild type89.

I risultati emersi dallo studio FIRE 3 sottolineano l'importanza di un'analisi mutazionale estesa di RAS nella selezione dei pazienti. I pazienti con malattia metastatica esone 2 KRAS wild type, non trattati precedentemente, erano randomizzati a ricevere FOLFIRI con cetuximab o bevacizumab. Lo studio ha mostrato che gli anticorpi monoclonali anti-EGFR erano superiori in termini di OS, RR, livello di risposta e riduzione di dimensioni del tumore nella popolazione RAS WT (wild type), mentre non è stata dimostrata una differenza statisticamente significativa in termini di PFS o ORR90.

Nel loro insieme, questi risultati evidenziano l'importante ruolo dello stato mutazionale di RAS come biomarcatore predittivo del vantaggio derivato dai farmaci anti-EGFR nella gestione del CRC. Pertanto, l'EMA e la FDA hanno limitato

59 l'indicazione di cetuximab e panitumumab a tutti i pazienti con CRC all-RAS WT (ovvero WT per gli esoni 2, 3 e 4 di KRAS e NRAS) nel 2013.

BRAF

Nonostante il riconoscimento delle mutazioni di KRAS / NRAS come fattori predittivi di una mancanza di risposta agli anticorpi anti-EGFR, una considerevole percentuale di tumori RAS WT non risponde alla terapia mirata opportunamente selezionata e ciò potrebbe essere dovuto ad altre mutazioni a carico di effettori a valle della via KRAS /

NRAS. Tale effettore è rappresentato da BRAF, una serina / treonina protein-chinasi

attivata da RAS che è mutata nel 12%-15% dei pazienti con mCRC. La mutazione puntiforme BRAFV600E è l'alterazione più comune a carico di questo gene ed è mutualmente esclusiva con quelle di RAS. Queste mutazioni sono maggiormente frequenti nei tumori con sede destra, nelle donne e negli anziani con neoplasie di più alto grado e fenotipo MSI-high91. Il gene mutato BRAFV600E codifica per una proteina

costitutivamente attiva, spiegando così la mancanza di blocco dell'EGFR con cetuximab o panitumumab, come evidenziato dallo studio di Di Nicolantonio92. Di

conseguenza, diversi studi clinici hanno messo in evidenza il ruolo prognostico negativo della mutazione BRAF in pazienti con mCRC. Ad esempio, Prahallad et al. hanno riportato un OS mediano per i pazienti con mCRC BRAF mutato di 10,4 mesi, rispetto a 34,7 mesi per i pazienti con tumori BRAF WT93. È importante considerare che il suo valore come biomarcatore predittivo rimane incerto a causa dell'assenza di studi prospettici. In un'analisi di sottoinsieme dello studio PRIME, la mutazione BRAFV600E indica l’assenza di qualsiasi beneficio legato all'aggiunta di panitumumab a FOLFOX nel setting di prima linea di mCRC. Inoltre, i dati dello studio MRC COIN hanno mostrato che cetuximab era detrimentale nei pazienti con mutazione BRAFV600E 89.

Tuttavia, le opzioni terapeutiche standard per questo sottogruppo di pazienti sono limitate. I risultati derivati dall'analisi di un sottogruppo dello studio TRIBE su 28 pazienti con mutazione BRAFV600E, evidenziano che i pazienti hanno maggiori probabilità di rispondere a un trattamento iniziale aggressivo che combina FOLFOXIRI (fluorouracile, leucovorin, oxaliplatino e irinotecano) e bevacizumab (OS mediano 19,1 mesi vs 10,8 mesi per il gruppo FOLFIRI e bevacizumab), con un

60 hazard ratio per progressione di 0,55 a favore della tripletta chemioterapica combinata all’anti-angiogenico.

PIK3CA / PTEN / AKT

Oltre alle mutazioni NRAS / KRAS e BRAF, anche altri biomarcatori predittivi indicano resistenza al cetuximab / panitumumab. Ad esempio, la via di segnalazione PIK3CA / PTEN / AKT è associata a diverse neoplasie chemio-resistenti, incluse quelle resistenti agli anti-EGFR. Circa il 10% -20% dei CRC ospita mutazioni attivanti di PIK3CA, che si verificano principalmente negli esoni 9 e 20 e sono responsabili della mancanza di risposta alla terapia anti-EGFR. Il preciso ruolo predittivo delle mutazioni PI3KCA non è chiaro a causa della loro bassa incidenza e della concomitante presenza di mutazioni KRAS o BRAF. Tuttavia, un'ampia analisi retrospettiva di 1022 pazienti trattati con cetuximab ha prodotto due risultati principali:

o solo le mutazioni dell'esone 20 di PIK3CA prevedono una mancata risposta al cetuximab nella sottopopolazione di KRAS WT;

o sono state associate mutazioni dell'esone 9 di PIK3CA e mutazioni KRAS, suggerendo un ruolo secondario delle mutazioni dell'esone 9 di PIK3CA nella resistenza al cetuximab94.

Le mutazioni di PIK3CA sono state anche identificate come meccanismi di resistenza secondaria nei campioni di pazienti che ricadono dopo il trattamento con anticorpi monoclonali mirati contro EGFR. Relativamente al ruolo delle mutazioni di PIK3CA come biomarcatore prognostico, la mortalità specifica per tumore del colon è aumentata nei pazienti con tumori PIK3CA mutati rispetto ai pazienti con tumori WT, anche se la prognosi peggiore nei tumori è associata alla presenza di mutazioni sia dell'esone 9 che dell'esone 2095.

La via di segnalazione PIK3CA può anche essere attivata dalla perdita di PTEN, che si trova nel 30% dei CRC ed è associata a una mancanza di risposta tumorale e ad una minore overall survival nei pazienti con tumori KRAS WT trattati con un regime basato su cetuximab96. PTEN codifica per una fosfatasi che è coinvolta nella regolazione dei livelli intracellulari di fosfatidilinositolo-3, 4, 5-trisfosfato e funge da oncosoppressore regolando negativamente la via di segnalazione AKT / PKB. La

61 perdita di funzionalità di PTEN, che porta alla successiva iperfosforilazione dell'AKT e inibizione dell'apoptosi nei tumori del colon retto, può verificarsi attraverso diversi meccanismi genetici ed epigenetici. Diversi studi hanno evidenziato il ruolo predittivo e prognostico della perdita di PTEN; tuttavia, i dati sul tasso di concordanza dell'espressione di PTEN su tumori primari e metastasi associate sono controversi.

HER2

Il recettore del fattore di crescita epidermico umano 2 (HER2) è un driver oncogenico membro della famiglia ERBbB, che è bersaglio dell'anticorpo trastuzumab nel trattamento del carcinoma mammario e gastrico. L'attivazione di questo recettore richiede l'eterodimerizzazione con altri recettori dipendenti dal ligando della stessa famiglia. L'eterodimero HER2-HER3 rappresenta un potente attivatore della segnalazione intracellulare tramite le vie RAS-RAF-ERK e PI3K-PTEN-AKT97.

HER2 è stato proposto come target nel CRC a seguito di studi condotti sui modelli di xenotrapianto dei carcinomi del colon-retto RAS/BRAF wild-type e resistenti al cetuximab. Nello studio condotto da Bertotti et al. l'amplificazione del gene HER2 è stata riconosciuta come un potenziale meccanismo di resistenza primaria al cetuximab in una popolazione di quadrupli WT (KRAS, NRAS, BRAF e PIK3CA wild-type). Gli autori hanno osservato l'amplificazione di HER2 solo in una piccola percentuale (2% -3%) di pazienti geneticamente non ancora classificati. Questa percentuale è aumentata quando si considerano pazienti con KRAS WT resistenti al cetuximab, che vanno dal 13,6% al 36% nella popolazione quadruplo WT. Per esaminare il valore di HER2 come biomarcatore predittivo positivo, è stato condotto uno xenotrial multibraccio usando lapatinib (doppio inibitore delle molecole EGFR / HER2) e cetuximab o pertuzumab, (anticorpo monoclonale diretto contro l'eterodimero EGFR / HER2). L'associazione si è dimostrata attiva nel sottogruppo di pazienti cetuximab resistenti, CRC metastatici con quadruplo WT e HER-2 amplificati98. Un importante recente studio del 2016 ha fatto luce al riguardo ed ha definitivamente aperto la strada a nuove combinazioni terapeutiche: il trial clinico di fase II HERACLES-A99. Sartore-Bianchi et al. si sono quindi proposti di valutare l’attività di trastuzumab + lapatinib in pazienti con mCRC

62 studio ha raggiunto l’endpoint primario, riportando un tasso di risposte obiettive RECIST del 30% al follow-up a 94 settimane,.

L'amplificazione di HER2 non è l'unica alterazione molecolare che può iperattivare il recettore HER2. La sovrapproduzione di Heregulin, un ligando di HER3, può conferire resistenza al trattamento anti-EGFR. L’associazione tra i livelli di Heregulin e l’amplificazione di HER2 è confermata da una raccolta di campioni istologici e plasma di pazienti con resistenza acquisita al cetuximab100. L'HER3, che è mutato nell'11% dei pazienti con CRC, può essere un ulteriore marker di resistenza e può limitare la reattività agli ab anti-EGFR, anche se HER2 non è amplificato. Inoltre, la sovraespressione di HER3 è stata associata ad una PFS e overall survival più brevi in un sottogruppo di pazienti con CRC metastatico trattati con irinotecano e cetuximab come terapia di seconda o terza linea101.

Relativamente al valore prognostico di HER2 ci sono risultati contrastanti, dovuti probabilmente alla bassa incidenza di questa mutazione che rende gli studi inconsistenti. È necessario precisare che comunque l’iperespressione di HER2 è considerata un fattore prognostico negativo anche se non con la stessa importanza delle mutazioni di BRAF102.

Instabilità dei microsatelliti

I microsatelliti sono brevi sequenze ripetute in tandem molto suscettibili ad alterazioni durante la fase di replicazione. Un difetto del sistema mismatch-repair comporta una mancata riparazione di questi errori con una conseguente perdita della stabilità dei microsatelliti103. Il sistema MMR (mismatch-repair) è costituito da MLH1, MSH2,

MSH6 e PMS2. L’ instabilità dei microsatelliti, dovuta ad alterazione del sistema

MMR, è caratteristica del CRC associato a sindrome di Lynch104 e ad un particolare fenotipo di CRC, il CIMP (CpG Island Methylation Phenotype)105. Anche la mutazione BRAFV600E è stata dimostrata essere strettamente associata alla instabilità dei microsatelliti106. Questi tumori tendono a localizzarsi prevalentemente a destra con un pattern di crescita esofitico, prediligono il sesso femminile, e presentano un pattern istologico poco differenziato con formazione di mucina extracellulare.

Mentre l’instabilità dei microsatelliti ha un ruolo importante nella scelta della terapia per la malattia localizzata, e un pattern MSI-high costituisce un fattore prognostico

63 positivo, nelle forme metastatiche non esiste una differenza evidente in termini di sopravvivenza o risposta alla terapia tra i pazienti MSI-high e MSS107.

La presenza di instabilità dei microsatelliti può determinare la produzione di antigeni o neoantigeni non-self, ad esempio i ligandi del checkpoint immunologico PD1, PD- LI, CTLA-4, LAG-3 e IDO maggiormente espressi in questo tipo di tumori; per questo è stato ipotizzato che le neoplasie con deficit di riparazione del DNA potrebbero rispondere al blocco del checkpoint immunitario con terapia immunologica. Le et al. hanno condotto uno studio di fase II utilizzando pembrolizumab, un inibitore di PD-1, per testare questa ipotesi. Pembrolizumab è stato somministrato a 41 pazienti con carcinoma metastatico avanzato, alcuni presentavano un difetto del sistema mismatch- repair, mentre altri no. Nei pazienti con carcinoma con deficit di riparazione del DNA il tasso di risposta immuno-correlato era del 40% (quattro su 10 pazienti) e il tasso DFS era del 78% (sette su nove pazienti). Nei pazienti senza deficit di riparazione, i tassi di risposta corrispondenti erano rispettivamente dello 0% (nessuno degli otto pazienti) e dell'11% (due su 18 pazienti). Questo studio ha dimostrato che lo stato del sistema di riparazione dei mismatch del DNA di un tumore potrebbe prevedere la risposta alla terapia con pembrolizumab108.

ALK/ ROS1/ TRK1-2-3

Sono stati condotti importanti studi per valutare le caratteristiche cliniche, molecolari e prognostiche dei CRC che esprimono riarrangiamenti di ALK, ROS1 e NTRK1/2/3109. I geni di fusione valutati nello studio, in particolare quelli che coinvolgono NTRK, hanno una maggiore incidenza nelle donne giovani con primitivo localizzato a destra, RAS WT e MSI-high. A livello prognostico, i pazienti con mCRC con riarrangiamenti genici presentavano una OS di 15,6 mesi, rispetto ai 33,7 mesi nei pazienti con tumore senza riarrangiamenti. Anche nell’analisi multivariata, la presenza del riarrangiamento di ALK, ROS1 e NTRK1/2/3 è comunque risultata significativamente associata ad una prognosi peggiore.

Esistono dei dati retrospettivi che confermano la scarsa responsività dei CRC riarrangiati ai farmaci anti-EGFR. In particolare, uno studio condotto da Sobrero et al.

64 dimostra una progressione di malattia a seguito di trattamento con cetuximab o panitumumab110.

Sono state condotte alcune analisi combinate per confrontare studi di fase precoce per l’impiego di farmaci molecolari: due analisi combinate risultano particolarmente degne di nota. Una riguarda l’impiego di larotrectinib (TRK-inibitore) in neoplasie positive alle fusioni di NTRK. Larotrectinib è risultato avere una buona attività antitumorale, anche nei casi di CRC, con reazioni avverse clinicamente rilevanti che però non richiedevano una riduzione di dose111.

L’altra analisi valuta l’efficacia di entrectinib in pazienti con questa tipologia di riarrangiamenti, dimostrando una buona attività antitumorale non solo su CRC ma anche su neoplasie di altra natura, con livelli di tossicità più che accettabili112.

2.2.1.3 Sede del tumore primitivo

Diversi studi hanno sottolineato le importanti differenze genetiche e molecolari tra i

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