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Impatto del genere sul profilo di efficacia e tossicità di FOLFOXIRI in combinazione a bevacizumab come trattamento di prima linea di pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico: analisi combinata degli studi TRIBE

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Academic year: 2021

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U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

Impatto del genere sul profilo di efficacia e tossicità

di FOLFOXIRI in combinazione a bevacizumab come

trattamento di prima linea di pazienti affetti da carcinoma

colorettale metastatico: analisi combinata degli studi

TRIBE

Candidata: Relatore:

Silvia Paolinelli Chiar.mo Prof. Alfredo Falcone

Correlatore: Prof. Gianluca Masi

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Indice

RIASSUNTO ANALITICO ... 1

CAPITOLO 1 IL CARCINOMA DEL COLON-RETTO ... 5

1.1EPIDEMIOLOGIA ... 5

1.2FATTORI DI RISCHIO E FATTORI PROTETTIVI ... 8

1.2.1 Fattori di Rischio non modificabili ... 8

1.2.2 Fattori di Rischio modificabili ... 13

1.2.3 Fattori protettivi ... 20

1.3PATOGENESI ... 21

1.4CENNI DI ANATOMIA PATOLOGICA... 24

1.5 SCREENING ... 26

1.6 PRESENTAZIONE CLINICA ... 29

1.7 DIFFUSIONE ... 31

1.8 DIAGNOSI ... 32

1.9 STADIAZIONE E PROGNOSI ... 34

CAPITOLO 2 IL TRATTAMENTO DEL TUMORE DEL COLON-RETTO ... 40

2.1TRATTAMENTO DELLA MALATTIA LOCALIZZATA ... 40

2.1.1 Trattamento chirurgico della malattia localizzata ... 40

2.1.2 Terapia medica della malattia localizzata ... 46

2.2TRATTAMENTO DELLA MALATTIA AVANZATA ... 53

2.2.1 Fattori che influenzano la scelta del trattamento nel paziente metastatico ... 54

2.2.2 Trattamento farmacologico della malattia avanzata ... 65

2.2.3 Algoritmo terapeutico proposto ... 80

CAPITOLO 3 ANALISI COMBINATA DEGLI STUDI TRIBE E TRIBE2: IMPATTO DEL GENERE SUL PROFILO DI EFFICACIA E SICUREZZA DEL TRATTAMENTO DI PRIMA LINEA CON FOLFOXIRI E BEVACIZUMAB ... 84

3.1LO STUDIO TRIBE... 84

3.2LO STUDIO TRIBE2... 85

3.3CARCINOMA DEL COLON RETTO: DIFFERENZE TRA SESSO MASCHILE E FEMMINILE .... 87

3.4PAZIENTI E METODI ... 92

3.5RISULTATI ... 97

3.6DISCUSSIONE E CONCLUSIONI ... 108

ICONOGRAFIA ... 111

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Riassunto analitico

Negli ultimi anni le opzioni terapeutiche per il carcinoma colorettale metastatico hanno vissuto una rapida evoluzione che ha consentito un netto miglioramento della prognosi e, in casi selezionati, delle possibilità di guarigione, grazie anche all’integrazione di procedure locoregionali (chirurgia, radioterapia e trattamenti ablativi).

Il panorama delle terapie sistemiche e locoregionali a disposizione dell’oncologo medico si è ampliato, rendendo cruciale fin dal momento della diagnosi del mCRC la definizione della strategia terapeutica più appropriata per ogni singolo caso, basata sulla considerazione di fattori clinici e molecolari legati al paziente e alla sua malattia. Attualmente, l’associazione di una chemioterapia con un farmaco biologico o “a bersaglio molecolare” è la scelta standard per il trattamento upfront della malattia metastatica. La crescente mole di dati dalla letteratura supporta la possibilità di modulare l'intensità del regime chemioterapico di prima linea, in base alle caratteristiche dei pazienti e della malattia, nella prospettiva di personalizzare l’intervento medico.

In questa prospettiva, le possibili combinazioni dei tre citossici a disposizione (le fluoropirimidine 5-fluorouracile e capecitabina, oxaliplatino e irinotecano) sono la monochemioterapia con la sola fluoropirimidina, le doppiette FOLFOX o FOLFIRI (5-fluorouracile con oxaliplatino o con irinotecano, rispettivamente) o XELOX (capecitabina e oxaliplatino) e la tripletta FOLFOXIRI (5-fluorouracile, oxaliplatino e irinotecano). Ai suddetti backbones di chemioterapia può essere combinato un farmaco biologico, tra le due categorie approvate: un agente anti-angiogenico, come bevacizumab, oppure in alternativa un anticorpo monoclonale anti-EGFR, come cetuximab o panitumumab (questi ultimi utilizzabili esclusivamente in pazienti i cui tumori non presentino mutazioni a carico del gene RAS).

I due aspetti cruciali nella scelta del trattamento di prima linea nel paziente con mCRC sono rappresentati dalla “scelta della migliore intensità di trattamento chemioterapico” tra monochemioterapia, doppietta e tripletta, e la scelta del miglior “farmaco biologico”. L’efficacia della combinazione doppietta (FOLFOX, FOLFIRI) con uno degli agenti biologici (bevacizumab o anticorpo anti-EGFR) è ampiamente consolidata nella letteratura e nella pratica clinica. Il trattamento con fluoropirimidina in

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2 monoterapia, in associazione, quando possibile, a bevacizumab è indicato in pazienti che risultino unfit per un trattamento con doppiette.

Nel merito dei regimi di chemioterapia a maggiore intensità, i risultati ottenuti dagli studi TRIBE e TRIBE2 si sono dimostrati decisivi. Entrambi gli studi hanno infatti raggiunto gli endpoints prefissati, confermando la superiorità in termini di efficacia e di attività del trattamento con FOLFOXIRI più bevacizumab rispetto alle doppiette più bevacizumab. Ciò ha fatto si che il trattamento con tripletta più bevacizumab costituisca, nelle linee guida nazionali ed internazionali, una raccomandazione nel trattamento di pazienti con mCRC selezionati secondo i criteri di inclusione dei due studi.

Nell’ambito della medicina di precisione, un aspetto emergente, oltre alle consuete variabili cliniche del paziente, tra cui età, condizioni generali, comorbidità, e a quelle cliniche e molecolari della neoplasia da considerare nella personalizzazione del trattamento, è il genere.

Il genere, infatti, costituisce una caratteristica importante da valutare in quanto influenza, oltre alcuni aspetti più prettamente epidemiologici relativi alla patologia tumorale stessa, come l’incidenza e la mortalità, anche l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti stessi che possiamo mettere in atto. Questi aspetti sono associati prevalentemente alle differenze genere-specifiche in termini di metabolismo dei farmaci e sensibilità al trattamento e a specifiche condizioni che modificano i livelli ormonali (ad esempio la terapia contraccettiva, gravidanza, menopausa).

Nonostante in letteratura siano state riportate evidenze relative ad una aumentata incidenza nel sesso femminile di tossicità nel trattamento di diverse neoplasie solide, i dati relativi al profilo di safety genere-specifico dei regimi ampliamente utilizzati nell’attuale pratica clinica come trattamento in prima linea del carcinoma colorettale metastatico sono decisamente carenti e provenienti esclusivamente da casistiche retrospettive.

Partendo da queste premesse, abbiamo condotto un’analisi combinata degli studi TRIBE e TRIBE2, che separatamente hanno confermato che, in uomini e donne affetti da carcinoma colorettale metastatico con età compresa dai 18 ai 75 anni, l’utilizzo in prima linea della tripletta FOLFOXIRI più bevacizumab consente di migliorare l’outcome clinico rispetto alla doppietta (FOLFIRI, nello studio TRIBE, e FOLFOX,

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3 nello studio TRIBE2) con bevacizumab. L’obiettivo primario di tale analisi è quello di valutare l’effetto dell’intensificazione della chemioterapia di prima linea, confrontandone parametri di efficacia e profilo di tossicità, distinguendo la popolazione inclusa in due gruppi in base al genere: pazienti di genere maschile versus pazienti di genere femminile.

La nostra analisi ha coinvolto un totale di 1187 pazienti randomizzati nei due studi TRIBE e TRIBE2, suddivisi sulla base del genere, di cui 693 uomini (58%) e 494 donne (42%). Sono state valutate le differenze di efficacia in termini di ORR e PFS, e di profilo di tossicità tra le terapie con doppietta e tripletta, confrontandole nei due gruppi maschile e femminile.

In termini di efficacia, i nostri risultati affermano che il beneficio ottenuto dall’intensificazione della terapia in prima linea è indipendente dal genere (maschile versus femminile) sia in termini di RR (p= 0,527) che di PFS (p= 0,870).

Relativamente ai profili di tossicità legati al trattamento sono state prese in considerazione sia le specifiche tossicità di qualsiasi grado (G) che quelle considerate clinicamente significative (G3-4), associate alla combinazione di chemioterapia e bevacizumab, e alla sola chemioterapia o al solo bevacizumab, valutandone la diversa incidenza in rapporto a doppietta e tripletta nei due gruppi (genere maschile versus femminile).

Complessivamente nelle donne è stato riportato un numero maggiore di eventi avversi di grado G3-4 rispetto agli uomini (69% versus 57%, p<0,01) e, in particolare di eventi avversi chemioterapia-correlati di grado G3-4 (63% versus 48%, p<0,01); non sono riportate differenze in termini di tossicità secondarie a bevacizumab nei due gruppi distinti in base al genere. Il regime terapeutico FOLFOXIRI più bevacizumab è associato ad un maggiore rischio di effetti collaterali di grado G3-4 secondari alla chemioterapia, se confrontato con un trattamento con doppiette (FOLFOX o FOLFIRI) più bevacizumab, indipendentemente dal genere (p=0,317), così come di sviluppare alcune tossicità chemioterapia-specifiche. In particolare, nausea e vomito si sono verificati nelle donne con un’incidenza pari al 67% e 50%, rispettivamente, contro il 60% e 43% negli uomini (p=0,05) in trattamento con FOLFOXIRI più bevacizumab. Diversamente, analizzando le tossicità G3-4 correlate a bevacizumab,

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4 nel trattamento con doppiette versus tripletta non sono riportate differenze nei due sottogruppi di genere (P= 0,762).

In conclusione, la nostra analisi dimostra che l’attività e l’efficacia di FOLFOXIRI più bevacizumab nella terapia di prima linea del tumore colorettale metastatico sono confermate indipendentemente dal genere. Sebbene le donne risultino più a rischio di tossicità globale indipendentemente dal braccio di trattamento, l’aumento di rischio di tossicità legate all’intensificazione della terapia non risulta significativamente diverso nei due sottogruppi. Il nostro lavoro fornisce un suggerimento al clinico, infatti in considerazione della maggior incidenza di nausea e vomito nella popolazione femminile sottoposta a trattamento con FOLFOXIRI, al fine di minimizzare il rischio di questi effetti collaterali, potrebbe essere raccomandabile rivolgere una particolare attenzione alla profilassi farmacologica contro questi effetti collaterali nelle donne candidate a questa terapia. In particolare, nelle pazienti di sesso femminile trattate con FOLFOXIRI più bevacizumab, dovrebbe essere raccomandata, come profilassi antiemetica primaria, la somministrazione di corticosteroidi e antagonisti del recettore 5-HT3. In caso di inefficacia di questi farmaci, come profilassi secondaria, oppure come profilassi primaria nelle pazienti che presentano altri fattori di rischio per emesi (nausea e vomito associati a gravidanza, sindrome ansiosa, giovane età, cinetosi), potrebbe essere presa in considerazione l’assunzione aggiuntiva di antagonisti dei recettori per la neurokinina-1.

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Capitolo 1 Il Carcinoma del Colon-Retto

1.1 Epidemiologia

Il carcinoma del Colon-Retto (CRC) rappresenta la terza neoplasia più comunemente diagnosticata e la seconda in termini di mortalità in entrambi i sessi. Secondo le stime dell’International Agency for Research on Cancer infatti, nel 2018 sono stati registrati per il carcinoma del colon-retto circa 1,8 milioni di nuovi casi e 900.000 morti1. I tassi di incidenza e mortalità aumentano rapidamente dopo i 50 anni di età, si stima infatti che il 90% dei casi e dei decessi globali si verifichino dopo quest’età. I tassi standardizzati per età sono più alti negli uomini che nelle donne con una differenza di 1,4 volte per l’incidenza (23,6 contro 16,3 casi per 100.000 abitanti l’anno) e 1,5 volte per mortalità (10,8 contro 7,2 decessi per 100.000 abitanti l’anno)1; la differenza

diventa evidente soprattutto superati i 50 anni.

I tassi più alti di incidenza di CRC negli uomini potrebbero essere causati da una combinazione di più fattori. Rispetto alle donne infatti, gli uomini sembrano essere maggiormente influenzati nello sviluppo del CRC da fattori di rischio sia ambientali che genetici, con una ereditarietà del CRC stimata al 28% per gli uomini e il 45% nelle donne2.

Gli uomini risultano avere anche una maggiore esposizione ad alcuni fattori di rischio come la distribuzione del grasso (grasso viscerale), fumo di sigaretta, alcol e l’alimentazione non equilibrata1. Tra le donne è stata registrata una maggiore aderenza

allo screening per CRC eseguito tramite la ricerca del sangue occulto nei campioni fecali (OR uomini vs donne 0,84, IC 95%: 0,75-0,79)3. Gli uomini inoltre,

differentemente dalle donne, non beneficiano dell’effetto protettivo degli estrogeni4.

L’industrializzazione e la crescita economica hanno favorito il diffondersi del modello dietetico occidentale, stile di vita sedentario e obesità, che sono tutti fattori di rischio importanti per CRC. Questo modello è supportato dall’osservazione di un incremento dei tassi di incidenza nei paesi economicamente sviluppati, ovvero quei paesi con un human development index (HDI) più elevato, un indice composto da: aspettativa di vita, istruzione e reddito1.

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6 I tassi di incidenza del cancro al colon più alti si registrano in Europa (ad esempio Ungheria, Slovenia, Slovacchia, Paesi Bassi e Norvegia), Australia / Nuova Zelanda, Nord America e Asia orientale (Giappone e Repubblica di Corea, Singapore), con l'Ungheria e la Norvegia al primo posto tra maschi e femmine, rispettivamente. Anche in Uruguay i tassi sono elevati per entrambi i generi.

I tassi di incidenza del cancro rettale hanno una distribuzione regionale simile, sebbene l’incidenza più alta si registra nella Repubblica di Corea per i maschi e in Macedonia per le donne. I paesi che registrano i tassi di incidenza più bassi per entrambi i tumori sono l’Africa e l’Asia meridionale5.

Valutando l’andamento di incidenza e mortalità, Arnold et al. hanno identificato tre distinti modelli temporali globali basati sul diverso livello di sviluppo del paese: 1) aumento sia dell'incidenza che della mortalità nel decennio più recente (Paesi baltici, Russia, Cina e Brasile); 2) aumento dell'incidenza ma riduzione della mortalità (Canada, Regno Unito, Danimarca e Singapore); e 3) sia l'incidenza che la mortalità osservate sono in diminuzione (Stati Uniti, Giappone e Francia)6.

L'aumento dell'incidenza, in particolare i cambiamenti generazionali rilevati nella maggior parte delle analisi di coorte per fasce di età, evidenzia l’influenza dei modelli alimentari, dell'obesità e dello stile di vita nello sviluppo della neoplasia, mentre la diminuzione della mortalità osservata nei paesi più sviluppati riflette i vantaggi derivanti dall’adozione di efficaci pratiche di gestione e trattamento del cancro6.

L’attuazione di programmi di screening e diagnosi precoce a lungo termine, come quelli introdotti negli Stati Uniti e in Giappone negli anni '90 ha avuto un impatto importante sulla riduzione della mortalità.

Il tumore del colon-retto varia in termini di fattori di rischio e caratteristiche cliniche e biologiche anche in base al sito di insorgenza, suggerendo eziologie e meccanismi cancerogeni distinti.

La localizzazione più comune è il colon prossimale (42%), seguito dal retto (28%). Tuttavia, la distribuzione del sito dipende anche dal sesso. Rispetto agli uomini, le donne hanno una percentuale più alta di tumori prossimali (46% versus 38%) e una percentuale inferiore di tumori del retto (24% versus 31%)7.

Ci sono anche differenze nella sede per età alla diagnosi, con un notevole aumento dei tumori prossimali e una diminuzione tumori rettali con l’avanzare dell’età. Ad

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7 esempio, il 56% dei tumori del colon-retto nelle donne di età pari o superiore a 80 anni si localizzano nel colon prossimale, rispetto al 26% nei pazienti di età inferiore ai 50 anni. Di conseguenza, l'età media alla diagnosi del tumore del retto è più bassa (63 anni negli uomini e 65 anni nelle donne), rispetto a quella del cancro al colon (69 anni e 73 anni rispettivamente)8.

Il carcinoma del colon è il quinto tumore per mortalità con 551.000 decessi stimati per il 2018, rappresentando il 5,8% di tutti i decessi per cancro. Il cancro del retto invece è al decimo posto per mortalità, con 310.000 morti ovvero il 3,2% di tutte le morti per cancro. Il rischio cumulativo, tra 0 e 74 anni, di morire di cancro al colon è dello 0,66% per gli uomini e dello 0,44% per le donne. Lo stesso rischio per il cancro del retto è dello 0,46% negli uomini e dello 0,26% nelle donne. Il tasso di mortalità (mondiale) standardizzato per età per 100.000 casi di CRC in entrambi i sessi è 8,9.

Il CRC è il tumore più mortale tra i maschi in tre paesi e il più mortale tra le femmine in cinque stati. Nei maschi, questi paesi sono l'Arabia Saudita, l'Oman e gli Emirati Arabi Uniti (tutti questi hanno anche il CRC come il tumore più incidente). Nelle femmine, questi paesi sono Algeria, Bielorussia, Giappone, Spagna e Portogallo. Il paese con il più alto tasso di mortalità per CRC per 100,000 abitanti è l'Ungheria (31,2) tra i maschi e (14,8) tra le femmine.

Anche la mortalità per CRC varia con il livello di sviluppo di una nazione, ma in misura minore dell’incidenza (circa una differenza di 2-3 volte tra HDI basso e alto). La mortalità standardizzata per età è di 12,8 / 100.000 tra i maschi delle nazioni ad alto HDI e 5,7 / 100.000 nelle nazioni a basso HDI. Questi stessi tassi sono 8,5 e 3,8 per le donne9.

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1.2 Fattori di Rischio e Fattori Protettivi

Un fattore di rischio è una specifica condizione che risulta statisticamente associata ad una malattia e pertanto si ritiene che possa concorrere alla sua patogenesi, favorirne lo sviluppo o accelerarne il decorso.

1.2.1 Fattori di Rischio non modificabili

Etnia

Diversi studi hanno dimostrato una differenza su base etnica nella sopravvivenza al cancro del colon. Gli afroamericani hanno un livello più alto di incidenza di tumore del colon-retto e tassi di sopravvivenza più bassi rispetto ad altri gruppi etnici10. Dati provenienti dai registri dei tumori che costituiscono il Surveillance Epidemiology End Results (SEER) del National Cancer Institute hanno dimostrato che l'incidenza del cancro del colon-retto negli uomini e nelle donne caucasici tra il 1975 e il 2000 è diminuita dopo il 1985, e nel 2000 l'incidenza è stata inferiore del 20-25% rispetto a quella del 198511. Tuttavia, nello stesso periodo di tempo, l'incidenza negli uomini afroamericani è aumentata, e tra il 1985 e il 2000 avevano un tasso di incidenza che era del 12,3% superiore a quello degli uomini caucasici; il tasso nelle donne afroamericane invece era del 17,5% più alto che nelle donne caucasiche. Quando si confrontano i tassi di sopravvivenza, è importante sottolineare che la sopravvivenza a 5 anni per i pazienti con carcinoma del colon-retto localizzato (stadi 1 e 2) nei caucasici era del 90% rispetto all'83% per gli afroamericani. Per pazienti con carcinoma del colon in stadio 3 e 4, i tassi di sopravvivenza erano altrettanto sproporzionati: il 63% nei caucasici e il 53% negli afroamericani10.

Questa disparità tra gli afroamericani e i caucasici è stata associata alla mancanza di copertura per l’assistenza sanitaria negli afroamericani rispetto ai caucasici. Alcuni studi hanno dimostrato che esistono differenze statisticamente significative nelle percentuali di esecuzione dei test di screening negli afroamericani e caucasici, nei

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primi si registrano infatti meno esplorazioni digitali rettali, ricerca del sangue occulto nelle feci e colonscopia12,13.

Il ridotto tasso di sopravvivenza potrebbe anche essere attribuito al fatto che una maggiore percentuale di afroamericani presenta una diagnosi di malattia in fase più avanzata e questo potrebbe essere spiegato con una minore adesione allo screening, meno accesso all’assistenza sanitaria e a differenze nel trattamento. La chemioterapia e la radioterapia adiuvanti infatti sono meno utilizzate nei pazienti afroamericani che nei caucasici.

A partire da questi studi sembra evidente che le differenze osservate in termini di sopravvivenza negli afroamericani possono essere collegate ad aspetti socioeconomici piuttosto che alle differenze nella biologia dei tumori del colon-retto10.

Età

La probabilità di diagnosi di carcinoma del colon-retto aumenta progressivamente a partire dai 40 anni, con un picco dopo i 50. Più del 90% dei casi di tumore del colon-retto si verificano in persone di età pari o superiore a 50 anni. Il tasso di incidenza è maggiore di 50 volte nelle persone di età compresa tra 60 e 79 anni rispetto a quelle di età inferiore ai 40 anni14. Tuttavia, l’incidenza del carcinoma del colon-retto sembra essere in aumento anche tra le persone più giovani15. In effetti, negli Stati Uniti, il carcinoma del colon-retto è ora uno dei dieci tumori più comunemente diagnosticati dai 20 ai 49 anni16.

Sesso

I maschi hanno circa 1,5 volte più probabilità di sviluppare CRC rispetto alle femmine5. Le donne però sono più soggette allo sviluppo di carcinoma del colon destro, che è una forma più aggressiva di neoplasia rispetto al carcinoma del colon sinistro17. I tassi di sopravvivenza a 5 anni per le donne di età superiore ai 70 anni sono infatti inferiori rispetto ai maschi.

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10 I polipi neoplastici del colon-retto, definiti adenomi tubulari e villosi, sono lesioni precursori del carcinoma del colon-retto. Un individuo con una storia di adenomi ha un aumentato rischio di sviluppare un tumore del colon-retto.

Per lo sviluppo del carcinoma a partire da adenomi è generalmente richiesto un lungo periodo di latenza, stimato tra 5 e 10 anni18.

Il rilevamento e la rimozione di un adenoma prima della trasformazione maligna può ridurre il rischio di carcinoma del colon-retto19. Tuttavia, la completa rimozione del polipo adenomatoso o del carcinoma localizzato è associata a una maggiore probabilità di sviluppare in futuro una neoplasia metacrona altrove nel colon e nel retto18.

Storia personale di Inflammatory bowel disease (IBD)

Inflammatory bowel disease (IBD) è un termine usato per descrivere due malattie, la Colite ulcerosa e la Malattia di Crohn. L'IBD è caratterizzata da una infiammazione del colon che si protrae per lunghi periodi di tempo. L'infiammazione provoca il rilascio anormale di citochine di crescita, eccesso di flusso sanguigno, radicali liberi e altri fattori che predispongono alla carcinogenesi. Queste condizioni aumentano il rischio complessivo di sviluppare il carcinoma del colon-retto. Il rischio relativo nei pazienti con malattia infiammatoria intestinale, infatti, è stato stimato essere tra le 4 e 20 volte superiore rispetto alla popolazione normale. Pertanto, indipendentemente dall'età, le persone con IBD sono fortemente incoraggiate a sottoporsi a screening per il carcinoma del colon-retto con maggiore frequenza14.

In un recente studio di coorte svedese condotto su 9405 pazienti, è stato riscontrato che i pazienti con esordio infantile di IBD avevano un rischio aumentato di sviluppare una neoplasia, in particolare i tumori gastrointestinali. I pazienti con colite ulcerosa presentavano un rischio maggiore di CRC [HR 33.3, IC(95%): 23,1-49,1] rispetto ai pazienti con morbo di Crohn [HR = 5.8 ,IC(95%): 3,2-10,4]20 .

La colite ulcerosa è caratterizzata da infiammazione e ulcere localizzate nell'intestino crasso. La causa principale rimane sconosciuta, anche se la dieta, lo stress e l'esercizio fisico sono noti per aggravare la condizione. Si ritiene che la colite ulcerosa sia una malattia autoimmune, che segue un'infezione virale o batterica ed è nota per avere una

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11 componente ereditaria. Nella CU (colite ulcerosa) il rischio di sviluppare un tumore del colon retto è 5,6 volte superiore rispetto a quello della popolazione generale ed è condizionato dalla durata e dall’estensione della malattia. Nella malattia di Crohn il rischio è 2,4 volte superiore, sebbene nella localizzazione colonica esso raggiunga i livelli della colite ulcerosa21.

La malattia di Crohn è anch’essa un'infiammazione autoimmune e parzialmente ereditaria del colon, ma si differenzia dalla CU in quanto sono assenti lesioni ulcerose e provoca infiammazione dell’intero spessore della parete intestinale, inoltre può coinvolgere qualsiasi parte del tratto digestivo dalla bocca all’ano.

Entrambe le IBD sono più comuni nei paesi sviluppati e la loro prevalenza sembra aumentare nel tempo. Nello sviluppo di queste patologie sembra essere presente una componente ambientale e comportamentale, poiché i soggetti con un livello di istruzione e reddito più bassi sembrano essere i più colpiti.

Storia familiare di Cancro Colon-Retto o Poliposi Adenomatosa

La maggior parte dei casi di carcinoma del colon-retto si verificano in persone senza una storia familiare o malattie predisponenti. Tuttavia, fino al 20% delle persone che sviluppano questa neoplasia hanno altri familiari che sono stati colpiti da questa malattia22. Le persone con una storia di CRC o polipi adenomatosi in uno o più parenti di primo grado hanno un rischio aumentato di sviluppare la malattia.

Questo rischio risulta più alto nelle persone con una storia familiare più forte, come una storia di cancro del colon-retto o polipi adenomatosi in qualsiasi parente di primo grado di età inferiore ai 60 anni o in due o più parenti di primo grado di qualsiasi età23. Le ragioni dell'aumento del rischio non sono chiare, ma probabilmente sono dovute a geni ereditari, fattori ambientali condivisi o una combinazione di questi.

Fattori genetici

Circa il 5-10% dei tumori del colon-retto sono una conseguenza di condizioni ereditarie riconosciute. Le condizioni ereditarie più comuni sono la poliposi adenomatosa familiare (FAP) e la sindrome del carcinoma colon-rettale non associato

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12 a poliposi (HNPCC), chiamato anche sindrome di Lynch. Sono stati identificati i geni responsabili di queste forme ereditarie. L'HNPCC è associato a mutazioni nei geni coinvolti nella via di riparazione del DNA, in particolare i geni MLH1 e MSH2, ma anche MSH6 e PMS2. A causa di tali mutazioni la cellula sviluppa un fenotipo ipermutato, caratterizzato dalla profonda instabilità genomica, che determina l’accumulo di mutazioni in sequenze di DNA definite microsatellitari. Tale condizione è definita instabilità microsatellitare (MSI-high). I microsatelliti sono brevi sequenze di DNA ripetute presenti normalmente nel genoma umano ed in regioni non codificanti, alcune però possono trovarsi in regioni promotrici di geni coinvolti nella regolazione della crescita cellulare14,21.

L'HNPCC può determinare fino al 6% dei tumori del colon-retto. Il rischio nel corso della vita dei pazienti con mutazioni correlate all'HNPCC può arrivare al 70-80% e l’età media alla diagnosi è circa 40 anni14. Si tratta di una malattia autosomica

dominante con circa l’80% di penetranza, che si caratterizza per l’alta incidenza nello stesso nucleo familiare di carcinomi colon-rettali insorgenti in giovane età (45 anni) con localizzazione prevalente nel colon di destra e per l’assenza di polipi. Esistono due differenti varianti della malattia: nei soggetti con Lynch I la malattia si localizza prevalentemente nel colon destro, mentre nella sindrome di Lynch II vi è un aumentato rischio di altre neoplasie associate come carcinoma endometriale (rischio 60%), mammella, stomaco (rischio 13%) e pancreas.

La FAP è una malattia trasmessa con meccanismo autosomico dominante. A differenza degli individui con HNPCC, che sviluppano solo pochi adenomi, le persone con FAP sviluppano tipicamente centinaia di polipi, di solito in età relativamente giovane, e uno o più di questi adenomi in genere subisce una trasformazione maligna già all'età di 20 anni24. Quasi tutte le persone con questa patologia sviluppano il cancro entro i 40 anni se il colon non viene rimosso, infatti la colectomia profilattica rappresenta la procedura preventiva d’elezione. Esistono anche delle varianti della FAP caratterizzate da anomalie extra-coliche: la sindrome di Gardner, la sindrome di Turcot e la sindrome di Zanca. La sindrome di Gardner è caratterizzata da tumori desmoidi, osteomi multipli e fibromi cutanei. I soggetti affetti dalla sindrome di Turcot invece tendono a sviluppare tumori cerebrali come il glioblastoma e il medulloblastoma, e polipi intestinali di dimensioni maggiori ma di numero inferiore

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13 rispetto alla forma classica di FAP. La sindrome di Zanca infine si contraddistingue per la presenza ti esostosi cartilaginee.

Il gene coinvolto in queste forme ereditarie è l’oncosoppressore APC, localizzato sul cromosoma 5, che codifica per una proteina la cui funzione è garantire l’integrità del citoscheletro, l’adesione e la migrazione delle cellule dell’epitelio intestinale.

La mutazione germinale in uno degli alleli del gene APC è responsabile della formazione di polipi adenomatosi. Nel corso degli anni mutazioni somatiche a carico dell’allele sano comportano invece la trasformazione neoplastica di tali polipi. Quasi tutte le mutazioni germinali del gene APC si traducono in una proteina tronca che può essere rilevata tramite test diagnostici molecolari sia sul paziente che sui familiari21. Circa il 75-80% delle persone con condizioni di poliposi associate ad APC ha un genitore affetto. Il test prenatale e la diagnosi genetica pre-impianto sono possibili se viene identificata una mutazione patogena in un membro della famiglia affetto25.

Esiste inoltre una forma attenuata di FAP (AFAP) caratterizzata dalla presenza di un numero di polipi che può variare da 10 a 99. Questa patologia, se non adeguatamente trattata con asportazione endoscopica o con colectomia totale a seconda del numero di polipi, conduce alla degenerazione maligna degli stessi, solitamente nella quinta o sesta decade di vita21.

1.2.2 Fattori di Rischio modificabili

Il tumore del colon-retto è ampiamente considerato una malattia “ambientale”, questa definizione include una vasta gamma di fattori culturali, sociali e di stile di vita che ne influenzano lo sviluppo e il decorso. Come tale, il carcinoma del colon-retto è uno dei principali tumori per i quali possono essere prontamente identificate cause modificabili e una grande percentuale di casi teoricamente prevenibili. Alcune prove del rischio ambientale derivano da studi sui migranti e sulla loro prole. Tra i migranti dai paesi a basso rischio a paesi ad alto rischio, i tassi di incidenza del cancro del colon-retto tendono ad aumentare verso quelli tipici della popolazione del paese ospitante26. Oltre alla migrazione, ci sono alcuni altri fattori geografici che influenzano le differenze nell'incidenza del carcinoma del colon-retto, ad esempio residenza urbana.

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14 L'incidenza è costantemente più elevata tra i residenti urbani e questo è più evidente tra gli uomini rispetto alle donne e per il cancro del colon rispetto al cancro del retto14.

Obesità e inattività fisica

Sia l'obesità che l'inattività fisica costituiscono sono fattori di rischio comportamentali molto significativi per lo sviluppo del CRC e probabilmente spiegano la grande variabilità di incidenza nella popolazione. Alcuni studi hanno evidenziato che coloro che praticano attività fisica regolare hanno una probabilità inferiore del 25% di sviluppare CRC mentre coloro che sono più sedentari hanno un rischio aumentato fino al 50%. L'inattività fisica rientra tra i fattori che incrementano il rischio di sviluppare obesità.

L’obesità determina una alterazione della microflora intestinale e infiammazione dell'epitelio dell'intestino crasso, promuovendo così la carcinogenesi, anche al di fuori del tratto digestivo poiché il tessuto adiposo è molto infiammatorio e rilascia nel sangue delle citochine che stimolano la crescita tumorale. L'eccesso di peso corporeo può anche alterare i processi metabolici, portando a un maggiore rilascio di radicali liberi dell'ossigeno mutageni9.

È stato riscontrato che gli uomini obesi hanno un rischio maggiore del 50% di cancro al colon e del 20% di cancro del retto (questi numeri sono rispettivamente del 20% e del 10% per le donne). Il rischio in eccesso conferito dall'obesità è indipendente dal rischio conferito dall'inattività fisica, i due fattori di rischio sono infatti cumulativi. Una metanalisi di 13 studi di coorte ha mostrato che un aumento di peso di 5 kg è associato ad un rischio aumentato del 3% di CRC27. Il grasso addominale in eccesso ha un ruolo particolarmente importante per lo sviluppo del tumore (così come per le malattie cardiache e l'ictus) e quindi sia la circonferenza della vita che il BMI vengono utilizzati per valutare l’aumentato rischio. L'obesità e l'inattività fisica non solo predispongono a sviluppare il tumore, ma riducono anche la probabilità di sopravvivenza28.

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15 Dieta

La dieta può svolgere un ruolo avverso o protettivo nello sviluppo del CRC indipendentemente dall'obesità. La dieta ha un impatto significativo sul microbioma del colon dove i batteri superano le cellule ospiti con un rapporto 10:1.

Infatti, in un corpo sano, ci sono più tipi di cellule batteriche rispetto alle cellule umane, indicando la necessità di una diversa microflora. Alimenti diversi hanno effetti diversi sulla microflora e sull'infiammazione intestinale29.

Le carni rosse e trasformate sono note per aumentare il rischio di CRC, di tumori gastrici e dell'intestino tenue. Una metanalisi di 60 studi ha recentemente scoperto che il consumo di carne rossa e carne trasformata aumenta il rischio complessivo di CRC. Il rischio relativo con consumo di carne rossa era 1,12 (IC 95%: 1,03–1,21) e 1,15 (IC 95%: 1,07–1,24) con il consumo di carne trasformata30. Nel 2015, l'Agenzia

Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha riconosciuto la carne trasformata come "cancerogena" e la carne rossa come "probabilmente cancerogena", principalmente a causa del loro impatto sul rischio di CRC. I potenziali meccanismi sottostanti all'associazione positiva del consumo di carne rossa con il cancro del colon-retto includono la presenza di ferro eme nella carne rossa. Inoltre, alcune carni vengono cotte ad alte temperature, determinando la produzione di ammine eterocicliche e idrocarburi policiclici aromatici, entrambi con proprietà cancerogene31. Le diete ricche di grassi, in particolare di grasso animale, rappresentano un altro importante fattore di rischio per il carcinoma del colon-retto. L’implicazione del grasso come possibile fattore eziologico, è legato alla tipica dieta occidentale, che favorisce lo sviluppo di una flora batterica in grado di degradare i sali biliari in composti N-nitroso potenzialmente cancerogeni14.

Al contrario calcio, fibre, vitamina D, frutta e verdura hanno tutti dimostrato di avere un effetto protettivo contro il CRC. La supplementazione di folati sembra inibire la carcinogenesi ma promuove la crescita di tumori già sviluppati. Questa complessa relazione porta a sconsigliare il consumo di folati a meno che non si tratti di donne in gravidanza o con un disturbo metabolico specifico, come una mutazione MTHFR, che predispone ad alti livelli di omocisteina. Le fibre che si trovano comunemente in frutta, verdura e cereali integrali sono particolarmente protettive perché riducono i tempi di

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16 transito delle feci e quindi minimizzano l'esposizione a potenziali agenti cancerogeni32.

Il consumo di fibre potrebbe essere responsabile delle differenze geografiche nei tassi di incidenza del CRC, per esempio tra Africa e paesi occidentali.

Fumo di sigaretta

Nel 2009 l’IARC ha concluso che il fumo di tabacco favorisce lo sviluppo di CRC. Il fumo è la principale causa prevenibile di decessi per cancro, in gran parte a causa del suo ruolo nell’insorgenza del cancro ai polmoni. Il rischio relativo di CRC nel fumatore regolare è risultato essere 1,1833. È stato scoperto che il fumo predispone maggiormente al cancro del retto e ha maggiori probabilità di causare tumori associati a anomalie molecolari comuni, come l’elevata instabilità dei microsatelliti, metilazione dell’isola CpG e mutazione BRAF34.

La cessazione del fumo è associata ad una aumentata sopravvivenza globale e specifica per CRC.

Consumo eccessivo di alcol

Il consumo da moderato a eccessivo di alcol è associato ad un aumentato rischio di CRC. Le persone che assumono 2-3 bevande alcoliche al giorno hanno un rischio aumentato del 20%, mentre per chi assume più di tre bevande, questo aumenta fino al 40%. L'associazione è più forte negli uomini, probabilmente a causa delle variazioni ormonali nel metabolismo dell'alcol. Gli uomini inoltre tendono a consumare più frequentemente alcol nonostante questo fenomeno tenda comunque ad essere sottostimato. Una meta-analisi di 61 studi ha mostrato che il rischio relativo per CRC è 1,21 (IC 95%: 1,13-1,28) per uso moderato (2-3 bevande / giorno) e 1,52 (IC 95%: 1,27-1,81) per i bevitori pesanti (≥ 4 bevande / giorno)35.

Il consumo di alcol ha un ruolo importante in particolare nell'insorgenza del tumore in giovane età con un interessamento prevalente del colon distale. I metaboliti reattivi dell'alcol come l'acetaldeide possono infatti essere cancerogeni. Esiste inoltre un'interazione con il fumo: le sostanze cancerogene che si liberano nella combustione

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17 del tabacco possono indurre mutazioni specifiche nel DNA e la presenza di metaboliti dell’alcol riduce l’efficienza dei sistemi di riparazione. L'alcol inoltre può facilitare la penetrazione di altre molecole cancerogene nelle cellule della mucosa.

Gli effetti di questa sostanza si espletano anche attraverso la produzione di prostaglandine, la perossidazione lipidica e la generazione di radicali liberi dell’ossigeno36.

Farmaci

L'uso a lungo termine di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l'aspirina ha dimostrato di ridurre il rischio di CRC, in quanto essi riducono l’infiammazione intestinale proteggendo dallo sviluppo di tumori. Anche gli utilizzatori di aspirina che comunque sviluppano il CRC sembrano presentare tumori meno aggressivi e una maggiore sopravvivenza. Tuttavia, l'entità del beneficio non è stata quantificata e i FANS sono comunque associati a un maggiore rischio di sanguinamenti gastrointestinali e infarto, pertanto non sono raccomandati per la prevenzione del CRC nella popolazione generale37.

Sulindac è un altro FANS che ha prodotto risultati contrastanti nella prevenzione e nel trattamento della FAP o degli adenomi colon-rettali sporadici. Per eludere il rischio di sanguinamento e la tossicità cardiaca, sulindac è stato usato in combinazione con la difluorometilornitina, inibitore dell'ornitina decarbossilasi, che ha portato a una riduzione del 92% degli adenomi avanzati nei pazienti senza FAP. La combinazione con una statina (atorvastatina), che mostra effetti chemiopreventivi contro il CRC, ha prodotto una riduzione dell'80-85% della proliferazione delle cellule tumorali nel colon nei ratti. L'uso combinato di statine e aspirina in uno studio caso-controllo di 5 anni ha mostrato una riduzione del 62% del rischio di CRC, di gran lunga maggiore dell'effetto di entrambi i farmaci da soli. Questa combinazione non è riuscita però ad inibire la progressione nei pazienti con adenomi avanzati o carcinoma del colon. Una valutazione clinica del duo FANS / statina in combinazione con un agente chemioterapico non è stata ancora condotta nell'uomo ma ha mostrato risultati promettenti in modelli animali38.

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18 Gli effetti protettivi dell'uso della terapia ormonale sostitutiva post-menopausale rimangono controversi. Mentre gli studi osservazionali sembrano evidenziare un ridotto rischio di CRC, studi randomizzati a lungo termine non confermano questi risultati39.

Alcuni dati presenti in letteratura sembrano suggerire che i bifosfonati orali, usati nella prevenzione e nel trattamento dell'osteoporosi, possano ridurre il rischio di CRC. Coloro che fanno uso regolare di BPs hanno un odds ratio per CRC di 0,87. I bifosfonati possono promuovere la risposta immunitaria al cancro e inibire l'angiogenesi tumorale, l'invasione e l'adesione delle cellule, e quindi la progressione complessiva del tumore. I bifosfonati contenenti azoto inibiscono la prenilazione delle proteine attraverso l'inibizione della via di sintesi del colesterolo, che può interrompere la crescita delle cellule tumorali e delle metastasi. Insieme a un ridotto rischio di CRC, i BPs sono anche associati a un ridotto rischio di carcinoma mammario, tumori gastrointestinali e metastasi ossee40.

È stato anche dimostrato che gli inibitori dell'enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-I), usati nel trattamento dell'ipertensione, riducono il rischio di CRC. Un ampio studio caso-controllo con pazienti con ipertensione ha mostrato un odds ratio per sviluppo di CRC di 0,84 per quelli con 1 anno di esposizione a ACE-I e un odds ratio di 0,75 per quelli con 5 anni di esposizione. La forza dell'associazione aumenta con il dosaggio. Tuttavia, i benefici sembrano stabilizzarsi dopo 5 anni di trattamento41.

Diabete mellito e insulino-resistenza

È noto che il diabete mellito predispone ad una vasta gamma di tumori. Principalmente, questo è dovuto all’associazione di questa patologia con altri fattori di rischio come l'obesità e uno stile di vita sedentario. Alcuni studi hanno suggerito che la metformina, un farmaco che riduce i livelli di glucosio nel sangue nei diabetici, possa anche ridurre il rischio di CRC, sebbene altri studi non abbiano trovato alcuna associazione. L'incidenza del diabete e dell'obesità continua a crescere nei paesi sviluppati, il che ha portato molti a ipotizzare che questi siano i fattori di rischio alla base dell'aumento dell'incidenza del CRC.

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19 In un recente studio prospettico cinese su 0,5 milioni di partecipanti con diabete, l'odds ratio per CRC era 1,18 (IC 95%: 1,04–1,33)9.

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1.2.3 Fattori protettivi

Variazioni nell’andamento dell'incidenza del carcinoma del colon-retto suggeriscono che la malattia ha una grande componente comportamentale e che è possibile una prevenzione efficace. I progressi nello screening del CRC hanno incrementato la riduzione della mortalità nei paesi sviluppati, anche di fronte alla crescente incidenza in molte di queste nazioni. Esistono diversi metodi raccomandati per lo screening, ognuno dei quali ha una capacità comparabile di migliorare la sopravvivenza se eseguito in modo appropriato. Tra le diverse tecniche di screening impiegate è importante ricordare la colonscopia ogni 10 anni o colonscopia tomografica computerizzata (CTG), radiografia a doppio contrasto con clistere di bario o sigmoidoscopie flessibili ogni 5 anni. I test annuali di ricerca del sangue occulto nelle feci (SOF) ad alta sensibilità sono comparativamente efficaci e meno invasivi42.

La modifica comportamentale relativa all’alimentazione e allo stile di vita è molto promettente al fine di ridurre significativamente l'incidenza del CRC, come dimostra il successo in paesi come Islanda, Giappone e Stati Uniti. Infatti l'attività fisica e il mantenimento di un peso corretto possono ridurre il rischio del 25% circa28.

Integratori di calcio e vitamina D o latticini a basso contenuto di grassi, fibre e cereali integrali, gli antiossidanti contenuti in frutta e caffè, aglio e pesce, magnesio e vitamina B6 hanno un effetto protettivo verso il CRC. La supplementazione di folati ha dimostrato di essere efficace nel prevenire la formazione di tumori, ma può portare alla crescita di tumori già presenti e pertanto non è raccomandata per la popolazione. Infine, una riduzione del consumo di alcol, tabacco, carne rossa e trasformata potrebbe ridurre il rischio di CRC di oltre il 50%29.

Alcuni farmaci che sono comunemente prescritti per altre patologie, come FANS, statine e bifosfonati, hanno dimostrato di proteggere dal CRC, specialmente se usati in combinazione. Questi composti potrebbero anche facilitare il trattamento in combinazione con agenti chemioterapici38-41. Tuttavia, a causa dei limitati dati disponibili e dei possibili effetti collaterali, questi farmaci non sono raccomandati al pubblico per la prevenzione del CRC. I soggetti con predisposizioni ereditarie (la più comune delle quali è la sindrome di Lynch) hanno maggiori probabilità di beneficiare di test genetici, cambiamento dello stile di vita e farmaci profilattici43.

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21

1.3 Patogenesi

La combinazione di eventi molecolari che portano allo sviluppo di adenocarcinoma del colon è eterogenea e comprende anomalie genetiche ed epigenetiche. Sono stati descritti almeno due vie genetiche:

a) la via APC / β-catenina, che viene attivata nella classica sequenza adenoma-carcinoma;

b) la via dell’instabilità dei microsatelliti, che è associata a difetti nella riparazione dei mismatch del DNA e all'accumulo di mutazioni nelle sequenze ripetute microsatellite del genoma.

Entrambe le vie comportano l'accumulo graduale di più mutazioni, ma differiscono nei geni coinvolti. Gli eventi epigenetici, il più comune dei quali è il silenziamento genico indotto dalla metilazione, possono facilitare entrambe le vie.

La classica sequenza adenoma-carcinoma è tipica dell’80% dei tumori sporadici del colon e in genere include la mutazione di APC nelle prime fasi del processo neoplastico.

Figura 1. Cambiamenti morfologici e molecolari nella sequenza adenoma-carcinoma.(Kumar V, Abbas AK, Aster JC. Robbins and Cotran Pathologic Basis of Disease: Elsevier/Saunders; 2015).

Entrambe le copie del gene APC devono essere funzionalmente inattivate da mutazioni o eventi epigenetici, affinché si sviluppino gli adenomi. L'APC è un regolatore chiave negativo della β-catenina, un componente della via di segnalazione Wnt. La proteina APC normalmente si lega e promuove la degradazione della β-catenina. Con la perdita della funzione di APC, la β-catenina si accumula e trasloca nel nucleo, dove forma un

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22 complesso con il DNA-binding factor TCF e attiva la trascrizione dei geni, inclusi MYC e ciclina D1, che promuovono la proliferazione. Il ruolo critico della β-catenina in questo percorso è dimostrato dal fatto che molti tumori del colon senza mutazioni

APC ospitano mutazioni β-catenina che consentono loro di evitare la degradazione

APC-dipendente. Si accumulano ulteriori mutazioni, tra cui di mutazioni attivanti

KRAS che promuovono la crescita e prevengono l'apoptosi. L'idea che la mutazione di KRAS sia un evento tardivo nello sviluppo del carcinoma è supportata

dall'osservazione che tali mutazioni sono presenti in meno del 10% degli adenomi con diametro inferiore a 1 cm ma si trovano nel 50% degli adenomi con diametro superiore a 1 cm e nel 50% degli adenocarcinomi invasivi. La progressione neoplastica è anche associata a mutazioni in altri geni oncosoppressori come quelli che codificano per SMAD2 e SMAD4, che sono effettori della via di segnalazione TGF-β. Poiché la via di segnalazione TGF-β inibisce normalmente il ciclo cellulare, la mutazione di questi geni può consentire una crescita cellulare non regolata. Il gene oncosoppressore TP53 è mutato nel 70-80% dei tumori del colon, ma è raramente interessato nello sviluppo di adenomi, suggerendo che le mutazioni di TP53 si verifichino nelle fasi più avanzate della progressione tumorale. La perdita di funzione di TP53 e di altri geni oncosoppressori è spesso causata da delezioni cromosomiche, a supporto dell'idea che l'instabilità cromosomica è un segno distintivo della via APC / β-catenina. In alternativa, gli oncosoppressori possono essere silenziati mediante la metilazione di una zona ricca di CpG, o isola di CpG: una regione 5 ′ di alcuni geni che spesso include il promotore e il sito d’inizio della trascrizione. Si ha anche un aumento dell’espressione di telomerasi quando le lesioni diventano più avanzate.

Nei pazienti con deficit di riparazione dei DNA-mismatch, le mutazioni si accumulano nelle sequenze microsatelliti, condizione appunto definita instabilità dei microsatelliti (MSI). Questi sono indicati come tumori MSI high o MSI-H. Alcune sequenze di microsatelliti si trovano in regioni codificanti o promotrici dei geni coinvolti nella regolazione della crescita cellulare, come quelle che codificano per il recettore TGF-β di tipo II e la proteina pro-apoptotica BAX.

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Figura 2. Cambiamenti morfologici e molecolari del sistema mismatch-repair nella cancerogenesi. (Kumar V, Abbas AK, Aster JC. Robbins and Cotran Pathologic Basis of Disease: Elsevier/Saunders; 2015)

Poiché il TGF-β inibisce la proliferazione delle cellule della mucosa del colon, la mutazione del recettore TGF-β di tipo II contribuisce alla crescita incontrollata delle cellule, mentre la perdita di BAX può aumentare la sopravvivenza dei cloni geneticamente anormali.

Un sottogruppo di tumori del colon con instabilità dei microsatelliti senza mutazioni negli enzimi di riparazione del DNA-mismatch presentano il fenotipo con ipermetilazione dell'isola CpG (CIMP). In questi tumori, la regione del promotore di

MLH1 è tipicamente ipermetilata, riducendone così l'espressione e la funzione

riparatoria. Le mutazioni attivanti l'oncogene BRAF sono comuni in questa tipologia di tumori. Al contrario, KRAS e TP53 non sono in genere mutati. Pertanto, la combinazione di instabilità dei microsatelliti, mutazione BRAF e la metilazione di specifici bersagli, come MLH1, è la firma di questa via di carcinogenesi.

Un piccolo gruppo di tumori del colon mostra una maggiore metilazione dell'isola CpG in assenza di instabilità dei microsatelliti. Molti di questi tumori ospitano mutazioni di

KRAS, ma le mutazioni di TP53 e BRAF sono rare. Al contrario, le mutazioni di TP53

sono comuni nei tumori del colon che non presentano metilazione dell'isola CpG. Alcune di queste mutazioni si associano ad una determinata morfologia del tumore. L’instabilità dei microsatelliti e i difetti del sistema di riparazione del DNA ad esempio, sono comuni negli adenomi serrati sessili e nei tumori che ne derivano. Inoltre, i tumori con instabilità dei microsatelliti presentano prevalentemente una differenziazione mucinosa e un abbondante infiltrato linfocitario peritumorale. Questi tumori, così come quelli con un fenotipo di ipermetilazione dell'isola CpG, si localizzano frequentemente nel colon destro. I tumori con instabilità dei microsatelliti

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24 possono essere riconosciuti dall'assenza di colorazione immunoistochimica per i mismatch o dall'analisi genetica molecolare delle sequenze microsatelliti44.

1.4 Cenni di anatomia patologica

La maggior parte dei tumori del colon-retto sono carcinomi, mentre altri tipi istologici come neoplasie neuroendocrine, amartromi, tumori mesenchimali, linfomi sono piuttosto rari.

Per quanto riguarda gli aspetti macroscopici del tumore è possibile distinguere quattro forme:

o Carcinoma vegetante: neoformazione aggettante nel lume intestinale di tipo sessile che cresce “a cavolfiore”, oppure peduncolata;

o Ulcerata: la lesione tende ad ulcerarsi e presenta margini irregolari e sollevati; o Infiltrante: caratterizzata da margini estesi e rilevati, può presentare una

ulcerazione centrale;

o Anulare-stenosante: queste lesioni hanno la tendenza a infiltrare la parete e a dare precocemente stenosi e sub-occlusioni.

Gli adenocarcinomi sono distribuiti in modo approssimativamente uguale su tutta la lunghezza del colon. I tumori nel colon prossimale spesso crescono come masse polipoidi esofitiche che si estendono lungo una parete del cieco e del colon ascendente; questi tumori raramente causano ostruzione. Al contrario, i carcinomi del colon distale tendono ad essere lesioni anulari dette "napkin-ring" che determinano un restringimento luminale, a volte fino a provocare una completa ostruzione44.

Dal punto di vista microscopico la World Health Organization distingue i differenti istotipi di tumore colon-rettale, suddividendo i tumori epiteliali (più frequenti) dai tumori non epiteliali.

I tumori epiteliali sono così classificati:

o Adenocarcinoma non altrimenti specificato (NAS), può essere ulteriormente classificato istologicamente in base al grado di differenziazione, definito principalmente in base allo sviluppo di ghiandole ben formate anche se può tenere conto di altre caratteristiche citologiche;

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25 o Adenocarcinoma mucinoso (10% dei casi), caratterizzato da una abbondante produzione di mucina che può accumularsi nelle cellule o essere secreta. La mucina extracellulare favorisce l’estensione locale del tumore. Questi tumori ne producono una grande quantità ovvero più del 50% della massa della lesione. Si localizzano prevalentemente nel colon destro e in diversi studi sono stati associati a una scarsa risposta alla chemio-radioterapia neoadiuvante e alla chemioterapia adiuvante;

o Adenocarcinoma a cellule ad anello con castone, definisce alcuni carcinomi non ghiandolari nei quali la mucina è abbondante ed è contenuta in un vacuolo intracellulare che disloca il nucleo in periferia. Il tumore a cellule ad anello con castone, che per essere definito tale deve contenere più del 50% di questo tipo di cellule, rappresenta l’1-2% di tutti i CRC. Molto spesso è aggressivo, con diagnosi tardiva, propensione all’infiltrazione intramurale e carcinosi peritoneale;

o Carcinoma adenosquamoso, presenta aree di differenziazione squamosa e aree di tipo ghiandolare. Sono più frequenti nel colon distale e sono associati ad una maggiore mortalità rispetto all’adenocarcinoma;

o Carcinoma midollare, non presenta un aspetto istologico ghiandolare ma è costituito da cellule di grandi dimensioni, poligonali, eosinofile che crescono in trabecole solide massivamente infiltrate da linfociti. Questa variante si caratterizza per un alto grado di instabilità dei microsatelliti;

o Carcinoma indifferenziato, privo di aspetti morfologici di differenziazione epiteliale.

La maggior parte dei tumori scarsamente differenziati contengono foci di differenziazione neuroendocrina. Nei tumori non adenocarcinomatosi in cui ho una predominanza della componente neuroendocrina si applica la classificazione in tumori neuroendocrini ben differenziati o scarsamente differenziati21.

I tumori non epiteliali invece posso essere benigni o maligni, tra i benigni riconosciamo:

o Angiomi o Leiomiomi o Lipomi

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26 Tra i maligni invece:

o Leiomiosarcoma o Sarcomi neurogeni o Melanoma

o Linfoma o GIST

Come in tutti i tumori epiteliali è fondamentale anche considerare il grading, ovvero il grado di differenziazione cellulare da G1 a G4:

o Grado 1, si tratta di tumori ben differenziati (circa il 20%) in cui le cellule sono cilindriche e simili a quelle del normale epitelio intestinale;

o Grado 2, moderatamente differenziato (circa il 60%); o Grado 3, scarsamente differenziato;

o Grado 4, le cellule neoplastiche presentano caratteristiche anaplastiche; Ciascuno di questi aspetti anatomopatologici influenzeranno le scelte terapeutiche.

1.5 Screening

I test di screening hanno lo scopo di identificare le lesioni precancerose e/o le neoplasie allo stato iniziale in modo tale da poter intervenire in maniera tempestiva per ridurre la morbidità e la mortalità. Lo screening deve essere proposto a una popolazione generale considerata a rischio medio, ad esempio un uomo o una donna di età superiore ai 50 anni senza un sanguinamento gastrointestinale acuto o altre evidenze cliniche di malattia e senza storia personale o familiare di polipi adenomatosi o carcinoma del colon-retto. Il dibattito è ancora vigoroso sui migliori approcci per lo screening, poiché molti fattori influenzano questa decisione: semplicità e rapidità, il rapporto costo/beneficio, la sensibilità e la specificità. Il test di screening ideale, infatti, dovrebbe essere efficiente con alta sensibilità e specificità, sicuro, disponibile, conveniente ed economico.

Gli attuali metodi di screening per CRC sono suddivisi in test invasivi e non invasivi. I test non invasivi comprendono test fecali, ematologici e radiologici. I test fecali attualmente disponibili sono il test del sangue occulto nelle feci a base di guaiaco (gFOBT), il test immunochimico fecale (FIT) e il più recente test della ricerca del

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27 DNA nelle feci (DNA delle feci multitarget, MT-sDNA, Cologuard®). Tali test si basano sulla rilevazione di sangue o detriti cellulari provenienti da polipi vascolarizzati, adenomi e tumori. Gli esami radiologici comprendono invece la radiografia con clistere di bario a doppio contrasto, endoscopia con capsula e colonscopia tomografica computerizzata (CTC). Sono utili per la visualizzazione radiografica, l'identificazione di un polipo colico avanzato o di un tumore e permettono di rilevare reperti extra-colici (mediante CTC).

Esiste inoltre un particolare esame del sangue di recente scoperta detto Epi procolon® che è un test diagnostico qualitativo in vitro basato sulla reazione a catena della polimerasi (PCR) per la rilevazione della mutazione della septina9 metilata nel plasma EDTA derivato da campioni di sangue intero di pazienti. Il SEPT9 metilato è stato associato a CRC21.

Un’ altra tecnica emergente di screening è il test del DNA fecale multitarget (FIT-DNA), che valuta la presenza di sanguinamenti (mediante test immunologico per la ricerca di emoglobina) e di aberrazioni molecolari associate a neoplasie del colon-retto (attraverso saggi molecolari quantitativi per biomarcatori, come mutazioni di KRAS e metilazione aberrante di NDRG4 e BMP3)1.

In uno studio di individui asintomatici a rischio intermedio di CRC, rispetto a FIT, FIT-DNA aveva una sensibilità più elevata nel rilevare lesioni precancerose avanzate (42,4% contro il 23,8%, p <0,001) e CRC (92,3% contro il 73,8%, p= 0,002), ma una specificità inferiore (86,6% contro 94,9% tra gli individui con lesioni non avanzate o con assenza di lesioni, p <0,001). Eppure, in un'altra popolazione che presenta un rischio medio di CRC, FIT aveva una sensibilità leggermente superiore rispetto al test FIT-DNA e lo stesso livello di specificità dell'86,6%. Il test FIT-DNA ha un valore limitato come strumento di screening a causa della specificità inferiore che richiede l’aggiunta di imaging diagnostico con costi sostanzialmente elevati45.

I test invasivi includono la sigmoidoscopia flessibile (FS) e la colonscopia. Questi offrono la diretta visualizzazione e rilevamento di un polipo colico o di una neoplasia avanzata con il vantaggio di poter ottenere un campione istologico e rimuovere i polipi. La colonscopia è stata introdotta come strumento di screening gold standard in numerosi paesi negli ultimi anni tra cui Stati Uniti, Germania, Polonia, Austria e alcune regioni d'Italia46. In una meta-analisi di studi osservazionali, confrontato con il

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28 non utilizzo, la colonscopia di screening era associata a una riduzione del rischio di CRC (HR 0,31, IC al 95%: 0,12-0,77) e mortalità (HR 0,32, IC 95% 0,23-0,43)47. Purtroppo, la colonscopia non è facilmente accettata dai pazienti a causa di una serie di svantaggi come la preparazione, la natura invasiva della procedura che può comportare effetti collaterali come la perforazione (1% dei casi). Inoltre, ha dei costi molto elevati ed è perciò di difficile implementazione in un programma di screening su una popolazione generale. Per questi motivi la ricerca del sangue occulto nelle feci è la metodica più utilizzata tra i 50 e 70 anni, deve essere ripetuta ogni 1-2 anni a causa della sua bassa sensibilità e nel caso di esito positivo deve essere associata ad un esame di secondo livello come una colonscopia totale. gFOBT è ancora utilizzato in Francia, Finlandia e Regno Unito. I Paesi Bassi e molti altri stati europei sono passati da gFOBT a FIT, quest’ultimo non richiede infatti restrizioni dietetiche prima della raccolta del campione ed ha una sensibilità più elevata associata ad una minore incidenza di CRC dopo un risultato negativo del test (20 contro 34 casi per 100.000 persone-anni, valore p non riportato) 46.

Date le diverse opzioni di screening con prestazioni variabili per quanto riguarda la sensibilità e specificità, costi e complicanze, le analisi economiche potrebbero individuare la strategia di screening ottimale. Nonostante l'eterogeneità nelle ipotesi di base e nelle popolazioni osservate, gli studi hanno costantemente evidenziato che lo screening, indipendentemente dai metodi impiegati, è conveniente con costi per anno di vita guadagnato inferiori a $ 60.000 in diversi paesi1.

Tuttavia, non esiste una concordanza dei dati in letteratura su quale sia la migliore strategia di screening, ciò suggerisce che fattori come l’accettabilità da parte della popolazione, l’aderenza allo screening e la disponibilità di risorse per la colonscopia potrebbero essere rilevanti nel determinare la modalità di screening ottimale48.

Negli USA, le raccomandazioni da parte di organizzazioni professionali non enfatizzano un approccio specifico, ma offrono diverse strategie di screening al fine di incrementare l’aderenza della popolazione.

Le linee guida per lo screening del CRC variano poi a seconda dei paesi e delle organizzazioni professionali. Per gli adulti a rischio medio, in paesi come la Danimarca, la Francia e Norvegia, viene indicato l’utilizzo di FIT. La colonscopia non viene utilizzata come strumento di screening ad eccezione di alcuni paesi (ad esempio,

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29 Austria, Germania, Polonia e gli Stati Uniti). Per gli anziani sopra 75 anni lo screening di routine è raccomandato in Austria ma non in Canada. Alcuni paesi, come la Nuova Zelanda e la Finlandia, non raccomandano lo screening fino all'età di 59 anni, mentre Austria e Giappone lo raccomandano a partire dall'età di 40 anni.

Nonostante i programmi di screening siano eterogenei in tutto il mondo, sembra che l'introduzione di un qualsiasi programma di screening sia comunque seguito da una riduzione della mortalità CRC49.

Oltre alla popolazione generale, esiste una popolazione considerata ad alto rischio di sviluppare un tumore del colon-retto e che dovrebbe aderire a particolari programmi di screening. Tale popolazione è costituita da persone con una storia di adenomi o diagnosi di un precedente CRC, storia di IBD (morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa), storia familiare di cancro del colon, polipi o sindromi genetiche quali la FAP e la sindrome HNPCC.

Nei pazienti con FAP l’inizio dello screening dovrebbe coincidere con i 10-12 anni di età tramite colonscopia ogni 1-2 anni, il test genetico e la sigmoidoscopia annuale. Nella sindrome di Lynch lo screening invece dovrebbe iniziare tra i 20-25 anni oppure 10 anni prima dell’età di comparsa della neoplasia nel parente più giovane con l’esecuzione della colonscopia ogni 1-2 anni e il test genetico.

Nel caso di un familiare di primo grado, con una età  60 anni con diagnosi di CRC o poliposi, lo screening con colonscopia va iniziato all’età di 40 anni oppure 10 anni prima del caso più giovane verificatosi in famiglia e ripetuta ogni 5 anni.

Nel caso in cui un paziente sia affetto da malattie infiammatorie croniche intestinali la colonscopia va eseguita ogni 2 anni trascorsi 8 anni dalla diagnosi.

I pazienti con storia personale di CRC devono eseguire la colonscopia con cadenza annuale i primi 3 anni e se questa risulta negativa va ripetuta ogni 5 anni. Nel caso in cui la colonscopia evidenzi la presenza di adenomi, se questi risultano ad alto rischio l’esame deve essere ripetuto ogni 3 anni, in caso contrario ogni 5 anni21.

1.6 Presentazione clinica

I sintomi del tumore del colon-retto sono correlati alla crescita del tumore nel lume dell’organo o all’invasione di strutture adiacenti, quindi si manifestano quando la

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30 lesione è ad uno stadio piuttosto avanzato. Le manifestazioni cliniche sono legate a due aspetti: le dimensioni del tumore e la sua localizzazione.

I sintomi più comuni sono:

o Sanguinamento occulto: tipicamente il CRC destro si associa a anemia sideropenica e presenta un sanguinamento maggiore rispetto ad altre sedi, mentre l’ematochezia è più frequentemente causata da tumori ubicati nel sigma-retto;

o Dolore addominale;

o Alterazione dell’alvo: un cambiamento nelle abitudini intestinali è un sintomo di presentazione comune dei tumori che originano nel lato sinistro, questo avviene poiché il contenuto fecale nel colon distale ha una maggiore consistenza e il lume dell’organo è inferiore quindi è più probabile che si presentino sintomi ostruttivi (15%);

o Distensione addominale, nausea e vomito; o Massa addominale palpabile;

o Dimagrimento e cachessia;

Il tumore del retto si può facilmente rilevare anche all’esplorazione rettale e può causare tenesmo, dolore rettale e calibro ridotto delle feci. Le lesioni rettali sono prevalentemente ulcerate, vegetanti e facilmente sanguinanti, si parla in questo caso più correttamente di rettorragia stando ad indicare che le feci appaiono verniciate di sangue. Sulla base della diversa localizzazione distinguiamo nell’ambito dei tumori rettali:

o Forme sovrampollari che rispecchiano la sintomatologia già descritta per i tumori del colon sinistro;

o Neoplasie ampollari dove prevale il tenesmo, spesso accompagnato da rettorragia;

o forme sottoampollari che presentano una rapida evoluzione verso la stenosi con produzione di feci tipicamente nastriformi e contenenti muco;

Più raramente, soprattutto nei carcinomi cecali o del sigma, la neoplasia può manifestarsi tramite una perforazione intestinale tamponata (2-3% dei casi) o la fistolizzazione in organi adiacenti come la vescica (pneumaturia) o l’intestino tenue. Un’altra presentazione atipica è la febbre di origine sconosciuta causata da una

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31 ascessualizzazione intra-addominale a partire da una perforazione localizzata sviluppatasi precedentemente. In altri casi, se la neoplasia è ad uno stadio iniziale, la diagnosi viene posta anche in assenza di sintomi in seguito a screening di routine o riscontro incidentale. Al contrario se il tumore è già in uno stadio avanzato i pazienti possono presentare anche i segni e sintomi correlati alla disseminazione linfatica, ematogena o per contiguità.

1.7 Diffusione

Il carcinoma del colon-retto può diffondersi per continuità, contiguità, via linfatica ed ematica.

La diffusione per continuità si realizza nel contesto del viscere stesso tramite l’infiltrazione della parete intestinale a partire dalla tonaca mucosa interessando poi la sottomucosa, la muscolare, la sottosierosa e la sierosa.

La diffusione per contiguità, invece, si verifica attraverso il progressivo interessamento del grasso pericolico, perirettale e degli organi circostanti: rene destro e duodeno per i CRC del colon destro, stomaco e omento per quelli del colon trasverso, milza e coda del pancreas, rene sinistro, diaframma per i CRC localizzati a livello della flessura splenica, cupola vescicale o utero per le lesioni del sigma e del cieco, ovviamente con possibili fistolizzazioni.

Esiste anche una terza modalità detta disseminazione esfoliativa. Quando la lesione supera la sierosa in termini di infiltrazione può svilupparsi un quadro di carcinosi peritoneale e la malattia può diffondersi a tutta la cavità addominale.

La diffusione a distanza invece può realizzarsi tramite la via linfatica o ematica. Per quanto riguarda la via linfatica le principali stazioni linfonodali del colon seguono il decorso dei vasi sanguigni e si suddividono in pericoliche, paracoliche ed intermedie. Il retto invece presenta come principali stazioni di deflusso linfatico i linfonodi del mesoretto (tessuto adiposo ricco di vasi e linfonodi) e linfonodi peri-rettali, otturatori, pre-sacrali, iliaci interni ed esterni, comuni fino ai linfonodi lombo-aortici. I tumori che originano dal tratto distale del canale anale potrebbero inoltre coinvolgere i linfonodi inguinali.

Riferimenti

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