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2 Deformazioni Gravitative Profonde di Versante

2.2 Fattori di innesco

Le deformazioni gravitative profonde sono controllate da diversi fattori connessi all’interazione tra l’attività geodinamica endogena ed esogena (fattori geodinamici) e alla natura e assetto dei materiali rocciosi interessati (Dramis, 1984).

Il fattore predisponente principale è rappresentato dal sollevamento regionale che ha interessato la catena appenninica a partire dalla fine del Pleistocene inferiore e

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consente l’esposizione di potenziali superfici di scorrimento, corrispondenti a intercalazioni pelitiche e a piani di taglio all’interno delle masse rocciose (Dramis et

al., 2002).

L’energia del rilievo, o stress topografico, è l’elemento morfologico determinante per rendere possibile l’innesco di una DGPV; esso rappresenta il dislivello tra la parte superiore e la parte inferiore del versante in deformazione e deve essere tale da permettere la messa in gioco di masse di adeguato spessore. Nelle Alpi occidentali è stato verificato che il 50% dei fenomeni avviene su versanti con energia del rilievo compresa tra 500 e 1000m (Mortara & Sorzana, 1987).

Fig. 2.1.4 – Parametri geometrici che descrivono le DGPV (da Hutchinson, 1995

modificata). Vmax: profondità verticale massima; L: lunghezza massima del versante; α: pendenza della corda L rispetto all’orizzontale; δ: profondità massima misurata tra la corda L e la superficie di scivolamento.

La pendenza mostra invece rapporti meno univoci: a parità di condizioni, l’instabilità del versante cresce con l’aumentare della pendenza generalmente compresa tra 18° e 50° (Sorriso-Valvo, 1984). Per valori inferiori al campo di

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pendenze individuato non sussistono generalmente condizioni favorevoli allo sviluppo di fenomeni gravitativi profondi, mentre per valori superiori, il modellamento del versante tende a evolvere attraverso processi gravitativi più rapidi e superficiali come frane di crollo (Mortara & Sorzana, 1987) (Fig.2.2.1).

Le caratteristiche litologiche e strutturali, il grado di alterazione e di fatturazione delle rocce che costituiscono il rilievo, non solo influenzano la forma e il comportamento meccanico del versante, ma ne determinano anche le condizioni di stabilità (Dramis, 1984).

La litologia determina le caratteristiche meccaniche della roccia, rendendola più o meno scadente, anche in relazione al grado di alterazione. La possibilità che si producano notevoli dislivelli topografici è dunque in funzione anche della natura del substrato oltre che della quota di base dell’erosione e del sollevamento isostatico. Materiali poco coerenti tendono infatti a cedere anche su dislivelli moderati e su versanti poco acclivi, mentre solo materiali coerenti possono costituire versanti di dislivello elevato. Si verifica pertanto l’apparente paradosso che sono proprio le rocce più coerenti a essere più favorevoli per lo sviluppo di fenomeni gravitativi profondi di maggiori dimensioni (Dramis, 1984).

L’assetto strutturale del versante ovvero la fatturazione, la scistosità, la stratificazione risultano di grande importanza nell’innesco dei fenomeni su litologie che altrimenti sarebbero stabili nelle stesse condizioni orografiche, controllando l’attività e la tipologia dei movimenti di massa profondi. Una delle condizioni maggiormente predisponenti, in caso di rocce scistose, è quando l’inclinazione del versante è in concordanza con la giacitura della scistosità o, in caso di litotipi massicci, quando il versante si dispone parallelamente alla direzione dei giunti che, insieme alla presenza di eventuali fasce cataclasate costituiscono i principali fattori di instabilità (Mortara & Sorzana, 1987).

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L’attività tettonica e neotettonica è il principale fattore genetico del rilievo ed esercita la sua influenza sull’instabilità con modalità diverse, rappresentate essenzialmente dagli stress residui derivanti dalle vicende tettoniche passate e dalla tettonica attiva. I lineamenti tettonici possono agire in maniera passiva, come superfici di discontinuità preferenziali lungo le quali avviene il movimento gravitativo, o attivamente. La tettonica attiva, infatti, agisce sull’evoluzione del versante modificando l’energia del rilievo, l’assetto geometrico del versante e, più in generale, le condizioni di stabilità del versante stesso, il quale tende al riassesto attraverso movimenti profondi. Un’influenza passiva dei movimenti neotettonici sulle DGPV si instaura nei casi di sollevamento tettonico. I movimenti verticali della crosta terrestre producono dislivelli topografici ai quali corrisponde un incremento dei fenomeni erosivi. Se il sollevamento è rapido in rapporto alla velocità dei processi erosivi, se le condizioni climatiche sono favorevoli all’azione delle acque correnti incanalate, si verifica un approfondimento del reticolo idrografico con conseguente incremento dell’altezza dei versanti e formazione di valli strette con versanti lunghi e acclivi in equilibrio precario (Dramis, 1984).

L’occorrenza di forti terremoti può provocare assestamenti gravitativi. Nel caso di sismi di forte intensità, le scosse agiscono in modi diversi: sconnettono le masse rocciose facendone diminuire la coerenza; variano la pressione interstiziale delle acque incidendo sulle tensioni interne delle masse rocciose; determinano variazioni dell’acclività dei versanti e deformazioni della superficie topografica; producono elevate accelerazioni normali al pendio. L’azione combinata di tali effetti con lo scuotimento può essere tale da provocare rotture nelle rocce che costituiscono i pendii, innescando movimenti gravitativi di grandi dimensioni anche su pendii precedentemente non interessati da fenomeni di instabilità (Dramis et al., 1983).

Lo scuotimento sismico agisce, oltre che su pendii precedentemente stabili, anche su aree le cui condizioni di stabilità erano state progressivamente ridotte da altri fattori geologici, geomorfologici e climatici, riattivando nuovamente il

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movimento gravitativo. Nel caso di violenti shock sismici, le aree interessate da movimenti gravitativi profondi possono alterare la loro deformazione, più o meno continua nel lungo periodo, assumendo caratteristiche intermedie fra una deformazione continua e una deformazione periodica. Improvvise accelerazioni del movimento possono rappresentare un motivo di hazard.

Anche i fattori climatici regolano l’attività dei movimenti gravitativi, sebbene esistano lacune conoscitive al riguardo. In generale si può affermare che, tendenzialmente sfavorevoli alla genesi di dislivelli elevati, e quindi di DGPV, sono i climi caldo-umidi, caratterizzati da processi di alterazione chimica molto spinti, e quelli aridi o freddi, dove le portate delle acque correnti sono ridotte e con un notevole carico solido trasportato che ne inibisce le capacità erosive. In questi casi le valli si riempiono di materiali detritici e alluvionali che compensano lo stress gravitazionale sui versanti (Dramis, 1984). Le condizioni diventano favorevoli quando le variazioni climatiche (ambiente temperato) conferiscono capacità erosiva alle acque incanalate, consentendo una rapida erosione dei materiali depositati in precedenza nei fondovalle. Azione erosiva che diviene ancora più forte se l’area subisce un sollevamento.

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