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2. STRUTTURA E COMPONENTI CELLULARI DELLA BUCCIA D’UVA

1.3 I COLLOIDI DEL LIEVITO

1.3.4 Fecce e mannoproteine

Le fecce, secondo il regolamento CEE n° 337/7, vengono definite come “il residuo che si forma, dopo la fermentazione, sul fondo di recipienti contenenti vino durante la conservazione o dopo trattamenti autorizzati, come ad esempio il residuo derivante dalla filtrazione o centrifugazione di questo prodotto”.

Nonostante la composizione delle fecce sia variabile, esse sono costituite principalmente da microrganismi (soprattutto lieviti) e, in parte minore, da sali tartarici e residui organici.

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L’autolisi del lievito durante l’affinamento del vino provoca la rottura delle pareti cellulari, il rilascio dei costituenti intracellulari, degli enzimi idrolitici e l’idrolisi di biopolimeri intracellulari in composti di basso peso molecolare; pertanto, l’autolisi dei lieviti è di fondamentale importanza sia per quanto riguarda la composizione delle fecce che nell’influenzare l’affinamento dei vino (Pérez-Serradilla e Luque de Castro, 2008). Le mannoproteine vengono rilasciate dal lievito sia durante la fermentazione che per azione enzimatica (ad opera di endo-β-(1,3) ed endo-β-(1,6)-glucanasi) durante l’affinamento sulle fecce per autolisi.

Le mannoproteine, che costituiscono il 35-40% della parete cellulare di Saccharomyces

cerevisiae e di peso molecolare compreso tra 20 ed oltre 450 kDa, sono glicoproteine,

spesso altamente glicosilate localizzate nello strato più esterno della parete cellulare del lievito, dove sono collegati ad una matrice amorfa di β-1,3-glucano attraverso legami covalenti. Le mannoproteine conferiscono alla parete cellulare del lievito le sue proprietà attive e svolgono un ruolo significativo nel controllo della porosità della parete, così da regolare la fuoriuscita delle proteine dallo spazio periplasmatico e l'ingresso delle macromolecole dall'ambiente.

Nel range di pH del vino, le mannoproteine presentano carica negativa e, di conseguenza, possono stabilire interazioni elettrostatiche e ioniche con gli altri componenti e dare origine a complessi solubili o insolubili (Ferran, 2011).

Nel genere Saccharomyces la frazione glicanica delle mannoproteine non è costituita solo da oligosaccaridi neutri, ma anche da oligosaccaridi acidi contenenti mannosilfosfato i quali conferiscono una carica netta negativa. È ipotizzabile che le mannoproteine di lieviti non-Saccharomyces abbiano una struttura diversa e possano, pertanto, avere proprietà funzionali diverse (Caridi, 2006).

Le mannoproteine sono costituite da componenti parzialmente solubili in acqua, rilasciate dall’azione di β-1,3-glucanasi durante e, soprattutto, dopo la fermentazione alcolica. Il tempo di contatto, la temperatura e l'agitazione (movimentazione/bâtonnage) della biomassa di lievito promuovono il rilascio enzimatico. La produzione ed il rilascio di mannoproteine dipende anche dal ceppo di lievito e dalle condizioni nutrizionali (Rosi et

al., 1999). Vi è, inoltre, anche una relazione diretta tra la chiarifica del mosto e le

macromolecole di lievito presenti nel vino: più il mosto viene chiarificato, meno macromolecole vengono prodotte dal lievito.

Considerato l'interesse del rilascio di polisaccaridi da parte del lievito, in bibliografia si ritrovano già diversi lavori di selezione dei ceppi di lievito che producono una maggiore quantità di mannoproteine (Gonzales-Ramos et al., 2008).

Nei vini, la concentrazione di mannoproteine è di circa 100-150 mg/L.

I polisaccaridi giocano un ruolo importante nei fenomeni di

stabilizzazione/destabilizzazione colloidale; sembra che le mannoproteine impediscano l’aggregazione dei tannini e loro precipitazione (Poncet-Legrand et al, 2000) e proteggano

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il vino dalla precipitazione proteica (Moine-Ledoux e Dubourdieu, 1998, Waters et al., 2005).

Gonçalves et al. (2002), caratterizzando le mannoproteine presenti nel vino, ne hanno riscontrata una con peso molecolare elevato: si tratta di un mannano con un contenuto di proteina del 10%, e considerato che, la mannoproteina a basso peso molecolare identificata presenta un contenuto in proteine solo del 2,5% e l’87,5% di mannosio, la percentuale del mannano restante è costituita da glucosio ed altri zuccheri residui.

Le fecce, dal punto di vista enologico, svolgono le seguenti funzioni: - inibiscono la cristallizzazione dei sali di tartrato;

- impediscono l’aggregazione delle micelle proteiche (stabilità proteica); - rafforzano i composti aromatici;

- rimuovono le sostanze indesiderabili per adsorbimento (ocratossina A, fungicidi, fenoli volatili, pesticidi);

- aumentano lo sviluppo dei batteri malolattici;

- combinandosi con i composti fenolici, migliorano la stabilità del colore e diminuiscono l’astringenza del vino;

- arricchiscono il vino durante l'affinamento; - interagiscono col lievito flor.

Anche se l’affinamento sulle fecce contribuisce alla qualità dei vini, essa ha anche un impatto sul contenuto di ammine biogene, soprattutto della putrescina, dal momento che le fecce contengono aminoacidi, microrganismi decarbossilasi positivi ed enzimi decarbossilasi che, in circostanze favorevoli, possono portare alla formazione di ammine biogene con impatto sulla salute umana (mal di testa, nausea, iper-o ipotensione, palpitazione e shock anafilattico) (Pérez-Serradilla e Luque de Castro, 2008).

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2 SCOPO DEL LAVORO

Per aumentare il contenuto di polisaccaridi nel vino al fine di modificare le proprietà organolettiche e rendere i vini più strutturati, si può agire seguendo due strade: degradare le cellule dell’uva con enzimi pectolitici o cercare di estrarli dalle cellule di lievito. Una tecnica innovativa, che faciliterebbe questa seconda possibilità, potrebbe esser rappresentata dall’applicazione di ultrasuoni ad alta intensità, i quali provocando la rottura della parete cellulare e la decompartimentazione cellulare potrebbero favorire ed accelerare il rilascio di colloidi protettori (polisaccaridi e proteine – ad esempio mannoproteine) e conseguentemente stabilizzare il vino.

Questa seconda parte del lavoro, pertanto, vuole focalizzare l’attenzione sullo studio degli effetti del trattamento ad ultrasuoni al fine di verificare l’effettiva possibilità di accelerare il rilascio delle macromolecole e comparare tali effetti con la pratica tradizionale di affinamento del vino sur lies e con trattamento enzimatico, usato solitamente per accelerare la lisi del lievito.

Lo scopo del lavoro è stato quello di:

• Valutare l’eventuale effetto litico procurato dagli ultrasuoni sulle fecce fini nei confronti delle strutture cellulari dei lieviti, con il rilascio nel mezzo di frazioni di diversa natura al fine di rendere più veloci le cinetiche di affinamento dei vini sulle fecce fini.

• Trovare la condizione di trattamento - tempo ed% di amplitudine - che provoca i maggiori effetti sul rilascio di colloidi dalle fecce.

• Confrontare questa nuova tecnologia con le pratiche abituali - autolisi naturale (affinamento sulle fecce) e lisi enzimatica del lievito – valutando il possibile vantaggio in termini di effetti diversi o di risparmio di tempo.

• Effettuare il trattamento ad ultrasuoni su fecce diverse per capire se gli effetti più comuni possono essere analoghi.

• Valutare gli effetti della applicazione diretta degli ultrasuoni su vini instabili, per verificare stimare se portano ad una migliore stabilità del prodotto o se ne facilitano l’affinamento.

• Valutare l’effetto dell’aggiunta di fecce trattate con ultrasuoni ad un vino instabile per stimare la possibile azione protettiva nei confronti dell'instabilità proteica e determinare la quantità di feccia necessaria alla stabilizzazione.

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3 MATERIALI E METODI

Per la strumentazione utilizzata ed il disegno sperimentale applicato per le prove si rimanda alla descrizione presentata in ‘Materiali e Metodi’ della sezione di lavoro precedente.

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