Sia ξ = (P, π, M, G) un fibrato principale differenziabile su cui sia fissata una connessione principaleΓ, con forma di Cartan w.
Ricordiamo (§7.1) cheΓ `e caratterizzata dalla decomposizione TP= HP⊕ VP
dei vettori tangenti diPnelle loro componenti orizzontale e verticale. Per sempli-cit`a di notazione scriveremo nel seguito ZHe ZVper prH(Z) e prV(Z).
Tutte le rappresentazioni lineari che considereremo in questo capitolo s’inten-dono essere di dimensione finita.
8.1. Differenziazione covariante
8.1.1. Differenziale covariante di forme tensoriali e pseudotensoriali. Da-ta una rappresenDa-tazione lineareVdi G, abbiamo costruito in §6.8 il fibrato vetto-riale ξV= (EV, πV, M,V) e considerato le forme differenziali su M con coefficienti in EVe le corrispondenti forme tensoriali e pseudotensoriali suP.
La forma di Cartan w diΓ `e pseudotensoriale di tipo g per la rappresentazione aggiunta su g e non `e tensoriale se g , 0.
Definizione 8.1.1. Sia q un intero non negativo. Si dice differenziale esterno covariantedi una forma pseudotensoriale φ ∈ Ωρq(P,V) la (q+1)-forma tensoriale
(Dφ)(Z0, Z1, . . . , Zq)= (d φ)(Z0H, ZH
1, . . . , ZH
q) ∀Z0, Z1, . . . , Zq ∈ X(P). (8.1)
Teorema 8.1.2. Sia φ ∈ Ωρq(P,V). Allora: φ ◦prH∈Ωq
ρ,0(P,V), dφ ∈Ωq+1
ρ (P,V), Dφ ∈Ωq+1
ρ,0 (P,V). Alla rappresentazione ρVdi G suVcorrisponde la rappresentazione lineare ρV∗ della sua algebra di Lie g suV, definita da
(8.2) ρV∗(X)v = [dρV]e(X)(v)=d dt
t=0ρV(exp(tX)(v), ∀X ∈ g, ∀v ∈V. Il fatto cheVsia una rappresentazione lineare di g significa che l’applicazione R-lineare ρV∗: g → glR(V) `e un omomorfismo di algebre di Lie: soddisfa cio`e ρV∗([X, Y])= [ρV∗(X), ρV∗(Y)]= ρV∗(X) ◦ ρV∗(Y) − ρV∗(Y) ◦ ρV∗(X), ∀X, Y ∈ g. Ricordiamo la notazione introdotta in (??): se φ ∈ Ωρq(P,V) `e pseudotensoriale il prodotto w ∧ρφ `e la (q+1)-forma pseudotensoriale alternata a valori inV
(8.3) (w ∧ρφ)(X0, . . . , Xq)= q X h=0 (−1)hρV∗(w(Xh)) (φ(X0, . . . ,Xbh, . . . , Xq)). 143
Lemma 8.1.3. Se φ ∈ Ωρ,0q (P,V) `e una q-forma tensoriale, allora
(8.4) Dφ=dφ+ w ∧ρφ.
Dimostrazione. Basta verificare che
(∗) (Dφ)(Z0, . . . , Zq)= (d φ)(Z0, . . . , Zq)+ (w ∧ρφ)(Z0, . . . , Zq)
quando ciascuno degli Zisia o un campo verticale fondamentale o il sollevamento di un campo di vettori su M. La formula `e banalmente vera quando tutti gli Zisiano orizzontali oppure almeno due di essi siano verticali.
Baster`a dunque dimostrare la (∗) nel caso in cui Z0 = X?con X ∈ g e gli Zicon i>0 siano sollevamenti orizzontali, sia cio`e Zi= ˜xiconxi∈ X(M), per 1 ≤ i ≤ q.
Poich´e abbiamo supposto che φ fosse tensoriale, otteniamo
dφ(X?, Z1, . . . , Zq)= X?φ(Z1, . . . , Zq)+Xq i=1(−1) i Zi·φ(X?, . . . ,bZi, . . .) | {z } =0 +Xq i=1(−1) iφ([X?, Zi] | {z } =0 , . . . ,bZi, . . .) +X1≤i< j≤q(−1)i+ jφ([Z i, Zj], X?, . . . ,bZi, . . .bZj, . . .) | {z } =0 = X?φ(Z1, . . . , Zq)= (LX?φ)(Z1, . . . , Zq),
perch´e la derivata di Lie rispetto ad un campo fondamentale [X?, Zi]= [X?, ˜xi] del sollevamento orizzontale di un campoxidi X(M) `e nulla.
Poich´e X?`e il generatore infinitesimale di {Rexp(tX)}t∈R, `e L[X?]φ= d dt h R∗exp(tX)φi t=0= d dtρ(exp(−tX))φt=0= −ρV∗(X)φ. Poich´e φ `e tensoriale, otteniamo
(w ∧ρφ)(X∗, Z1, . . . , Zq)= ρV∗(X)(φ(Z1, . . . , Zq)),
che, insieme alle precedenti, di d`a la (∗).
8.1.2. Differenziazione covariante di sezioni di fibrati vettoriali.
SianoVuna rappresentazione lineare di G e ξV = (EV, πV, M,V) il corrispon-dente fibrato vettoriale. Per definire la differenziazione covariante di forme su M a coefficienti in EV utilizziamo l’isomorfismo ΛV: φ ↔ ˜φ di Ωξq(M, EV) con lo spazio Ωqρ,0(P,V) delle forme tensoriali suPa valori inV(Prop.6.8.4), dato da
φ(X1, . . . , Xq)= σ · ˜φ( ˜X1, . . . , ˜Xq), ∀X1, . . . , Xq∈ X(M).
Definizione 8.1.4. La differenziazione covariante d∇ (o connessione lineare) su ξV, associata alla connessione principaleΓ su ξ, `e l’applicazione lineare (8.5) d∇: Ωξq(M, EV) Λ−1
V◦D◦ΛV
−−−−−−−−→Ωq+1
8.1. DIFFERENZIAZIONE COVARIANTE 145 Il differenziale esterno covariante `e definito cio`e dal diagramma commutativo
Ωq ξ(M, EV) d ∇ −−−−−→ Ωq+1 ξ (M, EV) ΛV y yΛV Ωq ρ,0(P,V) −−−−−→D Ωq+1 ρ,0 (P,V).
Possiamo identificare Ωξq(M, EV) con il prodotto tensorialeΓξ(M, EV) ⊗ Ωq(M). Proposizione 8.1.5. Valgono le formule:
d∇( f s)= s ⊗df + fd∇s, ∀ f ∈C∞ (M), ∀s ∈Γξ(M, EV), d∇(s ⊗ ψ)= s ⊗dψ+d∇s ⊗ ψ, ∀s ∈Γξ(M, EV), ∀ψ ∈ Ωq(M) , d∇(φ ∧ ψ)= (d∇φ) ∧ ψ+ (−1)pφ ∧dψ, ∀φ ∈ Ωξp(M, EV), ∀ψ ∈ Ωq(M). Definizione 8.1.6 (derivata covariante). Se X ∈ X(M) ed s ∈ Γξ(M, EV), la se-zione d∇s(X) ∈Γξ(M, EV) si indica con ∇Xs e si dice derivata covariante di s rispetto ad X.
Il sollevamento ˜s di una sezione s di ξV(ricordiamo che ˜s(σ) = σ−1s(π(σ))) `e una funzione a valori inV, che quindi possiamo differenziare. Dalla definizione della differenziazione covariante, abbiamo
Lemma 8.1.7. Vale la formula
(8.6) ∇gXs= ˜X ˜s, ∀s ∈ Γξ(M, EV), ∀X ∈ X(M).
Osservazione 8.1.8. Gli elementi di Ωqξ(M, EV) sono sezioni di un fibrato vetto-riale differenziabile su M che non `e, in generale, associato ad una rappresentazione lineare di G. Di una forma di grado positivo possiamo quindi definire il di ffe-renziale, ma non la derivata covariante rispetto ad un campo di vettori. Come vedremo nel seguito, per definite la derivata covariante su Ωqξ(M, EV) occorrer`a in-trodurre una connessione affine su M, cio`e una connessione principale sul fibrato dei sistemi di riferimento.
Lemma 8.1.9. Siapun punto di M. Abbiamo: supp (d∇φ) ⊆ supp (φ), ∀φ ∈Ω∗
ξ(M, EV),
d∇φ1(p)=d∇φ2(p) se φ1= φ2in un intorno dip, supp (∇Xs) ⊆ supp (X) ∩ supp (s), ∀X ∈ X(M), ∀s ∈Γξ(M, EV),
(∇f1X1+ f2X2s= f1∇X1s+ f2∇X2s, ∀ f1, f2∈C∞ (M), ∀X1, X2∈ X(M), ∀s ∈Γξ(M, EV), ∇X( f ·s)= (X f )·s + f ·∇Xs, ∀ f ∈C∞ (M), ∀s ∈Γξ(M, EV), ∇X(s1+ s2)= ∇Xs1+ ∇Xs2, ∀X ∈ X(M), ∀s1, s2 ∈Γξ(M, EV), ∇Xs(p)= ∇Ys(p) se X, Y ∈ X(M) ed Xp= Yp, ∀s ∈Γξ(M, EV).
In particolare, se U `e un aperto di M, φ∈Ωqξ(U, EV), X∈X(U), s∈Γξ(U, EV),
p∈U,v∈TpM, possiamo definire senza ambiguit`a
d∇φ ∈Ωq+1ξ (U, EV), ∇Xs ∈Γξ(U, EV), ∇vs ∈ EVp. 8.2. Espressione locale del differenziale covariante
In un atlante di trivializzazioneA = {(Ui, σi) | α∈I} di ξ una sezione s diΓξ(M, EV) si rappresenta come una collezione (si) di funzioniC∞
definite sugli aperti Uied a valori inV.
Le forme di Christoffel, che abbiamo introdotto in §7.3, ci servono ad espri-mere le trivializzazioni di ∇Xsin funzione delle (si).
Ricordiamo che la forma di Cartan w diΓ `e una 1-forma pseudotensoriale in Ω1
Ad(P, g) e che le forme di Christoffel sono le wi = σ∗
iw∈Ω1(Ui, g). Le funzioni di transizione ψα, β = σ−1
i σβsono definite su Uα, β= Ui∩Uβed a valori in G e possiamo quindi calcolarne la derivata di Darboux, a valori in g,
θα, β= ψ∗
α, βwG = ψ−1
α, βdψα, β ∈Ω1(Uα∩ Uβ, g).
Il pullback su Ui× G della forma di Cartan rispetto alla trivializzazione `e ˜wi= Ad(a−1) ◦ wi+a−1da.
La forma di Christoffel wα misura quindi la differenza tra il pullback della forma di Cartan e di quello della forma di Maurer-Cartan di G rispetto alla proiezione di Uα× G sulla seconda coordinata.
Il sollevamento orizzontale ˜Xαad Ui× G di un campo X ∈ X(Ui) `e1
(8.7) X˜α= X − Ad(a−1)wi(X)∗.
Fissiamo una rappresentazione lineare (ρ,V) di G e scriviamo per semplicit`a Einvece di EVper indicare lo spazio totale di ξV.
Una sezione s ∈Γξ(M, E) `e descritta nell’atlanteA dalle funzioni si= σ−1
i s ∈C∞ (Ui,V),
che a loro volta si rialzano alle ˜si∈C∞(Ui× G,V), definite da ˜si(p,a)= ρ(a−1)si(p), ∀p ∈ Ui, ∀a∈ G. Vogliamo esprimere la componente locale (∇Xs)i= σ−1
α ∇Xsdella derivata co-variante per mezzo delle sα. A questo scopo, cominciamo con l’osservare che le derivate di ˜sαrispetto ai campi verticali dipendono linearmente dagli si.
Se A ∈ g, abbiamo infatti
A∗˜si(p,a)= d dt !
t=0
ρ(e−tAa−1)si(p)= −ρ(a−1)ρV∗(Ada(A))si(p).
1Come in precedenza, abbiamo identificato T (Ui× G) con il prodotto Cartesiano (T Ui) × (T G), ed indicato con A∗
8.3. FORMA DI CURVATURA ED EQUAZIONI DI STRUTTURA 147 Otteniamo perci`o ˜ X˜si = ρ(a)−1 X −[Ada−1wi(X)]∗ ˜si = ρ(a)−1(X sα+ ρV∗(wi(X))sα). Quindi (8.8) σ−1α (∇Xs)= Xsα+ ρV∗(wα(X)) · sα. Definizione 8.2.1. Le forme (8.9) γi = ρV∗◦ wi∈Ω1(Ui, glR(V))
si dicono le forme di Christoffel della differenziazione covariante ∇ di ξV, nell’a-tlante di trivializzazioneA = {(Ui, σi) | α ∈ I}.
Abbiamo dimostrato la seguente:
Proposizione 8.2.2. La differenziazione covariante si esprime, per mezzo delle forme di Christoffel (8.9), mediante
(8.10) d∇(σif)= σi· (d f + γi( f )), ∀ f ∈C∞(Ui, V).
Pi`u in generale, ogni φ ∈ Ωq(M, E) pu`o essere descritta da una famiglia di forme differenziali {φi ∈Ωq(Ui, V)}, caratterizzate da
φ= σiφi su Ui. Definiamo γi∧ φi∈Ωq+1(U
i, V) ponendo, per ogni X0, . . . , Xq ∈ X(Ui), (γi∧ φi)(X0, . . . , Xq)=Xq
j=0(−1)
jγi(Xj)(φi(X0, . . . ,Xbj, . . . , Xq)). (8.11)
Possiamo associare ad una ψ ∈ Ωq(Ui, V) la σiψ ∈ Ωq(Ui, EV) definita da (σiψ)(X1, . . . , Xq)= σi(p) · ψ(X1, . . . , Xq) ∈ EVp, ∀X1, . . . X1∈ X(Ui). (8.12)
Per la Proposizione 8.1.5, otteniamo la formula:
(8.13) d∇φ= σi· (dφi+ γi∧ φi) su Ui.
8.3. Forma di curvatura ed equazioni di struttura
Sia ξ= (P, π, M, G) un fibrato principale differenziabile, su cui sia stata fissata una connessione principaleΓ con forma di Cartan w. Ricordiamo che w `e una forma pseudotensoriale di tipo (Ad, g), con g= Lie(G).
Definizione 8.3.1. Si dice forma di curvatura della connessione principale Γ `e il differenziale esterno covariante della sua forma di Cartan, cio`e la 2-forma tensoriale di tipo (Ad, g):
(8.14) Ω = Dw ∈ Ω2
Ad,0(P, g).
Il fatto cheΩ sia una 2-forma tensoriale di tipo (Ad, g) significa che valgono: R∗aΩ = Ad(a−1) ◦Ω, ∀a∈ G
(a)
Ω(Z1, Z2)= 0, se uno dei campi Z1, Z2 `e verticale. (b)
Teorema 8.3.2. La forma di curvatura soddisfa l’equazione di struttura2
(8.15) Ω = dw +1
2[w ∧ w]. Dimostrazione. Basta dimostrare che
(∗) Ω(Z1, Z2)=
dw+ 1
2[w ∧ w](Z1, Z2)
quando i campi Z1, Z2 ∈ X(P) siano o verticali fondamentali, o sollevamenti oriz-zontali di campi su M.
Distinguiamo i diversi casi.
Se Z1 = A?, Z2 = B?, con A, B ∈ g, sono entrambi fondamentali, allora Ω(Z1, Z2)= 0 e la (∗) si riduce a
dw(A?, B?)= A?(B) − B?(A) − w([A?, B?])= −[A, B] = −1
2[w ∧ w](A?, B?). Siano ora Z1 = A?, con A ∈ g, e Z2= ˜X, con X ∈ X(M). Ancora, Ω(Z1, Z2) = Ω(A?, ˜X) = 0. Poich´e anche
[w ∧ w](A?, ˜X) = 0, in quanto w( ˜X)= 0, la (∗) si riduce a
dw(A?, ˜X) = A?(0) − ˜X(A) − w([A?, ˜X]) = −w([A?, ˜X]) = 0.
Infatti, [A?, ˜X] = LA?( ˜X)= 0, perch´e ˜X `e invariante rispetto all’azione di G suP. Infine, nel caso in cui Z1= ˜X1, Z2 = ˜X2, con X1, X2∈ X(M), la (∗) si riduce ad [w ∧ w]( ˜X1, ˜X2)= 0 e Dw( ˜X1, ˜X2)= dw( ˜X1, ˜X2).
Osservazione 8.3.3. Poich´e
(8.16) Ω( ˜X1, ˜X2)= −w([ ˜X1, ˜X2]), ∀X1, X2∈ X(M).
la forma di curvatura misura la non integrabilit`a formale della distribuzione oriz-zontale.
Teorema 8.3.4 (identit`a di Bianchi). La forma di curvatura Ω soddisfa l’identit`a differenziale di Bianchi
(8.17) DΩ = 0.
Dimostrazione. Poich´e Ω ∈ Ω2Ad,0(P, g) `e una 2-forma tensoriale di tipo (g, Ad), abbiamo per il Lemma 8.1.3 e per l’equazione di struttura :
DΩ = dΩ + [w ∧ Ω] = d(dw +1 2[w ∧ w])+ [w ∧ Ω] = 1 2([dw ∧ w] − [w ∧ dw])+ [w ∧ dw] +1 2[w ∧ [w ∧ w]] = 1 2[w ∧ [w ∧ w]]= 0,
perch´e una 3-forma tensoriale che si annulli sui vettori orizzontali `e nulla. 2Non possiamo utilizzare la (8.4) per il calcolo del differenziale esterno covariante diw, perch´e
8.6. FIBRATO DEGLI ENDOMORFISMI E RAPPRESENTAZIONE AGGIUNTA 149 8.4. Connessioni piatte
In questo paragrafo consideriamo il caso di connessioni principali con forma di curvatura nulla.
Definizione 8.4.1. Siano ξ = (M × G, prM, M, G) un fibrato principale banale ed indichiamo con prG : M × G → G la proiezione sulla seconda coordinata. Il pullback w= pr∗
GwGdella forma di Maurer-Cartan su G `e la forma di Cartan di una connessione principale su ξ, che si dice la connessione canonica.
Definizione 8.4.2. Chiamiamo piatta una connessione principale localmente isomorfa alla connessione canonica.
Teorema 8.4.3. Condizione necessaria e sufficiente affinch´e una connessione principale sia piatta `e che la sua forma di curvatura sia identicamente nulla.
Dimostrazione. Infatti, la forma di curvatura `e nulla se e soltanto se la distri-buzione orizzontale `e formalmente e quindi completamente integrabile. Teorema 8.4.4. Sia ξ = (P, π, M, G) un fibrato principale con base M sempli-cemente connessa.
Condizione necessaria e sufficiente affinch´e ξ ammetta una connessione prin-cipale piatta `e che sia isomorfo al fibrato banale.
Una connessione principale piatta su un fibrato a base semplicemente
connes-sa `e isomorfa alla connessione canonica.
Osservazione 8.4.5. In generale, se ξ ammette una connessione principale piat-ta, le foglie complete della sua distribuzione orizzontale sono tra loro diffeomorfe e sono rivestimenti della base M.
8.5. La famiglia delle connessioni principali
Se w ed w0sono le forme di Cartan di due connessioni principali su ξ, la di ffe-renza η= w0− w `e una uno-forma tensoriale di tipo (Ad, g) e quindi definisce una forma ϕ ∈ Ω1(M, Eg). Abbiamo quindi
Proposizione 8.5.1. Lo spazio delle connessioni principali su ξ `e uno spazio affine con spazio vettoriale associato Ω1
Ad,0(P, g) ' Ω1(M, Eg). Osservazione 8.5.2. La forma di Christoffel wi = σ∗
iwsi pu`o interpretare come l’elemento di Ω1(M, Eg) che corrisponde alla differenza tra Ψ∗
iw e la connessione piatta canonica su Ui× G.
8.6. Fibrato degli endomorfismi e rappresentazione aggiunta
Fibrato degli endomorfismi di un fibrato vettoriale. Ad un fibrato vettoriale η= (E, πη, M) possiamo associare il fibrato degli endomorfismi di η, che indiche-remo conEnd (η). La sua fibra sopra il punto p di M `e lo spazio vettoriale di tutti le applicazioni lineari di Ep in s´e. Il fibrato End (η) = (End (E), πEnd (η), M) `e il prodotto di Whitney η ⊗Mη∗su M del fibrato η e del suo fibrato duale η∗.
Siano n il rango di η ed L(η) il fibrato GLn(R)-principale dei suoi sistemi di riferimento. Allora End (η) `e il fibrato vettoriale associato alla rappresentazione aggiunta di GLn(R) su gln(R).
Fibrato associato alla rappresentazione aggiunta. Fissato un fibrato princi-pale ξ= (P, π, M, G), sia ξg = (Eg, πg, M, g) il fibrato vettoriale corrispondente alla rappresentazione aggiunta di G sulla sua algebra di Lie g.
Proposizione 8.6.1. Sia (ρ, V) una rappresentazione lineare di G. Risulta al-lora definita un unico morfismo di fibrati vettoriali(idM, ˜ρ∗) : ξg →End (ξV), che renda commutativo il diagramma
P× g −−−−−−→idP×ρV∗ P× glR(V) y y Eg ˜ρ∗ −−−−−→ End (EV)
in cui le frecce verticali sono le proiezioni canoniche nel quoziente.
Dimostrazione. Basta osservare che ρV∗(Ada(A))= Ad(ρ(a))ρV∗(A) e quindi l’applicazione idP× ρV∗passa al quoziente, definendo un omomorfismo di fibrati
vettoriali.
Alcune osservazioni sulle forme a valori vettoriali. Sia η= (E, πη, M) un fi-brato vettoriale differenziabile. Se φ ∈ Ωp(M,End (E)) e ψ ∈ Ωq(M, E), `e naturale definire il prodotto esterno φ ∧ ψ ∈ Ωp+q(M, E) ponendo
(φ ∧ ψ)(X1, . . . , Xp+q)= X k∈Sp+q 1≤k1<···<kp≤p+q 1≤kp+1<···<kp+q≤p+q (k)φ(Xk1, . . . , Xkp)(ψ(Xkp+1, . . . , Xkp+q)), ∀X1, . . . , Xp+q∈ X(M).
Siano ξ = (P, π, M, G) un fibrato principale differenziabile, ξg il fibrato vet-toriale associato alla rappresentazione aggiunta del suo gruppo strutturale, ξV il fibrato vettoriale associato ad una sua rappresentazione lineare (ρ, V).
Se φ ∈ Ωp(M, Eg), allora ˜ρ∗φ ∈ Ωp(M, EEnd (EV)). Se ψ ∈ Ωq(M, EV), definia-mo
φ ∧ρψ = (˜ρ∗φ) ∧ ψ ∈ Ωp+q(M, E V).
Utilizzando l’isomorfismoΛg : Ω∗(M, Eg) → Ω∗Ad,0(P, g) della Proposizion ?? e la Proposizione 6.8.9 abbiamo il seguente3
Lemma 8.6.2. Se φ ∈ Ωr(M, Eg) e ψ ∈ Ωs(M, EV), la forma φ∧ρψ ∈ Ωq+s(M, E V) verifica (8.18) ΛV(φ ∧ρψ) = Λg(φ) ∧ρΛV(ψ). 3cf. la Definizione ??
8.7. TENSORE DI CURVATURA 151 Nel caso in cui φ, ψ ∈ Ω∗(M, Eg), scriveremo
[φ ∧ ψ] per indicare φ ∧Adψ.
Notazione 8.6.3. Se ψ ∈ Ωp(M, EV) ed α ∈ Ωq(M), indichiamo con ψ ∧ α l’elemento di Ωp+q(M, E
V) definito da (8.19) (ψ ∧ α)(X1, . . . , Xp+q)=X0
(−1)pε(k)α(Xkp+1, . . . , Xkp+q)ψ(Xk1, . . . , Xkp), per ogni X1, . . . , Xp+q ∈ X(M), ove la somma `e estesa a tutte le permutazioni k di {1, . . . , p+ q} con k1 < · · · < kpe kp+1< · · · < kp+q.
Osservazione 8.6.4. Se φ ∈ Ωp(M, Eg), ψ ∈ Ωq1(M, EV) ed α ∈ Ωq2(M), allora
(8.20) φ ∧ρ(ψ ∧ α)= (φ ∧ρψ) ∧ α.
Lemma 8.6.5. Ogni elemento di Ωp(M, EV) si pu`o scrivere come una somma localmente finita di forme s ·α con s ∈ ΓξV(M, EV), α ∈ Ωp(M). Le formule (8.19), (39.57) ed il Lemma 8.6.5 ci saranno utili per semplificare, pi`u avanti, il calcolo di alcune espressioni.
8.7. Tensore di curvatura
La forma di curvatura Ω di una connessione principale Γ su ξ = (P, π, M, G) `e di tipo tensoriale per la rappresentazione aggiunta di G e determina quindi un elemento R ∈ Ω2ξ(M, Eg) tale che σ ·Ω = π∗R, sia cio`e
(8.21) R(Xp, Yp)= σ · Ω( ˜Xσ, ˜Yσ), ∀X, Y ∈ X(M), ∀p ∈ M, ∀σ ∈Pp. Definizione 8.7.1. Chiamiamo la R ∈ Ω2ξ(M, Eg) definita dalla (8.21) il tensore di curvaturadiΓ.
Teorema 8.7.2. Siano {wi} le forme di Christoffel di Γ in un atlante di trivia-lizzazioneA = {(Ui, σi) | α ∈ I} di ξ. Allora le espressioni locali4Ri= σ∗
iΩ del tensore di curvatura verificano
(8.22) Ri=dwi+ 1
2[wi∧ wi], ∀i ∈ I.
Dimostrazione. La (8.22) `e diretta conseguenza delle equazioni di stuttura
(Teor.8.3.2).
Teorema 8.7.3. Sia (ρ, V) una rappresentazione lineare di G. Allora, per ogni φ ∈Ωq(M, EV) abbiamo
(8.23) (d∇)2φ=d∇d∇φ= R ∧ρφ.
Dimostrazione. Se s ∈ ΓξV(M, EV) ed α ∈ Ωq(M), abbiamo:
d∇d∇(sα)=d∇((d∇s)∧α)+sdα) = (d∇d∇s)∧α−d∇s∧dα+d∇s∧dα = (d∇d∇s)∧α. Utilizzando il Lemma 8.6.5 possiamo limitarci quindi a dimostrare la formula nel caso in cui φ= s ∈ Ω0(M, EV)= ΓξV(M, EV). Abbiamo
D2˜s= D(d ˜s + w ∧ρ ˜s)=dw∧ρ ˜s − w ∧ρd˜s+ w ∧ρ(d ˜s+ w ∧ρ ˜s) 4Abbiamo R|Ui= σi· Riper ogni i ∈ I.
=dw∧ρ ˜s+ w ∧ρ(w ∧ρ ˜s).
Per completare la dimostrazione della (8.23) `e sufficiente osservare che D2˜s `e una due-forma tensoriale di tipo (ρ, V) e che l’uguaglianza D2˜s= Ω ∧ρ˜s `e verificata su
ogni coppia di campi di vettori orizzontali.
Corollario 8.7.4. Se s ∈ ΓξV(M, EV), abbiamo R(X, Y) ∧ρs= ∇X∇Ys − ∇Y∇Xs − ∇[X,Y]s, (8.24)
∀X, Y ∈ X(M), ∀s ∈ ΓξV(M, EV).
Dimostrazione. Siano X, Y ∈ X(M), s ∈ ΓξV(M, EV). Posto φ=d∇s, abbiamo ˜
φ( ˜Z)= ˜Z ˜s = g∇Zsper ogni Z ∈ X(M) e quindi:
dφ˜( ˜X, ˜Y) = ˜X ˜φ( ˜Y) − ˜Y ˜φ( ˜X) − ˜φ([ ˜X, ˜Y]) = ( ˜X ˜Y − ˜Y ˜X −[X, Y]) ˜s,g
= σ−1(∇X∇Ys − ∇Y∇Xs − ∇[X,Y]s) ◦ π.
Per il Teorema8.7.3 otteniamo la (8.24).
8.8. Trasporto parallelo di vettori
Il sollevamento orizzontale di cammini descritto nel §7.5 ci permettere di de-finire il trasporto parallelo lungo i cammini di classeC1
tr in M di vettori di fibrati vettoriali associati alle rappresentazioni lineari del suo gruppo strutturale.
Siano γ ∈C1
tr([0, 1], M) e ˜γσ0 ∈C1
tr,hor([0, 1], P) il suo sollevamento orizzontale a partire dal punto σ0 ∈ Pγ(0). Se (ρ, V) `e una rappresentazione lineare di G e υ0∈ EV,s(0), allora v0= σ−1
0 υ0∈ V e ˜γσ0(t)v0 `e un sollevamento differenziabile di γ ad un cammino inC1
tr([0, 1], EV), con punto iniziale υ0.
Se σ00 `e un altro punto di Pγ(0), `e σ00 = σ0a per un elemento a ∈ G ed il sollevamento orizzontale di γ con punto iniziale σ00 `e ˜γσ00(t)= ˜γσ0(t) · a. Poich´e
v00 = σ0 0
−1υ0= (σ0a)−1υ0= ρ(a−1)σ−10 υ0= ρ(a−1)v0, otteniamo ˜γσ00(t)v00= ˜γσ0(t) · av00= ˜γσ0(t)v0.
La curva ˜γυ0(t)= ˜γσ0(t)v0in EV `e quindi indipendente dalla scelta del punto iniziale σ0in Pγ(0).
Definizione 8.8.1. La curva ˜γυ0 = ˜γσ0(t)σ−10 υ0 ∈ C1
tr([0, 1], EV) si dice il trasporto parallelo diυ0lungo la curva γ.
Una curva ν ∈C1([0, 1], EV) pu`o essere considerata come un campo di vettori lungo il cammino γ ∈C1([0, 1], M) definito dalla sua proiezione γ(t)= πV(ν(t)). Se ˜γσ0 ∈C1([0, 1], P) `e il sollevamento orizzontale di γ di punto iniziale σ0∈Pγ(0), la composizione vσ0(t)= (˜γσ0(t))−1ν(t) `e un cammino vσ0 ∈C1([0, 1], V) e possiamo quindi calcolarne la derivata ˙vσ0 = d
dtvσ0. Se a ∈ G e σ00 = σ0a, allora ˜γσ0 0(t) = ˜γσ0(t) · a `e il sollevamento di γ con punto iniziale σ00. Quindi vσ00 `e a−1vσ0 ed abbiamo perci`o
˜γσ0(t)˙vσ0 = ˜γσ0 0˙vσ0
8.9. DIFFERENZIAZIONE COVARIANTE SECONDO KOSZUL 153 Quindi ˜γσ0˙vσ0 `e un campo di vettori lungo γ, indipendente dalla scelta del punto iniziale σ0del sollevamento. Possiamo introdurre quindi la
Definizione 8.8.2. Siano ν ∈ C1([0, 1], EV) un campo di vettori lungo una curva γ ∈C1([0, 1], M) e ˜γσ0 il sollevamento orizzontale di γ, a partire da un punto σ0∈Ps(0). La
(8.25) Dν
dt = ˜γσ0(t) d[(˜γσ0)−1ν(t)] dt
!
si dice derivata covariante di ν lungo la curva s. Se
(8.26) Dν
dt = 0
diciamo che il campo di vettori ν `e parallelo lungo la curva γ.
Osservazione 8.8.3. Il campo di vettori ν `e parallelo lungo la curva γ se e soltanto se ν `e il trasporto parallelo lungo γ del vettore ν(0).
Abbiamo
Proposizione 8.8.4. Siano f ∈ ΓξV(M, EV) e γ ∈C1([0, 1], M). Allora
(8.27) D( f ◦ γ)
dt = ∇˙γ(t)f.
8.9. Differenziazione covariante secondo Koszul
In questo paragrafo introduciamo la definizione astratta di differenziazione co-variante secondo Koszul (vedi [41]) sulle sezioni di un fibrato vettoriale di fferen-ziabile e mostriamo che essa equivale al dato di una connessione principale sul fibrato dei suoi sistemi di riferimento.
Sia η = (E −−→ M) un fibrato vettoriale reale diπ fferenziabile, di rango n, con fibra tipica V, su una variet`a differenziabile M di dimensione m. Indichiamo con E (M) lo spazio ΓξV(M, E) delle sue sezioni differenziabili.
Definizione 8.9.1 (Koszul). Una derivazione covariante su η `e un’applicazione (8.28) ∇ : X(M) ×E (M) 3 (X, s) −→ ∇Xs ∈E (M)
che gode delle propriet`a
(8.29) ∇f1X1+ f2X2s= f1∇X1s+ f2∇X2s, ∇X(s1+ s2)= ∇Xs1+ ∇Xs2, ∇X( f s)= f ∇Xs+ X( f ) · s, ove f , f1, f2∈C∞(M), X, X1, X2∈ X(M), s, s1, s2∈E (M). Poich´e l’applicazione X → ∇Xs `eC∞
(M)-lineare su X(M), possiamo conside-rare, per ogni s ∈E (M), la
(8.30) X(M) 3 X → d∇s(X)= ∇Xs ∈E (M)
come una 1-forma a valori in E. Definiamo cos`ı un’applicazione
Definizione 8.9.2. L’applicazione (8.31) si dice differenziazione covariante. Abbiamo mostrato nel §8.1.2 come una connessione sul fibrato GLn (R)-prin-cipale L(η) dei sistemi di riferimento di η permetta di definire una differenziazione covariante su η. Viceversa, vale il
Teorema 8.9.3. Ogni differenziazione covariante su η `e associata ad una ed una sola connessione principale sul fibrato L(η) dei suoi sistemi di riferimento.
Dimostrazione. Se s ∈ E (M), denotiamo con ˜s ∈ C∞(L(η), V) il suo solleva-mento, definito da ˜s(σ)= σ−1s(π(σ)). Abbiamo
(8.32) Xσ˜s= −wv(Xσ) ˜s, ∀X ∈V (L(η)), ∀s ∈E (M).
Infatti, se A= wv(Xσ) ∈ glR(V), da ˜s(σ exp(tA))= exp(−tA)˜s(σ) ricaviamo Xσ˜s= dexp(−tA)σ−1s(π(σ)) dt t=0= −A˜s(σ).
Perci`o, assegnata una connessione principale su L(η), la sua forma di Cartan w `e legata alla derivazione covariante dall’identit`a
(8.33) Xσ˜s= σ−1(∇π∗Xσs) − w(Xσ) ˜s(σ), ∀X ∈ X(L(η)), ∀σ ∈P, ∀s ∈ E (M). Per concludere la dimostrazione `e quindi sufficiente verificare che, assegnata una derivazione covariante ∇ su η, la w ∈ Ω1(L(η), glR(V) definita dalla (8.33) `e la forma di Cartan di una connessione principale su L(η). Per la (8.32) `e w(A?) = A per ogni A ∈ glR(V). Se a ∈ GLR(V), σ ∈ L(η) ed X ∈ X(L(η)), abbiamo
[R∗aw(Xσ)] ˜s(σa)= [R∗
aw(Xσ)]a−1˜s(σ)
= w(Ra∗Xσ) ˜s(σa)= (σa)−1(∇π∗(Ra∗Xσ)s) − Ra∗Xσ˜s = a−1σ−1(∇π∗Xs) − XσR∗a˜s= a−1 σ−1(∇π∗Xs) − Xσ˜s
= a−1w(Xσ) ˜s(σ)= [a−1w(Xσ)a] ˜s(σa)= [Ad(a−1)w(Xσ)] ˜s(σa), da cui ricaviamo che R∗aw= Ad(a−1)w. Ci`o completa la dimostrazione.
8.10. Il Teorema di Ambrose-Singer
Dopo aver introdotto il concetto di curvatura, ritorniamo sull’olonomia, defi-nita in §7.6. Il legame tra curvatura ed olonomia `e descritto dal seguente Teorema di Ambrose e Singer (vedi [2, 4]).
Teorema 8.10.1 (dell’olonomia). Sia ξ = (P, π, M, G) un fibrato principale dif-ferenziabile, con base M connessa e paracompatta, su cui sia fissata una con-nessione principaleΓ con forme di Cartan w e di curvatura Ω. Fissato un punto σ0 ∈ P, l’algebra di Lie del gruppo d’olonomia ristretta Φ0(σ0) `e il sottospazio vettoriale di g generato dagli elementi della formaΩσ(Z1, Z2), al variare di σ in5
P(σ0) e di Z1, Z2tra i vettori orizzontali in Hσ(P).
5Ricordiamo che P(σ0) `e l’insieme dei punti σ diPche possono essere congiunti a σ0 da un cammino orizzontale.
8.11. L’OLONOMIA INFINITESIMA 155 Dimostrazione. Sia p0= π(σ0). Per il Teorema 7.6.9 possiamo supporre che il gruppo stutturale G di ξ coincida col gruppo di olonomiaΦ(σ0). Sia a il sottospazio di g generato da tutti gli elementiΩσ( ˜X, ˜Y), al variare di X, Y in X(M) e di σ inP. Poich´eΩ `e tensoriale di tipo (Ad, g), abbiamo, per ogni X, Y ∈ X(M) ed A ∈ g,
a 3Ω(Rexp(tA)∗X, R˜ exp(tA)∗Y)˜ = R∗
exp(tA)Ω( ˜X, ˜Y) = Ad(exp(−tA))Ω( ˜X, ˜Y). Quindi la derivata in 0 rispetto a t dell’espressione a secondo membro, che `e uguale ad adA(Ω( ˜X, ˜(Y)) = [A, Ω(X, Y)] appartiene ad a. Ci`o dimostra che a `e un ideale di g.
Consideriamo la distribuzione vettorialeA (P) generata dai campi di vettori A?, al variare di A in a, e la B(P) = A (P)+ H (P), generata dalla distribuzio-ne orizzontaleH (P) e daA (P). Per costruzione laB(P) `e una distribuzione di rango m+ dim a. Dimostriamo che `e involutiva. Infatti A (P) `e completamente integrabile, [A?, H (P)] ⊂H (P) per ogni A ∈ a, perch´e la distribuzione orizzon-tale `e invariante per le traslazioni a destra rispetto agli elementi di G ed, infine, se Z1, Z2∈H (P), la
prv([Z1, Z2]σ)= [w([Z1, Z2])]?σ= −[Ω(Z1, Z2)]?σ
prova che [Z1, Z2] ∈B(P). Poich´e abbiamo supposto che G coincida con il gruppo di olonomiaΦ(σ0), gli elementi di ogni coppia di elementi diPsono estremi di un cammino orizzontale. Ne segue cheP `e la variet`a integrale diB(P) passante per σ0e che quindi ha rango uguale alla dimensione diP. Questo implica che a,
avendo la stessa dimensione di g, coincida con g.
Osservazione 8.10.2. Se ξ `e un fibrato principale differenziabile, con spazio totale P connesso, su una base M di dimensione maggiore o uguale a due esiste una connessione principale su ξ per cui sia P(σ0) = P. Questo `e stato dimostrato da Hano e Ozeki in [36] nel caso dei gruppi lineari ed in completa generalit`a da Nomizu in [38]. In particolare, se dim M ≥ 2, ogni gruppo di Lie connesso G `e il gruppo di olonomia di una connessione principale sul fibrato banale M × G.
8.11. L’olonomia infinitesima
Lo spazioC∞(P, g) delle funzioni differenziabili definite su una variet`a diffe-renziabilePed a valori in un’algebra di Lie g, `e un’algebra di Lie con l’operazione
[ f1, f2](σ)= [ f1(σ), f2(σ)], ∀ f1, f2∈C∞
(P, g), ∀σ ∈P.
Supponiamo cheP sia lo spazio totale di un fibrato principale differenziabile ξ= (P, π, M, G) e che g sia l’algebra di Lie del suo gruppo strutturale. Consideria-mo la sottoalgebra (8.34) G = Ω0 Ad,0(P, g) = { f ∈ C∞ (P, g) | R∗ af = Ad(a−1) f , ∀a ∈ G}. Lemma 8.11.1. Valgono le Z f = −[w(Z), f ], ∀Z ∈V (P), ∀ f ∈G , (8.35) ˜ X f ∈G ∀X ∈ X(M), ∀ f ∈G . (8.36)
Dimostrazione. Se f ∈ Ω0Ad,0(P, g), `e D f = d f + [w ∧ f ] = d f + [w, f ]. Poich´e D f `e tensoriale, otteniamo la (8.35). La (8.36) segue dal fatto che, se f ∈ G ed X ∈ X(M), allora f = ˜s per una s ∈ Γξg(M, Eg) ed ˜X f = g∇Xs.
Definiamo per ricorrenza
(8.37) K0= Ω( ˜X, ˜Y) | X, Y ∈ X(M), Kp+1= Kp+ ˜XKp| X ∈ X(M) per p ≥ 0, K = Sp≥0Kp.
Proposizione 8.11.2. K `e una sottoalgebra di Lie di G .
Dimostrazione. Indichiamo con R ∈ Ω2(M, Eg) il tensore di curvatura. Per ogni X, Y ∈ X(M), la f = Ω( ˜X, ˜Y) `e il rialzamentoR(X, Y) di R(X, Y) ∈g Γξg(M, Eg) e quindi un elemento di G . Per definizione ˜XK ⊂ K per ogni X ∈ X(M) e K ⊂ G per la (8.36).
Dimostriamo per ricorrenza su p che [Kp, K ] ⊆ K .
Siano X1, X2 ∈ X(M). Poich´eΩ( ˜X1, ˜X2) = −w([ ˜X1, ˜X2]), e prh([ ˜X1, ˜X2]) = ˜Y, con Y = [X1, X2], otteniamo, per la (8.35),
[Ω( ˜X1, ˜X2), f ]= −prv([ ˜X1, ˜X2]) f = prh([ ˜X1, ˜X2]) − [ ˜X1, ˜X2] f = ˜Y f − ˜X1, ˜X2f + ˜X2, ˜X1f ∈K . Da questo segue che [K0, K ] ⊆ K .
Supponiamo ora che p > 0 e [Kp−1, K ]⊆K . Per dimostrare che [Kp, K ]⊆K , basta verificare che, se f0∈Kp−1, f ∈K ed X ∈ X(M), allora [ ˜X f0, f ] ∈ K . Questo segue perch´e per l’ipotesi induttiva [ f0, f ] ∈ K e quindi
[ ˜X f0, f ] = ˜X[ f0, f ] − [ f0, ˜X f ] ∈ ˜XK + [ f0, K ] ⊂ K . La dimostrazione `e completa. Fissato σ0 ∈P, poniamo (8.38) mp(σ0)= { f (σ0) | f ∈Kp}, m(σ0)= { f (σ0) | f ∈K } = Sp≥0mp(σ0).
Proposizione 8.11.3. m(σ0) `e una sottoalgebra dell’algebra di Lie φ(σ0) del gruppo di olonomiaΦ(σ0).
Dimostrazione. Per la Proposizione 8.11.2 m(σ0) `e un’algebra di Lie e
l’in-clusione m(σ0) ⊆ φ(σ0) `e conseguenza del Teorema 8.10.1.
Definizione 8.11.4. L’algebra di Lie (8.38) si dice l’olonomia infinitesima della connessione Γ in σ0 ed il sottogruppo analitico di G generato da m(σ0) il suo gruppo di olonomia infinitesimain σ0.
Abbiamo
Proposizione 8.11.5. Se sia ξ che la connessione principale Γ su ξ sono anali-tici reali, allora i suoi gruppi di olonomia speciale ed infinitesima coincidono.
CAPITOLO IX