a gli Elementi di città 1969-
Capitolo 5 Il progetto dello spazio attraverso l’uso della sezione:
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termini di spazio interno. Nelle complesse e popolate prospettive di Piranesi, infl uenzate dalla tradizione scenografi ca teatrale, la percezione dello spazio e delle forme che lo abitano non è mai statica ma in continuo divenire, come sembra in continuo cambiamento lo spazio descritto nelle animate sezioni michelucciane. La complessa fl uidità spaziale, in orizzontale e in verticale, l’importanza nevralgica delle coperture e delle scale come elementi di caratterizzazione spaziale, il possente senso tettonico della costruzione che dominano negli interni piranesiani non distano molto dalle concatenate cavità schizzate da Michelucci per il Santuario della Beata Vergine della Consolazione a Borgo Maggiore o dall’ascensionale spazialità della Chiesa di San Giovanni Battista a Campi Bisenzio.
Così l’importanza della scala, come elemento di caratterizzazione e di defi nizione dello spazio nell’interno della Cassa di Risparmio di Firenze, sembra essere di matrice più barocca che rinascimentale e medievale.
Ma lo spazio esterno che nelle Carceri di Piranesi è appena evocato, da un taglio nella copertura, da un’incursione improvvisa della luce che squarcia l’oscurità dell’interno, nelle sezioni di Michelucci collabora alla defi nizione dell’architettura, la continuità spaziale è totale, dall’interno verso l’esterno. Lo spazio interno michelucciano diventa allora vero e proprio spazio teatrale, luogo della rappresentazione, indissolubilmente associato al principio dello spostamento e quindi all’interazione e allo scambio tra la gente: lo spazio diventa corale.
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Roma, foto di Giovanni Michelucci
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Giovanni Battista Piranesi, Carceri, incisione, 1749--1750
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Giovanni Michelucci, Santuario della Beata Vergine di Borgo Maggiore, schizzo, 1960 circa
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Continuità interno-esterno: lo spazio brunelleschiano
Il ragionamento di Michelucci sulla forma si precisa, come chiarisce l’Architetto stesso, dopo la “scoperta” dello spazio brunelleschiano.
Michelucci colloca temporalmente e con assoluta precisione la comprensione dell’opera di Brunelleschi dopo la realizzazione della Chiesa di Larderello, apice di una ricerca formale retaggio dell’insegnamento ricevuto durante gli anni della Scuola.
La rilettura critica che Michelucci fa dell’opera di Brunelleschi in chiave urbanistica determina la defi nitiva evoluzione della concezione spaziale michelucciana.
Essa si affi anca ai molti elementi che già compongono il pensiero fi losofi co e architettonico del Maestro e che costituiscono la premessa necessaria perché la rilettura di Brunelleschi indirizzi defi nitivamente la ricerca di Michelucci verso quel principio di continuità e di movimento, spaziale e spirituale, cardine della sua futura ricerca architettonica.
(…) dopo Larderello scoperta dello spazio. Spazio di San Lorenzo. (…) “vagavo”, vivevo spazio che dal sagrato-piazza mi conduceva alla sagrestia, al chiostro, fi no a trovarmi a contatto con la Cupola, con il campanile, con i tetti.
Una continuità stupenda, da quel momento non vidi l’architettura se non come spazio animato dalla presenza di oggi e di secoli addietro.
Spazio animato, lo conoscete?
Sagrato: vita commerciale, bancarelle, particolare caso facciata non fi nita collega questo edifi cio a quelli minori della piazza.
Entrando in aula, se trovassimo nella navata centrale un covone di fi eno non saremmo sorpresi, tanto qui in questo spazio è il senso della natura d’attorno Firenze. Una civiltà secolare ha cercato di precisare un rapporto inequivocabile, ed è precisazione raggiunta con la disposizione dei fi lari delle viti e degli ulivi, con l’andamento dei solchi nei campi, dei muretti, dei canali, delle opere insomma che servono a garantire la produzione agricola, e quelle che servono di abbellimento: le rose rifi orenti fra gli ulivi. Questa è natura di cui è saturo lo spazio brunelleschiano: spazio di altissima civiltà.
Dall’aula vera e propria si passa alla sacristia: una fantasia strutturale il cui fi ne sembra essere l’incorporeità della materia, per cui si ha una dilatazione infi nita spaziale.
Dalla sacristia vi è il passaggio al chiostro in cui si raduna tutta la città, con cupola, il campanile, i tetti dei palazzi, il brusio delle voci del mercato, (chi potrà mai insegnare l’architettura!).
Dopo questa scoperta considerai la mia attività conclusa. Dovevo iniziare con nuovi concetti:
1° occasione: Cassa di Risparmio di Firenze (…)14.
Emerge attraverso la rifl essione su Brunelleschi un insegnamento fondamentale: Brunelleschi rompe idealmente il recinto che tradizionalmente racchiude la costruzione, e che separa lo spazio interno da quello esterno, determinando un’assoluta continuità fra costruzione e città e costruzione e natura.
Tale ragionamento determina il defi nitivo superamento da parte di Michelucci della concezione rinascimentale sia dello spazio architettonico sia del rapporto natura-architettura, alla quale è legato fi no agli anni cinquanta.
Brunelleschi, secondo l’originale interpretazione di Michelucci, porta la natura dentro l’architettura.
Lo spazio del grande architetto fi orentino rifl ette, come spiega Michelucci, il senso della natura senza ricorrere all’imitazione o alla mimesi perchè esso rispecchia il carattere e la misura della natura toscana.
Il senso della natura quindi è nell’uomo prima che nell’opera, in Brunelleschi come in Michelucci.
La continuità fra natura e costruzione è allora continuità culturale ed emotiva
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Giovanni Michelucci, studio di percorsi, Chiesa di San Giovanni Battista, Campi Bisenzio, Firenze, 1961-1964
prima che fi sica. I muri delle fabbriche di Brunelleschi perdono, agli occhi del Maestro pistoiese, la loro consistenza materica, diventano una cortina provvi- soria oltre la quale si percepisce non solo la città ma l’eco delle colline. La spazialità di Brunelleschi è quindi fondata su un principio di continuità spa- ziale fra interno ed esterno e il movimento è l’elemento di coesione dei due sistemi. Lo spazio architettonico perde allora di staticità diventando variabile e quindi vitale. Michelucci osserva che Brunelleschi non stabilisce mai un pun- to di vista sull’asse o al centro della composizione e nemmeno si preoccupa di portarvi una luce costante per evitare gli squilibri dovuti all’incursione di luci impreviste e asimmetriche che turberebbero l’equilibrio di una costruzione assiale. Al contrario l’imprevisto nell’architettura di Brunelleschi accresce il gioco spaziale.
Attraverso questi presupposti critici Michelucci approda ad una concezione dello spazio aperta e dinamica, senza soluzione di continuità fra interno ed esterno.
Il Maestro completa così il ragionamento sulla “rottura del recinto”, iniziato con una rifl essione sullo spazio racchiuso fi orentino, maturato successivamente attraverso l’osservazione delle rovine di Ercolano e Pompei e corroborato nella tragica esperienza delle macerie fi orentine. Michelucci scompone defi nitivamente la “scatola muraria” percepita come ostacolo all’incessante fl uire dello spazio e della vita e riconosce al sistema dei percorsi il valore di matrice dell’architettura: giustifi cazione di una forma, come si legge in appendice allo schizzo n.766 CMPt (fi g.89) per la chiesa dell’Autostrada15.
Lo spazio interno, che Michelucci concepisce ora come se fosse un esterno,
naturale o urbanizzato, diventa allora percorso, come l’interno “cittadino” della Cassa di Risparmio di Firenze e gli spazi processionali e naturali della Chiesa di San Giovanni Battista a Campi Bisenzio e del Santuario della Beata Vergine della Consolazione a Borgo Maggiore.
La “scoperta” della spazialità di Brunelleschi chiude così una fase della ricerca architettonica di Michelucci, che egli stesso defi nisce del “formalismo” architettonico, per avviare un’indagine compositiva completamente autonoma rispetto ai canoni tradizionali.
Lo spazio interno proposto ora da Michelucci è asimmetrico, caratterizzato da prospettive variabili associate al movimento.
Il punto di vista dell’osservatore non è più assiale ma laterale ed associato allo spostamento. Riaffi orano, forse, gli archetipi medievali, la prospettiva obliqua giottesca e le tavole prospettiche del retro de La Maestà di Duccio. Michelucci conduce ora lo studio dello spazio interno attraverso l’uso della pianta ma anche e forse soprattutto attraverso l’esercizio della sezione che consente di indagare il movimento dell’uomo anche nella terza dimensione, l’altezza, realizzando compiutamente il proprio ideale di continuità spaziale. Si afferma il binomio che associa l’esercizio della sezione allo studio di una spazialità interna sempre più complessa e variabile, il cui solo principio compositivo sembra essere quello dello spostamento.
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Giovanni Michelucci, Chiesa di San Giovanni Battista, Campi Bisenzio, Firenze, 1960
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