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La filosofia dello smart working

Il lavoro tra precarizzazione e disoccupazione

4. La filosofia dello smart working

Nelle pagine precedenti è stato evidenziato come la società umana vive una dimensione esistenziale nuova, dove una componente molto importante è data dal continuo sviluppo tecnologico. Ogni settore sociale è coinvolto da questa evoluzione, dal momento che si sono rinnovate le modalità con cui l’uomo contemporaneo vive, acquista, comunica, lavora.

Nel quadro di evoluzione profonda del mondo del lavoro e della gestione delle risorse umane si colloca lo smart working. Quest’ultimo può essere definito come un nuovo approccio all’organizzazione del lavoro, determinato dalle trasformazioni indotte dalla società digitale e diretto a rendere flessibile sia il luogo (sede, spazi) e gli strumenti, che il tempo del lavoro56. La letteratura

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A. Miconi, Reti, cit., p. 82.

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Ibidem.

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italiana e internazionale ha elaborato, peraltro, diverse definizioni di smart working. Alcuni autori preferiscono parlare di agile working, altri di flexible working, mentre la formula smart working si è affermata nella letteratura italiana per indicare una filosofia manageriale diretta a “dematerializzare” i luoghi di lavoro e a “flessibilizzarne” le prestazioni.

L’affermazione dello smart working sia l’esito di un’evoluzione che, nell’ultimo ventennio, ha determinato innanzitutto la diffusione del telelavoro e, successivamente, la sua progressiva trasformazione in modelli sempre più flessibili e agili di lavoro. Con il termine di telelavoro ci si riferisce a una modalità di lavoro atipico connotata da diverse modalità di svolgimento dell’attività lavorativa rispetto al modello tradizionale. In questo caso particolare, il lavoratore si trova a svolgere la propria prestazione utilizzando apparecchiature informatiche e attrezzature telematiche, in un luogo diverso rispetto ai locali della sede dell’impresa57

.

Progressivamente, l’utilizzo del telelavoro ha individuato nuove modalità di organizzazione delle prestazioni con riferimento alle sedi e all’orario. Se in un primo tempo vi è stata la delocalizzazione del lavoro dalla sede aziendale alla residenza del lavoratore (nel telelavoro), il passo successivo è consistito nella dematerializzazione anche di quest’ultima (nello smart working). Oggi numerose forme di collaborazione avvengono esclusivamente in Rete, dal momento che il lavoratore risulta spesso itinerante e si mette in contatto con l’azienda mediante un portale condiviso che permette un’interazione in tempo reale.

Un altro aspetto rilevante è rappresentato dalla trasformazione della relazione tra il tempo sociale e il tempo di lavoro. Nel telelavoro il soggetto presta la sua attività nel proprio domicilio, secondo orari di lavoro prestabiliti. Lo smart working prevede, al contrario, che il lavoratore possa decidere, in accordo con il datore di lavoro, i tempi della sua prestazione e quali strumenti utilizzare (tra i device messi a disposizione dalla tecnologia). Ciò fa sì che il

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tempo sociale e il tempo di lavoro tendono a confondersi, rendendo difficile tracciare dei confini precisi che permettano di distinguere il tempo di lavoro rispetto alle diverse fasi delle altre attività sociali. Meloni osserva come il lavoro determini ormai un “ibridazione” dei tempi delle attività sociali58

. La possibilità di essere raggiunti e di lavorare ovunque (a casa, in treno, in vacanza) ha trasformato il lavoro in una forma di collaborazione estesa a tutta la giornata e a tutti i luoghi. Questa nuova modalità di intendere il lavoro, come è stato osservato, “è il risultato della pervasività della logica produttiva finalizzata all’estrazione del valore ovunque e in ogni istante” (Meloni, 2013, p. 51).

D’Amato59

definisce lo smart working come un ambiente che supera i concetti tradizionali di postazione di lavoro fissa, introducendo un elemento di dinamicità in funzione delle necessità e della particolare struttura delle relazioni interne ed esterne. Si tratta, in sostanza, di un approccio organizzativo che non considera gli spazi e i tempi del lavoro come elementi stabili, ma che si propone di conseguire una maggiore efficienza riconoscendo libertà e responsabilizzazione del lavoratore. In particolare, l’analisi delle definizioni precedenti permette di evidenziare come lo smart working si proponga di ottenere:

 una semplificazione e una maggiore flessibilità del lavoro, consentendo agli smart workers di svolgere la propria attività dove e quando vogliono, con una sostanziale libertà di modulare la prestazione dal punto di vista orario e organizzativo;

 un’organizzazione del lavoro secondo forme evolute che permettano di «svolgere processi lavorativi complessi, mediante l’interazione a distanza con i colleghi»60;

 una valutazione fondata non sulla quantità del lavoro fornito, ma sui risultati raggiunti.

58

G. Meloni, Agire in digitale, Milano, Hoepli, 2013, p. 41.

59

V. D’Amato, Management 3.0. Il manifesto e le nuove competenze per un manager. Milano. Angeli, 2014, p. 11.

60

L. Mattalucci, Il crescente interesse per il tema dello “smart working”, 2015, in www.marcoaurelio.comune. roma.it.

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L’impatto delle tecnologie sul mondo del lavoro ha determinato una profonda trasformazione sia nelle concrete modalità di fornire la prestazione lavorativa, sia nella stessa tipologia delle professioni. Oltre al fatto che la rivoluzione tecnologica ha creato nuovi lavori (l’industria del software, il telelavoro, i call center), le trasformazioni tecnologiche fanno sì che le modalità del lavoro cambino e si espandano sia nello spazio che nel tempo. In primo luogo si è abbandonato lo schema degli orari fissi e della giornata di lavoro delimitata in modo rigoroso61. Al loro posto sono nate nuove abitudini lavorative che privilegiano contratti a breve termine, basati sull’esecuzione di progetti specifici e sulla flessibilità. In secondo luogo, sono sempre meno presenti le strutture fisiche delle imprese. I dipendenti sono dotati di un insieme di dispositivi di connessione permanente (telefoni, cellulari, computer portatili, accesso a internet), che rendono meno nitido il confine tra spazio lavorativo e luogo di svago, tra tempo di lavoro e tempo libero62.