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Le nuove forme dello sfruttamento capitalistico e la socializzazione del-

Il lavoro tra precarizzazione e disoccupazione

3. L’impatto della tecnologia informatica

3.3. Le nuove forme dello sfruttamento capitalistico e la socializzazione del-

la produzione

Il Web, secondo la definizione di un saggio di Carlo Formenti, rappresenta il contesto in cui essere “felici e sfruttati”, lavorando gratuitamente42. Il testo di Formenti offre numerosi spunti per comprendere la complessa evoluzione del lavoro nell’età digitale, portando lo studioso a coniare la formula di “capitalismo digitale”. Da un lato, le imprese attive nella Rete hanno assunto un ruolo egemone nella sua economia di mercato, collocandosi ormai ai primi posti nella classifica globale della capitalizzazione e degli utili. Il cyberspazio può essere considerato come una specie di “nuova frontiera” virtuale in cui gli spazi di autonomia si sono ridotti a mano a mano che il capitalismo delle reti è venuto riassumendo il controllo sul mercato.

Dall’altro lato, si è venuta affermando anche nella Rete un’ideologia diretta a promuovere pratiche di sfruttamento, spesso mascherate sotto la denominazione di engagement del consumatore o dell’utente. Questa nuova ideologia ha finito per promuovere uno “scambio ineguale” che le Internet company mettono in atto a danno dei prosumers. Gli operatori di Internet tendono a sfruttare, infatti, la gratuità del lavoro di fan e amatori.

40

M. Castells, La nascita della società in rete. Milano: Egea, 2006, p. 48.

41

Ibidem.

42

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Questa forma di sfruttamento è stata determinata dalla necessità delle imprese di passare da un paradigma di ricerca interno a un nuovo paradigma esterno, definito come absorptive capacity. Questo termine fa riferimento alla capacità di riconoscere, valorizzare e sfruttare fonti esterne di conoscenza. Zahra e George definiscono questo costrutto come una capacità dinamica in grado di aumentare l’abilità di un’impresa di guadagnare e sostenere un vantaggio competitivo: la chiave del vantaggio competitivo, secondo questi studiosi, risiede quindi nella capacità di identificare e sfruttare le opportunità ambientali in anticipo, sfruttandole a costi minimi43. In questa prospettiva, la conoscenza dei clienti (customer knowledge) costituisce una delle più importanti fonti di sfruttamento. I clienti rappresentano infatti la risorsa più preziosa per la sperimentazione di nuove idee e lo sviluppo di nuovi prodotti. Queste tesi hanno portato a definire un nuovo approccio nel processo di sviluppo/realizzazione di prodotto. Tale approccio, definito come customer knowledge management, pone l’attenzione sul coinvolgimento del cliente/utilizzatore, il quale è, non più percepito soltanto come soggetto esterno, ma piuttosto come vero e proprio partner nel processo di creazione e produzione. Le diverse forme di coinvolgimento degli utenti costituiscono, in molti casi, forme di sfruttamento gratuito del lavoro. L’obiettivo di collaborare all’innovazione di prodotto o al miglioramento di un dispositivo maschera, in realtà, la volontà dell’impresa di accedere a un ampio bacino di conoscenze, accessibili in forma pressochè gratuita e non tutelate dal punto di vista dei diritti d’autore e di proprietà.

Formenti sottolinea come la storia del capitalismo sia caratterizzata da una costante oscillazione fra processi di socializzazione e desocializzazione: «da un lato, le rivoluzioni tecnologiche consentono al capitalismo di colonizzare attività che in precedenza non ricadevano sotto il dominio dell’economia formale, dall’altro lato, favoriscono la nascita di nuove aree di autonomia sociale

43

S.A. Zahra, G. George, Absorptive capacity: A review, reconceptualisation, and extension, in

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che, successivamente, vengono a loro volta integrate nel processo di valorizzazione del capitale»44.

Lo stesso studioso osserva come l’emergere di modalità di collaborazione spontanea fra i produttori in rete si è rivelato molto utile per il capitale, visto che «ha creato i presupposti di nuove modalità di appropriazione gratuita di queste preziose nicchie di produttività del lavoro sociale»45. La circostanza che queste forme di cooperazione siano giustificate da fattori extraeconomici (come l’innovazione) da’ anche altri vantaggi alle imprese che riescono a “intercettarle”:

 dal momento che non si tratta di lavoro prestato nell’ambito di un contratto formale, è maggiore l’intensità e la durata della prestazione;

 è maggiore l’entusiasmo dei soggetti nei confronti della loro attività di collaborazione, che non viene percepita come lavoro;

 non è necessario ricorrere a incentivi;

 non occorre procedere a pratiche di disciplinamento e controllo46.

La socializzazione della produzione permette di sfruttare una quantità di creatività sociale enorme e in costante crescita. La strategia seguita da “nuovi capitalisti” è quella di privatizzare il capitale sociale, trasformando in forza lavoro tutti coloro che si propongono come sviluppatori di un determinato progetto. Questa forma di “capitalismo senza proprietà” presenta, peraltro, le caratteristiche della “pirateria”. Essa sfrutta, infatti, il fenomeno del lavoro materiale informale e gratuito che è nato, in origine, proprio come una reazione allo sfruttamento (materiale e immateriale) in atto nell’ambito dell’organizzazione del lavoro del tardo-capitalismo47

.

Uno degli aspetti più controversi del cosiddetto “capitalismo digitale” è rappresentato, quindi, dal processo di socializzazione di conoscenze che poi

44

C. Formenti, Felici e sfruttati, cit., p. 114.

45

Ibidem.

46

S. Bologna, Knowledge workers, cit., p. 63.

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vengono utilizzate commercialmente dalle imprese che se ne impossessano. L’elemento “immorale” di questa pratica è rappresentato dal fatto che alla socializzazione della conoscenza corrisponde non un’equa divisione dei guadagni, ma una privatizzazione degli utili. Il rischio di questa pratica è quello di sottrarre conoscenza condivisa e di sottoporla a privative industriali.

Nel lavoro cognitivo e nel suo sfruttamento in Rete si riproducono molte delle dinamiche osservate da Polanyi nel suo confronto tra le società primitive e quelle contemporaneo. Alla presenza di un’ampia comunità che si scambia attività di lavoro in forma di dono e di baratto, al solo scopo di creare forme di collaborazione su specifici progetti, fa riscontro la strategia di coloro che utilizzano le stesse comunità per sfruttare commercialmente il suo “valore cognitivo”. Viene a crearsi, quindi, un’ambiguità relativa al termine socializzazione:

a) per le comunità di pratica, la socializzazione riguarda la condivisione, “valle”, dei benefici ottenuti dalla collaborazione;

b) per i capitalisti digitali, invece, la socializzazione riguarda il coinvolgimento “a monte” di una platea di soggetti competenti, lo sfruttamento del loro know how e la privatizzazione “a valle” dei guadagni derivanti dal lavoro comune.

L’utilizzo di lavoro gratuito assume, in queste due prospettive, un significato etico molto diverso. Nel primo caso, è funzionale alla valorizzazione della shared knowledge e porta a un miglioramento collettivo; nel secondo è funzionale alla valorizzazione dell’economic performance e porta a un depauperamento e svilimento del sapere collettivo.