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Dopo la confluenza con il Rio Mannu di Santulussurgiu, il Riu Canargia, assunta la denominazione di Rio Mare Foghe, prosegue fino alla foce per altri otto chilometri. In quest’area di 133,4 Kmq sono compresi anche i bacini di Sa Gora Zoddias e del Riu Iscas, che affluiscono nel corso principale quando è prossimo alla foce, tra Riola Sardo e Baratili San Pietro.

Crastu Nieddu con il nome di Rio Molinos, corre molto vicino allo spartiacque che lo divide dal Riu Cispiri e come questo, ma in maniera ancor più accentuata, riceve gli affluenti prevalentemente dalla sua destra idrografica. Gli impluvi presenti sono 167 e misurano in totale 123,7 Km (Fadda A.F., Pala A., 1992).

Gli affluenti più importanti sono il Riu Bau Pirastu e il Riu Mannu di Santulussurgiu. Tra Riola Sardo e Baratili San Pietro affluiscono nel corso principale anche i due rigagnoli di Sa Gora Zoddias e del Riu Iscas. La superficie del bacino idrografico del Rio Mare Foghe è di 286,3 Kmq e lo spartiacque che lo delimita sale dallo stagno di Cabras a Monte Mesu e Roccas (584 m), raggiunge il punto più alto a Monte Urtigu (1050 m), quindi ridiscende toccando Badde Urbara (963 m), Bau Spadula (589 m), Tanca S’Enaleddu (450 m), Nuraghe Bidda Noa (274 m), Nuraghe Meddaris (177 m) e Terra Arrubia (38 m) (Fadda A.F. et al., 1993).

Sorgenti

Le acque minerali sono nell’area di studio abbondanti, ma purtroppo, sono state perse le tracce della maggior parte delle sorgenti delle quali restano solo alcune vestigia degli antichi monumenti Romani che avevano edificato parecchi stabilimenti di bagni termali (Sanna L., 1993).

Le sorgenti nel Campidano Centro-Settentrionale non sono tante, ma quelle esistenti sono invece preziose. Esse furono descritte anche dal Della Marmora (1868- 1874), che osservò alcuni pozzi e sorgenti meravigliandosi della buona acqua potabile che essi offrivano, una volta sgombrati da sabbie e alghe.

“Cercavo tra me stesso la spiegazione dell’esistenza d’un pozzo d’acqua di questa

qualità” scrive riferendosi in particolare ad uno dei due pozzi che individuò nella

parte più depressa dell’istmo che unisce Capo San Marco al resto del Sinis “costruiti

con pietre vulcaniche di forma rotonda” nei quali si approvvigionavano le barche

coralline e i bastimenti. Lo stesso autore notò che il livello non si abbassava neppure con consistenti prelievi, quindi ipotizzò fossero nutriti da canalizzazioni sotterranee fatte dai punici, fatto che comunque non ha trovato conferma.

Per il rifornimento delle zone umide rivestono una fondamentale importanza le sorgenti dei versanti meridionali del Montiferru, tanto ricche da alimentare anche diversi centri abitati della zona. Il sistema acquifero del Montiferru è costituito da lave e dalle piroclastiti fuoriuscite durante gli ultimi processi effusivi, il cui substrato impermeabile è dato dal nucleo più antico prodottosi nell’Oligo-Miocene.

L’elevata permeabilità del mantello basaltico consente una notevole abbondanza d’acqua e le sorgenti sono probabilmente alimentate dalle fessure, da vacuoli e da cavità talora anche molto ampie, formatesi all’interno delle colate. Il Montiferru è quindi un serbatoio estremamente ricco, con un volume idrico delle sorgenti valutato complessivamente, in periodo di magra, intorno agli 880 l/sec.

Nel settore più alto, infatti, alle pendici del Monte Urtigu, nel bacino del Riu Sos Molinos, come viene chiamato nel tratto iniziale il Riu Mannu di Santulussurgiu, sgorgano numerose sorgenti tra le quali si ricordano Funtana Matteu Campollu, che ha una portata di 3 l/sec., Monte Custunoso, Su Sauccu e Funtana Crabalgioso, con

una portata di 1 l/sec. ciascuna; un’altra, anch’essa nota col nome di Su Sauccu, ha una portata di circa 6 l/sec., ma viene captata per l’acquedotto di Santulussurgiu.

La sorgente più ricca è certamente Bau Pirastu, che supera i 70 l/sec.; essa da origine al rio omonimo, uno dei maggiori tributari del Mare Foghe, che si arricchisce anche delle acque di altre copiose sorgenti, quali quelle di S’Ena Ruja, che complessivamente raggiungono i 35 l/sec. Di notevole interesse è anche Funtana Bobolica che ha una portata di 24 l/sec. e da cui si origina il Riu Bobolica, un altro affluente del Cispiri. Altre emergenze di portata considerevole che convogliano le loro acque verso la rete di dreno del Mare Foghe sono le sorgenti Santu Miale, che ha ben 62 l/sec. di portata e Funtana Bau Nou con circa 20 l/sec., ma entrambe vengono utilizzate per l’acquedotto di Oristano (Fadda A.F. et al., 1993).

Intorno all’eterogeneo massiccio vulcanico, dove i basalti si alternano alle trachiti alcaline di S’Arrosada e di Serra Arruidroxu, alle daciti di Conk’e Mraxi, alle andesiti di Braxelogu, alle rioliti di Lakk’e sa Vitella, alle marne mioceniche di Cea Pedrixi, di Pranu Solamardini, alle lave sottomarine a pillow delle campagne di Siris, i paesi del Monte Arci rivendicano una vera politica di tutela a favore delle sorgenti e dei corsi d’acqua come accade per Funtana Figu, l’ottima sorgente di Marrubiu avvilita dai mezzi meccanici che le scavano attorno. Lontano dalle cave, hanno importanza le fonti perenni di Acqua Frida, di Fustiobau, di Mitz’e Mraxani, di Su Cruccuri, di Sa Figu, di Is Crabaxus, di Capu d’Acquas (CamboniG., 1989).

Localita’ di maggiore interesse geologico e geomorfologico

I geositi

Il concetto di salvaguardia del patrimonio geologico (geological heritage), ossia di quei siti geologici di particolare interesse che ogni regione possiede in diversa misura e qualità, si sta affermando da alcuni anni in Europa e di recente anche in Italia.

Questi monumenti geologici venivano inizialmente definiti con il termine “geotopi” e più recentemente con “geositi”. Secondo alcuni ricercatori, un “geosito” può essere inteso come ogni località, area o territorio dove sia possibile definire un interesse geologico o geomorfologico per la conservazione o meglio possono essere indicati come quei beni geologico-geomorfologici di un territorio intesi quali elementi di pregio scientifico e ambientale del patrimonio paesaggistico.

Di seguito vengono riportate alcune di quelle zone che possono essere considerate come “geositi”, presenti nel Campidano Centro-Settentrionale, area oggetto della ricerca.

Le arenarie eoliche di Capo Mannu

A Capo S. Marco, al di sopra dei calcari miocenici, affiorano strati di arenarie di età pliocenica. I granuli di tali arenarie sono di composizione calcarea e risultano quindi l’evidente prodotto dello smantellamento in mare dei calcari miocenici preesistenti.

Successivamente, sempre durante il Pliocene, l’intera Penisola del Sinis emerse dal mare, non si depositarono più strati di calcari, ricchi di fossili tipici marini, bensì si formarono in ambiente costiero di terraferma grandi dune di sabbia, lungo le spiagge di allora.

Questi complessi dunari, di origine eolica, presentano i sottili strati con la classica “stratificazione incrociata” e si osservano con evidenza soprattutto a Capo Mannu: infatti i geologi hanno assegnato a queste arenarie recenti ben stratificate il nome di “Formazione di Capo Mannu”.

La falesia di Su Tingiosu

Sotto il profilo del paesaggio geologico, le coste ad ovest alternano tratti di spiaggia e dune con falesie, in particolare quelle di Su Tingiosu (Foto 3), create dalla forza del mare di ponente: in ogni tratto di questa costa si avverte l’influenza del moto ondoso e del vento di maestrale che modellano la costa e creano le falesie. Nelle zone lontane dal mare il paesaggio è, infatti, più dolce.

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