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Fondamento e regolamentazione di poteri e responsabilità del primo datore di lavoro

Nella prospettiva teorica sunteggiata appare utile analizzare, seppure sommariamente, i tratti caratteristici del primo datore di lavoro sotto il profilo delle prerogative ad esso spettanti e delle sue responsabilità, al fine di verificare la fondatezza degli schemi proposti nella qualificazione dell’istituto e nella sua considerazione come forma alternativa di acquisizione di lavoro subordinato da parte dell’impresa.

La questione della titolarità e dell’esercizio del potere disciplinare riveste una funzione cruciale nella qualificazione delle situazioni giuridiche attive caratterizzanti il datore di lavoro. Nella vigenza della legge n. 196/97, era disposto che l’impresa utilizzatrice fosse tenuta a comunicare all’agenzia «gli elementi che formeranno oggetto della contestazione» disciplinare.

A questa regola erano stati attribuiti opposti significati. Secondo una prima tesi, la disposizione dimostrava l’insensatezza di attribuire ad un soggetto «estraneo all’organizzazione produttiva un potere finalizzato proprio a mantenere l’ordine nell’impresa»126. Secondo altra maggioritaria opinione, il potere sarebbe correttamente assegnato all’agenzia, nella veste di titolare «a titolo originario» del potere direttivo tipico dell’imprenditore, parzialmente

124 Come invece ritiene ICHINO P., op. ult. cit., 494 ss.

125 CHIECO P., Delocalizzazione della subordinazione e somministrazione di lavoro: gli effetti, i rimedi, cit., 360,

testo e nota 65.

ceduto all’utilizzatore per mezzo del contratto commerciale, in ossequio al presupposto ed indissolubile legame tra potere direttivo e disciplinare127. Il collegamento funzionale tra essi troverebbe infatti fondamento nella stessa obbligazione di lavorare, atteso che il coordinamento della prestazione attuato mediante l’esercizio del potere direttivo costituisce proprio il risultato atteso dal datore di lavoro ed ogni sua violazione integra per ciò solo un inadempimento dell’obbligazione di lavorare128.

Occorre peraltro precisare che la responsabilità disciplinare risulta autonoma rispetto alla sfera del diritto comune, quindi della responsabilità per inadempimento contrattuale129, sicché si verifica una sovrapposizione soltanto parziale ed incompleta tra esse, che si identifica nella relazione tra species e genus130. Il potere disciplinare non potrebbe dunque spiegarsi in termini esclusivamente contrattuali, poiché esso appartiene all’imprenditore «non in quanto parte contraente, ma in quanto capo dell’organizzazione in cui il lavoratore, mediante il contratto, viene incorporato»131. La posizione obbligatoria del prestatore di lavoro risultante dagli artt. 2104 e 2105 c.c. altro non indica se non che la sua latitudine trascende il dato meramente contrattuale e può comprendesi solo con il generico ed ampio dovere di obbedienza, cui corrisponde un’eguale e contraria posizione di autorità del datore di lavoro132, ben più estesa rispetto alla pretesa della singola prestazione di lavoro133. In tal senso ben si comprende come autorevole dottrina abbia inteso il potere disciplinare come momento successivo - sanzionatorio del più ampio potere direttivo, in cui si manifesterebbe la stessa essenza della subordinazione134. Tale interazione è stata anche di recente ribadita, sulla considerazione del «potere speciale di supremazia giuridica»135 come strumento

127 Da ultimo e riassuntivamente NICCOLAI A., Lavoro temporaneo e autonomia privata, cit., 263. 128 Sulla base della teoria di PERSIANI M., Contratto di lavoro e organizzazione, cit., 273. 129 MANCINI G. F., La responsabilità contrattuale del prestatore di lavoro, cit., 24.

130 Cfr. spec. MONTUSCHI L., Potere disciplinare e rapporto di lavoro, cit., 109 ss.

131 MENGONI L., Le modificazioni del rapporto di lavoro alla luce dello statuto dei lavoratori, in PERA G. (a

cura di), L’applicazione dello statuto dei lavoratori, Milano, 1974, 24.

132 MONTUSCHI L., Potere disciplinare e rapporto di lavoro privato, in Quad. Dir. Lav. Rel. Ind., 1991, 24. 133 Cfr. SUPPIEJ G., La struttura del rapporto di lavoro, I, Padova, 1963, 79 ss.; SUPPIEJ G. - CESTER C.,

Lavoro subordinato (contratto e rapporto), Noviss. Dig. It., Appendice, IV, Torino, 1983, 757 ss., spec. 768; NAPOLI M., La stabilità reale del rapporto di lavoro, Milano, 1980, 143.

134 PERSIANI M., Contratto di lavoro e organizzazione, cit., 20; MONTUSCHI L., Potere disciplinare e rapporto

di lavoro, cit., 109 ss.; cui adde VARDARO G., Il potere disciplinare giuridificato, cit., 7 ss., il quale peraltro dirige in particolare l’analisi alla verifica delle connessioni fra potere disciplinare ed interesse dell’impresa.

135 Per tale espressione cfr. MONTUSCHI L., La giustificazione del potere disciplinare nel rapporto di lavoro,

negoziale di autotutela136, «nell’ambito di un contratto che non si esaurisce in una sola prestazione e che quindi ha necessità di particolari rimedi di manutenzione a garanzia di future prestazioni»137.

Con riguardo alla disciplina dettata in materia di somministrazione di manodopera, vi è ora da chiedersi se la titolarità del potere disciplinare sia coessenziale al profilo dell’organizzazione della prestazione ovvero a quello della titolarità del contratto di lavoro, la prima riservata per parte preponderante all’utilizzatore, la seconda al somministratore138. Come nel contratto di lavoro subordinato il potere disciplinare ha fonte contrattuale, ma non esaurisce nel concetto di adempimento la sua portata, così nella somministrazione di lavoro una frazione di tale potere appare estranea al contratto di lavoro (tra somministratore e lavoratore) ed innestata nell’organizzazione dell’utilizzatore, nel cui interesse e presso la cui impresa è adempiuta l’obbligazione di lavoro.

La misura della quota del potere disciplinare riservata all’utilizzatore si risolve nella fase preparatoria al suo esercizio, che si compone di due distinti momenti. Il primo è costituito dalla predisposizione e dall’affissione del codice disciplinare, presupposto indefettibile per l’esercizio del potere, che deve essere adempiuto non già dal suo titolare, bensì dall’impresa utilizzatrice139. Il secondo, regolato espressamente dalla norma in esame, si configura come onere procedimentale aggiuntivo nell’esercizio delle prerogative datoriali e appare essenziale alla legittima irrogazione della sanzione.

Ancora, la comunicazione degli «elementi che formeranno oggetto della

136 BETTI E., Autotutela (diritto privato), in Enc. Dir., IV, Milano, 1959, 529, secondo il quale

l’inquadramento del potere disciplinare tra le situazioni nelle quali la legge consente ai privati di provvedere autonomamente a reagire a circostanze contrarie ai loro diritti.

137 Così MAINARDI S., Il potere disciplinare nel lavoro privato e pubblico, Milano, 2002, 31, il quale tuttavia

riconduce la sfera di influenza del potere disciplinare agli obblighi derivanti dal contratto di lavoro, sulla scorta della considerazione per cui le regole disciplinari non sono che l’espressione del potere del datore di lavoro di individuare «l’oggetto dell’obbligazione di lavorare» (secondo l’impostazione di PERSIANI M., Contratto di lavoro e organizzazione, cit., 198).

138 Per tale alternativa, proposta nella vigenza della legge n. 196/97, cfr. spec. BELLOCCHI P.,

Interposizione e subordinazione, cit., 174 ss., la quale riconduce all’agenzia fornitrice la titolarità dello stesso potere direttivo, separandola dal suo esercizio, riservato all’utilizzatore, in guisa tale che l’interesse di quest’ultimo cui fa espresso riferimento l’art. 3, 2° comma, della legge del 1997 rientra unicamente nel giudizio sull’adempimento contrattuale (p. 180 - 181).

139 Per tale opzione si noti la soluzione adottata dalla contrattazione collettiva intervenuta già per il

lavoro temporaneo (che non si ha motivo di ritenere non valga per la somministrazione), che dispone che il codice disciplinare da applicare sia quello dell’utilizzatore, cui la contrattazione rinvia espressamente, nonostante sia anche previsto che le imprese fornitrici provvedano a dotarsi ed affiggere un proprio codice (art. 31, CCNL 23/09/02). Sul punto cfr. le perplessità espresse da BONARDI O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, cit., 248-249, che tuttavia conclude nel senso sostenuto nel testo.

contestazione» disciplinare si introduce nel procedimento disciplinare in una prospettiva di cooperazione fra imprenditori che non ha eguali nell’ordinamento. Come la concreta irrogazione della sanzione disciplinare soggiace ai limiti espressi ed impliciti derivanti dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, così anche la predetta cooperazione deve ispirarsi ad essi. L’esempio più evidente è proprio dato dalla comunicazione delle circostanze fattuali rilevanti ai fini del codice disciplinare dell’utilizzatore: a tale comunicazione sono pienamente applicabili, anche se di riflesso, i principi dell’immediatezza, della specificità e della immodificabilità della contestazione dell’infrazione disciplinare, della quale, pertanto, risulta essere elemento essenziale. Come potrà infatti richiedersi al somministratore una rapida conclusione del procedimento disciplinare senza che l’utilizzatore ne avvii la procedura? Come i limiti della contestazione potranno essere delineati senza che la comunicazione stessa sia ben circostanziata? Quale contestazione, infine, potrà avanzarsi se non quella coincidente con la comunicazione dei suoi elementi fondanti?

Individuato così un riscontro empirico dell’interazione tra gli atti del datore di lavoro somministrante e quelli dell’utilizzatore ai fini dell’esercizio del potere disciplinare, occorre riscontrarne il fondamento normativo. Per quanto la regolamentazione contenuta nel d.lgs. n. 276/03, circa le modalità di esercizio del potere disciplinare da parte dell’agenzia, ricalchi pressoché alla lettera quanto disposto dalla legge n. 196/97, la nuova norma include ora un inciso che appare di non trascurabile rilevanza. Recita infatti l’art. 23, 7° comma: «ai fini dell’esercizio del potere disciplinare, che è riservato al somministratore, l’utilizzatore comunica al somministratore gli elementi che formeranno oggetto della contestazione».

Il dato positivo non offre spunti univoci nel senso sopra sostenuto; nel contempo, però, deve notarsi come il summenzionato inciso, nell’affermare expressis verbis una riserva «al somministratore», non indica altrettanto chiaramente il riferimento di tale riserva, se il potere disciplinare, ovvero il suo esercizio. Grammaticalmente entrambe le interpretazioni sono prospettabili140, benché la totalità della dottrina si sia finora espressa nel senso di attribuire pacificamente al somministratore la titolarità del potere disciplinare, derivante dalla sua posizione di datore di lavoro141. Senonchè, nell’ottica sunteggiata, e

140 Il pronome relativo “che” potrebbe infatti riferirsi o al potere disciplinare tout court, ovvero, in

un senso più limitato, al suo esercizio.

considerando la fattispecie giuridica complessa cui danno vita le parti stipulanti il contratto di somministrazione, non potrebbe nemmeno escludersi che tale potere sia condiviso quanto alla sua titolarità e riservato quanto al suo esercizio, ossia alla sua fase esecutiva (l’irrogazione della sanzione).

Se anche così non fosse, interrogandosi sulla fonte del potere disciplinare, può osservarsi come esso derivi non soltanto dal contratto di lavoro, come sarebbe naturale, bensì, in parte, anche dal contratto di somministrazione. L’agenzia, infatti, si è obbligata a fornire l’esatto adempimento della prestazione, e il potere disciplinare appare diretto proprio a garantire tale adempimento. È in questa seconda frazione del potere disciplinare, quella contenuta nel contratto di somministrazione, che si manifesta ancora una volta la coesistenza di due figure datoriali, in quanto sia l’agenzia sia l’utilizzatore partecipano all’esercizio di tale potere.

Ciò che, in ogni caso, non pare revocabile in dubbio è la rilevanza giuridica della cooperazione tra somministratore ed utilizzatore nell’ipotesi in esame, che non può non esercitare una qualche influenza sulla complessiva configurazione della fattispecie. Il contratto di somministrazione di manodopera deve essere inquadrato nei contratti di durata, e, come il contratto di lavoro, «ha necessità di particolari rimedi di manutenzione a garanzia di future prestazioni»142. Dato che i “rimedi” civilistici ordinari non sono sufficienti all’impresa utilizzatrice per assicurarsi l’adempimento delle future prestazioni dei lavoratori somministrati - rispetto alle quali il rimedio dell’inadempimento contrattuale del contratto di somministrazione (l’unico che lega l’impresa all’agenzia e che dunque potrebbe essere invocato) risulta insufficiente ed a volte inadeguato143 - è la stessa impresa utilizzatrice che si vede riconosciuta dalla legge una posizione peculiare rispetto ai lavoratori in essa inseriti.

In altri termini, è vero che l’onere di comunicazione degli «elementi che formeranno oggetto» di contestazione identifica un flusso di informazioni diretto verso l’agenzia datrice di lavoro, che eserciterà di conseguenza il potere disciplinare, ma è altrettanto vero che, nel dare avvio al procedimento

solidarietà, cit., 359; NICOLINI G., La somministrazione di lavoro: profili generali, in GALANTINO L. (a cura di), La riforma del mercato del lavoro, cit., 183; GUAGLIANONE L., La somministrazione di lavoro, in MAGNANI M.-VARESI P.A. (a cura di), Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali, cit., 309.

142 Cfr. ancora MAINARDI S., Il potere disciplinare nel lavoro privato e pubblico, cit., 31.

143 Si pensi ad esempio alle infrazioni disciplinari meno gravi, che darebbero luogo a sanzioni

conservative. In tali ipotesi, esulando dai limiti posti dall’art. 1455 c.c., la parte non inadempiente (l’utilizzatore) potrebbe richiedere al più la riduzione del prezzo, non potendo certo opporre l’eccezione inadimplenti non est adimplendum, ex art. 1460 c.c.

disciplinare nella sua fase iniziale, l’utilizzatore concorre in misura sostanziale a tutelare l’interesse proprio e del somministratore ad una corretta e puntuale esecuzione della prestazione.

Come contrappeso rispetto alle posizioni giuridiche attive attribuite al somministratore, la legge ne riconosce senza dubbio la veste di datore di lavoro. L’agenzia di somministrazione assume il lavoratore giovandosi della polifunzionalità delle proprie strutture nella ricerca e selezione del personale (vedi retro par. 1.1), nonché delle ordinarie misure disposte dalla legge per l’assunzione dei lavoratori, quali l’apposizione del patto di prova (art. 2096 c.c.) o l’avviamento al lavoro di lavoratori svantaggiati (art. 2, lett. f) del Reg. CE n. 2204/2002), e l’utilizzo di contratti di lavoro ad orario ridotto o flessibile (arg. ex art. 22, 3° comma, ult. per.). È obbligata alla corresponsione di una retribuzione, ai sensi dell’art. 23, non inferiore al trattamento economico attribuito ai dipendenti di pari livello dell’impresa utilizzatrice, secondo le indicazioni fornite dalla contrattazione collettiva (art. 21, 2° comma). È inoltre obbligata a corrispondere l’indennità mensile di disponibilità nelle ipotesi di prestatori di lavoro assunti a tempo indeterminato, nella misura stabilita dal contratto collettivo o da apposito decreto ministeriale (vedi D.M. 10/03/04)144. In ossequio all’art. 2115 c.c., il somministratore è gravato altresì dell’obbligazione contributiva, previdenziale assicurativa ed assistenziale (art. 25).

Le funzioni connesse alla figura dell’agenzia appaiono dunque un chiaro indice del ruolo da essa assunto nella configurazione della fattispecie, ruolo preponderante rispetto a quello dell’impresa utilizzatrice, che trova la sua giustificazione nella regolazione vincolistica predisposta dalla legge ai fini di limitare l’ingresso al mercato unicamente ad alcuni operatori, ritenuti finanziariamente e funzionalmente in grado di adempiere alle principali obbligazioni tipiche datoriali. In guisa speculare rispetto alla configurazione del potere disciplinare, non pare revocabile in dubbio che il fondamento positivo delle predette obbligazioni debba rinvenirsi tanto nel contratto di somministrazione, quanto nel contratto di lavoro, in ossequio al principio di integrazione tra le rispettive discipline (art. 1570 c.c.) derivante dalla

144 Il rilievo sistematico di tale indennità, che si caratterizza per essere una vera e propria

retribuzione minima mensile, è sottolineato da TIRABOSCHI M.,Lavoro temporaneo e somministrazione di manodopera, cit., 359; ID., La legalizzazione del lavoro intermittente tramite agenzia, cit., 65; TROILI R., Prestazioni di lavoro temporaneo e trattamento retributivo, in BIAGI M. (a cura di), Mercati e rapporti di lavoro. Commentario alla Legge 24 giugno 1997, n. 196 : norme in materia di promozione dell'occupazione, Milano, 1997, 70.

qualificazione della fattispecie come sotto - tipo del contratto di somministrazione di cui agli artt. 1559 e seguenti c.c.

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