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forma di marginalizzazione e discriminazione

Nel documento OSSERVARE A 360° (pagine 127-131)

Quante forme di marginalizzazione, esclusioni clamorose, ma anche microesclusioni striscianti, talvolta inconsapevoli, esistono nelle nostre scuole? La grande retorica della Scuola Italiana Piena-

mente Inclusiva spesso ci ha resi ciechi di fronte alle tante situa-

zioni di inefficienze e scadente integrazione/inclusione. Diciamo che questa cecità ha colpito principalmente la sfera politico-ammi- nistrativa e parte dell’accademia universitaria: gli insegnanti e le famiglie, invece, ci vedono benissimo e non esitano a denunciare, anche violentemente, i problemi del sistema, anche se, per ovvi motivi, il mondo della scuola troppo spesso si difende e si auto- assolve. Un insegnante di sostegno inclusivo non deve avere pietà nel cercare e mettere in luce le disfunzioni emarginanti della sua scuola. Non è facile, anche perché alcuni fatti e situazioni posso- no essere motivati e interpretati in modi opposti. «Esce dall’aula con il suo insegnante di sostegno perché non può reggere questa attività, è per il suo bene, ne ha bisogno»: questa è una spiegazione che può assolvere pratiche di microesclusione «per il suo bene»… pensiamo, come altro esempio, alle frequentissime esclusioni degli alunni/e con disabilità complessa dalle gite scolastiche con

pernottamento (si vedano i dati ISTAT): incapacità/non volontà di organizzarsi adeguatamente o impossibilità impossibile? E così in tante altre situazioni in cui si possono annidare forme di margi- nalizzazione, come ad esempio nelle attività sportive e motorie (le squadre si compongono escludendo spesso i più deboli).

Una forma di marginalizzazione che si può nascondere nei Piani educativi individualizzati può essere quella del sovradimensionare obiettivi e attività diversi da quelli curricolari previsti per la classe, in nome della grande distanza tra l’attuale livello di competenza dell’alunno/a e le richieste delle attività della classe. In questo modo si rischia di confezionare un PEI emarginante, spesso sgan- ciato dalle attività del gruppo-classe e svolto prevalentemente in aula di sostegno o comunque fuori. Un PEI fondato sul modello ICF richiede certamente che siano fissati obiettivi negli ambiti delle funzioni corporee (ad esempio, attenzione e memoria) e nelle attività personali (ad esempio, autonomie personali o comunica- zione e linguaggi), ma richiede anche, per essere globalmente equi- librato, una definizione di obiettivi di acquisizione di competenze anche nei vari ambiti della partecipazione sociale, di cui quello del ruolo di alunno/a che frequenta le attività della sua classe di appar- tenenza è fondamentale.

Una forma sottile di marginalizzazione, che vivono spesso an- che gli alunni/e con Disturbi specifici dell’apprendimento, è anche quella dell’abbassamento improprio delle aspettative didattiche nei loro confronti, che può portare a trattamenti che violano il principio di equità, attraverso «regali» didattici mortificanti (suffi- cienze e voti alti immeritati), che alimentano negli altri compagni sentimenti di ingiustizia, spesso lasciati irrisolti e non elaborati attraverso il lavoro dei docenti.

Un ruolo importante dell’insegnante di sostegno inclusivo è anche quello di mediatore competente tra i colleghi curricolari che rilevano difficoltà in qualche alunno/a e vorrebbero invitare la famiglia a riferirsi ai servizi sanitari per accertamenti ed even- tualmente un iter diagnostico. Ovviamente questo aspetto del

lavoro «di sostegno» si rivolge alla totalità degli alunni e non solo al «proprio» alunno, ma questa dimensione larga e complessiva è il tratto fondamentale dell’essere un insegnante di sostegno inclusi- vo. Questo lavoro di snodo competente aiuta i colleghi a non gene- rare falsi positivi con invii impropri e contemporaneamente a non trascurare situazioni che, a uno sguardo più attento, rivelerebbero necessità di approfondimento conoscitivo più tecnico. Ricordiamo tutti il dibattito suscitato dalle direttive ministeriali sui Bisogni educativi speciali del 2012 e 2013, quando, tra le altre disposizioni, si attribuiva alla professionalità e alla responsabilità dei docenti la definizione, con conseguente Piano didattico personalizzato, della situazione di alunno con BES, sulla base di «ben fondate conside- razioni pedagogico-didattiche». Un insegnante di sostegno inclu- sivo può essere la persona che aiuta competentemente i colleghi a fare queste ben fondate valutazioni pedagogico-didattiche, evitan- do loro la ricerca di specialisti per avere la «diagnosi di BES», la tentazione di etichettare come BES ogni difficoltà o il disimpegno del non riconoscere il proprio ruolo pedagogico-didattico anche in questa responsabilità utile per rispondere a un bisogno/diritto di personalizzazione di qualche alunno/a.

Un discorso a parte va fatto rispetto all’aula di sostegno, o a tutte quelle varie aulette o spazi dedicati (esplicitamente o im- plicitamente) soltanto, o quasi, agli alunni con varie tipologie di Bisogni educativi speciali. Se un qualunque spazio viene dedicato solamente a questa categoria di alunni diventa evidentemente stig- matizzante e legittimerà, incentivandole, tutte le varie forme di

push/pull out dalle classi. Una struttura induce un comportamento.

Se invece uno spazio (o più) venisse gestito come risorsa aperta a tutti gli alunni, ed effettivamente usato da vari gruppi eterogenei per varie attività, allora il suo potenziale segregante sarebbe eli- minato e si andrebbe nella direzione positiva della moltiplicazione delle opportunità di apprendimento per tutti. In questa ricerca e contrasto dei vari fenomeni di marginalizzazione ed esclusione, l’insegnante di sostegno inclusivo deve trovare buoni alleati, e il

suo sforzo maggiore penso debba essere nella direzione del cercare la «student voice», e cioè del supporto, abilitazione e ascolto siste- matico di ciò che gli alunni/e dicono e raccontano sull’esperienza scolastica. Ormai esiste un’ampia letteratura nel campo dell’ascol- to della voce dei protagonisti dei percorsi di inclusione, anche a età molto basse e con disabilità importanti a livello cognitivo. Ascol- tando la loro voce si scoprono cose molto interessanti sull’inclusi- vità della nostra scuola, cose estremamente utili per le attività del prossimo punto.

punto 6

Nel documento OSSERVARE A 360° (pagine 127-131)