3 IL FORMAGGIO
3.3 La produzione lattiero casearia in Italia
3.3.2 I formaggi DOP prodotti in Sardegna
In Sardegna i formaggi che hanno ottenuto la DOP sono: il Pecorino Romano, il Pecorino Sardo ed il Fiore Sardo.
Queste produzioni sono caratterizzate dalla coesistenza di caseifici di medie dimensioni, che producono principalmente Pecorino Romano e Pecorino Sardo, con strutture via via più piccole fino ad arrivare ai piccoli caseifici aziendali, ove il pastore- casaro produce soprattutto Fiore Sardo. Le tre denominazioni, pur insistendo sullo stesso territorio ed utilizzando una materia prima prodotta con gli stessi sistemi di allevamento e spesso dalle stesse aziende, vantano storie ben diverse per quel che riguarda l’evoluzione del disciplinare e il controllo delle produzioni.
Formaggio di antichissima tradizione, il Pecorino Romano ha nell'omonimo Agro la sua area di origine. Le notizie di formaggi pecorini prodotti con sistemi di caseificazione analoghi a quello del Pecorino Romano sono antiche di millenni. Studiosi come Varrone, Ippocrate e Plinio il Vecchio parlano dettagliatamente nei loro libri delle antiche tecniche di caseificazione ed il confronto con le moderne non evidenzia modifiche sostanziali. Fortunatamente questa tradizione antichissima si è infatti tramandata fino al secolo scorso, momento in cui il baricentro produttivo si è spostato dal Lazio alla Sardegna, regione che costituisce ora il principale produttore di Pecorino Romano con oltre il 90% della produzione. Attualmente il Pecorino Romano rappresenta uno dei principali formaggi DOP italiani e leader indiscusso fra i formaggi pecorini. Caratteristica peculiare di questa DOP è, inoltre, la sua rilevante presenza sui mercati esteri, in particolare negli Stati Uniti, Paese che oggi ne importa circa il 70% della produzione complessiva.
Il Pecorino Romano è uno dei primi prodotti tipici italiani ad aver ottenuto riconoscimenti nazionali e internazionali. Già nel 1951, in occasione della Convenzione di Stresa, è stato riconosciuto internazionalmente come denominazione di origine tutelata. Nel 1996, in conformità alla normativa comunitaria, il Pecorino Romano entra a pieno titolo fra i prodotti DOP. Infine, nel giugno del 1997, al Pecorino Romano viene riconosciuto dall'United States Patent and Trademark Office il marchio "Roman cheese made from sheep's milk", che consente al formaggio italiano di porsi parzialmente al riparo da eventuali speculazioni commerciali in territorio statunitense.
L’importanza economica del formaggio Pecorino Romano può essere compresa a fondo se valutata in rapporto a quella degli altri formaggi pecorini italiani (Fiore Sardo, Pecorino Sardo, Pecorino Siciliano, Pecorino Toscano). Complessivamente tale comparto rappresenta circa 18% del mercato di formaggi DOP italiani, ma il solo Pecorino Romano raggiunge in tale ambito una quota del 92%. Inoltre nel contesto italiano spetta a questa DOP il ruolo leader in relazione al significativo peso che essa riveste nella bilancia commerciale, in quanto alimenta un forte flusso verso l'estero. Spetta, infatti, al Pecorino Romano il 30% della quota di esportazione di formaggi DOP, contro il 28% del Grana Padano, il 18% del Gorgonzola e il 12% del Parmigiano Reggiano (dati forniti dal Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino Romano).
Il Pecorino Romano ha avuto sin dagli anni settanta un Consorzio per la tutela particolarmente attivo che ha ben operato sia nel proporre ed ottenere modifiche del disciplinare che tenessero conto della naturale evoluzione del prodotto, sia nell’effettuare la vigilanza sulla produzione. Questa viene effettuata in caseifici moderni, con impianti tecnologicamente all’avanguardia che garantiscono elevati standard igienico-sanitari ma in cui il processo di trasformazione segue i metodi tradizionali riportati nel disciplinare di produzione. Accanto alle industrie di produzione operano altre imprese con funzioni di stagionatura e confezionamento e porzionatura. Complessivamente a tale fase della filiera corrisponde un bacino occupazionale di circa 40 mila addetti. A monte la filiera si dilata. Si stima che circa 24 mila imprese agricole e circa 50 mila addetti supportino la produzione di Pecorino Romano (fonte Nomisma).
Il Pecorino Sardo è prodotto in impianti prevalentemente di tipo industriale, di piccole o medie dimensioni, secondo un disciplinare che, per quanto pubblicato nel 1992, riconduce alla tradizionale tecnologia del pecorino “semicotto”, formaggio di origine artigianale ampiamente prodotto in Sardegna. Il latte proviene dagli stessi allevamenti che producono la materia prima per il Pecorino Romano, tanto che nei caseifici non viene praticata una separazione del latte per i due tipi di formaggio ma solitamente avviene uno stoccaggio unico dal quale il latte viene prelevato per essere avviato alle diverse linee di lavorazione. Questo implica che il prezzo del latte ovino, poiché i disciplinari non fissano specifiche particolari per la qualità del latte in
il latte è destinato, e viene, di fatto, governato dal mercato del Pecorino Romano che assorbe circa il 50% della materia prima.
Il Fiore Sardo infine continua ad essere il formaggio tradizionalmente prodotto dal pastore presso l’ovile secondo le più antiche tecniche di produzione. Questo se da un lato ha fatto si che la sua tecnologia di produzione, tramandata di padre in figlio, garantisca un rispetto assoluto del disciplinare, dall’altro ha obbligato dall’altro ad un adeguamento delle strutture aziendali ai requisiti delle attuali norme igienico sanitarie, con un complessivo positivo effetto sul prodotto.
Attualmente si assiste ad un aumento del numero di aziende di produzione e dei quantitativi di formaggio Fiore Sardo, in quanto il processo di adeguamento delle strutture produttive ai requisiti di legge non è ancora completato. Infatti le aziende attualmente autorizzate alla sola produzione di latte, man mano che ottengono le necessarie autorizzazioni sanitarie attestanti l’adeguatezza degli impianti di trasformazione, chiedono di essere incluse nel sistema dei controlli della DOP.
La produzione del Fiore Sardo avviene anche in stabilimenti industriali ma si deve rilevare che, dal momento che il disciplinare di produzione prevede di utilizzare esclusivamente latte crudo, la materia prima destinata alla trasformazione deve avere livelli di carica microbica contenuti e essere lavorata entro breve tempo dalla mungitura, con immediate conseguenze sulla dimensione del bacino di raccolta. Il latte destinato alla produzione di Fiore Sardo viene quindi raccolto e stoccato separatamente dagli altri tipi di latte, ma al momento non risulta esistere alcun accordo ufficiale che fissi un prezzo differenziato per il latte destinato a questa produzione.