PARTE TERZA
4. SULLA FORMAZIONE
A. Relazione della Commissione ministeriale
per il corso di laurea in scienze della comunicazione (stralci)
La Commissione nazionale per il corso di laurea in Scienza della co-municazione, nominata con decreto del Ministero della Università e del-la Ricerca scientifica e tecnologica in data 5 aprile 1990 presieduta dal Ministero e composta da:
prof. Pietro Rossi (Università di To-rino) - Vice-presidente, prof. Seba-stiano Bagnara (Università di Siena), prof. Giovanni Bechelloni (Univer-sità di Firenze), prof. Umberto Eco (Università di Bologna), prof. Gian-ni Fabri (Italtel - Milano), dott. Giu-seppe Morello (Camera dei deputa-ti, Servizio Stampa - Roma), prof. Adriano Pennacini (Università di Torino), dott. Stefano Rolando (Pre-sidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l'Informazione e l'editoria - Roma), prof. Giovanni Statera (Università di Roma -La Sa-pienza»), prof. Aldo Trione (Univer-sità di Salerno),
nonché da: prof. Francesca Cantù (Università di Roma »La Sapienza»), prof. Mario Morcellini (Università di Roma -La Sapienza»), prof. Gianni Puglisi (Università di Palermo), in rappresentanza del Consiglio Uni-versitario Nazionale, dott. Gianni
Faustini (Roma) in rappresentanza dell'Ordine dei giornalisti;
e successivamente integrata - con decreto in data 20 giugno '90 - dal prof. Roberto Moro (Università di Milano) in rappresentanza della Confindustria;
è stata insediata dal Ministro-Presi-dente il giorno 7 maggio 1990, pres-so il Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, e si è quindi nuovamente riunita l'I giu-gno 1990 a Roma, nella medesima sede, il 20-21 luglio 1990 a Venezia, presso la Fondazione Giorgio Cini (questa riunione è stata organizzata in collaborazione con il Dipartimen-to per l'Informazione e l'ediDipartimen-toria della Presidenza del Consiglio dei Ministri), il 2 novembre e il 3-4 di-cembre 1990, il 14-15 e il 30-31 gennaio 1991, il 4 marzo 1991 a Ro-ma, sempre presso il Ministero, con-cludendo i propri lavori con l'ap-provazione della presente relazione.
1. Premessa
La Commissione ha proceduto, in via preliminare, a una raccolta di documenti concernenti: a) le propo-ste avanzate dalle università di
Sa-lerno, Siena e Torino, presso le qua-li il piano quadriennale 1986-90 ha disposto l'istituzione del corso di laurea in Scienza della comunicazio-ne; b) le analoghe proposte formu-late da altre sedi universitarie; c) l'ordinamento delle attuali scuole di specializzazione nel settore della comunicazione e le proposte di nuove scuole; d) i corsi e i «curricu-la» di scienza/e della comunicazione esistenti in università straniere sia europee che americane; e) i dati fondamentali relativi al mercato dei •media» in Italia; f) l'ordinamento e il progetto di riforma della profes-sione giornalistica.
Sulla scorta di questi documenti la Commissione ha affrontato il pro-blema della determinazione della struttura e del contenuto del corso di laurea, nonché degli eventuali corsi di diploma ad esso collegati o riconducibili.
La prima considerazione che si è imposta alla sua attenzione riguar-dava l'eterogeneità dei progetti pre-sentati, a partire da quelli delle tre sedi universitarie più direttamente interessate.
Infatti, mentre le proposte di Siena e di Torino hanno configurato il corso di laurea su base quadrienna-le, quella di Salerno ne prevede una durata quinquennale; inoltre, men-tre la proposta di Siena è impostata sulla base di un semplice elenco di insegnamenti fondamentali e com-plementari, senza un'articolazione verticale e senza una specificazione di indirizzi, quella di Torino preve-de un biennio propepreve-deutico comu-ne e, dopo di questo, cinque indi-rizzi (scrittura tecnica, intelligenza
artificiale, comunicazione sociale e pubblicità, editoria, bibliotecomia), e quella di Salerno prevede un triennio comune e un biennio di specializzazione articolato in tre in-dirizzi (teorico-tecnologico, azienda-le e giornalistico).
Ancora differenti sono le soluzioni adottate in altri progetti, come quel-li delle facoltà di Magistero di Ge-nova e di Roma «La Sapienza» o del-la facoltà di Scienze M.F.N. di Midel-la- Mila-no. In quanto all'elenco degli inse-gnamenti, le indicazioni che si pote-vano ricavare dalle varie proposte sono risultate piuttosto dispare, e anche inevitabilmente condizionate come era, del resto, da attendersi -dalla specifica situazione delle sin-gole sedi e dalla presenza, in ognu-na di esse, di settori discipliognu-nari «for-ti». Per questi motivi la Commissio-ne, raccogliendo il suggerimento dato dal Ministro all'atto dell'inse-diamento, ha ritenuto di dover muovere - pur tenendo sempre presenti le varie proposte formulate -da una ricognizione dei profili pro-fessionali oggi presenti (o anche so-lo emergenti) nel settore della co-municazione e da uno sforzo di in-dividuazione dei contenuti formativi che essi sembrano richiedere. Pure questo approccio ha compor-tato difficoltà rilevanti. Mentre in al-tri ambiti è agevole incontrare figu-re professionali ben determinate, e quindi anche stabilire con sufficien-te approssimazione il bagaglio di competenze ad esse necessario, l'universo della comunicazione si presenta - e non soltanto, nel nostro paese - caratterizzato da un alto grado di mobilità, e soprattutto
dal-la nascita continua di figure nuove, dai contorni sovente tuttora vaghi, destinate a sostituirne altre più tra-dizionali e a trasformarsi, a loro vol-ta, rapidamente, con il mutare dei mezzi tecnici di cui la comunicazio-ne si avvale. Ciò è vero anche per settori più consolidati come quello giornalistico, dove è in atto da de-cenni un processo di trasformazione tecnologica che si accompagna a un più stretto interscambio tra il gior-nalismo «della carta stampata» e quello radio-televisivo. Altri profili, oggi soltanto ipotizzabili, sono poi destinati a sorgere o a strutturarsi nel prossimo futuro, cioè nell'arco di tempo nel quale il nuovo corso di laurea fornirà il proprio prodotto. Ma, per limitarci all'oggi, a fianco dell'area giornalistica (comprensiva di quotidiani, periodici, radio-televi-sione, audiovisivi) è possibile rico-noscere la presenza o l'emergere di molti altri: un profilo manageriale, rispondente alle esigenze di gestione delle imprese pubbliche e private operanti nel settore della co-municazione; un profilo editoriale connesso alle esigenze della produ-zione e del mercato dei libri; un profilo collegato ai bisogni della co-municazione d'impresa, sia interna all'impresa che rivolta verso l'ester-no e destinato a soppiantare proba-bilmente la figura dell'addetto alle «pubbliche relazioni»; un profilo di manager culturale, destinato alla ge-stione dei rapporti tra mondo eco-nomico e istituzioni culturali e, in particolare, delle sponsorizzazioni; un profilo rispondente alle esigenze di una informazione di pubblica uti-lità, cioè alla necessità di realizzare
in forme concrete il diritto all'infor-mazione, proprio di una società de-mocratica, e di far conoscere al pubblico le modalità dei servizi ero-gati dallo Stato, dalle regioni e dagli altri enti pubblici territoriali; e via dicendo. Altri profili professionali si collocano ai margini del settore del-la comunicazione, e sembrano rien-trare piuttosto nell'ambito di com-petenza di altri corsi di laurea, così da far ritenere opportuno evitare inutili sovrapposizioni. In altri cam-pi, invece, l'ipotesi di nuove figure professionali non appare suffragata da prove convincenti: tale è il caso del cosiddetto «comunicatore inter-culturale», che non sembra tener conto della necessità di una cono-scenza approfondita della cultura con la quale si intende comunicare (e delle lingue relative), risolvendo il fenomeno dei rapporti tra culture diverse in un contatto superficiale. Da questo quadro così variegato e in continuo movimento - di cui oc-corre anzi prevedere un'ulteriore, larga trasformazione nei prossimi decenni - si possono però trarre al-cune conseguenze, sulle quali la Commissione ha concordato. La pri-ma riguarda la necessità di conce-dere ampio spazio alla formazione di base, evitando una professiona-lizzazione precoce, fatalmente desti-nata all'obsolescenza in un periodo più o meno breve. La seconda con-cerne la necessità di mirare non tanto ad una formazione -finita», ri-ferita di volta in volta a ognuno dei profili professionali oggi individua-bili, quanto ad una formazione vali-da per un'area alla quale facciano capo figure diverse, e anche nuove
figure che oggi si possono soltanto ipotizzare. La terza, infine, riguarda l'esigenza di far posto, nel nuovo corso di laurea, a una preparazione approfondita sia di carattere tecno-logico sia linguistica. E' vero che il nuovo corso di laurea non è desti-nato a formare «esperti» di tecnolo-gia, che continueranno ad essere forniti soprattutto dal corso di lau-rea in Scienze dell'informazione o da quello di Ingegneria; ma da esso dovranno uscire laureati in grado di seguire lo sviluppo tecnologico nel settore della comunicazione, di tra-sferire le tecnologie di uno specifico ambito professionale e di controllar-ne l'impiego, compiendo le scelte indispensabili a tale scopo. Sul ver-sante linguistico, poi, è facile preve-dere che questi laureati si troveran-no a operare in un mondo sempre più internazionalizzato nel quale la lingua di uso comune sarà l'inglese, e quindi dovranno possederne una conoscenza sicura.
Quest'ordine di considerazioni ha spinto la Commissione a prendere in esame le principali esperienze straniere di formazione universitaria nel settore della comunicazione. Tuttavia il lavoro di analisi intrapre-so a tal fine si è rivelato, tutto intrapre- som-mato, scarsamente utile, data l'ete-rogeneità dei sistemi universitari en-tro cui quelle esperienze s'inscrivo-no. I «curricula» delle Università de-gli Stati Uniti forniscono ampi elen-chi non già di insegnamenti ma di corsi, con uno spiccato orientamen-to sociologico e psico-sociologico, ai quali se ne affiancano numerosi altri di semiotica e di retorica; ma, anche a prescindere dalla possibilità
di tradurre i titoli in dizioni discipli-nari corrispondenti, rimane il fatto che lo stato della ricerca nel nostro paese non è in grado di offrire spe-cialisti che possano impartirli con sufficiente competenza. Più vicini al sistema universitario italiano nella loro impostazione, ma disparati e non di rado anche eclettici nella scelta dei contenuti formativi, sono i «curricula» di scienze della comuni-cazione delle Università europee, dall'Università Jean Moulin di Lione a quelle di Gand e di Liegi, o a quelle inglesi e tedesche. In nessu-na, perciò, è dato trovare un model-lo che sia trasferibile all'università italiana.
Concluso questo lavoro preliminare di ricognizione, la Commissione è passata a discutere della struttura del corso di laurea, del periodo di formazione generale comune, dell'articolazione in indirizzi, dell'elenco degli insegnamenti della possibilità di corsi di diploma colla-terali (con particolare riguardo al raccordo con la professione giorna-listica), dei rapporti tra il corso di laurea e l'ordinamento didattico ita-liano impostato sulle facoltà, dell'istituzione del corso di laurea in altre sedi oltre a quelle previste dal piano quadriennale, e infine delle modalità di attuazione. A questi te-mi sono dedicati i paragrafi succes-sivi della presente relazione.
2. Denominazione e struttura del corso di laurea
Prima di affrontare il problema della struttura del nuovo corso di laurea, la Commissione ha convenuto nel
proporre un modifica della denomi-nazione, nel senso di sostituire alla dizione «scienza delle comunicazio-ni» - adottata in sede in piano qua-driennale - la più corretta dizione «scienze della comunicazione». Que-sta duplice modifica trova la propria giustificazione: a) nel fatto che non esiste un'unica scienza né una scienza unificata, della comunica-zione, ma questo campo di studi è definito da un insieme di compo-nenti disciplinari appartecompo-nenti ad aree diverse; b) nel fatto che il sin-golare «comunicazione» appare più adatto a indicare un settore, ancor-ché complesso, di indagini e di atti-vità professionali, mentre il plurale «comunicazioni» è abitualmente im-piegato in connessione con il termi-ne «trasporti», per indicare un siste-ma di collegamenti usufruibile da persone, merci e anche (nel caso delle poste, dei telegrafi, dei telefo-ni, ecc.) da notizie. Pertanto, nel te-sto di questa relazione - come nella tabella ad essa allegata - sarà utilizza-ta la denominazione sopra proposutilizza-ta. Per quanto attiene alla struttura, la Commissione si è trovata di fronte a tre ipotesi relative alla durata e all'articolazione del corso di laurea: una durata quadriennale, con un biennio di formazione generale e un biennio articolato in indirizzi; una durata quinquennale, con un triennio di formazione generale e un biennio articolato in indirizzi; una durata quinquennale, con un biennio di formazione generale e un triennio di indirizzo. Dopo am-pia discussione, essa è pervenuta a scartare le prime due ipotesi: la pri-ma perché un corso quadriennale è
sembrato insufficiente a contenere le molteplici componenti che il set-tore della comunicazione richiede, e la seconda perché un periodo trien-nale destinato alla formazione gene-rale è apparso eccessivo rispetto al-le esigenze di una formazione più specifica, quale soltanto gli indirizzi professionalizzanti (o, per meglio dire, pre-professionali) possono of-frire.
Pertanto la Commissione ha stabili-to, in linea preliminare:
a) che il corso di laurea dovrà con-templare un biennio propedeutico comune, con sbarramento al suo termine, cosicché il passaggio al successivo periodo di studi sia con-sentito soltanto a condizione che siano stati superati gli esami di tutti gli insegnamenti previsti come ob-bligatori e le prove di lingua; b) che la durata complessiva del corso di laurea sia di cinque anni, e che quindi alla formazione pre-pro-fessionale di indirizzo siano dedicati i tre anni successivi.
La decisione a favore del biennio (anziché di un triennio) propedeuti-co è stata adottata all'unanimità, mentre quella relativa alla durata complessiva del corso di laurea è stata presa con il motivato dissenso del prof. Morcellini, favorevole a un corso di laurea quadriennale con un successivo sistema di corsi di perfe-zionamento e di scuole di specializ-zazione.
3• Formazione generale comune Un'ampia e approfondita discussio-ne, prolungatasi per varie riunioni,