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Il libro di Marziano fece testo in tutto il medioevo, divenendo, in breve tempo, manuale scolastico in Italia, Gallia, Spagna e Africa, i territori dell'impero ancora soggetti alla cultura latina106. Bisognerà attendere il IX secolo, però, per avere una diffusione vasta e capillare, tanto da far rientrare il manuale del Capella tra i libri più diffusi e letti in tutto il medioevo107. Le prime testimonianze della sua opera le troviamo in età vandalica. Fabio Planciade Fulgenzio lo cita nella sua opera l'Esposizione delle parole degli antichi: “unde

et Felix Capella in libro De Nuptiis Mercurii et Philologiae ait...108”. La seconda, invece, risale al consolato di Paolino, nel 534. L'ultimo retore della cattedra di retorica di Roma, tal Securus Melior Felix, afferma di averne fatto un'edizione corretta.

Marziano è citato più volte da Cassiodoro, nelle Institutiones, che però afferma di non essere riuscito a recuperarne una copia, mentre sembra sconosciuto a Boezio – che comunque, data la sua approfondita conoscenza del greco, poteva risalire alle originali opere greche da cui lo stesso Marziano era stato ispirato. Un uso diretto del De Nuptiis è invece attestato in Isidoro di Siviglia, l'autore delle Etymologiae od Origines, un'altra opera di vasta eco su tutto il medio evo latino109. Una copia del testo di Marziano si trovava, con ogni probabilità, nello 106 Cfr. Riché, Le scuole e l'insegnamento nell'occidente cristiano, trad. it. Roma 1984. Sulla fortuna di Marziano cfr. anche Cora Lutz, Remigius' Ideas on the Origin of the Seven Liberal Arts, in Medievalia et humanistica, X (1956), pp. 32–49

107 Scrive Stahl, The Quadrivium of Martianus Capella... cit., p. 55: “Yet the fact remains that Martianus was

one of the half–dozen most popular and influential writers of the Middle Age”; cfr. anche C. Leonardi, Nota introduttiva per un'indagine sulla fortuna di Marziano Capella nel medioevo, BISIAM, LVII (1955), pp. 265–

288; Id., I codici di Marziano Capella, Milano 1960; e Id., I codici di Marziano Capella, in Aevum 33 (1959), 34 (1960), pp. 444–489, 99, 412–524.

108 E' discussa la coincidenza o meno di questo personaggio con l'omonimo vescovo di Ruspe, cfr. I. Ramelli,

Marziano... cit., p. 1068, n.4.

scriptorium del palazzo episcopale di Siviglia110. Vi sono interi passi, nei libri dedicati alle discipline, che sono ricopiati quasi fedelmente da un testo all'altro. Poi, non ci sono più testimonianze sino alla rinascita carolingia, quando il numero di copie del De Nuptiis cresce a dismisura. Quali possono essere i motivi di questa “pausa”? Secondo C. Leonardi, che nel saggio I commenti

altomedievali ai classici pagani: da Severino Boezio a Remigio d'Auxerre111

traccia la panoramica dei principali commentatori del tardo antico e dell'alto medioevo, lo iato è dovuto soprattutto a ragioni culturali. Il sesto secolo è, per Leonardi, il momento in cui nasce “un mondo diverso”, non più sintesi e incontri di culture differenti, ma una originale e nuova cultura medievale. Se Boezio è già medievale, ma nel contempo anche l'ultima voce di una cultura intesa in senso classico, è però Gregorio Magno la figura che svetta su tutto il periodo112. E' questo il secolo in cui si afferma in Occidente il monachesimo, interamente volto ad un modello di perfezione cristiana, e le prime opere dei monaci sono soprattutto di evangelizzazione e di bonifica. Ed è in questo nuovo mondo, con un cristianesimo più maturo che è possibile tornare ai classici senza timori113.

In età carolingia la Karolis epistola de litteris colendi114 e l'Admonitio

generalis115 promuovono un sistematico recupero della cultura latina116. La politica culturale unitaria di Carlo Magno stimola l'interesse verso la grammatica. Scrive Riché: “Carlo aveva constatato che i monaci che pregavano

per lui scrivevano in pessimo latino. Teme pertanto che non possano comprendere le letture perché non hanno una cultura letteraria di base117”. Come si evince dal passo centrale della stessa epistola De litteris colendis: “Quamobrem hortamur vos litterarum studia non solum non neglegere, verum

etiam humillima et deo placita intentione ad hoc certatim discere, ut facilius et rectius divinarum scripturarum mysteria valeatis penetrare. cum enim in sacris paginibus scemata,tropi et cetera his similia inserta inveniantur, nulli dubium, quod ea unusquisque legens tanto citius spiritualiter intelligit, quanto prius in

Brepols, 2000, e Id., Isidore de Séville et la culture classique dans l'Espagne wisigothique, Paris 1959. Non tutti sono d'accordo con questa interpretazione. Leonardi, ritiene che Isidoro abbia consultato Marziano solamente per il VII libro, quello dedicato all'aritmetica. Ma, ad esempio, un passo del secondo libro delle Etymologiae, sugli opposti, sembra essere molto debitore all'equivalente di Marziano: cfr. De Nuptiis, IV, 384 e Origines, II, 31, 1., così come numerosi altri passi di argomento umanistico (trivio). I. Ramelli, infine, sostiene che lo stile e l'eloquenza di Marziano abbiano influenzato Isidoro anche nella composizione di un'altra opera: il De rerum

naturae.

110 Cfr. Riché, Le scuole e l'insegnamento... cit. p. 39 e Fontaine, Isidore de Séville et la culture classique dans

l'Espagne wisigothique, p. 735

111 C. Leonardi, Medioevo latino... cit., pp. 155 – 187

112 Pur se Leonardi – e anche Riché – smussano l'anticlassicismo di Gregorio. 113 Questo aspetto è maggiormente approfondito nel capitolo III.

114 MGH, Capit. I, p. 79 115 Ibid. p. 60

116 Cfr. M. Banniard, Viva voce: communication ecrite et communication orale du 4. au 9. siecle en Occident

latin, Paris 1992; Id., La genesi culturale dell'Europa : 5.–8. secolo, Roma–Bari 1994

litteraturae magisterio plenius instructus fuerit. tales vero ad hoc opus viri eligantur, qui et voluntatem et possibilitatem discendi et desiderium habeant alios instruendi. et hoc totum ea intentione agatur, qua devotione a nobis praecipitur”.

I letterati dell'alto medioevo hanno necessità di libri di grammatica, e questo forse è il motivo per cui il destino del De Nuptiis diverge da quello di altre opere sulle arti liberali. I libri di Boezio, dedicati alle arti matematiche si perdono, perché troppo complessi e di difficile comprensione. Ciò che salva Marziano forse è la struttura, l'unità dell'opera e la cornice in cui è posta.

Allo studio della grammatica, in particolare di Donato, si dedicano i principali eruditi altomedievali: Paolo Diacono, Muridac, Sedulio Scoto, Smaragdo118. Il canone scolastico è principalmente un canone grammaticale – anche se Marziano è già compreso119 – si dovranno attendere le nuove generazioni del IX secolo perché si risvegli un nuovo interesse per tutti i campi del sapere. Come nota bene J. J. Contreni120, analizzando le lettere che professori e studenti si scambiavano, si verifica, tra l'VIII e il IX secolo, una spasmodica ricerca di lessici per aumentare e migliorare il vocabolario. In una contingenza simile, era difficile pensare di poter affrontare opere di grande spessore e difficoltà come quelle di Boezio, Varrone e dei libri del quadrivio di Marziano. Scrive Leonardi: “Commentare il De Nuptiis costituiva del resto una vera e propria

prova di forza: un testo non facile con due libri dedicati alle mitologiche nozze di Mercurio con Filologia e sette libri alle arti liberali: il tutto scritto secondo la tradizione della satira menippea, in prosa e versi, e con versi non sempre in metri comuni. Un complesso narrativo ed erudito composto nell'intento di salvare un patrimonio culturale che stava esaurendo le ragioni vitali, la sua tradizione egemonica stessa121”.

Vi è un'altra differenza fondamentale tra i commenti di Boezio e quello di Giovanni Scoto. Il primo è un commento che nasce per conservare un patrimonio, un commento dedicato soprattutto a specialisti e a eruditi. Il commento di Giovanni è invece costituito da una serie di glosse di carattere didascalico, con divagazioni, excursus e precisazioni rivolte direttamente agli studenti: Marziano è diventato materia d'insegnamento. Questo – se ne parlerà nel prossimo capitolo – è d'importanza capitale, perché insegnando il De Nuptiis non si divulgano le sole arti liberali, ma tutto il complesso quadro allegorico e la profonda componente neoplatonica ed ermetica del testo marciano.

118 Cfr. Leonardi, I commenti... cit., p. 169 e Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, Muenchen, 1911.

119 Cfr. Curtius, cit., e Bischoff, Mittelalterliche Studien: Ausgewählte Aufsätze zur Schriftkunde und

Literaturgeschichte, Hiersemann, 1966.

120J. J. Contreni, The Carolingian School: Letters from the Classroom, in Giovanni Scoto nel suo tempo:

l'organizzazione del sapere in età carolingia : atti del 24. Convegno storico internazionale : Todi, 11–14 ottobre 1987, Spoleto, CISAM, 1989

E' proprio in questo periodo, infatti, che Marziano comincia a godere di una fortuna molto maggiore rispetto ai secoli precedenti. Tra i più di cinquanta manoscritti che compongono il testo integrale delle Nozze, quasi la metà sono databili tra il IX e il X secolo, e grazie ai commenti di Dunchad/Martino di Laon, Giovanni Scoto e Remigio, l'opera diventa pietra angolare dell'educazione carolingia. Dal IX secolo sino al rinascimento, Marziano sarà una fonte inesauribile d'ispirazione non solo per lo studio e la concezione delle arti liberali, ma anche come modello di retorica e stile. Le raffigurazioni allegoriche delle arti liberali, come sette ancelle ognuna caratterizzata da diverse peculiarità, risentiranno della sua influenza almeno sino al Cinquecento122.

122 Curtius, cit., p. 48: “Simili personificazioni ed i corrispondenti attributi si ritrovano spessissimo nell'arte e

nella poesia medievali; compaiono nella facciata della cattedrale di Chartres ed in quella di Laon, ad Auxerre,, in Notre–Dame di Parigi, e ancora, successivamente, in Botticelli. Ciò che il medioevo apprezza delle Nuptiae non era solo il contenuto dottrinale, ma anche la ricchezza di figure allegoriche...”. Si veda anche E. Cizek, Les allegories de Martianus Capella à l'aube du Moyen Âge in Revue des Études Latines, 70 (1992), pp. 193–214 e