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Fotografare per tutelare: il GFN e gli archivi delle Soprintendenze

4. L’ufficio Belle Arti e la Soprintendenza Unica per i Monumenti a Trieste, 1920-

4.1 Fotografare per tutelare: il GFN e gli archivi delle Soprintendenze

Fin dalla sua scoperta, nel 1839, la fotografia fu considerata e presentata come il mezzo più fedele e veritiero per “riprodurre il dato reale”, e tra i suoi campi di applicabilità, quello della Storia dell’Arte, fu uno dei primi. Inizialmente il mercato delle fotografie di riproduzioni di opere d’arte era quello dei viaggiatori del Grand Tour che individuavano nella fotografia il novo souvenir d’Italiae, al posto delle meno fedeli stampe ad incisione89. In un secondo momento, grazie a un miglioramento

delle tecniche di ripresa, dei procedimenti di stampa, in grado di produrre immagini più stabili e di buona qualità, e poi con l’introduzione di supporti negativi, in grado di catturare tutti i colori, e alla produzione di carte per stampe positive preparate industrialmente, il mercato della fotografia di opere d’arte si ampliò notevolmente includendo studiosi e critici d’arte, collezionisti e lo stesso Stato italiano. Essa prese il posto dell’incisione delle opere d’arte, che, in forma autonoma o nei testi storici e nei cataloghi, aveva avuto fin dal secolo XVI diffusione sempre maggiore. L’incisione non poteva riprodurre l’opera fedelmente, essendo in sostanza una copia moderna dell’originale che l’incisore inevitabilmente interpretava in modo soggettivo. Il Cavalcaselle ad esempio si serviva di appunti grafici come sollecitazione della propria memoria visiva, e le incisioni che illustrano la sua storia dell’arte vogliono avere lo stesso scopo di ricordare il soggetto e lo schema compositivo delle opere. La fotografia, pur traducendo l’immagine in un monocromo, che per lo più altera la realtà dei rapporti tonali e difficilmente rende il carattere della materia, offrì ben altra e più precisa documentazione per l’opera d’arte90. Nacquero così le prime ditte

specializzate in riproduzioni fotografiche di opere d’arte. Fra i pionieri ci sono le ditte Alinari, fondata nel 1854, Anderson e Brogi in Italia. Queste formarono presto importanti archivi. Esse operarono secondo gli interessi dominanti negli studi e fornirono il materiale illustrativo delle grandi imprese editoriali del tempo.

Il ruolo istituzionale della fotografia di opere d’arte venne sancito quando nel 1892

89 E. SPALLETTI, La documentazione figurativa dell’opera d’arte, la critica, l’editoria nell’epoca moderna (1750-

1930), in Storia dell’arte italiana, parte I, vol. II, L’artista e il pubblico, Torino, 1977, p. 13.

venne fondato a Roma il Gabinetto Fotografico Nazionale (GFN) alle dipendenze della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti91. Il nuovo Gabinetto nacque per

la riproduzione dei monumenti e delle opere d’arte con la moderna tecnica fotografica, esso si proponeva di eseguire riproduzioni fotografiche “del materiale artistico immobile e mobile esistente nel Regno e nelle colonie”92 e di prendere in

consegna “il materiale fotografico necessario al lavoro di catalogazione con criteri della massima estensione e completezza”93. Nel 1904 un provvedimento legislativo

obbligava gli studi fotografici a cedere al GFN un negativo di tutte le fotografie scattate ad opere d’arte di proprietà pubblica94. Rispetto alle case fotografiche

dell'epoca “il nuovo ufficio poteva lavorare con assoluto disinteresse. […] L’altro vantaggio era quello di essere dentro l’amministrazione stessa delle belle arti, cioè dentro il lavoro di inventario e catalogazione che era allora agli inizi”95.

La “grande utilità per l’amministrazione e per gli studiosi”96 riconosciuta nel 1923

all’Archivio Fotografico Nazionale, è valore proprio anche degli archivi territoriali delle Soprintendenze, che nacquero parallelamente ad esso ma, come sottolinea Giudici, stenteranno per la maggior parte dei casi a decollare fino al primo dopoguerra97. Di

sicuro pesò sulla loro affermazione la definizione di organi periferici e la delega di

91 Per un approfondimento sull’attività del GFN: P. CALLEGARI, L’archivio fotografico Nazionale, in Lo spazio il

tempo le opere, il catalogo del patrimonio culturale, a cura di A. STANZANI, Catalogo della Mostra tenuta alla

Pinacoteca Nazionale di Bologna, 2 dicembre- 17 marzo 2002, Milano, 2001, pp. 63-65. Nel 1975, con la costituzione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali da parte di Giovanni Spadolini il GFN venne trasformato nel laboratorio per la fotografia e il rilievo dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, tuttora attivo.

92 R.D. 26 agosto 1904, n. 707; R.D. 15 agosto 1913, n. 232; R.D. 31 gennaio 1923, n. 3164.

93 Ibidem

94 R.D. 26 agosto 1904, n. 707; SPALLETTI, La documentazione.. op. cit., pp. 465-468.

95 C. BERTELLI, Il Gabinetto Fotografico Nazionale, in «Musei e Gallerie d’Italia», 12, 1967, p. 39-49.

96 R.D. 798 del 28 marzo 1923.

97 C. GIUDICI, Gabinetto e Archivio fotografico di una Soprintendenza, in Lo spazio il tempo le opere, il catalogo

del patrimonio culturale, catalogo della mostra tenuta alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, 2 dicembre- 17

marzo 2002, Milano, 2001, pp. 66-75.

tutto il materiale che esse producevano al GFN. Al punto che Carlo Bertelli avanzò a questo proposito qualche perplessità «sorge il dubbio se non sia la materia stessa che costituisce il loro oggetto a ribellarsi ad una concentrazione esclusiva in un solo luogo e presso un solo istituto. [..] si rende sempre più necessario che la formazione degli archivi fotografici avvenga in prossimità delle opere d’arte [..] a stretto contatto con l’opera quotidiana di ricognizione e tutela»98.

Fin dal 1895 l’Ufficio Regionale per la conservazione dei monumenti del Veneto venne dotato su iniziativa del direttore, l’architetto Federico Berchet, di un Laboratorio fotografico, in seguito implementato dal suo successore, nel ruolo di direttore e poi Soprintendente, l’architetto Massimiliano Ongaro99.

Per quanto riguarda la situazione a Trieste, Rossella Fabiani afferma che non c'è nessuna prova circa la nascita e l’organizzazione di un archivio o un laboratorio fotografico all’interno dell’Ufficio di Belle Arti, in quanto, ad oggi, l’archivio dei documenti della Soprintendenza è in fase di riordino e non è possibile accedere alla sua consultazione100. Al contrario si trova in una lettera di Achille Bertini Calosso,

datata 5 giugno 1920 una testimonianza per comprovare la nascita di un archivio fotografico in quegli anni101. L'epistola è stata scritta da Bertini Calosso, a quel tempo

funzionare presso l'Ufficio Belle Arti di Trieste, per denunciare Guido Cirilli, direttore di quell'Ufficio. Nella lettera Bertini Calosso enumera le opere che egli svolse presso l’Ufficio e tra queste nomina il suo impegno per la «costituzione di un archivio Fotografico della Regione, acquistando riproduzioni dal commercio ma più specialmente procurando la collaborazione di studiosi e collezionisti della regione nel duplice intento di dotare l’Ufficio di un materiale indispensabile per le indagini, i raffronti, la definitiva compilazione degli Elenchi, e di fornire all’Archivio Fotografico di codesta Direzione generale le riproduzioni di quanto, nella Venezia Giulia, presenti

98 C. BERTELLI, Archivi fotografici di Archeologia e Storia dell’Arte, in «Rassegna degli archivi di Stato», 30, 1970, p. 589

99 G. FUMO, L’archivio fotografico della Soprintendenza, in «Bollettino della Soprintendenza per i Beni ambientali, architettonici di Venezia», 2, 1995, pp. 112-120.

100 Ibid, p. 238

un maggiore interesse d’arte. A questo scopo, presi accordi col Comando Supremo e con la Direzione del Museo Civico di Trieste, si ottenne per opera mia il concorso finanziario ed il consenso per far lavorare a disposizione dell’Ufficio l’ottimo operatore fotografico di quel Museo. All’atto delle consegne date dal sottoscritto, le fotografie già raccolte erano 1282, di cui 459 destinate a codesta Direzione Generale»102. Dalla

testimonianza di Bertini Calosso si viene a conoscenza che non era ancora attivo nell’Ufficio un Laboratorio di fotografia, in quanto si prendeva a prestito il fotografo del Museo Civico; ma un archivio sì, e si viene appura che nell’arco di un anno Bertini Calosso era riuscito a collezionare parecchio materiale. Interessante è la considerazione che Bertini Calosso ha degli archivi fotografici che vengono intesi come strumenti scientifici d'ausilio al lavoro di ricerca e tutela svolto dalla Soprintendenza.

L’Archivio fotografico della Soprintendenza di Trieste è oggi situato a Palazzo Economo, in Piazza della Libertà, n. 7103. Nel 1975 con il trasferimento della

Soprintendenza in questa sede, che offriva maggiore disponibilità di spazio rispetto alla precedente, si avviò la sistemazione dell’Archivio fotografico e l’inizio del suo riordino, subitamente interrotto dagli eventi sismici del 1976 in Friuli, che sconvolsero il normale funzionamento degli Uffici imponendo di affrontare l’emergenza del recupero dei monumenti. Bisognerà aspettare la fine degli anni Novanta per un’analisi dello stato e dei contenuti dell’archivio fotografico della allora Soprintendenza per i Beni Architettonici Archeologici e Storico artistici104.

L'archivio fotografico della Soprintendenza di Trieste conserva i negativi, che sono lastre dalle quali con acidi si otteneva il positivo, le fotografie sviluppate, insieme al Registro cronologico di entrata dei negativi RCE e il registro cronologico di entrata dei positivi RCEP. Sui registri si annotava l’acquisizione delle fotografie e si

102 Ibid, p. 208.

103 La scheda dedicata all’Archivio fotografico di Trieste nel Portale della Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia http://www.soprintendenzastoricoartistica- fvg.beniculturali.it/index.php?it/137/archivio-fotografico-di-trieste

104 Il resoconto dei lavori attuati sull’archivio in FABIANI, NICOTERA, L’archivio fotografico.. op. cit., pp. 240.

descrivevano i soggetti delle stesse con criteri generici. Contestualmente si assegnava allo scatto un numero progressivo che veniva riportato sui negativi e sul retro delle stampe.

Per il riordino della fototeca si creò un database in ACCESS per contenere i dati delle singole foto, esse si digitalizzarono interamente insieme ai cartoncini sui quali le fotografie e che risultano annotati e timbrati. Vennero interessati da tale processo anche i registri cartacei, RCE e RCEP. Tutti i dati confluirono in un database consultabile solamente in loco.

I soggetti rappresentati in archivio riguardano tutti i settori del Friuli Venezia Giulia, e sino al 1945 anche i territori dell’Istria, persi con la seconda guerra mondiale e ora sotto il governo della Slovenia e della Croazia. Nel 1966 vennero trasferite all’Archivio Fotografico di Udine le foto inerenti al territorio di sua competenza. Gran parte delle fotografie contenute in archivio sono stata realizzata da fotografi che hanno lavorato come dipendenti della pubblica amministrazione. Ma si possiedono anche nomi di fotografi privati105.

Per quanto riguarda l'Istria, sono state indagate dalle campagne fotografiche più di un centinaio di località , comprese alcune isole. L' RCE che riporta le indicazioni di tutti i negativi entrati in Soprintendenza dal 1920 al 1930, è un quadernone intestato “negative dal n.1 al n.3700”. All'interno riporta per ogni fotografia il numero dello scatto, la data, il luogo e il soggetto della fotografia. Da un'analisi si rileva che il Registro è stato redatto a posteriori, probabilmente nel 1930, in quanto i negativi che sono registrati in ordine cronologico spesso presentano delle disincronie. Sulla descrizione dei materiali pertinenti all'Istria realizzati negli ambiti della Soprintendenza si tornerà in seguito.

105 In ordine alfabetico riporto i nomi dei fotografi ricordati nei RCE della Soprintendenza dalla sua nascita ad oggi: Brisighelli di Udine, Ciol di Casarsa, Cortesia di Cervignano, De Rosa di Spilimbergo, Ferruzzi di Venezia, Giornalfoto di Trieste, Givellotti, Lakner di Trieste, Marocco di Grado, Mottola di Trieste, Pignat di Udine, Pozzar di Trieste. E i fotografi registrati sui RCEP: Alinari di Firenze, Brisighelli di Udine, Fornasieri di Pordenone, Giornalfoto di Trieste, Greatti di Cervignano, Penco di Trieste, Pignat di Udine, Lakner di Trieste.