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CAPITOLO II: La fondazione dello Spazio europeo di Libertà,

2. Fra 1958 e 1968: l’azione della Corte di Giustizia europea nella

Fu proprio in relazione alla nascita di un primo spazio comune, affidato alla logica del mercato, che si avviò la costituzionalizzazione del processo comunitario. Singolare fu che l’avvio della costituzionalizzazione avvenne in anni di sostanziale paralisi politica dell’Europa. Nel periodo tra il 1958 e il 1968, passato alla storia come il “decennio gollista”219

, l’invenzione comunitaria subì, politicamente, un brusco arretramento. Il riferimento è alla vicenda di De Gaulle che, come leader politico, aveva già contribuito alla caduta del progetto di una CED (Comunità europea di difesa) all’Assemblea Nazionale francese, nell’agosto del 1954, e, come Presidente della Repubblica, volle riaffermare il primato della Francia e della sovranità statale. La sua idea di Europa era, e doveva rimanere, "l’Europa delle patrie" a guida francese. Il compromesso di Lussemburgo del 1966 sancì un vero blocco politico riaffermando in maniera rigidissima il criterio dell’unanimità e il diritto di veto agli Stati. Il rigetto, per due volte, della domanda di adesione del Regno Unito completò un quadro che vedeva la Francia come paese guida, la cui egemonia politico- istituzionale non doveva esser messa in discussione.

La cosa particolare, su cui interessa fermare l’attenzione, è che, in quel momento di rigido blocco politico, fu l’azione della Corte di giustizia a rappresentare un elemento profondo di sviluppo costituzionale di tutto il processo europeo. Questo non può sorprendere: la peculiarità del processo di integrazione europeo sta anche nel carattere "non ortodosso" della divisione dei ruoli fra le istituzioni, e, in una situazione dove spesso le divisioni propriamente politiche appaiono deboli o assenti, l’azione della Corte di giustizia ha finito per svolgere una sorta di ruolo "sostitutivo". In quel decennio avvenne qualcosa di particolarmente significativo, perché la premessa per questo ruolo della Corte di Giustizia fu proprio nella necessità di regolare e dare un ordinamento per la nascita del mercato comune. Fu la necessità di dare regole allo “spazio”, che tendeva a diventare comune, la vera molla che fece scattare qualcosa che spostò la logica del Trattato dalla dimensione "internazionalistica", in cui era certamente nato, verso quella "costituzionale", avviando una fenomenologia singolare e affascinante sulla quale la discussione è ancora aperta220. Dunque, lo “spazio” si colloca al centro del problema, a riprova

219 Si consulti,in particolare: B. Olivi, L’Europa difficile. Storia politica dell’integrazione europea 1948-2000, Bologna,

Il Mulino, 2001. 220

Si veda, ad esempio: E. Paciotti (a cura di), La costituzione europea, Roma, Meltemi, 2003; in particolare i saggi di A. Manzella e M. Fioravanti, pp.17-41.

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della sua importanza, sin dall’atto di nascita dell’invenzione comunitaria. Di che si tratta? Sul problema J.H.H Weiler ha svolto una lucida ricostruzione. La questione, che si sviluppò nel 1958, è descritta così:

“Da un punto di vista giuridico-normativo, la Comunità si sviluppò in quella prima fase con un inesorabile meccanismo di forte sovranazionalità. L’integrazione giuridica europea avanzò potentemente. Ma da un punto di vista politico, decisionale e procedurale lo stesso periodo fu contraddistinto da una tendenza contraria a favore dell’approccio intergovernativo e distante dall’integrazione europea”221

.

Dunque, discrasia e dicotomia fra "diritto" e "politica": un problema che la Comunità si porta ancora dietro, anche dopo che è divenuta “Unione”europea. Ritengo che la tesi di Weiler sia interessante perché fondata su sentenze che hanno segnato un’epoca del processo d’integrazione222. La costituzionalizzazione dell’ordinamento

comunitario, a partire dal 1963, si è andata realizzando per l’affermarsi di alcuni principi che, non previsti dal Trattato istitutivo, venivano affermati dalle Corti di Giustizia come conseguenza dell’istituzione del mercato comune. Fu proprio la costruzione di uno “spazio” nel quale incominciarono a incrociarsi ordinamenti diversi -ordinamento comunitario e ordinamenti nazionali- a segnalare la necessità che le norme comunitarie avessero, in varie forme, prevalenza su quelle nazionali, pena l’impossibilità di funzionamento del mercato comune e la non-tutela dei soggetti in esso liberamente circolanti. I tre principi che si affermarono sono: “il principio dell’effetto diretto”, “il principio di supremazia”, “i principi sui diritti fondamentali”223

.

L’effetto diretto delle norme comunitarie implica che le norme comunitarie autosufficienti:

“devono essere trattate alla stregua del diritto nazionale,

possono essere invocate dai singoli di fronte ai giudici del proprio paese, i quali dovranno disporre forme di tutela adeguate per le norme comunitarie, proprio come se si trattasse di norme emanate dal legislatore statale”224

.

221 In: J.H.H Weiler , La Costituzione dell’Europa, Bologna, Il Mulino, 2003; p.42. 222

Si vedano, in particolare, le sentenze: Van Gend en Loos, Costa-Enel, Les Verts e Kadi gia citate alle note nella “introduzione”, n. 3, 4, 5 e 6.

223

J.H.H Weiler , La Costituzione dell’Europa, cit., p. 6-56. 224

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Le implicazioni che scaturiscono da questo principio conducono a una conseguenza di grande portata:

“La Corte di Giustizia ha rovesciato il normale assunto del diritto internazionale secondo cui gli obblighi giuridici internazionali sono generalmente obblighi di risultato e sono indirizzati soltanto agli Stati”225

.

Lavoratori e consumatori circolano nello spazio del mercato comune: l’effetto diretto delle norme comunitarie registra anzitutto la nuova permeabilità degli Stati territoriali, sui quali incominciava a incombere la presenza efficace di ordinamenti che non erano nati dentro la loro sovranità, e che però agivano sul loro territorio. Si incrinava qualcosa nel rapporto stretto sovranità-legge, dal momento che sui territori nazionali agivano norme che non erano nate nell’alveo delle loro sovranità. Si apriva una questione giuridica sull'organizzazione pratica del rapporto fra ordinamenti statali, e anche una questione teorica che è al centro della ricerca costituzionale226. Emergeva anche un altro elemento: gli obblighi giuridici internazionali si collocano in rapporto diretto con "i singoli", superando il muro esclusivo dell’ordinamento statale.

A ben riflettere, questo sconvolgimento di posizioni consolidate nella tradizione giuridica europea e del diritto pubblico statuale europeo fu reso possibile (e, in un certo senso, necessario) dal momento in cui "i singoli", in base al principio della libera circolazione, si sono trovati esposti agli effetti di norme non provenienti dal proprio ordinamento nazionale: nello spazio, inizialmente comune, si ergeva l’embrione di un "nuovo ordine". Lo spazio comune, con la sua permeabilità delle frontiere nazionali, poneva un problema generale fin dalla sua fase embrionale, progressivamente evoluta in varie direzioni.

Inoltre, molto interessante è “il principio di supremazia”.

“La Corte di Giustizia ha introdotto nell’ordinamento comunitario il principio di supremazia in una versione compiuta, senza compromessi nella sfera di applicazione del

225 Ibidem. 226

Si vedano,in particolare, gli importanti lavori di: A.Manzella, Lo Stato comunitario, in “Quaderni costituzionali”, XXII, 2003, e E. Scoditti, Articolare la costituzione. L’Europa come ordinamento giuridico integrato , in Materiali per una storia della cultura giuridica, AnnoXXXIV, n.1, giugno 2004, pp. 189-215.

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diritto comunitario: ogni norma comunitaria…prevale sulla norma nazionale contrastante indipendentemente dal fatto che essa sia stata emanata prima o dopo la norma comunitaria”227

.

Si tratta di una disposizione dirompente, con una “ratio” che ancora una volta si lega alla regolamentazione dello “spazio” di mercato. Dirompente, se confrontata alla normale logica dei Trattati internazionali, rispetto ai quali il legislatore nazionale che non accetti la norma pattizia può emanare una legge di contenuto contrario ed eliminare del tutto gli effetti della norma non accettata. Inoltre, attraverso il principio di supremazia si è affermato che la Corte di Giustizia aveva “l’ultima parola

relativamente al campo d’azione del diritto comunitario”228, possedeva,

quindi, la costituzionale “competenza sulla competenza”.

La logica comunitaria ha avuto, in questo modo, un carattere particolare, che ha fatto sorgere il problema della “natura” dei Trattati istitutivi: se rientrassero nella normale logica internazionalistica o, alludessero, già all’atto di nascita, a una situazione di diversa natura, di carattere implicitamente "costituzionale". Il principio non è mai stato accolto ufficialmente nei Trattati (e nemmeno lo era stato nel “Trattato costituzionale” del 2003, nonostante i tentativi di proporlo), ma gli Stati non poterono opporsi alla sua concreta applicazione per una ragione che riguardava proprio il funzionamento dello "spazio-mercato". Senza quella “supremazia”, affermata dalla Corte di Giustizia, proprio il funzionamento del mercato sarebbe stato messo in profonda discussione. Bisognava assicurare –ecco la sua "ratio"- l’uniformità del diritto comunitario nel suo spazio giuridico di applicazione, altrimenti il mercato sarebbe stato travolto da un confuso sistema di norme, ognuna contro l’altra, in possibili collisioni reciproche. Questo conferma l'accento iniziale posto sul nodo fondamentale di partenza: la permeabilità del vecchio territorio dello Stato, l’incidenza su di essi di ordinamenti esterni, e ancora la centralità del tema “spazio” come un aspetto decisivo per l'evoluzione e il futuro del processo d'integrazione europeo.

Spostando il focus sul terzo principio affermato, relativo ai diritti fondamentali, si realizza qualcosa di ancor più grande importanza che segnerà una vera svolta al processo. Il Trattato europeo, allora, non conteneva, una propria Carta dei diritti a cui fare riferimento, ma nello

227

J.H.H Weiler , La Costituzione dell’Europa, cit., p. 48. 228

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"spazio-mercato" si muovevano le soggettività dei “lavoratori” portatori, come tali, di diritti. Annota Weiler:

“Accettare la supremazia del diritto comunitario senza una garanzia che questa legge superiore non violasse i diritti fondamentali della tradizione giuridica di uno Stato membro sarebbe stato praticamente impossibile”229

.

E infatti la Corte di Giustizia, in una sentenza del 1969 230 affermò che: “avrebbe sottoposto a controllo giurisdizionale tutti i

provvedimenti della Comunità per ogni violazione dei diritti fondamentali, adottando come parametri le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e le convenzioni internazionali sui diritti umani da essi sottoscritte” 231

Questo principio completava il quadro degli effetti subitanei che la costruzione dello "spazio-mercato" incominciò a produrre nel rapporto fra ordinamento comunitario e ordinamenti nazionali. Quel rapporto incontrava sia gli effetti diretti della norma comunitaria sulla logica dello scambio di mercato, sia la tutela della libera circolazione dei lavoratori che si era avviata, e che viveva in concreto sotto più ordinamenti; si estendeva l’ombrello protettivo sui propri diritti. L’effetto generale fu quello di rimuovere il principio della responsabilità statale esclusiva232: ridusse la potenza esclusiva dello Stato come mediatore unico nel rapporto con le norme non-nazionali; immise direttamente l’individuo in questa relazione.

Questo aspetto del problema contiene una lezione teorica di grande portata: la permeabilità dello Stato territoriale non era solo nel principio dell’effetto diretto delle norme comunitarie, ma nell’ergersi degli individui, portatori di diritti, come soggetti che si trovavano al punto

229

Ibidem, p. 54. 230

Si veda: Corte di giustizia, Stauder, Causa 29/69, sentenza del 12 novembre 1969.

L’oggetto della questione sottoposta alla Corte di giustizia era una decisione della Commissione che autorizzava la vendita di burro a prezzo ridotto a persone in stato di necessità, per eliminare il surplus di burro prodotto dalla Comunità. Si chiedeva però ai beneficiari di presentare un documento nominale, necessario per la loro identificazione, al fine di evitare frodi. Questa procedura d'identificazione venne reputata contraria alla dignità umana e all’uguaglianza davanti alla legge, da parte del tribunale amministrativo di Stoccarda, il quale chiese alla Corte di Giustizia di verificare la compatibilità di tale decisione della Commissione con i “principi generali di diritto comunitario in vigore”. La Corte si reputò competente a garantire i diritti fondamentali della persona umana, compresi fra i principi generali di diritto comunitario di cui la Corte assicura il rispetto, ma la questione si concluse con un rigetto della questione di invalidità.

231

J.H.H Weiler , La Costituzione dell’Europa, cit., p. 53. 232

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d’incrocio di un rapporto tra norme e ordinamenti, non avendo più bisogno esclusivo della mediazione del proprio Stato per tutelare se stessi. In quanto individui circolanti in uno spazio comune, i loro diritti erano tutelati sia nei confronti di una norma comunitaria sia di una norma nazionale che li violasse potendo fare riferimento al patrimonio costituzionale degli Stati membri, ed essi si trovavano in un punto preciso in cui confluivano le varie norme e i vari ordinamenti. Lo "spazio comune" europeo incominciava a prendere consistenza: le frontiere si incrinavano, la impermeabilità dello Stato territoriale -messa già da tempo, genialmente, in discussione nel classico volume di Donato Donati233 - non era più principio esclusivo, ma entrava in un problematico agone che apriva orizzonti inediti, di cui varrà la pena investigarne qualcuno.

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