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Le fragilità del sistema energetico italiano alla luce delle dinamiche dei prezzi delle materie prime energetiche e dei costi dell’energia

Le ragioni che spiegano il forte interesse economico riguardo il comparto delle energie rinnovabili nell’attuale momento storico sono, per certi aspetti, le cause che generano le fragilità del sistema energetico italiano.

Il primo elemento di interesse è rappresentato dalla forte crescita nelle quotazioni del petrolio greggio. Tra il dicembre 2001 e il luglio 2008, infatti, il prezzo del petrolio greggio è cresciuto del 600%, sestuplicando il proprio valore prima di ripiegare su posizioni più sostenibili (Fig. 1.6). L’impatto di tale crescita abnorme si è riversato a valle a tutti i prodotti energetici derivati, quali i combustibili per autotrazione, i combustibili da riscaldamento, i combustibili da generazione di elettricità.

Contemporaneamente, per effetto dei meccanismi di sostituzione che legano le due materie prime, anche il prezzo del gas naturale ha subito incrementi rilevanti, dato che i prezzi di mercato al giugno 2008 hanno fatto segnare una crescita del 400% rispetto alle

quotazioni registrate nel febbraio 2002. Il trend delle quotazioni del prezzo del gas ha evidenziato, negli anni recenti, una volatilità più forte rispetto a quella del prezzo del petrolio. I prezzi del gas sono, infatti, prima raddoppiati nel giro di soli quattro anni (tra il 2001 e il 2005), per poi ripiegare bruscamente nel 2006-2007 e mostrare una nuova rilevante tendenza alla crescita (Fig. 6). Va rilevato che una delle ragioni che hanno condotto a una dinamica relativamente più favorevole nel prezzo del gas per l’industria e il consumatore finale, è che il sistema di estrazione di questo prodotto non è ancora articolato come, attraverso il cartello dell’OPEC, avviene già da molti anni per quello del petrolio. Tuttavia, sia la progressiva sostituibilità del gas naturale ai prodotti petroliferi (per esempio nel contesto automobilistico), sia la tendenza favorevole dei principali imprese produttrici ad orientarsi mondiali a livello mondiale verso una razionalizzazione dell’offerta mondiale per mezzo di un futuro cartello che coordinerà i processi di estrazione, fanno prevedere quale inevitabile conseguenza un progressivo incremento dei prezzi del gas naturale e di un sempre più stretto legame con l’andamento del prezzo del petrolio.

Fig. 1.6 – L'evoluzione del prezzo del Petrolio Brent e del Gas Naturale in US$, 1999-2008

Un ulteriore elemento di interesse è rappresentato dal fatto che le fonti tradizionali di energia, vale a dire le fonti fossili, sono per natura non rinnovabili e vanno di conseguenza incontro a un inevitabile esaurimento sebbene le previsioni e le stime sui tempi di tale processo differiscano notevolmente, e non vi sia ancora una visione universalmente accettata sul tema15.

A ciò si aggiunga che la maggioranza delle fonti fossili sia situata in regioni geopolitiche ad alta instabilità, il che rende urgente la necessità di trovare fonti alternative capaci di garantire un determinato livello di sicurezza energetica in termini di approvvigionamento sul mercato globale.

La questione ambientale, come si vedrà nel capitolo successivo, riveste notevole importanza alla base dell’interesse per le energie rinnovabili, dato che uno spostamento verso l’utilizzo di fonti alternative o rinnovabili consentirebbe di ridurre le emissioni inquinanti con evidenti benefici sia per l’ambiente, sia per la qualità della vita umana di oggi e di domani.

Di contro, i costi delle tecnologie per lo sfruttamento di energia rinnovabile sono tuttora relativamente elevati rispetto alle tecnologie “mature” impiegate nello sfruttamento di fonti fossili. Tuttavia, anche per effetto del crescente sviluppo di incentivi ad opera del decisori pubblici, talune forme di energia rinnovabile sono già oggi, in determinate condizioni di mercato, competitive rispetto all’energia convenzionale.

In un contesto di riduzione controllata dell’offerta di petrolio e gas e di incremento nei rispettivi prezzi, l’Italia si trova in una posizione competitiva svantaggiata rispetto alle altre economie industrializzate.

Il sistema energetico italiano presenta tre elementi di fragilità che ricadono direttamente sul sistema delle imprese in termini di costi energetici più elevati e di conseguente riduzione della competitività. Essi possono essere rappresentati da:

- la forte dipendenza energetica dell’Italia dall’estero, non solo in termini di petrolio, gas e derivati, ma anche di elettricità pura;

15 Secondo le stime pubblicate dall’IEA nel World Energy Outlook 2008, la quantità complessiva di

petrolio è sufficientemente grande per sostenere l’aumento di produzione previsto nello scenario a più elevato consumo di energia anche oltre il 2030. Le stime delle riserve rimanenti accertate di petrolio e di frazioni liquide di gas naturale variano tra 1,2 e 1,3 mila miliardi di barili (inclusi circa duecento miliardi di barili di petrolio non convenzionale). Le stime sull’aumento delle riserve sono dovute alle continue revisioni nei giacimenti scoperti prima degli anni 1980 nei Paesi OPEC, piuttosto che da nuove scoperte grazie soprattutto all’aumento dell’attività di esplorazione ed ai miglioramenti in campo tecnologico.

- la ridotta possibilità da parte del sistema energetico italiano, allo stato attuale, di attivare fonti energetiche alternative significative;

- gli elevati livelli dei costi dell’energia elettrica, quale conseguenza della necessità di importazione massiccia a prezzi relativamente sfavorevoli, di condizioni fiscali interne particolarmente onerose, di una forte reattività dei prezzi stessi rispetto al prezzo delle materie prime e di una struttura competitiva non ottimale del mercato elettrico.

Le caratteristiche che rendono il sistema italiano particolarmente sensibile rispetto alla “questione energetica” possono essere riflesse da alcune statistiche che danno ragione del fatto che le imprese italiane (ma anche i consumatori) risultano svantaggiate dal punto di vista competitivo, sia rispetto ai concorrenti globali, sia, anche, rispetto a Paesi europei che rappresentano modelli competitivi assai più prossimi (come ad esempio la Francia).

La graduatoria dei primi dieci Paesi importatori netti di energia elettrica a livello mondiale nell’anno 2007 (tab. 1.20), mostra l’Italia sia il primo Paese mondiale in termini di importazioni nette di energia elettrica. Questa caratteristica rende il sistema italiano particolarmente vulnerabile rispetto alle dinamiche di mercato sia nel caso di produzione interna di energia elettrica attraverso combustibili di origine fossile (che subiscono variazioni di prezzo rilevanti poi riversate sui prezzi a valle), sia rispetto all’acquisto da Paesi limitrofi che, pur producendo, come la Francia, a condizioni relativamente indipendenti dal prezzo dei prodotti petroliferi e del gas (per la forte componente nucleare), adeguano i prezzi alle dinamiche di mercato estraendo forti surplus di prezzo.

La leadership a livello mondiale nelle importazioni nette di energia elettrica fa si che l’indice di “dipendenza elettrica” dell’Italia, misurato dal rapporto tra importazioni nette e consumi elettrici, fatta eccezione per i Paesi Bassi, sia non solo il più elevato dei maggiori Paesi europei, ma anche rispetto alle grandi economie mondiali (tab. 1.21). Questo determina, per il sistema elettrico italiano, una forte vulnerabilità rispetto alle perturbazioni di mercato e una generale dipendenza da sistemi esterni che possono causare elementi di discontinuità, sia di prezzo che di fornitura16.

16 Si ricordi a tal riguardo l’interruzione della fornitura di energia elettrica (black out) verificatosi il 28

Tab. 1.20 – I primi dieci Paesi importatori di energia elettrica a livello mondiale, 2007 Paese TWh % Italia 46 18,1 Brasile 39 15,4 USA 31 12,2 Paesi Bassi 18 7,1 Finlandia 13 5,1 Argentina 8 3,1 Portogallo 7 2,8 Hong Kong (Cina) 7 2,8 Belgio 7 2,8 Austria 7 2,8 Altri 71 28,0

Totale Mondo 254 100,0 Fonte: Elaborazioni su IEA (2009)

Tab. 1.21 – L’indice di dipendenza elettrica nei principali Paesi europei, 2006

Paese Importazioni nette/consumo interno

Paesi Bassi 17,5 Italia 16,4 Portogallo 14,7 Belgio 7,9 Austria 4,7 Regno Unito 1,9 Spagna -0,6 Germania -0,9 Svezia -5,6 Polonia -11,0 Francia -14,3

Fonte: Elaborazioni su Eurostat (2007)

Tab. 1.22 – L'evoluzione del tasso di dipendenza dalle importazioni di fonti fossili in %, 1990-2006 Anno Paesi 1990 1995 2000 2005 2006 UE-27 44,6 43,5 46,8 52,5 53,8 Italia 84,8 82,3 87,3 84,4 86,8 Fonte: Eurostat (2008)

A monte di ogni ragionamento risiede la forte dipendenza dell’Italia dalle importazioni di fonti fossili. Il tasso di dipendenza, calcolato come rapporto tra importazioni nette e consumo interno, si a accentuato nel periodo 1990-2006 raggiungendo una quota di quasi l’87% (tab. 1.22). Nel periodo considerato anche la media del tasso di dipendenza dei Paesi dell’UE-27 è aumentato passando dal 44,6% del 1990 al 53,8% del 2006.

Tuttavia, la differenza tra i tassi fatti registrare in Italia e nella media dell’UE-27 è enorme dato che è pari a 33 punti percentuali.

Il sistema italiano di produzione di energia elettrica, che solo di recente ha deciso la re- introduzione dell’alternativa nucleare attraverso il DDL Sviluppo approvato il 9 Luglio 2009 dal Parlamento italiano, rimane pertanto ancora estremamente legato a combustibili di origine fossile (sia liquidi che gassosi). Ne deriva una forte correlazione tra il prezzo dell’energia elettrica e la dinamica di prezzo del greggio e del gas naturale (cosa che non avviene, per esempio, per la Francia, fortemente legata alla produzione di energia elettrica attraverso impianti nucleari).

Per le ragioni sopra esposte, e anche per questioni di natura fiscale, l’Italia mostra il prezzo medio per kWh (per utenza industriale, ma anche per utenza privata) più elevato di tutti i Paesi europei e ovviamente anche delle grandi economie extra-europee (fig. 1.7). Va rilevato che questo rappresenta, insieme ad altre leve di carattere strutturale quali la fiscalità e il costo del lavoro, un elemento di grande rilevanza, soprattutto all’interno dei settori ad alta intensità energetica, che vede le imprese italiane fortemente penalizzate in termini competitivi.

Fig. 1.7 – Il prezzo medio di un kWh per l’industria nei principali Paesi europei in eurocents, 2007 (senza IVA ma incluse altre tasse)

13.9 10.7 10.3 9.7 9.7 9.5 8.6 8.5 6.3 5.9 5.9 5.7 0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0 12.0 14.0 16.0 Italia Germ ania Paes i Bas si Regn o Unit o Belg io Austri a Porto gallo Spag na Svez ia Polon ia Fran cia Finla ndia Paesi %

Fig. 1.8 – Crescita del prezzo medio di un kWh per l’industria nei principali Paesi europei in eurocents, media 2004-2007

3.6 2.1 4.7 2 1.9 1.8 2.9 1.1 1.1 0.1 -0.2 -1.0 0.0 1.0 2.0 3.0 4.0 5.0 Italia Germ ania Regn o Unit o Belg io Austr ia Porto gallo Spag na Svez ia Polon ia Fran cia Finlan dia Paesi %

Fonte: Elaborazioni su Eurostat (2007)

In conseguenza a quanto sopra esposto, la figura 1.8 evidenzia come l’Italia abbia mostrato, dal 2004, la crescita assoluta, in centesimi di euro, più elevata rispetto a tutti i maggiori Paesi europei (esclusa la Gran Bretagna) nel costo dell’energia elettrica. Ciò ha determinato una ulteriore perdita di competitività per il “sistema Italia”. E’ evidente che le scelte strategiche del sistema stesso e l’incapacità di attivare in tempi brevi alternative energetiche affidabili rendono il nostro Paese assai più esposto di altri alle perturbazioni energetiche. A questo riguardo va sottolineato che Francia e Svezia, paesi tradizionalmente a forte vocazione nucleare, hanno presentato la crescita in assoluto più ridotta nel costo dell’energia elettrica.

Dalle considerazioni evidenziate in questo capitolo emerge chiaramente come le recenti dinamiche di mercato nel prezzo delle materie prime e le peculiarità del sistema italiano rendano al contempo la questione energetica fondamentale e particolarmente critica per il nostro Paese.

A conferma di ciò, va interpretato come dato alquanto preoccupante l’andamento stazionario registrato dall’indicatore intensità energetica (tab. 1.23). Come noto tale indicatore macroeconomico rappresenta la quantità di energia necessaria a produrre un euro di PIL per un determinato paese. Sebbene siano molti i fattori che influenzano

l'intensità energetica complessiva dell'economia di una nazione17, il fatto che alla

sensibile diminuzione dell’intensità energetica nell’U.E. a 27 segnata nel periodo 1990- 2006 si contrapponga per l’Italia un dato pressoché analogo a quello del 2006 rappresenta un chiaro segnale di perdita di competitività dell’economia del nostro Paese.

Tab. 1.23 – L'evoluzione dell’intensità energetica, 1990-2006

Anno

Statistiche 1990 1995 2000 2005 2006 Intensità energetica

(Tep/Milioni di euro base 2000)

UE-27 215 209 188 182 177 Italia 151 149 145 151 147

Fonte: Eurostat (2008)

E’ evidente che la ricerca di alternative energetiche (come per esempio le fonti rinnovabili) rappresenta, in questa fase storica, un fattore necessario per chiunque, ma soprattutto per il sistema italiano al fine di salvaguardare la capacità competitiva delle imprese. Di conseguenza, anche tralasciando la questione ambientale e considerando solo il profilo meramente economico, in nessun altro Paese industrializzato si verifica una così forte convenienza all’adozione di tecnologie energetiche legate a fonti rinnovabili.