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Toscana Medica 9/12

FRANCESCO ROMEO

Toscana Medica 9/12

Frammenti di storia

naturale per esprimere gli umani sentimenti. Si tratta solo di nostalgia per i tempi andati o non piuttosto di un ripensamento su quella forma d’arte che, avvalendosi di una tecnica ancora acer- ba, esprimeva in maniera primitiva ma effi cace gli stati d’animo dei personaggi? Ancora se ne discute e non pochi sono convinti che, forse, l’avvento del sonoro abbia impedito al cinema muto di dar fon- do alle sue riserve.

Gli argomenti a loro favore non mancano. Tra questi il linguaggio del corpo che riesce a tra- smettere emozioni nel più assoluto silenzio da che l’uomo è nato. Il cinema muto non fa altro che ri- chiamarsi ad un processo naturale. E deve trat- tarsi di un processo effi cace se è riuscito a creare icone autentiche come Charlie Chaplin e Rodolfo Valentino, Francesca Bertini, Lyda Borelli e fi lm come Assunta Spina o Cabiria ed autori come Ga- briele D’Annunzio e musicisti come Ildebrando Pizzetti. Sono attori e fi lm che alla loro epoca, ri- chiamavano folle inimmaginabili ai giorni nostri.

L’indimenticabile creatore di Charlot, all’av- vento del sonoro, ebbe a dichiarare che nel caso avesse dovuto partecipare ad un fi lm girato col nuovo metodo, avrebbe scelto la parte del sordo- muto. Ed infatti nelle pellicole successive rara- mente fa uso della parola.

Io mi appassionai all’argomento all’epoca in cui preparavo l’esame di anatomia. Già allora mi interessavo alla settima arte e cominciavo a pub- blicare i primi articoli sui giornali della mia città. Quando ho studiato i muscoli epicranici non mi fu diffi cile trovare una connessione con la tecnica espressiva dell ‘attore muto.

Questi muscoli partono dal cuoio capelluto sot- tocutaneo e si diramano sulla faccia la quale rive- la le sensazioni interiori a seconda della intensità dei loro movimenti.

Ad esempio quelli che muovono dal temporo- parietale concorrono all’espressione di sorpresa, orrore, paura, ecc.

L’ orbicolare dell’occhio si rilassa durante il sonno, ma dà luogo anche all’ammiccamento, os- sia all’atto di strizzare l’occhio con l’intenzione di far capire a qualcuno che vi è intesa. Il corrugatore del sopracciglio concorre al cosiddetto “aggrottare le ciglia”. In segno di collera o più genericamente di turbamento.

Ed ancora, il depressore del setto nasale fa di- latare le narici. I muscoli della bocca e l’elevatore del naso formano un solco che diviene più profon- do nelle espressioni meste e gravi e la contrazione simultanea determina l’espressione di disprezzo e sdegno. Sappiamo tutti che nella polmonite si può avere la facies voluptuosa: pomelli arrossati, occhi lucidi e nari alitanti.

Quando siamo mossi dal riso è il grande zigo- matico che stira l’angolo della bocca verso l’alto

e lateralmente. E quando assumiamo un atteg- giamento ironico è perché il risorio si mette in at- tività.

I turbamenti interiori, le passioni, tormenti, travagli dell’intimo affi orano sul volto dell’attore simultaneamente al loro nascere e perciò masche- rano la fi nzione. L’impressione dell’autenticità si esprime in questi artisti per una naturale voca- zione, a cui si aggiunge lo studio, l ‘allenamento, una particolare sensibilità.

Ogni minima sensazione viene vissuta dal- lo spettatore in tempo reale ed evidenziata dalla macchina da presa, implacabile nell’esaltare le minime sfumature del volto.

Vi è una differenza sostanziale tra l’attore del muto e quello di teatro. ll primo si esprime con il corpo, l’altro con la parola.

Sul palcoscenico non è l’espressione del viso o i movimenti del corpo che trasmettono emozioni, ma il linguaggio che può essere rozzo, forbito, vol- gare, irruento, piatto e banale. In ogni caso si trat- ta di un processo riproduttivo non spontaneo come il linguaggio del muto. La bravura dell’attore teatrale consiste nell’aderire al pensiero dell’auto- re che domina l’opera. Certo un Ruggero Ruggeri o una Eleonora Duse sono fenomeni rari, perché sanno cogliere le più remote sensazioni del per- sonaggio, ma non riusciranno mai ad eguagliare le capacità di Shakespeare o di Pirandello che li hanno create.

Gassman è stato grande in teatro, meno nel ci- nema e comunque nei fi lm di Monicelli era il dialo- go che esaltava la sua bravura e la sua capacità di rendersi inverosimile.

Le scene più effi caci ne “La grande guerra”, con lo stesso Gassman e Sordi sono quelle mute riprese in trincea. E anche ultimamente nello sce- neggiato sulla madre di Cristo, Maria ha parla- to pochissimo, affi dando al volto l’espressione dei suoi sentimenti.

Un senso di stizza sul palcoscenico richiede il movimento marcato del braccio e del tronco affi n- ché possa essere colto da chi sta in platea, se si è troppo lontano si perde ogni effetto perché non sono percepiti dagli spettatori.

Nel 1927 i titolari di una piccola Casa cine- matografi ca in cattive acque, la Warner Bros, lanciarono il Cantante di Jazz, primo fi lm sono- ro. Erano riusciti a stampare suoni e parole, in perfetta sincronizzazione, nella stessa pellicola. Il nuovo sistema si diffuse rapidamente in tutto il mondo.

Pochi notarono che stava seppellendo un mon- do ancora pieno di vita e di cose da dire. Se ne accorso solo Charlie Chaplin che, col suo indimen- ticabile Charlot s’incamminava malinconico sulla via dritta con scritto “The end”.

Toscana Medica 9/12