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Esame dei frammenti superstiti

1. Esame codicologico

Delle imbreviature del notaio Lanzarotto Negroni dedicate alle transazioni economiche di Giovanni Visconti sopravvivono due frammenti di quaderni (o libri) cartacei, rispettivamente di 46 (3 gennaio 1345 - 5 aprile 1346) e di 14 carte (4 gen-naio - febbraio 1352).

Il primo, relativo (per la parte superstite) all’intero anno 1345 e ai primi tre mesi del successivo, reca all’inizio di ciascun anno un’intestazione, vale a dire: «[Breviatu]re Lanzaroti Negroni, filii quondam domini Medii, ci[vitatis Mediolani, porte Ticinensis], parrochie Sancti Laurentii Maioris foris, notarii» (c. 1r) e «[Breviature] mei Lanzaroti, filii quondam domini Medii Negr[oni civitatis Mediolani] porte Ticinensis, parrochie Sancti Laurentii Maioris foris, notarii, sub anno MCCCXLVI» (c. 40r). L’intero regi-stro doveva contare almeno 137 carte, considerato che in un foglio bianco non nume-rato, privo di filigrana, ma simile alla carta del Quaderno II del 1352, più spessa di quella del 1345 (ora staccato e rovinato, il foglio è forse ciò che resta di una guardia del registro del 1345-46, o più probabilmente di una camicia ricavata da una carta antica rimasta priva di scrittura e apposta successivamente ai fascicoli già sciolti), una mano apparentemente cinquecentesca, annota: «Testamentum Karoli de Dotoribus de Cre-mona a fol. 137», mentre altre due mani (i tre inchiostri sono fra loro diversi), proba-bilmente nel XVIII secolo, aggiungono «1345 et 1346» e «Imbr(eviatur)ae aliquot Lanzaroti Negroni» 324. Si tratta di un numero di carte compatibile con quello indicato nella rubrica cinquecentesca di un perduto registro di imbreviature del 1348 (di alme-no 88 carte) 325 e soprattutto con quello di un frammento della parte conclusiva di un’altra rubrica riferita a un registro di un anno sconosciuto, che indica non meno di 103 carte (un successivo frammento menziona inoltre in un libro di imbreviature di Negroni le cc. 110 e 120) 326. Se ne può anche ricavare l’ipotesi che il Quaderno I nel

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324 Carlino Dettori era stato cancelliere di Giovanni e Luchino Visconti, che il 14 settembre 1346 avevano ottenuto da Clemente VI per lui e per Folchino Schizzi, entrambi cremonesi, la grazia di sce-gliersi un confessore in articulo mortis: BISCARO 1919-1937, III, p. 234. Carlino compare nel doc. 64 del Quaderno I (9 novembre 1345), c. 33r, come rogatario, assieme all’altro cancelliere signorile, Arasmolo da Pirovano, di una sentenza arbitrale pronunciata da Giovanni Visconti.

325 In Appendice II.

326 Entrambi in Appendice III.

– XC –

XVI secolo dovesse essere completo (con legatura integra oppure già slegato), così da apporvi il riferimento alla carta 137, mentre un paio di secoli più tardi si presentasse come un gruppo indistinto di fascicoli non molto più cospicuo di quanto sia oggi: in-fatti se 46 fogli corrispondono a un anno e tre mesi (tale è la consistenza del primo frammento, come abbiamo visto), probabilmente il Quaderno I completo non si arresta-va al 1346 ma comprendearresta-va il 1347, anno che è invece escluso dalla suddetta annota-zione; del resto, lo stato precario dell’ultima carta (46), che si presenta del tutto slegata, particolarmente logorata ai margini e difficilmente leggibile per lo sporco, conferma che la consistenza attuale della porzione di registro risalga assai addietro nel tempo.

Dunque di quello che doveva essere un grosso volume si conservano i primi tre fascicoli, composti rispettivamente di 12, 18 e 16 carte, formati da bifogli di circa 470 x 315 mm piegati in due a formare carte di 315 x 235 mm 327. I fascicoli risultano par-zialmente smembrati, con numerose carte staccate a causa della frattura dei bifogli lungo la linea della costa (indebolita dalla perdita dei 60 mm superiori); essi sono anco-ra riconoscibili ganco-razie alle tanco-racce di legatuanco-ra con doppio spago che attualmente, conser-vato in tutti tre i fascicoli, lega solo i fogli centrali passando per cinque fori praticati lungo la costa (quello superiore solo ipotizzabile per analogia con la parte inferiore, a causa della mancanza della porzione di supporto corrispondente) e grazie alla possibi-lità di collocare le carte sciolte sulla base delle tracce di cartulazione e della prosecu-zione degli atti dall’una all’altra carta. Nel primo fascicolo il doppio spago è ancora le-gato attorno a un frammento di cuoio marrone (di circa 10 x 4 mm), unica attestazio-ne della presenza originaria di una coperta, ora completamente scomparsa, che proteg-geva l’intero registro; questo spago, piuttosto robusto, è dunque da ascrivere alla rile-gatura complessiva dei fascicoli, per cui si ignora se in origine i bifogli fossero sempli-cemente inseriti l’uno nell’altro, oppure – ipotesi meno probabile – legati tra loro con uno spago più sottile, di cui non vi è traccia). Il primo fascicolo, un senione o sesterno (cc. 1r-12v), presenta continuità con il secondo (cc. 13r-30v), che invece ha bianche le cc. 28v-30v. In origine esso era composto di 20 carte, ossia 10 bifogli, come segnala lo spago passante al centro delle cc. 22v-23r, quindi dopo le prime 10 carte, a dividere ora asimmetricamente il fascicolo in 10 e 8 carte. Ciò è spiegabile col fatto che le due carte terminali dopo la 30v dovevano essere, come questa e la precedente, bianche (alla c.

31r inizia un nuovo atto) e sono state staccate, quasi certamente per essere riutilizzate in altro modo, quando già erano parte del volume rilegato: l’asportazione delle due carte finali del secondo fascicolo non sarebbe stata possibile se questo fosse stato sle-gato, dato che avrebbe provocato il distacco anche delle prime due, recanti scrittura

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327 Esse dunque differiscono dalle misure comunemente riscontrate da BELLONI - LUNARI 2004, p.

XXXIII.

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(ora staccate, in seguito alla perdita della legatura). Da questo si ricava anche che la cartulazione in cifre arabe inquadrate da un tratto di penna, in parte sopravvissuta nel margine superiore destro del recto di ogni carta, anche se databile alla metà del XIV se-colo, non solo non è contemporanea alla stesura delle imbreviature, ma è posteriore anche alla rilegatura in volume dei fascicoli: se le due carte suddette fossero state nu-merate (dunque come 31-32) e solo in seguito staccate dal volume, alla c. 30v segui-rebbe la 33r, mentre segue la c. 31r, inizio del terzo fascicolo. Quest’ultimo (cc. 31r-46v) presenta bianche le cc. 38v-39v in corrispondenza della fine delle imbreviature del 1345, allo scopo probabile di lasciare spazio per integrazioni; in effetti il fascicolo, composto da 8 bifogli ripiegati, nonostante ora presenti diverse carte staccate è co-munque completo, come dimostra, in presenza della numerazione solo su 8 carte nella prima metà, lo spago ancora passante per le centrali cc. 38v-39r. Questo frammento di libro non presenta dunque alcuna perdita né di parti scritte, né di parti lasciate in bian-co, eccetto le due staccate prima della numerazione (lo assicurano le tracce di cartula-zione e la continuità del testo – alcuni atti occupano diverse carte), fino alla c. 46v, ove un atto resta interrotto, in origine dovendo proseguire nella perduta c. 47r, inizio del quarto fascicolo (tale unitaria continuità di 46 carte di volume non è stata sinora rile-vata dagli studiosi) 328; bianche sono le cc. 28v-30v e 38v-39v e per la sola metà inferiore le cc. 28r e 38r. Del registro è dunque attualmente perduta la parte dal quarto fascicolo in poi, ossia dalla c. 47r, presumibilmente fino oltre la c. 137r: si tratta del periodo dal 4 aprile 1346 forse al dicembre 1347. La rubrica di cui all’Appendice II conferma infatti per il 1348 un nuovo registro completo, dalla c. 1 alla c. 88.

Le carte sono di qualità omogenea, presentando uniformemente una filigrana in forma di testa di bue del tutto simile a quella che caratterizza una produzione genove-se avviata nel 1333 329, ma attestata con minime varianti in numerosi campioni di carta prodotta in area lombarda nel XIV secolo (la testa di bue è la figura più utilizzata nel Trecento e oltre). Lo stato di conservazione del supporto in sé è buono, sebbene l’esposizione causata dalla precoce scomparsa della legatura abbia prodotto danni ai margini e soprattutto agli angoli, con una notevole lacuna in particolare a quelli supe-riori interni, lungo la linea della costa, della quale mancano i 60 mm supesupe-riori (ossia l’angolo in alto a sinistra nel recto e quello a destra nel verso), lacuna che intacca anche

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328 In BELLONI - LUNARI - CHITTOLINI 2004, p. 423 è postulata l’esistenza di tre quaterni distinti, sebbene in successione cronologica, senza individuare un unico registro di 46+x carte; inoltre il secon-do fascicolo è erroneamente considerato mutilo, mentre, come detto, non manca nessuna carta (se non due bianche tolte prima della cartulazione). Anche la data di conclusione del terzo fascicolo, 31 gennaio 1346, è errata (è invece il 5 aprile 1346). La ripartizione in fascicoli di 12, 18 e 16 carte è invece corretta.

329 BRIQUET, IV, n. 14106.

– XCII –

il testo. Nelle parti più esposte le lacune si ampliano (ad es. la c. 46, staccata, è lesa in tutti i quattro angoli e macchiata) e si registrano accumulo di sporco e sbiadimento dell’inchiostro; quest’ultimo è causa dell’ulteriore scomparsa di piccole parti di testo e, in circa la metà dei casi, della numerazione delle carte, nonostante essa sia posta nell’angolo superiore conservato. Le parti di testo intaccate, sbiadite o macchiate sono tuttavia in larga misura integrabili; quando non lo sono, ciò non implica tuttavia la perdita di elementi sostanziali del testo. L’inchiostro è di color seppia scuro, e solo nelle cinque carte iniziali del primo fascicolo risulta più chiaro rispetto alla tinta più decisa delle rubriche che accompagnano ogni atto sul margine delle carte (indifferen-temente destro o sinistro), dei numeri di pagina posti sul recto e dell’indizione anno-tata nel margine superiore di ogni verso: tutti elementi con ogni evidenza aggiunti, dalla stessa mano che ha vergato il testo, al momento della composizione del volume, verosimilmente subito dopo il termine del triennio (se di triennio si tratta) 1345-1347.

Dopo la c. 5 tale differenza cromatica tuttavia scompare e il color seppia diviene uni-forme (di inchiostro più chiaro sono solo le note indicanti l’espletamento del mun-dum), sebbene la cronologia degli interventi appaia confermata da quanto già detto a proposito dell’asportazione di due carte bianche al termine del secondo fascicolo. Le note marginali sono di mano coeva o poco posteriore alla stesura degli atti; le più tarde sembrano appartenere a una ricognizione attuata nella seconda metà del XVI secolo dal notaio Cesare Taegio o Taeggi (1585) 330. Non vi sono tracce di uso posteriore del registro, se non qualche recente segno di lapis blu 331.

A testimonianza del fatto che gli “affari” del Visconti trattati dal Negroni si infit-tissero col passare degli anni (probabilmente i tre anni 1345-1347 erano contenuti in un singolo volume mentre il 1348 occupava un intero registro), il secondo frammento, un fascicolo completo di 14 carte, si riferisce al solo mese di gennaio e a parte del feb-braio 1352, ma non vi sono indizi per supporre la consistenza dell’intero volume.

Questo reperto si trova in condizioni di conservazione precarie, mentre non presenta problemi di ricomposizione, grazie alla cartulazione coeva che è tuttora conservata.

Rimangono frammenti di uno spago sottile e chiaro legante il fascicolo e di uno più spesso e scuro probabilmente attinente alla rilegatura dell’intero volume: il primo passa per tre fori praticati lungo la costa (quello inferiore solo ipotizzabile per analogia con la parte superiore, a causa della perdita della porzione di supporto corrispondente) e il secondo per sette (i due inferiori parimenti solo ipotizzabili), ma ormai essi legano solo le cc. 3-12. La coperta è completamente perduta. A causa dell’umidità, che

mac-———————

330 Quaderno I, c. 16v. All’8 dicembre 1558 risalgono due note apposte sul margine sinistro delle cc. 25r e 27r dal notaio Marco Antonio Ciocca, che ha lasciato brevi richiami anche alle cc. 25v-26v.

331 Quaderno I, cc. 2v, 3r, 5r-v.

– XCIII –

chia anche altre aree del supporto, è andata distrutta, in modo pressoché uguale nella parte inferiore di tutti i fogli, una porzione quantificabile approssimativamente a un terzo di pagina. Il margine di frattura si presenta tuttora non lineare ma frastagliato, composto di frammenti che presentano il rischio di ulteriore progressivo sbriciola-mento. L’altezza originaria delle carte non è quindi dimensionabile; attualmente esse formano un trapezio: il lato superiore misura mm 225 circa, quello verticale sinistro (guardando al recto della carta), o interno, lungo la costa, un massimo di mm 210 (con lievi differenze tra le carte), quello destro (guardando al recto), ossia esterno, un mas-simo di mm 185. A causa di tali condizioni il fascicolo è da vari anni escluso dalla con-sultazione; un restauro previsto intorno al 2000 non è mai stato effettuato e appare attualmente escluso. La consistenza del materiale cartaceo è omogenea e più spessa di quella del frammento del 1345-1346: sebbene la parte inferiore sia andata perduta, i lati superstiti delle carte risultano poco intaccati. Queste recano numerose macchie, che non hanno però danneggiato l’inchiostro, oltre a uno strato di sporco nelle porzioni più esposte. È presente uniformemente una filigrana in forma di due cerchi sovrappo-sti attraversati da una linea verticale, figura diffusamente presente, con varianti, nella produzione cartaria dell’Italia settentrionale del secondo e terzo quarto del XIV secolo, ma non esattamente identificabile tra quelle segnalate da Briquet. L’inchiostro si pre-senta in un omogeneo color seppia scuro (non sbiadito come accaduto nel Quaderno I), sia nel testo, sia nelle rubriche ad esso coeve, collocate tutte nel margine esterno, più largo di quello verso la costa, sia nella cartulazione in cifre arabe presente su tutte le carte nel margine superiore destro del recto; appaiono più chiari o sbiaditi l’anno e l’indizione apposti nel margine superiore del verso e le indicazioni dell’avvenuta esecu-zione del mundum. Le note marginali (descrittive o a integraesecu-zione del testo) sono coe-ve alla scrittura delle imbreviature, eccetto due di mano moderna databili al secolo XVI, alle cc. 1r e 7r, mentre alcuni brevi tratti verticali di lapis blu e grigio sono da at-tribuire, anche per la posizione in cui si trovano, a più recenti consultazioni erudite.

Non rimane altro materiale trecentesco. Un bifoglio (carte di mm 310 x 210), se-gnato da macchie di umidità e con il margine esterno alquanto logoro, presenta una fi-ligrana raffigurante un pellegrino entro un cerchio, tipologia attestata a Milano in par-ticolare nell’ultimo quarto del XVI secolo 332: esso reca scritta, con inchiostro seppia, solo la c. 1r. Si tratta della copia, di mano cinquecentesca, di una imbreviatura del 1346 (probabilmente trascritta dalla parte perduta del Quaderno I, essendo datata 13 lu-glio), che si interrompe, non proseguendo alla c. 1v (Appendice I). Alla stessa epoca risale un fascicolo che contiene la rubrica di un registro di imbreviature di Lanzarotto

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332 Non corrisponde esattamente a nessuna delle filigrane proposte, ma è simile a BRIQUET, II, nn.

7571 (Milano 1580) e 7600 (Milano 1590).

– XCIV –

Negroni dell’anno 1348, formato da 88 carte, o perlomeno di tale consistenza nel XVI secolo (dopo c. 88 la rubrica si arresta). Si tratta di 6 carte non numerate, di mm 310x 210 circa, piuttosto sottili e logore ai margini, con macchie di umidità, contrassegnate dalla stessa filigrana con immagine di pellegrino del bifoglio sopra menzionato. Le cc.

1v e 4-6 sono bianche, mentre la c. 1r reca il titolo, apparentemente vergato da mano diversa da quella del testo successivo, «Rubrice diverse pro mensa archiepiscopali Me-diolani domini Lanzaroti Negroni»: potrebbe trattarsi di una camicia che avrebbe do-vuto contenere più rubriche. Le cc. 2r-3v sono scritte su due colonne con inchiostro color seppia scuro. Il secondo e il terzo bifoglio si trovano collocati in ordine inverso (come si desume dalla sequenza della numerazione dei fogli del protocollo trecente-sco) per cui la c. 3 precede la c. 2. L’inversione è probabilmente antica, poiché alla c. 3r in alto (dopo la c. 1 bianca) è riportata in inchiostro più chiaro da due mani diverse, ma a una prima osservazione ancora cinquecentesche (tuttavia successive al testo, dato che si adattano rozzamente agli spazi liberi da scrittura), una nuova duplice intestazione recante anche l’anno («13. Lanzaloti Negroni» e «1348 Protocollum Lanzaroti Ne-groni»), che non era invece indicato alla c. 1r 333. Ogni documento reca il riferimento al foglio di registro o protocollo perduto, che, sia per la lunghezza degli atti, sia per il lo-ro oggetto, appare omogeneo con quello del 1345 (Appendice II). Su una carta sciolta di dimensioni inferiori (mm 190 x 220; filigrana con serpente avvinghiato a una colon-na, ascrivibile alla Milano della seconda metà del XVI secolo 334) si trova un frammento di un’altra rubrica cinquecentesca, vergato con inchiostro più chiaro, concernente la parte finale (cc. 74-103) di un registro di imbreviature di data sconosciuta (attinente sempre i beni della mensa); ancora, una porzione di carta della stessa epoca (di forma trapezoidale, mm 210 di larghezza x rispettivamente mm 150 e 85) riporta solamente gli estremi di due documenti posti alle cc. 110 e 120 di un registro di imbreviature di Lanzarotto Negroni di un anno sconosciuto. Entrambi i foglietti si presentano mac-chiati da una cera rossa che si intravvede anche nella rubrica del 1348 (c. 1v), il che la-scia supporre una conservazione comune di questi scritti (Appendice III) 335.

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333 La data mancante sulla camicia e l’assenza nella rubrica dell’unico atto del 1348 attualmente at-tribuibile al Negroni (quello del 15 febbraio con cui il rettore di Santa Maria Beltrade permuta dei beni con altri di Luchino e dei fratelli Matteo, Galeazzo e Bernabò Visconti: ASMi, AD, PF, S. Maria Beltra-de, cart. 453), induce a ipotizzare che l’apposizione più tarda dell’anno 1348 alla c. 3r costituisca un er-rore, oppure che il registro trecentesco di imbreviature rubricato nel XVI secolo già allora non fosse più completo, o, ancora, che vi fossero più registri dello stesso anno.

334 Simile a BRIQUET, II, n. 4425 (Milano, 1569-1570), non vi corrisponde esattamente. Le filigra-ne nn. 4422-4429, con la stessa immagifiligra-ne con varianti, sono tutti attestate a Milano tra il 1550 e il 1589.

335 Non si descrive in questa sede, se non sommariamente, il fascicolo quattrocentesco recante il cosiddetto testamento di Giovanni Visconti (5 marzo 1353), in quanto copia semplice di un atto in

– XCV – 2. Esame diplomatistico

2.1. Caratteri estrinseci

Entrambi i frammenti di registro sono composti da carte di misura e aspetto re-golare. Solo del primo è possibile stabilire una media di 45-48 righi per pagina, variabile a seconda della presenza di uno stacco tra un documento e il successivo, dritti e rego-lari, caratterizzati da una scrittura fitta e serrata. Nel secondo ogni parte superstite di carta accoglie circa 29 righi che si riducono in media a 27 sul lato esterno, più corto ri-spetto a quello della costa. In entrambi non vi sono tracce di rigatura (filoni e vergelle sono molto visibili e offrono allo scriba un reticolo sufficiente). Lo specchio scrittorio è in entrambi i casi regolare, entro margini ampi, sul lato della costa leggermente mino-ri mino-rispetto a quello esterno, differenza che si accentua nel Quaderno II del 1352; non vi sono segni di marginatura. Questa impaginazione permette l’inserimento di note marginali, che nel registro più antico sono poste indifferentemente su entrambi i lati, mentre nel secondo, in virtù di quanto si è detto, sempre nel margine esterno: si tratta sia di rubriche riassuntive del tenore di ogni documento, inquadrate da un tratto di penna, sia di integrazioni al testo e brevi notazioni. I margini accolgono, inoltre, mani-culae indicanti un punto del testo o una nota marginale; esse sono di tue tipi: una pro-babilmente trecentesca, più elementare, vergata in inchiostro simile a quello del testo, si trova alla c. 31r del primo Quaderno; nello stesso, una seconda tipologia, in forma allungata, è di solito accompagnata da una rudimentale croce greca e da una brevissima nota indicante l’oggetto dell’attenzione, con grafia ascrivibile al XV secolo in inchio-stro diverso da quello del testo 336 (talora sono presenti solo manicula e nota senza croce 337, e una volta croce e nota senza manicula 338; la croce si trova in alcuni casi anche da sola). In entrambi i frammenti, i documenti sono separati da una linea orizzontale (di uso ricorrente nei registri e quasi sempre nei protocolli notarili

milane-———————

mundum del 1428 conservato: come già anticipato, esso non risulta attinente alla presente edizione e sa-rà invece oggetto di un apposito studio. Si tratta di un fascicolo in buone condizioni, composto da 10 carte (di cui bianche le cc. 1 e 9-10) di tipologia diversa: la 1 e la 10, usate come camicia, recanti varie note (la più antica delle quali cinquecentesca), sono ricavate presumibilmente da un foglio lasciato bian-co in epoca anteriore, in quanto hanno in filigrana una testa di bue non identificata, ma simile a quella del Quaderno I del 1345-1346, mentre le cc. 2-9 recano una doppia B sormontata da croce non identifi-cabile. Il fascicolo è accompagnato da un biglietto della seconda metà del XIX secolo che riporta gli estremi dell’atto e una collocazione archivistica. Altri due frammenti cartacei bianchi, con tracce di pa-role vergate verosimilmente nei secoli XVI-XVIII, non sono significativi.

336 Quaderno I, cc. 9v, 20v, 31v, 40v, 43r, 43v.

337 Ibidem, cc. 17r, 17v, 24r.

338 Ibidem, c. 23r.

– XCVI –

si) 339. In circa la metà dei casi gli atti sono depennati con una linea obliqua (raramente

si) 339. In circa la metà dei casi gli atti sono depennati con una linea obliqua (raramente

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