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CAPITOLO 5: FRODI NEL COMPARTO ITTICO

5.2 FRODI NEL SETTORE ITTICO

In conseguenza dell’aumento delle importazioni da Paesi Terzi, la corretta identificazione delle specie ittiche poste in commercio è andata progressivamente complicandosi con l’arrivo sul mercato di specie completamente nuove e prive di una denominazione commerciale valida.

A causa di queste difficoltà, non è raro che sul mercato europeo e nazionale siano immessi prodotti a prezzi superiori rispetto al reale valore commerciale sotto falsa denominazione commerciale e in contravvenzione con quanto previsto dalla normativa vigente.

La sostituzione di specie a scopo fraudolento generalmente determina un danno di tipo economico-commerciale, attraverso l’attribuzione di un valore di mercato non rispondente alla qualità effettiva del prodotto in vendita. Nel settore ittico, frodi ascrivibili a questa categoria riguardano ad esempio l’indicazione di provenienza errata, la sostituzione di una specie pregiata con specie di minor pregio più o meno filogeneticamente vicine o la vendita di prodotti decongelati come freschi. In questo caso, l’azione costituisce esclusivamente un illecito profitto a danno del consumatore senza comportare di per sé alcun rischio per la salute pubblica. L’azione illecita assume i caratteri della frode sanitaria allorquando il prodotto immesso in commercio erroneamente etichettato o mal conservato, costituisca un pericolo potenziale per la salute del consumatore.

Un esempio di frode sanitaria è rappresentato da episodi di avvelenamento a seguito dell’immissione in commercio di specie velenose della famiglia Tetraodontidae (pesce palla) vendute al posto della rana pescatrice (Lophius sp.- Lophidae). Segnalazioni d’avvelenamento ad esito più o meno infausto riconducibili all’ingestione di Lagocephalus scleratus sono riportate negli Stati Uniti, in Bangladesh (Homaria et al., 2010) in Egitto (Zaki & Mossa, 2005), Israele (Kheifets et al., 2012) e in Italia, in cui si riporta un caso di avvelenamento con decesso occorso nel 1977 conseguente all’immissione in commercio di tranci di pesce palla congelato in sostituzione di code di rana pescatrice (Palese e Palese 1992).

Il controllo dell’immissione in commercio di queste specie sta diventando sempre più pressante, anche a causa dei cambiamenti climatici che stanno determinando un innalzamento della temperatura delle acque marine e la conseguente colonizzazione dei nostri mari di specie tossiche, normalmente assenti nelle nostre acque (Rinaldi, 2007; Bentur et al., 2008). La modificazione degli habitat e delle popolazioni marine non esclude più la possibilità che tali specie entrino nei circuiti commerciali, non solo per importazione, ma anche attraverso la pesca locale (Milazzo et al., 2012). A tale proposito, proprio negli ultimi

anni, si sono susseguite numerose segnalazioni e allerte per la presenza accertata anche in Italia di Lagocephalus scleratus e Sphoeroides pachygaster, con avvistamenti lungo le coste siciliane e dell’isola di Lampedusa (Giordano et al., 2012).

Il confine tra le due tipologie di frode, però, può non essere sempre così netto e una frode originariamente annonaria può assumere risvolti sanitari. Un esempio di tale fenomeno potrebbe essere dato, ad esempio, dall’errata indicazione di provenienza: si pensi alla sostituzione di bivalvi sgusciati precotti nostrani con bivalvi esotici, non sempre raccolti in

aree controllate per la presenza di biotossine

(http://www.fao.org/docrep/015/i2356e/i2356e.pdf). La sostituzione di specie, inoltre, potrebbe comportare la maggior esposizione all’ingestione di ammine attive come l’istamina, con la comparsa di fenomeni simil-allergici (prurito, comparsa di eritema diffuso orticarioide, difficoltà respiratorie (Cattaneo, 2012).

Infine, da non sottovalutare la possibilità di commercializzazione di preparazioni alimentari contenenti crostacei o molluschi non indicati in etichetta, esponendo così la categoria dei consumatori allergici per queste tipologie di prodotti a possibili rischi per la loro salute (http://www.izsvenezie.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1082:frodi- alimentari-tra-problemi-economici-e-sanitari&catid=159).

CAPITOLO 6: RINTRACCIABILITÀ ED ETICHETTATURA

6.1 CONCETTO DI RINTRACCIABILITÀ’

I termini “tracciabilità” e “rintracciabilità”, usati spesso come sinonimi, rappresentano, in realtà, due concetti autonomi e tra loro differenti, espressione di due diversi momenti della filiera produttiva. La tracciabilità (tracking) include tutti i criteri e sistemi operativi messi in atto per identificare tutti i soggetti e le aziende che intervengono a vari livelli nella filiera dalla produzione e distribuzione, fino alla commercializzazione di ciascuna unità di prodotto (lotto), allo scopo di “tracciarne” il percorso seguito. La rintracciabilità (tracing) invece, identifica l’operazione compiuta a ritroso lungo tutti gli anelli della filiera, allo scopo di garantire un pronto e puntuale prelievo dal mercato di qualsiasi prodotto non conforme e un’adeguata e rapida informativa alle autorità di controllo. Gli aspetti fondamentali per la creazione di una rete efficiente e puntuale di track-tracing dovranno necessariamente prendere in considerazione la creazione di:

- Un sistema condiviso di requisiti tecnici per tracciare i flussi di prodotto negli scambi tra operatori; a tale scopo, tutte le aziende e strutture coinvolte dovranno essere opportunamente censite attraverso un numero di riconoscimento e/o un numero di registrazione presso l’Autorità Competente sul territorio (Art. 6 del Reg.(CE) 852/2004) e ogni prodotto dovrà essere univocamente identificato da un bollo o da un marchio che ne certifichi la provenienza da uno stabilimento riconosciuto e il lotto di produzione (Art.18 Reg (CE) 178/2002) ;

- Una procedura condivisa per la gestione di eventi accidentali e intenzionali e dei processi di ritiro e richiamo di prodotto non conforme.

Al fine della valutazione del grado di rischio associato, il primo aspetto da tenere in considerazione è mirato all’individuazione dell’origine, la natura esatta e l’estensione dell’evento secondo la seguente classificazione:

- Evento accidentale di carattere normativo (requisiti normativi non sono soddisfatti, ma la sicurezza del consumatore non è a rischio);

- Evento accidentale legato alla qualità del prodotto (la sicurezza del consumatore non è a rischio ma il prodotto non soddisfa gli standard qualitativi e non risulta all’altezza delle aspettative del cliente);

- Evento accidentale legato alla sicurezza del prodotto (la sicurezza del consumatore è a rischio).

In funzione del potenziale di rischio, l’azione da intraprendere può variare da un’azione di richiamo pubblico del prodotto al consumatore ad un ritiro del prodotto dalla vendita o una sospensione transitoria delle consegne del prodotto alla distribuzione. Tutte le decisioni relative al ritiro/richiamo dei prodotti ricadono sotto la responsabilità dell’OSA, il Reg. (CE) n° 178/2002 configura l’obbligo di ritiro/richiamo del prodotto nei soli casi di non conformità che costituiscono un rischio per la sicurezza del consumatore.

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