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e fronte interno

1. Assistere, resistere: la mobilitazione civile

Oltre al fronte segnato dalle trincee, la guerra tracciò anche un fronte interno, al di là del quale stavano sentimenti, matrici culturali, identità politiche dissonanti con l’ideale della nazione cattolica. Quali furono i canali seguiti dalla Chiesa per mo- bilitare le popolazioni verso il duplice obiettivo della restaurazione cristiana e del trionfo della patria? Nelle dimensioni assistenziali, propagandistiche e liturgico- devozionali messe in atto dalle istituzioni ecclesiastiche prendono corpo varie so- luzioni a quest’interrogativo.

All’appello del Pastore [l’arcivescovo Mistrangelo] hanno sempre risposto con figliale obbedienza i parroci urbani e quelli della campagna, prestando l’opera loro disinteressata negli Ospedali, nei Comitati Comunali, dovunque la loro presenza potesse essere utile, richiesta e desiderata. In alcu- ne parrocchie centrali, popolari, urbane, più intenso e vario è stato il lavoro; in altre, più piccole, silenzioso e vigile, si è esplicato in varie azioni di resistenza e di assistenza. Guai se quest’opera

grande, quanto modesta dei parroci fosse mancata! Forse la Patria nostra ora non gioirebbe dei

frutti della vittoria!1

Così si esprimeva don Luigi D’Indico, uno dei sacerdoti più attivi nell’azione di propaganda e di assistenza bellica, autore della relazione ufficiale sull’opera del clero fiorentino nella guerra mondiale. Il suo giudizio faceva leva su un dato indi- scutibile: il contributo offerto dalla Chiesa sul terreno della mobilitazione civile. Ciononostante, l’enfasi sul ruolo degli ecclesiastici nel conseguimento della vitto- ria portava con sé un chiaro intento apologetico.

Fin dall’inizio del conflitto, numerosi comitati di supporto bellico, che abbinavano compiti assistenziali e di beneficenza ai contenuti dell’ideologia nazionalpatriotti- ca, nacquero per aggregare i ceti medi intorno all’obiettivo di sostenere material- mente e moralmente i combattenti e le loro famiglie2. Iniziative disparate si svi-

1 Dattiloscritto «L’opera del clero durante la guerra 1915-1918», cit., p. 16.

2 Per una rassegna dei comitati e delle opere di assistenza presenti a Firenze durante il conflitto

mondiale cfr. Fascio delle opere di assistenza e resistenza civile, Firenze e le opere di guerra, Fi- renze, Tip. Ariani, 1920; Soldani, La Grande Guerra..., cit., pp. 402-426. Sui vari aspetti della mobilitazione civile cfr. Un paese in guerra. La mobilitazione civile (1914-1918), a cura di G. Procacci, D. Menozzi e S. Soldani, Milano, Unicopli, 2010; A. Fava, Assistenza e propaganda nel

regime di guerra (1915-1918), in Operai e contadini nella grande guerra, cit., pp. 174-212; Fron- te interno. Propaganda e mobilitazione civile nell’Italia della Grande Guerra, mostra bibliografi-

lupparono in modo spontaneo, spesso sostenute delle amministrazioni comunali e dal governo, in un intreccio inedito tra pubblico e privato3.

Il volontariato civile ricoprì una funzione di primo piano nella tenuta del “fronte interno”, ovviando agli insufficienti interventi sociali dello Stato4. In questo con- testo si inserì l’attivismo ecclesiastico, con una rete capillare intessuta nel territo- rio. L’arcivescovo, il clero secolare e i religiosi della diocesi si impegnarono in modo multiforme per dare prova del loro lealismo e della loro fedeltà patriottica, assimilando la realizzazione di attività a favore dei soldati al fronte, dei rifugiati, delle vedove e degli orfani di guerra a dovere religioso5.

Come prima iniziativa, precedentemente all’intervento italiano, fu istituito un “Comitato cattolico per il pane a prezzo ridotto”, allo scopo di fronteggiare il ca- ro-viveri e la crisi dei commerci indotti dal conflitto europeo6. Nel febbraio 1915 Mistrangelo incitò i fiorentini a garantire a tutti la «prima necessità: il pane», in quell’«ora di dolore, percossa da tanti flagelli». L’esperimento del calmiere – reso

moderna e contemporanea, 1988; L.Tomassini,L’Italia nella Grande Guerra 1915-18, Milano,

Fenice 20002, pp. 77-78 (prima ed. 1995).

3 Nel 1917 le varie iniziative furono irreggimentate in un organismo centralizzato, le Opere federa-

te di propaganda e di assistenza nazionale, posto sotto il controllo dell’esecutivo nella persona di Ubaldo Comandini, esponente dell’interventismo democratico, ministro senza portafogli del go- verno Boselli e poi responsabile del Commissariato generale per l’assistenza civile e la propaganda interna (febbraio 1918). Cfr. Commissariato generale per l’assistenza civile e la propaganda inter- na,Relazione, Roma, Offic. Tip. Bodoni, 1919.

4

Sul fronte interno, cfr. G.L. Gatti, Jusqu’au bout! Il fronte interno, in Gli italiani in guerra, cit., vol. III/1 (a cura di M. Isnenghi e D. Ceschin), pp. 280-288; La prima guerra mondiale, a cura di Audoin-RouzeaueBecker, cit., vol. II, pp. 5-288;Isnenghi - Rochat, cit., pp. 287-334; A. Fava,

Tra nation building e propaganda di massa. Riflessioni sul ‘fronte interno’ nella Grande Guerra,

in La propaganda nella grande guerra tra nazionalismi e internazionalismi, a cura di D. Rossini, Milano, Unicopli, 2007, pp. 156-192; Id., Il fronte interno in Italia. Forme politiche della mobili-

tazione patriottica e delegittimazione della classe dirigente liberale, «Ricerche storiche», XXVII,

1997, n. 3, pp. 503-532; La grande guerra e il fronte interno. Studi in onore di George Mosse, a cura di A. Staderini, L. Zani e F. Magni, Camerino, Università degli Studi di Camerino, 1998; S. Audoin-Rouzeau - A. Becker, La Grande Guerre. 1914-1918, Paris, Gallimard, 1998, pp. 51-67;

State, Society and Mobilization in Europe during the First World War, a cura di J. Horne, Cambri-

dge, Cambridge University Press, 1997; G. Procacci, Il fronte interno, in N. Labanca - G. Procacci - L. Tomassini, Caporetto. Esercito, Stato e Società, Firenze, Giunti, 1997 [allegato a «Storia e dossier», XII, 1997, n. 113], pp. 31-40. Per la ricostruzione di un contesto specifico, tuttora man- cante per Firenze, si vedano A. Staderini, Combattenti senza divisa. Roma nella grande guerra, Bologna, Il Mulino, 1995 e Combattere a Milano 1915-1918. Il corpo e la guerra nella capitale

del fronte interno, Milano, Editoriale Il Ponte, 2005.

5 Su questi aspetti alcune osservazioni utili in J.-Ph. Bon, L’engagement des catholiques du diocè-

se de la Rochelle-Saintes dans le premier conflit mondial, «Guerres mondiales et conflits contem-

porains», L, 2000, n. 197, pp. 73-82; Franzina, cit., p. 135: «si attenuano i confini fra i doveri cri- stiani e umanitari dell’assistenzialismo a tutti i livelli e i compiti surrettizi del sostegno ideologico- pratico che man mano si viene offrendo ai disegni del potere borghese». La frase, al di là della ri- gida ascendenza marxista, coglie un aspetto reale dell’operato ecclesiastico.

possibile grazie alle collette delle parrocchie e alle donazioni di privati che inte- gravano le spese di produzione – fu proposto come un’azione di «Carità vera Cri- stiana e Civile»7. L’associazione, che raggruppava laici e sacerdoti, mirava a seda- re la conflittualità operaia e a «togliere la causa di un latente malumore nelle clas- si più povere e maggiormente colpite dalla disoccupazione»8. L’opera assistenzia- le perseguì, dunque, un evidente obiettivo politico: preservare quell’ordine sociale che, gravemente scosso dai moti della settimana rossa, appariva nuovamente de- stabilizzato dalle agitazioni contro la guerra9. La vendita del pane in quattro forni popolari durò con successo dal 2 febbraio al 24 giugno 191510; l’avanzo di bilan- cio fu poi devoluto ai figli dei richiamati raccolti nella villa di Vacciano11.

Avvicinandosi il momento del coinvolgimento bellico, la Chiesa tinse le proprie scelte di un colore più accesamente patriottico. Fin dall’aprile del 1915 allacciò rapporti con il “Comitato fiorentino di preparazione civile per il caso di guerra”, il primo del genere in Italia, patrocinato da Pasquale Villari e presieduto dal mar-

7 Diamo il pane ai bisognosi. L’iniziativa nobile, caritatevole, generosa, dell’Arcivescovo di Fi-

renze per i poveri della città, «Uc», 2 febbraio 1915, p. 1; Per il pane dei poveri, «Baf», 25 febbra-

io 1915, p. 22; Comitato Cattolico per il pane a prezzo ridotto, ivi, 25 maggio 1915, p. 72. L’appello, oltre che sulla stampa diocesana, venne pubblicizzato su manifesti murali, suscitando l’ironia di un intellettuale come Aldo Palazzeschi nei confronti dell’«arcivescovo futurista» Mi- strangelo: «Girellando per Firenze (ville lumière) ò scorto ad una parete un piccolo manifesto in “parole in libertà”. Mi sono avvicinato, non credendo ai miei occhi. Il manifesto parla di pane, di cristiana rassegnazione, di onnipotenza divina, di carità... La sensibilità è delle più fruste (quasi duemila anni sulla schiena) ma la forma è davvero insolita, nuovissima. Come Marinetti, né più né meno. Il nuovo “parolibero” sarebbe Monsignor Alfonso Maria Mistrangelo arcivescovo nostro». Cfr. A. Palazzeschi, Spazzatura, «Lacerba», 7 febbraio 1915, p. 48. Si veda anche Scattigno, Il

cardinale Mistrangelo, cit., p. 248.

8 Dattiloscritto «L’opera del clero durante la guerra 1915-1918», cit., p. 1. Facevano parte del co-

mitato alcuni consiglieri comunali cattolici (Giulio Alessandri, Guido Donati, Mario Marsili- Libelli), aristocratici come il marchese Pietro Bargagli, esponenti di spicco del clero urbano (l’arciprete della Metropolitana Stefano Ceramelli, il canonico della basilica di S. Lorenzo Pietro Bianchi, il rettore della Calza Raffaello Poggiali, il parroco di S. Gaetano e prefetto degli studi Isi- doro Fanelli). Nel novembre 1914 il Capitolo della Cattedrale aveva raccolto «una colletta fra i Canonici a benefizio dei disoccupati per le condizioni della guerra»: cfr. ASCCF, Partiti e delibe-

razioni, 15, Libro di partiti (Dal 19 sett. 1889 al 6 giugno 1924), p. 291 [7 novembre 1914].

9 Sulle ricadute politiche della “settimana rossa”, decisiva nel favorire un blocco d’ordine che su-

però la tradizionale antitesi tra liberalismo laico e cattolicesimo clericale, cfr. Ballini, Il movimento

cattolico..., cit., pp. 307-315; Soldani, La Grande Guerra..., cit., p. 392.

10 AAF, Mistrangelo, b. 99, fasc. 1, n. 5, «Comitato costituito in Firenze da S.E. Revdma Mons.

Arcivescovo per la vendita del pane ai poveri a prezzo ridotto. Rendiconto di Cassa dal 1° Febbra- io al 3 Luglio 1915», s.d.; Comitato Cattolico per il pane a prezzo ridotto, «Baf», 25 settembre 1915, p. 142. In questo periodo furono prodotti in totale 117.691kg di pane, distribuiti quotidiana- mente a una media di circa 500 persone.

11 Mistrangelo definì l’asilo di Vacciano un’opera «eminentemente religiosa e patriottica»: cfr.

chese Gino Incontri12. I contatti tra l’associazione e la curia arcivescovile riguar- darono principalmente il servizio negli ospedali e la richiesta di locali per allestire nidi e ricreatori, come quelli del Pignone o delle suore di Maria Riparatrice13. Con l’entrata in guerra, le istituzioni ecclesiastiche si fecero promotrici dello sfor- zo militare. Nel capoluogo toscano sorsero cinque segretariati cattolici per le fa- miglie dei soldati, presso la Direzione diocesana di Via de’ Pucci, l’Associazione cattolica popolare di Oltrarno, la Società mutuo soccorso di Ricorboli, la Confra- ternita del Tempio in S. Giuseppe, l’Unione fra le donne cattoliche. Ad essi si ag- giunsero a livello locale segretariati minori, impiantati a Bagno a Ripoli, Borgo San Lorenzo, Calenzano, Castelfiorentino, Empoli, Firenzuola, Impruneta, Mon- tespertoli, Pontassieve, Ronta, Sesto Fiorentino, Signa, S. Piero in Mercato, Va- glia, Vicchio14. Nella propositura di S. Maria all’Impruneta entrarono in funzione due comitati, diretti da don Edoardo Casini: il primo si occupò dei sussidi, il se- condo della vendita di «distintivi nazionali», con il cui ricavato fu predisposto un asilo per i figli dei richiamati15.

Nelle zone rurali le associazioni parrocchiali di sostegno furono spesso alle di- pendenze del comitato comunale competente16. Il pievano di Signa don Buonami- co Bencini raccomandò i fedeli di collaborare con il comitato locale, «composto di ogni ordine di cittadini senza distinzione di partito»17. In generale, però,

12 Cfr. Soldani, La Grande Guerra..., cit., pp. 402-403. Incontri, noto agrario e deputato liberale

del collegio di Empoli dal 1909 al 1913, in occasione delle prime elezioni a suffragio universale aderì al patto Gentiloni ma venne sconfitto dal socialista Giulio Masini. Sulla sua figura cenni in R. Vivarelli, Le origini del fascismo in Toscana, in 28 ottobre e dintorni. Le basi sociali e politi-

che del fascismo in Toscana, Firenze, Polistampa, 1994, p. 16. Sui rapporti tra il comitato e la cu-

ria si veda la documentazione in AAF, Mistrangelo, b. 102, fasc. 1; cfr. anche Relazioni del Comi-

tato Fiorentino di Preparazione e di Assistenza Civile per i mesi marzo-novembre 1915, Firenze,

Palagio dell’Arte della Lana, 1915.

13 ASCFi, Comune di Firenze, Affari della Segreteria generale e Gabinetto del Sindaco - Regio

delegato, Affari del Gabinetto del Sindaco e del Podestà (1914-1952), CF 5138, fasc. «Relazioni

dei Comitati», ins. «Relazioni al 31 marzo 1916», dattiloscritto «Asili pei figli dei richiamati sotto la protezione del Comitato di Preparazione civile» s.d. Il proposto di S. Maria al Pignone Luigi Fanfani cedette i locali parrocchiali al fine di farne un nido per i figli dei richiamati: cfr. U.Panca- ni,Il rione del Pignone di Firenze e la sua parrocchia. Servizio fotografico di Mariani Franco,

Firenze, Cencetti, 1984, p. 68.

14 Dattiloscritto «L’opera del clero durante la guerra 1915-1918», cit., p. 6. 15 Cronaca, «Baf», 25 settembre 1915, p. 144.

16 Si veda, ad esempio, AAF, b. 102, fasc. 1, n. 76, lettera di alcuni «parroci di campagna» ad

A.M. Mistrangelo dell’11 giugno 1915; i parroci in questione scrivevano da Cornacchiaia, in Mu- gello.

17 Il pievano, Ai parrocchiani della Pieve di Signa, «Bollettino parrocchiale della pieve di Signa»,

l’attività ecclesiastica fu in autonomia da quella della borghesia liberalpatriottica e delle autorità locali. Permase infatti, nella cultura del clero, una radicata diffiden- za verso la filantropia laica, ritenuta concorrenziale alla beneficenza cristiana e vi- ziata dal suo carattere aconfessionale18. Appare emblematico il rifiuto dell’arcivescovo di partecipare alla sottoscrizione del “Comitato comunale per il soccorso e l’assistenza delle famiglie dei militari sotto le armi”, motivato col fatto che la Chiesa fiorentina stava già raccogliendo oblazioni in tutto il territorio dio- cesano19.

Specialmente in campagna, i parroci concentrarono su di sé il compito oneroso di gestire i rapporti tra i soldati al fronte ed i loro cari, fungendo da funzionari perife- rici degli uffici notizie20. Il pievano di S. Piero in Mercato (Montespertoli) don Vincenzo Viviani scrisse che durante la guerra non aveva avuto tempo di riunire i parroci del piviere per le conferenze sui casi di morale, poiché, essendo le popola- zioni di quel territorio «quasi del tutto analfabete», avevano avuto incessantemen- te bisogno d’aiuto «per la corrispondenza fra i loro cari sotto le armi, per schiari- menti ed aiuti nelle loro relazioni colle Autorità civili e militari»21. Stando alla do- cumentazione, le istituzioni cattoliche della diocesi seguirono la tendenza nazio- nale, che vide le iniziative assistenziali articolarsi prevalentemente nei centri ur-

18 Emblematico di tale orientamento l’articolo di [S.] Celata, Patriottismo e beneficenza

“Lai...ca”, «Uc», 1° luglio, 1915, p. 1. L’autore criticava certe «signore» per le quali il patriotti-

smo era uno «sport qualunque, e la guerra un’occasione come un’altra per mettersi in vista». Po- lemizzava poi con «l’accozzaglia di cicisbei e di eroi dell’“armiamoci e partite”»: «A sentirli, nes- suno ama la Patria più di loro», ma «alla Patria non danno che vanità e chiacchiere inconcluden- ti...».

19 ASCFi, Comune di Firenze, Affari della Segreteria generale e Gabinetto del Sindaco - Regio

delegato, Carteggio di Orazio Bacci, CF 5139, lettera di A.M. Mistrangelo a O. Bacci del 29 lu-

glio 1915. Le offerte raccolte dalla curia, provenienti da privati laici ma in particolare da parroci e da ordini religiosi, furono periodicamente riportate sul Bollettino dell’arcidiocesi e su L’unità cat-

tolica.

20 È il caso del parroco di S. Giorgio a Ruballa Ferdinando Maglioni, che tenne un fitto carteggio

con i fedeli combattenti: cfr. L.Fantechi,Canonico Ferdinando Maglioni, s.l., s.n., 1966, p. 9. Sul-

la rilevanza pubblica assunta dai parroci durante il conflitto mondiale, come punti di riferimento della corrispondenza col fronte, cfr. Stiaccini, L’anima della Grande Guerra, cit., pp. 64-96; Id.,

Trincee di carta. Lettere di soldati della prima guerra mondiale al parroco di Fara Novarese, No-

vara, Interlinea, 2005. Tramite la vasta opera d’assistenza il clero rafforzò i propri legami con le classi rurali: cfr. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, cit., vol. II, pp. 457-459. «Nelle cam- pagne, poi, l’aiuto dei parroci, è stato prezioso e ricercato: ogni comunicazione comunale d’interesse pubblico, veniva trasmessa ai parroci e per mezzo di questi al popolo. Ordini, requisi- zioni, consigli agricoli, sussidi, notizie di morte, segretariati per esoneri, domande, tutto, veniva comunicato colla parola persuasiva ed ascoltata del Sacerdote di Cristo che parlava dall’altare co- me padre ai figli»: dattiloscritto «L’opera del clero durante la guerra 1915-1918», cit., p. 17.

21 AAF, Mistrangelo, b. 34, fasc. 67, n. 3, lettera di V. Viviani a Giovacchino Bonardi del 17 gen-

bani, a discapito delle zone rurali22. Trascurando per il momento il ruolo del laica- to, occorre rimarcare che il clero e le religiose mantennero un posto preminente nella mobilitazione civile. Gli istituti di suore, impiegate in larga misura negli o- spedali territoriali come infermiere, aprirono vari ricoveri per i figli dei militari e per i profughi, le cui denominazioni – «Vittoria», «Fratellini d’Italia» – non la- sciano dubbi sull’intonazione patriottica23.

A partire dal 6 giugno 1915, il segretariato centrale della Direzione diocesana fa- vorì lo scambio d’informazioni tra i militari e le loro famiglie; sostenne quest’ultime nelle richieste di sussidi, appoggiandosi al lavoro delle parrocchie, dove si costituirono sezioni distaccate della sede centrale24. La questione dei sus- sidi comunali statali ebbe un rilievo cruciale ed il fatto che il sindaco Bacci avesse incaricato il cattolico Mario Marsili-Libelli della loro distribuzione pose le istitu- zioni ecclesiastiche in una posizione privilegiata, aumentandone il potere negozia- le e l’opportunità di procurarsi clientele25. L’erogazione dei contributi fu spesso subordinata alle informazioni dei parroci, che agirono da intermediari tra le popo- lazioni e le autorità locali.

L’aiuto alla nazione in armi comportò una sostanziale acquiescenza verso la guer- ra, vista non come un atto da ripudiare, bensì tutt’al più come una sciagura da mi- tigare, che, tra l’altro, dava occasione d’espletare le tradizionali pratiche di mise- ricordia corporale. Il presidente del segretariato (Enrico Marsili-Libelli, fratello di Mario) e l’assistente ecclesiastico Isidoro Fanelli si rivolsero ad esempio ai soci delle associazioni cattoliche affinché dedicassero tutte le loro energie «al compi-

22

Cfr. Procacci, L’Italia nella Grande Guerra, cit., p. 52; il fatto assume ancora più rilevanza, considerato che la proprietà anche di un piccolo appezzamento di terra precludeva ai contadini la possibilità di percepire il sussidio.

23 Dattiloscritto «L’opera del clero durante la guerra 1915-1918», cit., pp. 19-21. 24

Sezioni del segretariato furono allestite nel suburbio da don Ottorino Mazzanti (vicario di S. Maria e S. Brigida al Paradiso), don Tobia Benvenuti (parroco di S. Pietro a Sollicciano), don Giu- lio Facibeni (pievano di S. Stefano in Pane a Rifredi), don Narciso Galletti (parroco di S. Maria a Morello), don Umberto Orlandini (pievano di S. Vincenzo a Torri), don Lisandro Donnini (parroco di S. Niccolò a Latera). Cfr. Segretariato per le famiglie dei militari richiamati, «Baf», 25 luglio 1915, p. 108.

25 Soldani,La Grande Guerra..., cit., p. 409; Procacci, Dalla rassegnazione alla rivolta, cit., p. 22.

Le due studiose concordano sull’esiguità degli assegni, distribuiti «secondo criteri troppo aleatori per non sollecitare malumori e tensioni». Mario Marsili-Libelli era stato eletto consigliere comuna- le nel febbraio 1915 e, successivamente, assessore supplente della giunta Bacci. Fu un personaggio di spicco dell’associazionismo cattolico. Cfr. ASCFi, Comune di Firenze, Deliberazioni del Con-

mento del proprio dovere ed a rendere men duri, col santo sacrificio della carità, i dolori, i sacrifizi e le necessità dei fratelli»26.

Don Facibeni stabilì nella parrocchia di Rifredi, a forte presenza operaia, un se- gretariato di assistenza e un nido per i figli dei richiamati dai 3 ai 6 anni, abbozzo della futura Opera della Madonnina del Grappa. Il pievano si mise a disposizione del comitato comunale, condividendo con il sindaco – che gli espresse gratitudine per l’«umanitaria e patriottica azione» – gli «auguri per la vittoria»27. L’asilo, a- perto nel giugno 1915 e frequentato ogni giorno da una media di 30-80 bambini, assunse una grande valenza simbolica28: divenne infatti l’immagine tangibile non soltanto della pietas per le vittime innocenti del disastro bellico, ma anche della riconoscenza unanime verso gli «eroici combattenti», da parte di una comunità che abbandonava gli «odî reciproci» per servire il bene del paese29. L’attività assi- stenziale si abbinò all’aspettativa politica che la guerra rinsaldasse la vita colletti- va e restaurasse la società in senso gerarchico, fondandola sulla ricomposizione interclassista e su un principio etico in cui si dissolvessero i dissensi interni30. Il “Segretariato d’Oltrarno per le famiglie dei militari sotto le armi” (1° giugno 1915-31 marzo 1919), con sede presso l’Associazione cattolica popolare, fu forse il più importante sotto il profilo quantitativo. Presieduto dal consigliere comunale Salvatore Somaschini, il suo funzionamento quotidiano ricadde su due sacerdoti: i segretari p. Giovanni Battista Agnolucci (lazzarista della comunità di S. Jacopo Sopr’Arno) e don Angiolo Masoni (curato di S. Felice in Piazza). Il segretariato

26

Circolare ai Presidenti delle Associazioni Cattoliche, «Baf», 25 giugno 1915, p. 93. Il segreta- riato rimase aperto tutti i giorni, compresi i festivi.

27 Supplemento al «Bollettino parrocchiale della Pieve di S. Stefano in Pane - Rifredi», giugno

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