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Guerra e culture religiose: il clero militare

1. La mobilitazione del clero

Per una parte della compagine ecclesiastica la guerra non fu soltanto una questio- ne astratta da interpretare e da gestire: fu la guerra del campo di battaglia e degli ospedali, dei soldati da confortare e con cui condividere la sorte, dei nemici da sconfiggere. La morte e la violenza segnò l’esperienza del clero militarizzato. Ri- sulta di particolare interesse interrogarsi sulla specificità della cultura religiosa messa in circolazione da chi vestì insieme l’abito ecclesiastico e la divisa militare, segnando un connubio inevitabile tra religione e patria.

Alla fine del 1915 il clero secolare e regolare dell’arcidiocesi superava i 700 sa- cerdoti1. Il numero, piuttosto elevato, rispecchiava l’estensione della circoscrizio- ne ecclesiastica, che riuniva 48 parrocchie cittadine, 17 suburbane e 414 di cam- pagna (all’interno delle quali 70 pievanie), per una cifra complessiva di 479 “po- poli”2. Con l’inizio della mobilitazione generale, poco più di una ventina di sacer- doti secolari chiesero ed ottennero di essere esentati dal vestire la divisa, in quanto parroci o rettori di chiese con responsabilità diretta nella cura delle anime3. Stando alla relazione ufficiale presentata dalla curia alla S. Sede, al termine del conflitto i preti diocesani “militarizzati” furono 80, di cui 12 cappellani4. Tre di essi erano addetti agli ospedali di riserva fiorentini5; i rimanenti si trovavano al fronte: 2 ne-

1

Il ruolo generale della Chiesa fiorentina, aggiornato al 28 dicembre 1915, riporta 759 sacerdoti, annoverando, oltre ai religiosi, alcuni – ad esempio don Alessandro Cavallanti – che pur non es- sendo incardinati nell’arcidiocesi svolgevano incarichi legati ad essa. Cfr. Il Giglio fiorentino. Di-

ario ecclesiastico per l’anno bisestile 1916, Firenze, Tipografia Domenicana, 1915, pp. 260-287.

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A partire dal 1916, vanno sottratte da questa cifra 12 parrocchie, che furono accorpate alla dioce- si di Pistoia e Prato (per la precisione S. Lorenzo a Pizzidimonte, S. Martino a Gonfienti, il piviere di SS. Vito e Modesto a Sofignano, il piviere di S. Maria Assunta a Filettole).

3 AAF, Mistrangelo, b. 101, fasc. 7, n. 1, «Elenco dei sacerdoti diocesani che si trovano in servizio

militare», s.d. [ma 1916]; nel 1916 i sacerdoti diocesani dispensati dal servizio militare erano 22. Sulla base del r. decreto 13 aprile 1911 n. 377, completato dal decreto ministeriale 22 maggio 1911 e dalle istruzioni del 28 maggio 1911, «i ministri dei culti aventi cura d’anime» avevano diritto alla dispensa dalla chiamata alle armi, previa attestazione del loro stato: cfr. Norme per i parroci in ca-

so di mobilitazione, «Il Popolo», 22 maggio 1915, p. 3.

4 ASV, Segreteria di Stato, Guerra, fasc. 124, n. 85878, ff. 61r-65v, dattiloscritto «L’opera del cle-

ro durante la guerra 1915-1918» (pp. 39-48). L’elenco dei «sacerdoti e chierici fiorentini sotto le armi, morti e decorati» è riportato anche in L. D’Indico, L’Opera del Clero fiorentino durante la

guerra 1915-1918, «Baf», 30 novembre 1919, pp. 176-181.

5 Leone Acomanni (parroco di S. Maria a Quinto), sezione Cestello; Orazio Menicucci (cappellano

a S. Michele a Castello), sez. Villa Reale Castello; Omero Tarchi (parroco di S. Martino a Carche- ri), sez. palace Hotel.

gli ospedaletti da campo e nelle sezioni di sanità6, 7 al seguito dei reparti combat- tenti7. Gli aiuto-cappellani erano invece 6, tutti destinati agli ospedali territoriali8. Un solo sacerdote, il sottotenente don Benedetto Galbiati, fu assegnato all’Ufficio P. del VIII Corpo d’Armata, come «conferenziere valente» adibito al «servizio di propaganda e di resistenza»9. Gli altri, come previsto dalle istruzioni per la mobi- litazione10, furono impiegati – al fronte e nelle retrovie – in unità sanitarie e in in- carichi di ufficio. Non mancò poi il caso di un prete che imbracciò le armi (Ade- lindo Colzi, curato di S. Giuseppe)11.

I dati riportati nella relazione, non comprendendo i religiosi che operavano sul ter- ritorio diocesano, sono comunque parziali; fotografano inoltre soltanto lo stato di servizio finale, senza fornire indicazioni su trasferimenti, nomine e destituzioni avvenuti nel corso della guerra. È possibile ricavare qualche elemento in più attra- verso la documentazione dell’archivio diocesano, ma rimane problematico rico- struire con esattezza l’entità dei mobilitati nelle diverse fasi belliche.

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Ildebrando Cuccuini (curato a Pontassieve), 300° ospedaletto da campo; Antonio Santoni (curato a S. Ambrogio), 16a sezione sanità.

7 David Conti (curato all’Oratorio di Cafaggiolo), 266° fanteria; Giulio Facibeni (pievano a S. Ste-

fano in Pane Rifredi), 4° raggruppamento; Giuseppe Cosi (curato a S. Cresci in Valcava), 21° fan- teria; Faustino Franciolini (curato a S. Niccolò Oltr’Arno), 67° fanteria; Ulderigo Masti, prigionie- ro di guerra; Amerigo Mugnai (parroco di S. Niccolò a Migneto), 76° reggimento di marcia; Fran- cesco Niccoli (economo del seminario centrale), 56° artiglieria assedio.

8 Amando Chiarugi (curato a Sollicciano), sezione Villa Reale Castello; Egidio Corti (prefetto del

Convitto della Calza), sez. Careggi; Guido Duranti (cappellano cantore della Metropolitana), Calci (Pisa); Orazio Paoletti (cappellano a S. Martino a Sesto), sez. Giotto; Pietro Puliti (curato a Castel- fiorentino), incaricato di vari ospedali; Giulio Ricceri (uffiziante alla Cappella Reale), sez. Bristol.

9 Dattiloscritto «L’opera del clero durante la guerra 1915-1918», cit., p. 41. Benedetto Galbiati

(1881-1956), sacerdote d’origine lombarda, trascorse a Pisa e a Firenze un lungo periodo della sua vita come propagandista dell’Unione popolare fra i cattolici d’Italia; predicatore apprezzato, meri- tò da Benedetto XV l’appellativo di «Bocca d’oro del secolo». Alcuni rapidi cenni biografici nella voce di M. Milan, Galbiati, Benedetto, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia

1860-1980, vol. III/1, Casale Monferrato, Marietti, 1984, pp. 388-389. Gli uffici P. presso le forze

armate territoriali sorsero dopo la circolare del ministro V. Alfieri del 7 febbraio 1918, diretta ad estendere la sorveglianza e la propaganda nelle retrovie: cfr. G.L. Gatti, Dopo Caporetto. Gli uffi-

ciali P nella Grande guerra: propaganda, assistenza, vigilanza, Gorizia, Leg, 2000, pp. 95-96.

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Per tutti i sacerdoti chiamati alle armi, «Uc», 28 maggio 1915, p. 1. L’art. 358 delle Istruzioni per la mobilitazione n. 3815 del 9 marzo 1915 affermava: «i ministri dei culti religiosi e, se di quello cattolico, insigniti degli ordini maggiori, cioè da suddiacono in su, devono essere trasferiti effettivi alle compagnie sanità del proprio Corpo d’Armata. Quelli del culto cattolico sono di pre- ferenza impiegati come ecclesiastici nelle sezioni di sanità, negli ospedali e ospedaletti da campo, se appartengono a classi e categorie dell’esercito permanente e della milizia mobile, e come eccle- siastici negli ospedali militari territoriali e nei reparti di sanità addetti alle fortezze o nei treni at- trezzati trasporto dei feriti e malati se appartengono a classi o categorie della milizia territoriale». Tali disposizioni risalivano a fine Ottocento; cfr. R. Morozzo della Rocca, La fede e la guerra.

Cappellani militari e preti-soldati (1915-1919), Roma, Studium, 1980, p. 7.

11 Colzi, tenente del 98° fanteria, stette per «24 mesi al fronte» (dattiloscritto «L’opera del clero

Nella prima metà del 191612, per esempio, i sacerdoti diocesani richiamati in ser- vizio militare erano 72, di cui 11 cappellani: 7 negli ospedali di riserva13, 2 aggre- gati a reggimenti14, 2 nelle unità sanitarie al fronte15. Si tratta di cifre che non comprendono i chierici (86 al termine della guerra)16 ed i religiosi soldati. Ovvia- mente, ben superiore fu il numero complessivo dei sacerdoti mobilitati che tra- scorsero a Firenze almeno un periodo nelle caserme, negli uffici militari e soprat- tutto nella sanità (ospedali militari di riserva dell’VIII Corpo d’Armata e ospedali territoriali della Croce Rossa Italiana): 200 circa nel maggio 191617, 500 nel gen- naio 1917, 250 – dopo l’invio di molti di essi in zona di guerra – al 1° novembre 191818.

Assai rilevante fu poi il coinvolgimento bellico dei regolari dimoranti nei conventi dell’arcidiocesi. I francescani militarizzati furono in totale 57 (14 della Provincia delle SS. Stimate19, 41 della Provincia di S. Bonaventura20, 2 dei Frati Minori

12 AAF, Mistrangelo, b. 101, fasc. 7, n. 1, «Elenco dei sacerdoti diocesani che si trovano in servi-

zio militare», cit. Si veda anche l’Elenco dei Sacerdoti Diocesani che si trovano in servizio milita-

re, «Baf», 25 settembre 1916, pp. 97-98. In questo elenco compariva il nome di un altro cappella-

no militare, al seguito di un reggimento d’artiglieria: don Ugo Antonelli, cappellano a Vicchio di Mugello.

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Giuseppe Fabbri, sez. Rossini; Faustino Franciolini, sez. S. Trinita; Orazio Menicucci, sez. Ca- stello; Francesco Niccoli, sezione Cestello; Antonio Mucci, sez. Giotto; Alberto Salvadori, sez. Villa Odescalchi; Omero Tarchi, sez. Istituto forestale.

14 Ildebrando Cuccuini, 214° fanteria; Raffaello Maglioni, 43° artiglieria. 15

Leone Acomanni, treno attrezzato n. 50; Antonio Santoni, 16a sezione sanità.

16 Di cui 15 della classe 1900, chiamati alle armi dopo Caporetto: cfr. I nostri Cherici e Sacerdoti

sotto le armi, «Baf», 31 marzo 1918, p. 44.

17 AAF, Mistrangelo, b. 102, fasc. 1, n. 146, minuta di M. Cioni ad I. Fanelli del 26 maggio 1916. 18

Dattiloscritto «L’opera del clero durante la guerra 1915-1918», cit., p. 35.

19 Dalle liste conservate presso l’archivio arcivescovile, aggiornate all’estate 1918, emerge un uni-

co cappellano, il p. Graziano (al secolo Benvenuto) Pieri, operante presso l’ospedale militare To- lomei di Siena. Cinque religiosi furono inviati nelle unità sanitarie al fronte: tra di loro i sacerdoti p. Eletto (Raffaello) Palandri e p. Gustavo (Giuseppe) Cantini. Tre vennero assegnati ad ospedali di riserva a Firenze e a Perugia. L’unico laico mobilitato fu destinato a Tripoli, 89° fanteria. Cfr. AAF, Mistrangelo, b. 95, fasc, 7, n. 59, «Elenco dei Religiosi Francescani della Provincia delle SS. Stimate, attualmente militarizzati, addetti ai diversi conventi esistenti nell’Arcidiocesi di Fi- renze», Sargiano (Arezzo), 30 agosto 1918.

20 All’inizio del 1918 i cappellani erano 5: p. Bernardo (al secolo Ottavio) Bessi, 82° ospedale da

campo; p. Giovacchino (Francesco) Geroni, che svolse attività di conferenziere risiedendo a O- gnissanti e presso il convento di S. Lucia (Vicenza); p. Adriano (Luigi) Diani, ospedale militare di riserva Carducci Firenze; p. Angelo (Pio) Prezzolini, treno attrezzato n. 54; p. Tito (Federigo) Ro- bilotta, 21° ospedale da campo. Gli otto chierici soldati frequentavano lo Studio di S. Teologia presente nel convento di S. Lucia a Signa, che, a seguito della risistemazione delle province tosca- ne dei Frati Minori (luglio-agosto 1916), passò alla provincia delle SS. Stimate; di essi due fecero parte delle truppe combattenti. Quasi la totalità dei religiosi furono addetti nella sanità; dei cinque laici soltanto uno, fr. Benedetto (Vittorio) Conti, fu impiegato in un reggimento. Alcuni cappellani inizialmente prestarono servizio presso gli ospedali fiorentini come soldati (p. Bessi) o presso gli ospedali di altre città (p. Prezzolini, a Verona). Cfr. AAF, Mistrangelo, b. 95, fasc. 7, n. 63, «Elen-

Conventuali di S. Croce21) e 9 i domenicani (4 del convento di S. Maria Novella22, posto sotto la giurisdizione della Provincia Romana, e 5 del convento di S. Marco, dipendente dalla Congregazione di S. Marco e Sardegna23). Gli scolopi ebbero sotto le armi 8 sacerdoti (di cui un cappellano, Raffaele Viti) e 2 chierici24; i bar- nabiti 2 sacerdoti (il cappellano militare p. Achille Savoino e l’aiuto-cappellano p. Filippo Domenico Bassi) e 2 fratelli non ordinati in sacris25; gli agostiniani di S. Spirito 5 religiosi26. Tra i Servi di Maria furono chiamati alle armi 11 sacerdoti, 16 chierici e 18 laici27, tra gli oratoriani 3 sacerdoti28, tra i passionisti 5 religiosi (di cui 4 presbiteri)29, tra i carmelitani due sacerdoti30, tra i carmelitani scalzi 17

co dei religiosi militari dell’Ordine de’ Minori della Provincia di San Bonaventura (sudditi del Provinciale d’Ognissanti) e dimoranti nei Conventi dell’Archidiocesi Fiorentina quando furono chiamati alla milizia», Firenze, 18 settembre 1918; ASPSFS, Provincia di San Bonaventura, Rege-

stum Provinciae, 54 [«2° Registro del Provincialato del M. R. P. Lorenzo Giraldi»], n. 71, Elenco di tutti i Militari Religiosi della Provincia di S. Bonaventura (Toscana), Firenze, Tip. A. Meozzi,

marzo 1918; ivi, n. 40, Elenco dei nostri soldati, s.l., s.n., 6 maggio 1917.

21 P. Igino (al secolo Angiolo) Marchi, 8a compagnia sanità Firenze, e fr. Antonio (Angiolo) Mari-

ni, fatto prigioniero dopo Caporetto. Cfr. AAF, Mistrangelo, b. 95, fasc. 7, n. 77, lettera di E. Mi- gliorini [provinciale toscano dei Frati Minori Conventuali], s.d. Nell’archivio arcivescovile non sono conservati i dati concernenti i Frati Minori Cappuccini; da documenti sparsi si ricavano alcu- ni nominativi di religiosi mobilitati, tra cui p. Leone da Lucignano (cappellano dell’Ospedale di S. Maria Nuova, poi al fronte e successivamente nella caserma di S. Salvino degli Armati a Firenze). Cfr. ivi, b. 95, fasc. 2, n. 20, lettera di padre Leone da Lucignano ad A.M. Mistrangelo del 14 gen- naio 1916.

22 Due sacerdoti, tra cui il cappellano militare dell’ospedale di Spoleto p. Raffaele (al secolo Giu-

seppe) Ferrari e due conversi: ivi, b. 95, fasc. 7, n. 78, «Religiosi del V. Conv. di S. M. Novella che attualmente prestano servizio militare», s.d.

23 A circa due mesi dal termine della guerra vi erano due cappellani militari: p. Raimondo (al seco-

lo Egidio) Maccanti, comando brigata Alpi, e p. Domenico (Luigi) Labardi, ospedale Careggi Fi- renze. I rimanenti erano due sacerdoti soldati di sanità e un frate converso, soldato combattente. Cfr. ivi, b. 95, fasc. 7, n. 61, «Religiosi di S. Marco sotto le armi», Firenze, 7 settembre 1918.

24 Ivi, b. 95, fasc. 7, n. 55, lettera di A. Pessuti [proposto della provincia toscana delle Scuole Pie]

a G. Josia [delegato diocesano per il clero militarizzato] del 24 agosto 1918.

25 Ivi, b. 95, fasc. 7, n. 54, lettera di G.M. Bracci [rettore del Collegio “Alla Querce”] del 24 agosto

1918.

26 Ivi, b. 95, fasc. 7, n. 57, lettera di N. Bertini a G. Josia del 27 agosto 1918.

27 Ivi, b. 95, fasc. 7, n. 81, «Religiosi Servi di Maria chiamati alla milizia ed appartenenti ai tre

conventi della Diocesi di Firenze», s.d.

28

Due aiuto-cappellani a Firenze (i padri Pio Carraresi e Alessandro Favi, chiamati alle armi nel gennaio 1917), uno al fronte e poi prigioniero di guerra (p. Alessandro Naldi): ivi, b. 95, fasc. 7, n. 80, «Sacerdoti della Congregazione dell’Oratorio di Firenze attualmente in servizio militare», s.d. Si veda anche ACOF, b. 31, dattiloscritto sulla storia della Congregazione dell’Oratorio, fasc. 2, ins. «Nel secolo ventesimo», s.d. [ma post 1963], p. 6.

29 I quattro sacerdoti prestarono servizio nella sanità, mentre il passionista laico (o chierico) fu de-

stinato al 3° artiglieria da campagna. Cfr. AAF, Mistrangelo, b. 95, fasc, 7, n. 62, lettera di p. Tito di G., dell’8 settembre 1918.

30

P. Giovanni (al secolo Arcasio) Casciani, cappellano prima all’ospedale Ferrucci e poi Fuligno- Maglio; p. Benedetto (Primo) Benedetti, soldato di sanità presso l’ospedale Scuderie Reali di Ca- stello (Firenze). Cfr. ivi, b. 95, fasc. 7, n. 79, «Nota dei Religiosi Carmelitani in servizio sotto le armi nel territorio della diogesi fiorentina», s.d.

presbiteri (di cui 2 cappellani) e 5 laici31, tra i salesiani 3 sacerdoti e due chierici32, tra i benedettini olivetani 4 sacerdoti (di cui 2 cappellani), 3 novizi e 3 conversi professi33, tra i camaldolesi tre religiosi del monastero di S. Maria degli Angeli34. Un ritratto disincantato della mobilitazione del clero a Firenze è offerto dal prete soldato don Ezio Lorenzini nel suo diario di guerra, pubblicato nel 1929. Recatosi il 24 maggio nel capoluogo toscano – uno dei principali centri di raccolta – per presentarsi all’ospedale militare di S. Agata, egli si imbatté, strada facendo, in al- tri sacerdoti; giunti tutti insieme alla meta, si trovarono a condividere uno spetta- colo inaspettato.

Gran Dio! credetti di sognare.

Entrati nel cortile non vedemmo altro che preti e frati di tutte le specie! Saranno stati un paio di centinaia. Da qui incominciai a capire che la faccenda era più seria di quello che avevo creduto. Entrato nel branco, insieme a molti visi nuovi trovai parecchie antiche conoscenze. Ci guardavamo in faccia uno coll’altro stupiti, come per domandarci: ma che diavolo succede? Lì per lì non si tro- vavano nemmeno le parole, tanto ci pareva strana quella novità.

– C’è la guerra! E bisogna andarci anche noi!

Queste furono le parole che per prime mi uscirono dalla bocca.

Bella scoperta! ripeteva un altro, c’è la guerra; va bene! Ma come ci si anderà? Vestiti da ecclesia- stici o da soldati?

Allora mi si aprì la mente. E pensavo: se in ogni Corpo d’Armata i sacerdoti sono tanti come qui è impossibile che ci possano far tutti cappellani militari; tanto più che era da immaginare che li a- vessero già fatti35.

L’illusione di conservare l’abito ecclesiastico era destinata a durare ben poco: un «simpatico tenente fiorentino, prete anche lui, [...] tonaca indosso e nicchio in te-

31 Al settembre 1918 i cappellani militari erano due: p. Eliseo del SS.mo Sacramento (al secolo

Adolfo Rossi), prigioniero in Austria, e p. Andrea della Croce (Igino Mangani), 327° ospedale da campo. I laici invece erano cinque: AAF, Mistrangelo, b. 95, fasc. 7, n. 62, «Religiosi Carmelitani Scalzi dei Conventi dell’Archidiocesi fiorentina attualmente in servizio militare», Firenze, 10 set- tembre 1918.

32 Ivi, b. 95, fasc. 7, n. 76, lettera di L. Giudizi a [G. Josia], s.d.

33 Tra gli olivetani mobilitati vi fu d. Gerardo (al secolo Giuseppe) Bianchi, cappellano militare del

70° fanteria, noto per la sua amicizia con E. Hemingway. Sulla sua figura lo scrittore modellò il personaggio del cappellano di Addio alle armi: cfr. Stiaccini, L’anima religiosa della Grande

Guerra, cit., pp. 63-64. Dei restanti sacerdoti, uno fu cappellano militare a Taranto e gli altri due

preti soldati.

34 AAF, b. 95, fasc. 7, n. 56, lettera di G. Ravezzi a [G. Josia] del 26 agosto 1918.

35 E. Lorenzini, La guerra e i preti soldati, Padova, Stab. Tip. Ed. del Messaggero di S. Antonio,

sta», tra lo stupore generale e a passo di marcia, condusse Lorenzini ed i suoi commilitoni verso il magazzino del vestiario, per indossare la divisa militare. «Sbalorditi dall’improvviso cambiamento», i sacerdoti apparivano «figure goffe e impacciate», quasi delle macchiette ridicole, riconoscibili «a un chilometro di di- stanza»36. La colorita descrizione di Lorenzini getta luce sull’impreparazione, lo stupore e l’incosciente estraneità con cui gran parte del clero andò incontro all’evento bellico, tra la rottura dei ruoli costituiti e la destabilizzazione dell’identità personale.

Immediatamente dopo l’intervento dell’Italia nel conflitto europeo, il 27 maggio 1915 Mistrangelo convocò il clero secolare e una rappresentanza degli ordini re- golari in S. Salvatore, presso l’Arcivescovado, per comunicare loro alcune deci- sioni in ordine «ai bisogni spirituali della milizia» e al contegno da tenere in mez- zo ai civili. Richiamando i sacerdoti all’alta «missione di Fede e di Carità» che traeva forza dalla religione e dalla disciplina, lo scolopio li esortò a «confortare e sollevare gli animi dei fedeli, raccomandare loro la preghiera, la fiducia in Dio, sotto la cui assistenza siamo noi ed i nostri soldati». I presenti risposero all’appello con «grande slancio», dichiarandosi pronti a qualsiasi «sacrificio» e a prestare assistenza nei numerosi ospedali in via di allestimento37. L’immagine o- lografica offerta dalla stampa cattolica – un clero esemplare per la sua abnegazio- ne, compatto ed eroico alla stregua dei fanti italiani, mosso dall’idea di condivi- derne i disagi, le sofferenze e le glorie – appare certo una costruzione retorico- ideologica, in larga misura convenzionale.

La realtà fu molto più mossa rispetto alla presunta linearità di quell’autorappresentazione. Com’è noto, alcuni aspiranti cappellani dettero segui- to alle loro genuine convinzioni nazionalistiche38. Il cappuccino p. Basilio (al se- colo Cesare) Cinelli, destinato a Firenze in qualità di aiutante dell’ospedale S. A- gata, supplicò la curia arcivescovile di essere presentato a Bartolomasi per una «designazione ad un Reggimento al fronte, in trincea di prima linea, o su R. Nave da Guerra, possibilmente silurante». Essendo «orfano e solo», mostrava di non

36 Ivi, p. 9. 37

L’adunanza del clero fiorentino pei soldati, «Uc», 28 maggio 1915, p. 1.

38 Un caso esemplare è quello del domenicano p. Reginaldo Giuliani, illustrato da G. Cavagnini,

Le prime prove di un mito fascista. Padre Reginaldo Giuliani nella Grande Guerra, «Humanitas»,

temere la morte e chiedeva addirittura di sostituire «qualche Sacerdote, la cui vita è necessaria alla famiglia e che potrebbe essere inviato in ospedali di riserva o su treni che sono attualmente in formazione»39. La guerra rappresentò per lui un ban- co di prova per testimoniare un modello eroico di sacerdozio, intriso dell’estetica del martirio e degli ideali patriottici.

La maggior parte dei presbiteri fu guidata però da un’altra preoccupazione: quella di continuare a svolgere il proprio ministero e di difendere lo status sacerdotale dal livellamento della coscrizione obbligatoria (livellamento che, secondo la vi- sione intransigente, era un esito del disegno scristianizzatore sotteso alla moderni- tà politica)40. Il contesto fiorentino conferma questa tendenza. Come molti altri, il francescano p. Domenico (al secolo Giuseppe) Bacci della caserma “Maglio”, sot- tolineando quanto fosse per lui «pesante la vita militare» ed il vedersi «soltanto vestito con questa divisa», espresse il desiderio di diventare cappellano «in qual- che Ospedale di Riserva in Città o in paesi di campagna, ovvero in qualche treno attrezzato», purché non venisse inviato «sul campo di battaglia»41.

Ciò non significa che il clero in uniforme – ed in particolare il corpo privilegiato dei cappellani – non condividesse i valori marziali, di disciplina militare e di dedi- zione alla patria che contrassegnarono la pedagogia nazionale e dei quali l’esercito rappresentò un canale di diffusione fondamentale42. L’idea, anzi, che la fede e la

39 AAF, Mistrangelo, b. 94, fasc. 5, n. 8, copia di lettera di B. Cinelli ad A. Bartolomasi del 18

febbraio 1916.

40 Morozzo della Rocca, La fede e la guerra, cit., pp. 7-15. L’autore ammette che tra il 1915 e il

1918 nel clero si rafforzò una cultura che mirava ad intrecciare «religione e nazione, Cristo e Mar- te»; ciononostante, insiste sulla sostanziale estraneità dei cappellani militari – per non parlare dei semplici preti soldati – nei confronti del progetto di sacralizzazione della guerra, a differenza di ciò che sarebbe avvenuto durante il secondo conflitto mondiale: «nel ’15 simile progetto non c’è: non si è cappellani per affermare qualcosa, ma per sfuggire alla condizione di prete-soldato». La tesi, per la sua perentorietà, appare poco convincente, anche alla luce di altre osservazioni e delle fonti citate; cfr. Id., I cappellani militari cattolici nel 1915-1918, «Bollettino della Società di Studi Valdesi», CXII, 1995, n. 176, pp. 62-65.

41

AAF, Mistrangelo, b. 95, fasc. 2, n. 23, lettera di D. Bacci a C. Cortini, del 18 gennaio 1916. Il p. Bacci, francescano del convento di S. Margherita in Cortona, era stato addetto all’ufficio del maggiore prof. Catola, specializzato in “Malattie nervose e mentali” presso la caserma Maglio di Firenze; in seguito svolse le funzioni di cappellano nella chiesetta annessa all’ospedale. Cfr. la memoria autobiografica conservata in ADN, MG/85, Domenico Bacci, Sprazzi di lontane remine-

scenze.

42 Cfr. P. Melograni, Storia politica della grande guerra 1915-1918, Bari, Laterza, 19713 (prima

ed. 1969), pp. 130-136; M. Isnenghi, Giornali di trincea (1915-18), Torino, Einaudi, 1977, pp. 12- 25; M. Isnenghi - G. Rochat, La Grande Guerra 1914-1918, Milano, La Nuova Italia, 2000, pp. 252-262; Stiaccini, La Chiesa, l’Italia e la guerra, cit., pp. 131-135; Id., L’anima religiosa della

Grande Guerra, cit., pp. 49-64. Stiaccini osserva come il cappellano militare si ponesse su un

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