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Frottola barzelletta e epigramma

Nel documento Aspetti formali delle Rime di Michelangelo (pagine 110-113)

Capitolo 6: Forme metriche estravaganti nelle Rime di Michelangelo

6.7 Frottola barzelletta e epigramma

Infine, nelle Rime michelangiolesche si trovano anche una frottola-barzelletta in ottonari (n.21) e un epigramma (n.247).

La frottola-barzelletta, sempre ascrivibile alla tradizione comico-burlesca toscana, è fra le primissime composizioni michelangiolesche. Essa è composta ad imitazione dei canti carnascialeschi tipici della tradizione fiorentina; in particolare, si rifarebbe alla barzelletta

Dolor, pianto e penitenza (1511) di Antonio Alamanni. Entrambe presentano un tono macabro,

poiché a parlare è un coro di uomini mascherati da scheletri, e contengono riferimenti alla fugacità della vita e all’inevitabilità della morte. A proposito di essa, Girardi sottolinea che, pur trattandosi di un componimento giovanile e pur essendo forte l’influenza del testo di Alamanni, si trovano già alcuni elementi che diverranno caratteristici della poesia michelangiolesca, come «il gusto tutto buonarrotiano delle antitesi e più particolarmente il contrasto della luce e dell’ombra, del sole e della terra, così tipici del nostro»128.

Infine, per concludere questa carrellata, si trova anche un solo, ma interessante, esempio di epigramma, questa volta nel gruppo dei lavori della vecchiaia.

Anche in questo testo è forte il legame con la produzione artistica dell’autore: esso è una risposta a un epigramma di Giovanni Strozzi il Vecchio, uno dei più importanti madrigalisti del Cinquecento, che lodava la statua della Notte scolpita, in coppia con il Giorno, per la tomba di Giuliano de’ Medici, nelle tombe medicee della Sagrestia Nuova di San Lorenzo.

Nell’epigramma michelangiolesco è la statua stessa a parlare e a rispondere, su invito dello Strozzi, facendo peraltro riferimento alla difficile situazione politica del tempo, legata al governo tirannico di Cosimo de’ Medici («mentre che ʼl danno e la vergogna dura» 172 v.2).129

128 «[…] e ʼl sole / niuna cosa lascia viva.» (vv.2-3), «e·lle nostre antiche prole / al sole ombre, al vento un fummo.» (vv.6-7), «Come voi uomini fummo. […] e or siàn, come vedete, / terra al sol, di vita priva.» (vv.8-11) cfr. E.N. Girardi, Studi su

Michelangelo scrittore, cit., pp.35-36

129 Questo l’epigramma dello Strozzi: La notte che tu vedi in sì dolci atti dormir, fu da un Angelo scolpita in questo sasso e, perché dorme, ha vita:

destala, se nol credi, e parleratti. 4

A cui Michelangelo replica in questo modo: Caro m’è il sonno, e più l’esser di sasso, mentre che ʾl danno e la vergogna dura; non veder, non sentir m’è gran ventura;

però non mi destar, deh, parla basso. 4

Si notino i richiami intertestuali che fungono da risposta agli inviti dello Strozzi, come la ripresa di sasso, ma anche dorme –

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Si noterà peraltro che un riferimento a questa stessa opera130 è già presente nelle due brevi annotazioni in prosa già esaminate in apertura (nn.13-14), con la sola differenza che esse precedono di circa vent’anni questo epigramma, poiché si trovano sotto i progetti dell’opera stessa (1524 circa). Questo, invece, è un componimento tardivo: infatti, sebbene l’opera venne terminata nel 1531, l’epigramma è databile agli anni 1545-1546.

In conclusione, questa produzione estravagante michelangiolesca, oltre ad essere fortemente controcorrente come riferimenti e come gusto rispetto al petrarchismo coevo, rivela numerosi elementi di interesse.

Innanzitutto, non è pensata per fare parte di un eventuale canzoniere, anche perché gran parte di essa (soprattutto i componimenti lunghi, ovvero le canzoni, i capitoli, i rispetti, i sonetti caudati e le sestine, mentre si trovano anche successivamente componimenti più brevi come le quartine o le terzine in forma di epitaffio, o altri frammenti incompiuti) è collocabile nella prima fase poetica, più dilettantesca e quindi caratterizzata da un poetare occasionale ed incerto, all’insegna della ricerca di uno stile autentico e definito.

Emerge qui in maniera molto forte (ma non si pensi che questo legame, che imprime numerosi fattori di unicità alla poesia michelangiolesca, verrà abbandonato nelle fasi poetiche successive) il rapporto con la poesia toscana quattrocentesca, soprattutto quella di stampo comico-burlesco (Pulci, Burchiello, Cei, Alamanni, Berni), che determina, dal punto di vista metrico, la presenza di metri particolari come la frottola, il capitolo, il rispetto. Sempre da questa prospettiva, si noterà come Michelangelo ami anche altre forme all’epoca piuttosto desuete, come la quartina –epitaffio, il sonetto caudato o la sestina, mentre trascura del tutto forme più diffuse come la canzone.

Questa produzione è inoltre caratterizzata da forte curiosità e volontà di sperimentazione, sia dal punto di vista metrico (si pensi al rimaneggiamento degli schemi di madrigali, sonetti caudati e nelle canzoni), ma anche da un punto di vista tematico, per cui l’autore, anche ricorrendo alla medesima forma metrica, ama spaziare fra differenti temi, per cui si trovano certamente testi di

130 Segnalo inoltre un’interessante citazione baudelairiana, nel sonetto XVIII, L’Idéal, in cui Baudelaire (l’edizione di riferimento è Charles Baudelaire, I fiori del male, a cura di G. Bufalino, Milano, Mondadori, 2011, p.38) nell’elencare le opere d’arte in grado di soddisfare il suo gusto («Qui sauront satisfaire un cœur comme le mien» v.4), cita la scultura della Notte, facendo anche un riferimento alla posizione in torsione della scultura:

Ou bien toi, grande Nuit, fille de Michel-Ange, Qui tors paisiblement dans une pose étrange

Tes appas façonnés aux bouches des Titans! 14 (o tu, cui Michelangelo scolpì, Notte grandiosa,

che senza sforzo torci in una strana posa le tue forme serbate ai baci d’un Titano!)

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impronta nenciale e comico-burlesca ma anche solenni epitaffi, feroci invettive e testi di stampo moraleggiante.

In conclusione, anche in questi testi la «vigorosa impronta buonarrotiana » 131 si percepisce in maniera immediata: non mancano infatti, oltre ad alcuni elementi di originalità, come il riferimento al mestiere d’artista o altri richiami biografici o alla situazione politica (come quelli al sonetto n. 71 o all’epigramma n. 172), che verranno però successivamente cassati, anche altri elementi che ritroveremo nella produzione successiva, come, ad esempio, la forte componente quattrocentesca, il gusto per il concettismo e il virtuosismo, la forza espressionistica e drammatica del linguaggio, e la predilezione per dimensione filosofica e moraleggiante, declinata, negli ultimi lavori, in chiave religiosa.

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Bibliografia

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