• Non ci sono risultati.

Funzionamento ed applicazione dell'empatia 2.1 L'incontro

Nel documento La necessità empatica (pagine 38-40)

A questo punto del discorso vorrei presentare il modo chiaro come il procedimento empatico si sviluppa secondo le premesse che abbiamo dato in precedenza. Nell'immaginario comune siamo sempre legati a ciò che gli altri pensano di noi, e ci facciamo condizionare nelle nostre esperienze. Questo isolamento lo abbiamo già redarguito e tacciato di semplice individualismo egoistico, atto solamente all'autoaffermazione. Il soggetto vive un momento di difficoltà e quello che stiamo per recuperare è un modo per riequilibrare l'approccio alla realtà caricandolo di umanità. Al primo impatto l'esperienza del corpo diventa fondamentale, come diventa importante la realizzazione del proprio corpo, simile a ciò che stiamo vedendo. Il carico emotivo presente in un oggetto vivo rende l'empatia decisiva nella relazione tra esseri umani. "Si è visto che l'incontro è uno strano movimento di apertura verso l'altro e insieme di scoperta di campi più ampi di esperienza sensoriale"91. Ci riconosciamo a vicenda come portatori

di vita, e tutto questo viene racchiuso, dagli sguardi, dagli odori e dai movimenti che facciamo nel momento dell'incontro con l'altro. La filosofia ha studiato molto cosa intercorre a livello di linguaggio in una relazione, senza pensare però, a come prende forma nella connessione tra i due soggetti, lo spostamento dell'esperienza tra un soggetto e l'altro. Come abbiamo più volte ripetuto è assolutamente riduttivo pensare che il «mettersi nei panni degli altri» completi in modo esaustivo il processo empatico. È un modo di dire che si avvicina a processi di imitazione, di immaginazione o altrimenti di autosuggestione. Percepire emotivamente il sentimento provato da un'altra persona non esprime ciò che significa l'empatia. Il percepire la gioia dell'altro diventa esperienza empatica nel momento in cui "diventa scoperta dell'essere in relazione, rivelazione dell'esistenza di

un'altra persona"92. Posso creare un auto convincimento sulla base di un'idea che ho

dell'altro, ricostruendo emotivamente la sensazione dell'evento; ma tutto questo non serve ovviamente se non ad accrescere ciò che la mia idealizzazione dell'altro esprime già da sè. Se si provano questi tipi di schematizzazioni è perché dobbiamo trovare un modo per semplificarci la realtà. Risulta troppo difficile conoscere un numero considerevole di persone, senza riuscire poi a ricordarci che tipo di comportamento tenere nel caso di una relazione fortuita o costante. Quello che intendo dire è che la prassi prevede un atteggiamento comune e formale a seconda del contesto e della situazione creatasi. Comportarsi secondo lo schema facilità ciò che stiamo per fare, senza incorrere in incomprensioni e figuracce. Altro possibile risvolto critico dell'empatia riguarda la possibilità di barare e raccontare situazioni poco credibili sulle emozioni altrui. Come un attore che finge e ricrea un personaggio sulla base di considerazioni costruite a tavolino, senza provare e pensare realmente a ciò che sta dicendo e vivendo. Non è possibile la realizzazione di una relazione e la comprensione empatica, ma riconosciamo che non c'è nulla di serio. Ad ogni modo credo che ogni soggetto riuscirebbe a barare in modo più o meno efficace, ma la sensazione di non avere una risposta emotiva è alquanto eloquente e facile da intuire. Ritorniamo ora al primo approccio con l'altro e di come reagiamo rispetto alla condivisione dei vissuti. Boella ripercorre la fase dell'incontro descrivendolo in modo molto personale e secondo me molto toccante. "L'emozione dell'incontro, si è visto, provoca uno slancio verso l'altro, composto da una mescolanza di invasione e di abbandono e, quasi per contraccolpo, un bisogno di ricostruire la propria identità, che va insieme, ancora una volta, alla tendenza a penetrare nel mondo dell'altro"93. Il valore

educativo del riconoscimento è importante e lo tratteremo a lungo nel nostro discorso sull'empatia. Bellingreri lo definisce come "un processo relazionale nel quale ogni ogni soggetto cerca e riceve sempre una qualche risposta, positiva o negativa, ad un bisogno insuperabile, essenziale e costitutivo per il senso stesso dell'esistenza personale"94.

Essendo un bisogno va trattato come tale e riconosciuto come valore per la scoperta del singolo. In questo processo siamo affianco all'altro ma puntiamo lo sguardo verso la stessa direzione e in un certo senso lavoriamo in un modo originale e del tutto nostro. Il punto di

92 Ivi, p. 55. 93 Ivi, p. 58.

vista con cui si elabora la propria idea è fondamentale. Quindi ogni posizione è unica e Bellingreri la enfatizza dicendo: "emerge una visione complessiva dell'educazione come processo di personalizzazione dell'esistenza, una scelta di esistere in prima persona che svolge e concreta la decisione di essere autenticamente desti"95. Rendere necessario l'altro

per la propria realizzazione ha degli aspetti decisamente grotteschi se pensati nella società odierna. Fin da bambini l'insegnamento principale che ci viene dato è di essere noi stessi, senza farci influenzare dagli altri. Oltre ad essere una cosa assolutamente impossibile, diventa oltretutto uno stimolo all'auto-affermazione attraverso la distruzione dell'altro. Anche se sappiamo benissimo che in questo contesto sociale la paura di essere diversi da quello che ci aspettiamo diventa causa della nostra situazione di sofferenza. L'aspettativa che creiamo in noi e negli altri ci costringe ad avere un comportamento uniforme, così da rendere facile agli altri la loro posizione sociale e nei nostri confronti. L'incontro in questi termini però non giustifica la nostra reale situazione emotiva. In questi termini è assolutamente impossibile empatizzare.

Nel documento La necessità empatica (pagine 38-40)