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2.6.1.- L’anno giudiziario e le ferie.

La ripartizione temporale dell’attività giudiziaria in “anni giudiziari” è scarsamente utilizzata dal diritto vigente, sia a fini processuali, sia a fini ordinamentali. Sotto il primo profilo, si tende ad immaginare il processo come un’attività capace di svolgersi nel tempo indefinitamente, fra il momento del suo inizio e quello della sua conclusione, senza che le scansioni del lavoro giudiziario in

(160) L’elevazione a quaranta anni del limite di età per la partecipazione al normale concorso per uditore, stabilita dall’art.2, comma 1, decreto legge 15 giugno 1989, n.232, come modificato dalla legge di conversione 25 luglio 1989, n.261, fa sì che le ricorrenti proposte di “reclutamento straordinario” di magistrati implichino necessariamente soltanto forme di accesso facilitato destinate a favorire quanti non siano in grado di affrontare il concorso ordinario.

sess on o altre del m taz on temporal abb ano alcuna nfluenza su di esso. Del pari, sotto il profilo ordinamentale, tutti i provvedimenti organizzatori concernenti gli uffici giudiziari possono essere adottati in qualunque momento dell’anno e da qualunque momento possono essere fatti decorrere i loro effetti (eventualmente anticipati o posticipati rispetto al momento del loro perfezionamento).

Questa impostazione tradizionale è stata in parte corretta con la previsione delle tabelle biennali con le quali vengono assegnati gli incarichi ai diversi magistrati assegnati ai vari uffici e vengono impartite tutta una serie di altre disposizioni di carattere organizzativo. Inoltre, un segmento temporale cui vengono ricollegati effetti processuali ed ordinamentali è quello durante il quale sono sospesi i termini processuali per il periodo feriale, che in base alla legislazione vigente comprende i giorni che intercorrono fra il 1°

agosto ed il 15 settembre (161). Invece, le “inaugurazioni” dell’anno giudiziario costituiscono esclusivamente un’occasione per un periodico incontro fra gli operatori della giustizia.

Sembra tuttavia evidente l’opportunità di far coincidere, per quanto è possibile, in una sola data, corrispondente all’inizio dell’anno giudiziario, gli effetti di tutti gli atti suscettibili di influenzare la composizione ed il funzionamento degli uffici giudiziari, e di indi-viduare tale data, anzichè nel 1° gennaio, nel momento di ripresa dell’attività giudiziaria dopo la fine del periodo feriale e quindi nel 16 settembre. Soluzione ideale potrebbe anzi essere quella che facesse decorrere gli effetti di tutti i provvedimenti in questione dall’inizio di ciascun periodo tabellare e quindi dal 16 settembre di ogni anno pari, differendo tutte le modificazioni all’inizio del successivo biennio.

Ove si stabilisse che gli effetti di tutte le nomine, i trasferimenti, le assegnazioni di funzioni e, per quanto è possibile, anche di tutte le cessazioni dal servizio, decorressero da una stessa data, sarebbe possibile avere un quadro preciso di tutte le scoperture dell’organico che non sia possibile evitare per l’anno (o per il biennio) che inizia a cominciare da quella data e della loro durata (normalmente an-nuale o biennale) e quindi sarebbe possibile far fronte ad esse in modo organico e razionale mediante un piano di supplenze opportunamente congegnato. E non pare dubbio che in questo modo

sarebbe poss b le ass curare un grado d eff c enza degl uff c giudiziari molto maggiore di quanto non sia possibile ora mediante interventi quasi sempre tardivi e normalmente scoordinati tra loro, dai quali consegue un regime di costante provvisorietà dell’assetto di molti uffici. E’ ovvio che le necessità di fronteggiare eventi imprevisti (quali decessi, dimissioni, ecc.) non possono mai essere eliminate del tutto, ma è evidente l’opportunità di ridurre al minimo i casi in cui occorre tappare un buco apertosi in modo completamente imprevedibile.

In considerazione di ciò è auspicabile l’inserimento nell’ordinamento giudiziario di una regola la quale fissi al 16 settem-bre l’inizio dell’anno giudiziario e faccia decorrere da tale data tutti i provvedimenti di nomina, di trasferimento, di cessazione dal servizio, di mutamento di funzioni, ecc., che siano stati deliberati nel corso dell’anno (o del biennio) precedente, disponendo altresì che debba provvedersi con supplenze annuali (o biennali) part-time, deliberate prima del periodo feriale con effetto dal 16 settembre, a far fronte, in via provvisoria, alle vacanze che si siano determinate per effetto dei provvedimenti stessi e che non sia stato possibile evitare con ulteriori provvedimenti a carattere definitivo. Il che naturalmente non esclude che provvedimenti di supplenza possano aversi anche per pe-riodo inferiori all’anno (o al biennio) qualora si tratti di far fronte a necessità imprevedibili. Ed è ovvio che dovrebbe decorrere dal 16 settembre, ad anni alterni, anche la decorrenza dei provvedimenti tabellari.

A tal fine dovrebbe necessariamente prevedersi in via generale che la presa di possesso degli uffici possa avvenire prima della registrazione e della pubblicazione del provvedimento, tutte le volte in cui esse non siano intervenute prima del 16 settembre dell’anno in cui sono state deliberate.

Del pari gli artt.90-92 del r.d. n.12 del 1941 dovrebbero essere modificati in modo da chiarire che il periodo feriale dei magistrati deve coincidere con il periodo di sospensione dei termini, tranne che per coloro che sono strettamente necessari per il funzionamento delle sezioni feriali, e disciplinare altresì il recupero delle ferie da parte di questi ultimi in modo da evitare di lasciare ogni decisione all’arbitrio

(161) Legge 14 luglio 1965, 818; legge 7 ottobre 1969, n.742, modificata col decreto lgs. 28 luglio 1990, n.193. Sull’attuale regime delle ferie dei magistrati, cfr.

l’art.8, legge 2 aprile 1979, n.97, che ne determina la durata in quarantacinque giorni.

(162) Cfr. la circolare del CSM n.5857 del 4 maggio 1988, in Quaderni del CSM, n.38, p.256 ss. Sulle ferie dei magistrati cfr. G.IZZO, F.FIANDANESE, Lo stato giuridico dei magistrati ordinari, Ianua, Roma, 1986, p.236 ss.

de s ngol , e d r durre così al m n mo l d sserv z o che talora ne deriva (162).

La soluzione qui proposta sembra preferibile, per la maggiore sistematicità e semplicità di applicazione, a quella che era stata adottata con l’art.3, comma 4, del decreto legge 4 marzo 1992, n.205, poi abbandonato, secondo il quale la destinazione dei magistrati destinati a domanda veniva differita fino all’immissione in possesso nell’ufficio a quo del magistrato destinato in sostituzione e comunque per un periodo non superiore a sei mesi, decorrente dalla pubblica-zione della vacanza dell’ufficio di provenienza del magistrato trasferito.

Il trasferimento al 16 settembre dell’inizio dell’anno giudiziario non significa che le cerimonie inaugurali non possano conservare la loro collocazione tradizionale all’inizio del mese di gennaio, sembrando opportuno che esse siano collocate in un momento posto quasi al centro del ciclo annuale di lavoro. La funzione di tali ceri-monie, che hanno dato luogo in passato a ricorrenti discussioni circa la loro utilità ed il loro significato, dovrebbe per altro venir ripensata soprattutto al fine di valorizzare l’occasione che esse offrono di un incontro annuale degli operatori della giustizia. A questo scopo, occorrerebbe valutare altresì quale debba essere il ruolo dei vari soggetti (anche non giudiziari) che partecipano ad esse e disciplinare conseguentemente il loro svolgimento in modo eventualmente diverso da quella derivante dalle tradizioni e dalle norme finora in vigore.

2.6.2.- Le circoscrizioni giudiziarie e la determinazione degli organici dei vari uffici.

Come l’anno giudiziario costituisce la principale scansione temporale dell’attività giudiziaria, così le circoscrizioni giudiziarie costituiscono le delimitazioni nello spazio in cui essa si svolge, utilizzate dal legislatore soprattutto ai fini della determinazione della

“competenza per territorio” degli uffici giudicanti.

La determinazione delle circoscrizioni giudiziarie costituisce una delle scelte più importanti che debbano venir compiute ai fini dell’organizzazione di un sistema giudiziario efficiente e ad essa si collega inscindibilmente l’altra decisione di grande rilievo che consiste nella determinazione degli organici dei singoli uffici giudiziari.

In propos to occorre nnanz tutto osservare che le c rcoscr z on giudiziarie attualmente esistenti - cioè principalmente i “circondari”, cui corrisponde la competenza territoriale dei tribunali e delle preture, ed i “distretti”, cui corrisponde la competenza territoriale delle corti d’appello - rappresentano il frutto di avvenimenti storici che risal-gono assai lontano nel tempo e che non hanno mai costituito oggetto di una revisione sistematica fondata su criteri di efficienza. Ad impedire ogni revisione si sono sempre mossi i rappresentanti delle comunità locali, i quali hanno ritenuto più importante salvaguardare i piccoli interessi che si formano intorno ai palazzi di giustizia che non consentire una riorganizzazione fondata su criteri razionali e moderni. Un recente disegno di legge (163) ha cercato di impostare una tale revisione - alla quale si dichiarano favorevoli, almeno a parole, tutte le varie autorità e tutte le categorie interessate - ma non può dirsi certamente che il conseguimento di questo obiettivo sia a portata di mano.

Non meno agevole si presenta il problema del dimensionamento ottimale degli organici degli uffici giudiziari (164), stante la scarsa affidabilità delle statistiche disponibili e l’obiettiva difficoltà di stabilire il fabbisogno di giustizia esistente nelle diverse aree del paese, che non è certamente rapportabile soltanto a dati del tipo di quelli relativi alla popolazione residente o all’attività economica.

Preliminare all’individuazione dell’organico dei singoli uffici giudicanti e requirenti è d’altronde la determinazione dell’organico generale della magistratura, che non può essere considerato come una variabile dipendente esclusivamente dal numero delle cause civili che vengono proposte ai vari giudici e dal numero delle denunce che vengono presentate alle procure.

E’ infatti evidente che l’entità del lavoro giudiziario cui la magistratura deve far fronte non rappresenta soltanto la conseguenza

(163) Cfr. il disegno di legge n.2478/Sen./X^ legisl., presentato dal Ministro della Giustizia il 10 ottobre 1990 ed il parere espresso in relazione ad esso dal CSM l’8 maggio 1991.

(164) Cfr. I.PARZIALE, G.SALME’, Situazione degli organici e reclutamento dei magistrati, in Foro it., 1990, V, 37.

(165) Sulla “fattibilità” delle leggi cfr, da ultimo i volumi curati da S.BARTOLE, Lezioni di tecnica legislativa, Padova, Cedam, 1988; da R.PAGANO, Normative europee sulla tecnica legislativa, Roma, Camera dei deputati, 1988, e da M.D’ANTONIO, Corso di studi superiori legislativi 1988-89, Padova, Cedam, 1990, nonchè il volume Fonti, tecniche legislative, fattibilità, implementazione delle leggi e sistemi informatici (atti del seminario di Palermo, 27-29 aprile 1989), costituente il Quaderno n.28, curato dal Servizio studi legislativi e promozione culturale dell’Assemblea regionale siciliana, 1990.

d fattor d ord ne soc ale, ma d pende n largh ss ma m sura dalle decisioni del legislatore, il quale dovrebbe perciò controllare il contenuto delle leggi che adotta sotto il profilo della loro fattibilità (165), anche in vista della funzionalità del sistema degli organi giudi-ziari. Se è vero, cioè, che le iniziative dei singoli cittadini che si fanno promotori di controversie civili o che commettono (o denunciano) reati non possono essere soggette a controllo da parte dei pubblici poteri, non è però men vero che il legislatore ben può, attraverso opportuni interventi, riservare il ricorso al giudice civile a certi tipi di controversie, escludendone altre, oppure riservare la sanzione penale a certi tipi di illeciti, anzichè estenderla ad una più ampia gamma di comportamenti meritevoli di essere scoraggiati. Per non dire che l’entità del lavoro giudiziario civile è anche determinata da fatti come l’esistenza di un numero più o meno alto di avvocati, mentre sul lavoro penale esercitano influenza determinante i collegamenti che la legge stabilisce fra le condanne (e talora anche le mere denunce) penali e taluni effetti civili o amministrativi.

In taluni paesi il controllo delle conseguenze pratiche delle leggi è affidato ad appositi organi, istituiti presso il Governo oppure presso il Parlamento, i quali accertano in particolare quali riflessi abbia l’entrata in vigore di ciascuna legge in progetto rispetto al funzionamento degli organi amministrativi e giurisdizionali cui è affidato il compito di dare ad essa attuazione, sia in via am-ministrativa, sia in via giurisdizionale: in tal modo è possibile valutare se l’approvazione di ciascuna legge debba essere accompagnata da modificazioni dell’organizzazione amministrativa o giudiziaria e de-cidere se valga la pena di affrontare gli oneri relativi. In Italia tale compito dovrebbe essere svolto dall’Ufficio centrale per il coordinamento dell’iniziativa legislativa e dell’attività normativa del Governo (166), ma sulla base dell’esperienza compiuta finora non pare che tale ufficio sia riuscito ad adempiere efficacemente a questa funzione.

Non può tuttavia non ripetersi, ancora una volta, che la determinazione degli organici della magistratura non può essere compiuta considerando i carichi di lavoro come una variabile indipendente, bensì va effettuata principalmente sulla base di un’attenta valutazione del numero di giuristi dotati di adeguata

preparaz one che le un vers tà possono forn re e che l mercato del lavoro consente di destinare a questa professione e sulla base dell’opportunità di ricorrere ad interventi così difficili e costosi quali sono quelli giurisdizionali per risolvere le varie categorie di con-troversie e di interventi repressivi. Sulla base di queste valutazioni occorre adottare gli strumenti legislativi adeguati, da un lato, a rendere possibile la copertura degli organici degli uffici che si sia deciso di istituire con personale qualificato e, dall’altro lato, a contenere, con opportuni provvedimenti, i flussi di lavoro degli uffici giudiziari entro limiti compatibili con la loro struttura. Fino a quando non ci si darà carico di queste esigenze, non può sorprendere che la giustizia si presenti in crisi permanente e non saranno certamente rimedi improvvisati, sotto la spinta delle cronache giornalistiche, a realizzare un regime accettabile.

In vista del perseguimento di questi obiettivi, appare di primaria importanza che il legislatore valuti attentamente, per quanto riguarda la materia civile, quali tipi di controversie debbono essere riservate all’esame dei giudici ordinari e quali altre possano essere dirottate verso altri tipi di soluzioni, o possano essere in qualche modo scorag-giate oppure assoggettate a filtri variamente configurabili. Per quanto riguarda la materia penale, ove il fenomeno dell’abuso della sanzione detentiva o pecuniaria da parte del legislatore si presenta macro-scopico e costituisce uno dei fattori principali delle attuali difficoltà, occorrebbe individuare quale tipo di trasgressioni giustifichi l’intervento del giudice penale e l’applicazione di sanzioni del tipo di quelle che esso tradizionalmente applica (167). Queste valutazioni appaiono chiaramente pregiudiziali rispetto alla determinazione dell’organico complessivo della magistratura e potrebbero auspicabilmente portare - specialmente dopo l’istituzione del giudice di pace - ad una riduzione di quello attuale e comunque ad escludere ogni ulteriore incremento. Occorre infatti tenere presente che, dopo l’ultimo aumento realizzato con l’art.13 del d.l. 20 novembre 1991, n.367, convertito nella legge 20 gennaio 1992, n.8, l’organico della magistratura comprende ben 8.509 unità, cui debbono aggiungersi i 4.700 giudici di pace ed un numero indeterminato di vice-pretori e

(166) Previsto dall’art.23 della legge 23 agosto 1988, n.400.

(167) Sui problemi attuali della sanzione penale cfr., in particolare, L.FERRAJOLI, Diritto e ragione, Bari, Laterza, 2^ ediz., 1990. In argomento vedi anche la proposta di depenalizzazione e di riforma del codice penale avanzata dal CSM ed attualmente in corso di approvazione.

v ce-procurator onorar .

Sotto altro profilo occorre tenere presente che la determinazione del numero dei magistrati occorrenti per l’espletamento delle funzioni giurisdizionali che il legislatore ritenga di assegnare alla giurisdizione ordinaria dipende altresì dal fatto che essi siano o meno forniti di un adeguato numero di collaboratori, i quali costituiscano il c.d.

“ufficio del giudice”. Se infatti il magistrato deve provvedere personalmente anche a tutti quegli adempimenti che richiedono una diversa e minore qualificazione professionale, è evidente che il numero dei magistrati necessari risulta molto più elevato di quello che occorrerebbe se il suo intervento fosse richiesto soltanto per le attività che non possono essere svolte da altri. E poichè questa esigenza è stata raramente tenuta presente in passato, non sembra impossibile realizzare una migliore organizzazione - e forse anche un certo risparmio per l’erario - facendo sì che un numero anche minore di magistrati (dotati di una qualificazione professionale mediamente superiore a quella attualmente riscontrabile) operi con l’ausilio di un

“ufficio del giudice” composto di un appropriato numero di collaboratori.

Ciò premesso, l’iter logico da percorrere per determinare gli organici della magistratura e per provvedere alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie dovrebbe comportare innanzi tutto la determinazione dell’organico complessivo e quindi l’individuazione delle dimensioni ottimali dei vari tipi di uffici. Una volta fissati questi dati si tratta poi di determinare quanti uffici dei vari tipi debbono essere istituiti sul territorio nazionale e gli organici rispettivi. Senza poter qui sviluppare compiutamente queste indicazioni, appare tuttavia opportuno richiamare quanto meno alcune indicazioni di carattere generale:

a) per quanto riguarda la Corte di cassazione (e la relativa procura generale), l’impostazione del problema dell’organico dipende da quanto si è detto in precedenza (n.2.3.5) ed una forte riduzione di esso appare necessaria soltanto ove ci si proponga di realizzare una vera e propria “corte suprema”;

b) per quanto riguarda le corti d’appello, va segnalata l’opportunità di realizzare un allineamento delle relative circoscrizioni a quelle delle regioni e delle province autonome di Bolzano e Trento (salva forse un’eccezione per la Valle d’Aosta, in considerazione delle sue ridotte dimensioni); ove si ritenga opportuno che, in qualche

reg one almeno, s abb a p ù d una corte d appello, s dovrebbe tutta-via fare in modo da evitare che i distretti vengano a comprendere aree comprese in regioni diverse;

c) per quanto riguarda i tribunali e le preture (ovvero gli uffici giudiziari unificati che si ritenga di istituire al posto di essi), una volta identificate le dimensioni ottimali (entro un minimo ed un massimo) dell’organico dell’ufficio tipo, va segnalata l’opportunità di realizzare un allineamento dei circondari alle circoscrizioni provin-ciali, salvo realizzare più tribunali (e corrispondenti preture, o più uffici unificati) nelle province nelle quali il lavoro giudiziario è più intenso, sia per la maggiore popolazione residente, sia per effetto di fattori di ordine economico, sia per il maggiore sviluppo della criminalità (dividendo fra una pluralità di uffici di dimensioni omogenee anche il territorio delle grandi città);

d) infine appare consigliabile ricondurre alle due circoscrizioni base - circondario e distretto - la sfera di competenza territoriale di tutti quegli altri uffici giudiziari cui attualmente è assegnata una sfera di competenza diversa da quella di queste due, come la corte d’assise, il tribunale della libertà, ecc..

2.6.3.- L’organizzazione degli uffici.

La direzione degli uffici giudiziari (e delle relative sezioni) compete ai magistrati “dirigenti” degli stessi, i quali in base all’ordinamento vigente occupano dei particolari posti dell’organico, coperti attraverso procedure differenziate. E’ da ritenere che questo assetto costituisca uno degli aspetti dell’ordinamento giudiziario vigente che maggiormente risente della recezione del modello napoleonico, fin qui accanitamente difeso contro ogni adeguamento ai diversi principi introdotti con la Costituzione repubblicana. Al ridimensionamento del ruolo degli uffici direttivi, entro limiti compatibili con i nuovi principi, dovrebbe perciò essere principalmente diretta la riforma in progetto e fra le soluzioni prospettabili per il conseguimento di questo obiettivo sono da prendere in considerazione quelle che consistono: a) nell’attribuire alle funzioni direttive carattere temporaneo, come già previsto dal progetto di legge discusso in Parlamento nel corso della passata legislatura; b) nel prevedere corsi di specializzazione per dirigenti di

uff c g ud z ar , da svolgers presso la Scuola della Mag stratura, l cui superamento costituisca titolo per l’assegnazione di corrispondenti funzioni; c) nello sganciare il conferimento delle funzioni direttive dalla titolarità di un particolare tipo di posto, così da fare del conferimento delle funzioni direttive stesse un normale provvedimento tabellare (eventualmente di durata maggiore di quella biennale normalmente propria di questi provvedimenti, ma comunque limitata nel tempo e non immediatamente rinnovabile);

d) nel prevedere che la designazione dei dirigenti sia effettuata dal CSM, anzichè su proposta di una propria commissione, su proposta del consiglio giudiziario competente (magari relativa ad una terna di nomi).

Conseguentemente la titolarità delle funzioni direttive cesserebbe di presentare quel carattere di punto di passaggio di una particolare carriera che esso ha conservato finora e l’esercizio di tali funzioni costituirebbe un compito come un altro, fra i tanti che possono essere esercitati dai magistrati.

Un ulteriore problema riguarda la gestione delle spese necessarie per il funzionamento degli uffici giudiziari, che è attualmente demandata in larga misura ai comuni (anche se i fondi che essi

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