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sica nell’intervista afferma: “Io ho dato dei tre a dei bravi atleti per-ché già bravi non facevano niente per migliorarsi”.
Per diventare un buon subacqueo si deve iniziare sentendo l’acqua sulla pelle, l’allievo deve “marci-re” nell’acqua per ottenere una buona acquaticità ed è questo il motivo per il quale all’inizio gli allievi sommozzatori dei Vigi-li del Fuoco imparano in costu-me da bagno e basta. Raggiunta una buona acquaticità, per gradi si arriva alla sub-acquaticità che è un’altra forma mentale.
Prima del corso del prof. Ferraro, non veniva data nessuna impor-tanza all’apnea che invece, e qui è stato un precursore del concetto della sicurezza, è indispensabile quando avviene un contrattempo.
La maschera, l’erogatore, qualsia-si altra attrezzatura può avere un malfunzionamento sott’acqua e l’operatore, non potendo respira-re sott’acqua , deve esserespira-re in gra-do di cavarsela con i propri mezzi, ossia con l’aria che ha nei polmo-ni; pertanto Luigi Ferraro afferma che almeno un minuto e mezzo di apnea ti può salvare la vita.
Se le linee guida dei corsi subac-quei del Corpo Nazionale dei Vi-gili del Fuoco hanno seguito le or-me tracciate dal prof. Luigi Fer-raro, sicuramente la realizzazio-ne pratica ha dovuto terealizzazio-nere conto dei progressi tecnologici e anche delle modifiche avvenute nel-la società, ne parliamo di que-sto con il SDCS Per.Ind. Massimo Becherucci, sommozzatore VV.F.
in forza alla Direzione Regionale Toscana e Direttore dei corsi per aspiranti sommozzatori e istrutto-ri sommozzatoistrutto-ri.
Come si è evoluta la struttura del corso per la formazione dei mozzatori e degli istruttori som-mozzatori?
I protocolli di formazione han-no conservato negli anni la ma-trice di eccellenza data dai pa-dri fondatori della didattica che si concretizzò nella creazione del C.N.A.S. (Centro Addestramento Nazionale Sommozzatori) con la guida dell’ing. Lo Basso prima e, dell’ing. Chimenti poi.
Il centro, nel tempo, ha modificato la sua funzione, dal solo indirizzo didattico e di gestione operativa, Fuoco italiani sono stati il primo
corpo terrestre ad avere un nu-cleo di sommozzatori, diffonden-do poi, una decina di anni diffonden-dopo, questa specializzazione a tutti gli altri colleghi nel mondo.
Durante i corsi di formazione il prof. Ferraro pretendeva dai suoi collaboratori, che seguiva-no squadre di 8-10 ragazzi, che giorno per giorno, allievo per al-lievo, tenessero aggiornato un re-gistro annotando il giudizio psi-co-attitudinale di ognuno e gli avanzamenti tecnici. Questo per-metteva, al momento dell’esame di avere un quadro completo per ogni partecipante dall’inizio alla fine del corso. Era anche un modo per avere sempre sotto controllo gli avanzamenti, uno sprone per gli scarsi a raggiungere i migliori e per migliorarsi a quelli che era-no più avanti. Luigi Ferraro, da buon insegnante di educazione
fi-A sinistra, allievi sommozzatori negli anni ’50 prima della prova di acquaticità.
A destra, prove tecniche di lavoro sott’acqua
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Ci si prepara all’immersione in piscina con maschera, pinne e boccaglio
a quella attuale di curare esclusi-vamente gli aspetti di natura for-mativa in seno alle Scuole Cen-trali Antincendio della Direzione Centrale della Formazione, mo-difi cando anche la denominazio-ne giungendo all’attuale acroni-mo C.A.S. (Centro Addestramen-to Subacquei).
In particolare, il metodo di istru-zione noto anche all’estero come
“metodo italiano”, mira a formare sia l’uomo acquatico sia il profes-sionista sommozzatore. La strut-turazione del corso si è via via consolidata nel tempo cogliendo aspetti derivanti dalle tipologie di intervento e dagli eventi criti-ci che si sono succeduti, dalla col-laborazione di esperti di settore noti per il contributo a livello
na-zionale e internana-zionale e ade-guando allo sviluppo tecnologico le apparecchiature e le strumen-tazioni. Non si poteva per esempio ignorare quello che la tecnica su-bacquea metteva in campo come strumenti di immersione e in par-ticolare la subacquea professio-nale tipo gli attuali sistemi di im-mersione alimentati e controllati dalla superfi cie (SIACS) che dal 2003 fanno parte delle dotazioni dei nuclei SMZT. Per tal motivo una parte del corso è oggi orien-tata a formare l’allievo a tale tipo di immersione fi no a una profon-dità di 20 metri estensibile poi al limite operativo dei 50 metri. Da non tralasciare poi l’affaccio del-la specializzazione alle frontie-re dell’immersione tecnica con miscele di respirazione diverse dall’aria nonché le penetrazioni in grotte allagate che ovviamen-te hanno rifl essi anche sul corso basico. Infatti, negli ultimi due corsi basici sono stati inseriti al-cuni pacchetti particolari che
in-troducono alcune tecniche e pro-cedure propedeutiche ad affron-tare situazioni che l’allievo trove-rà nei successivi e specifi ci corsi.
Considerato che il sommozzato-re è di fatto la massima espsommozzato-ressio- espressio-ne del soccorritore acquatico so-no stati ultimamente introdotti ulteriori pacchetti formativi tesi a istruire gli allievi a soccorrere con PWC (moto d’acqua). Ultimo, ma non ultimo, l’ampliamento del-le manovre con l’utilizzo dell’eli-cottero che tutti gli allievi affron-tano con timorata reverenza, ma che dal punto di vista interventi-stico è la massima espressione di intervento sinergico tra specialità del Corpo VVF; il soccorso aereo su specchio di acqua, seguendo le procedure dello specifi co ma-nuale, rappresenta lo strumento operativo maggiormente effi ca-ce quando il luogo non sia facil-mente raggiungibile e la tempe-stività della risposta rappresenta il fattore determinante per la so-pravvivenza di chi è in pericolo;
tale aspetto verrà ancor di più ac-centuato con l’avvento dei nuovi elicotteri AW139. Nell’ultimo cor-so tale attività ha riscontrato an-che la presenza di Dino Marcel-lino, noto scrittore e fotografo in ambito aeronautico, che ha redat-to uno specifi co articolo con foredat-to relative all’attività dei sommozza-tori come aero soccorrisommozza-tori (www.
operazionivolo.com).
L’attività didattica viene inoltre documentata dai Centri Docu-mentazione VVF che, con l’ausi-lio degli istruttori addetti alle im-magini subacquee, provvedono a realizzare foto e video di natura didattica e divulgativa.
Nei corsi sommozzatori Vigi-li del Fuoco l’uomo è sempre al primo posto, quale attenzione viene rivolta agli aspetti psico-logici degli allievi?
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Al cuore della metodologia for-mativa ci sono due concetti fon-damentali: portare l’addestra-mento al massimo livello possi-bile di autodisciplina e autocon-trollo anche nelle condizioni più estreme e perfezionare, provando e riprovando i gesti operativi del mestiere del sommozzatore fino a raggiungere quegli automatismi affidabili; formare un sommozza-tore al minimo rischio possibile di errore umano e al massimo livello possibile di efficacia ed efficienza dell’intervento. L’attenzione degli istruttori è quindi rivolta alla va-lutazione del cosiddetto PPA, pro-filo psico-attitudinale dell’allievo sommozzatore che, secondo lo sto-rico manuale FIPS ancora utiliz-zato e seguito all’interno del cor-so, ne stabilisce i criteri. L’obietti-vo è essere certi che l’allieL’obietti-vo, una volta brevettato, sia sicuro per sé e per gli altri senza ombra di dub-bio: i miei predecessori, eredi di Ferraro e Marcante, Geom. Baril-li e Geom. Gambi asserivano: “...
nel dubbio meglio un pompiere vi-vo che un sommozzatore morto!”, in estrema sintesi è l’estrema ratio del concetto al quale gli istruttori, e io, non ci sottraiamo.
Le caratteristiche psico-attitudi-nali che concorrono a conforma-re l’uomo acquatico sono aspet-ti legaaspet-ti all’attenzione, al sen-so dell’ordine e della precisione, all’intelligenza meccanica e
pra-tica, all’orientamento spaziale, al coordinamento muscolare o psi-co-motorio o sensoriale motorio, la calma, la pazienza, ecc.
In buona sostanza la sicurezza del subacqueo dipende, in pro-porzione, dalla possibilità e dal-la capacità di evitare, neldal-la mag-gior misura possibile, i pericoli e dalla capacità di affrontare quel-li inevitabiquel-li in modo che non ne A destra, i gesti
operativi del sommozzatore vengono provati fino a diventare automatici.
Sotto, oggi i sommozzatori studiano anche le tecniche di rianimazione
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possano scaturire incidenti con conseguenze gravi o irreparabi-li, ossia nelle condizioni di poter-ne controllare gli sviluppi. Dipen-de dunque, in breve, dall’opera-re nel mondo acquatico, pdall’opera-repara- prepara-to, ambientaprepara-to, condizionato e dal sapersi mantenere entro quei li-miti, quelle regole e quelle nor-me, che non sono valide ugual-mente per tutti, ma che devono essere più severamente applicate a seconda delle circostanze e del-le diverse condizioni di prepara-zione, sia ambientali sia persona-li. Questo aspetto della sicurezza è quello che si occupa dell’inco-lumità immediata, che si propone di salvaguardare l’immersione, e del ritorno dell’uomo alla super-fi cie nelle stesse condizioni nelle quali l’ha lasciata.
Il corso sommozzatori si svolge attualmente in diverse location, questo per simulare tutti i possi-bili scenari che il sommozzatore potrebbe trovarsi ad affrontare?
Il pacchetto didattico del corso basico prevede una serie di eser-cizi che necessariamente hanno bisogno di diversi scenari in fun-zione dell’obiettivo prefi ssato: la piscina di Capannelle si presta in maniera perfetta a effettuare per sei settimane tutta l’attività ne-cessaria a effettuare gli eserci-zi basilari e valutare l’allievo dal punto di vista acquatico, a capi-re come si muove, se ha la forma mentis subacquea, se ragiona sot-to il pelo libero oppure se al con-trario stare sotto l’acqua è per lui una diffi coltà o una sensazione sgradevole e... non vede l’ora di uscire! Prima di affrontare tutto il resto del programma che si svi-lupperà ancora per sedici setti-mane in ambiente esterno si deve fortemente valutare l’allievo sot-to l’aspetsot-to tecnico, teorico e so-prattutto nel PPA sopra
accenna-to; non a caso in tale fase è previ-sto un esame fi nale di fase: l’es-sere insuffi ciente in una delle tre valutazioni comporta l’allontana-mento dal corso. L’attività didat-tica comprende l’effettuazione di attività propedeutiche in piscina che saranno poi la fase di parten-za dell’attività in ambiente. Una fase fl uviale di una settimana che si svolge a Terni impegna gli allie-vi per poter capire come ci si muo-ve in acque bianche soprattutto senza vincolo e come si affrontano le immersioni in un fi ume, canale dove il rischio è alto a seguito del-la mancata visibilità, del-la corrente e la presenza di insidiosi ostacoli e appigli non desiderati. In tale am-biente inoltre si affrontano tutti gli aspetti legati all’utilizzo delle
ma-novre con uso di corde contenute anche nel pacchetto di formazio-ne SFA (Soccorso Fluviale Allu-vionale). Entrando poi più nel vi-vo vengono affrontate via via lo-cation sempre più complesse che vanno dalle acque portuali sen-za visibilità alle immersioni nelle piattaforme nelle acque di Mari-na di RavenMari-na, avviciMari-namento ai lavori subacquei di saldatura e ta-glio, lavori con cesoie e divaricato-ri in immersione su auto realmen-te affondarealmen-te in banchina (ovvia-mente bonifi cate!), ricerche di un qualsiasi target sul fondo con po-ca visibilità, lavori di montaggio e smontaggio subacquei con i siste-mi SIACS, simulazione di ingres-so in ambienti subacquei chiusi, manovre di salvataggio con eli-cottero e ovviamente tanto nuo-to di superfi cie con e senza pinne e senza muta; si utilizzano anche le mute stagne caratterizzate da In ogni situazione, i sommozzatori hanno
l’attrezzatura adeguata al tipo di soccorso
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particolari procedure rispetto al-le tradizionali mute umide soprat-tutto per la gestione dell’assetto sott’acqua. L’attività poi prosegue in acque più profonde cambiando location e spostandosi nelle ac-que del Comando di Napoli ove per quattro settimane si affron-ta tutaffron-ta la progressione di immer-sione sino ad arrivare ai -50 me-tri non prima di aver simulato tut-te le emergenze possibili. Si con-clude il corso con quattro giorni di immersione fino a -50 metri in am-biente lacustre a Castel Gandolfo (Roma) caratterizzato da una visi-bilità sul fondo pari a zero, nono-stante l’acqua trasparentissima.
Il prof. Ferraro nella sua intervi-sta parlava della “tuta Belloni”, come si sono evolute le attrezza-ture in dotazione ai sommozza-tori del Corpo nazionale dei Vi-gili del Fuoco?
Le attrezzature in dotazione han-no ovviamente risentito dello svi-luppo del settore. Siamo passa-ti dalla dotazione della sola muta umida, a mute stagne in gomma per acque inquinate, neoprene compresso, trilaminato per un sempre maggior confort in immer-sione specialmente in acque fred-de dove si fred-deve limitare al massi-mo lo scambio termico con l’acqua.
Ulteriori passi sono stati fatti sul-le attrezzature da immersione per raggiugere fondali oltre i 50 metri ove non è più possibile respirare aria ma è necessario optare per al-tre miscele, tipo trimix, fino a rag-giungere gli attuali -80 metri; tali attrezzature vanno da particola-ri dotazioni per la composizione delle miscele, a implementazio-ni di strumentazioimplementazio-ni, tipo specifi-ci computer subacquei per la de-compressione; il tutto ovviamente permeato della dovuta formazio-ne teorica e pratica sull’utilizzo da parte dei sommozzatori. Ulteriori
novità sulle attrezzature deriva-no dall’utilizzo di sistemi di ricer-ca di alto e basso fondale che me-diante una specifica integrazione di sistemi tra sidescansonar, po-sizionatore acustico, sonar di fon-do e r.o.v., si raggiungono possi-bilità di ricerca subacquea fino a -600 metri. In dotazione, inoltre, un sistema di ricerca di basso fon-dale denominato DIDSON (Dual frequency IDentification SONar) il quale consente ispezioni in ac-que totalmente prive di visibilità, con o senza sommozzatore pre-sente in acqua.
Da poco è stato fatto anche un corso sperimentale Speleo-sub:
di cosa si tratta?
La speleo-sub è da tempo patri-monio dei sommozzatori VVF.
Lo si apprezza andando indietro nel tempo e analizzando scenari incidentali come l’intervento nel-la grotta dell’Elefante Bianco in provincia di Vicenza del genna-io 1984 e quello di gennagenna-io 1986 quando gli studenti della 5D del liceo scientifico Vallisneri di Luc-ca, rimasero bloccati nella grot-ta denominagrot-ta “Tana che urla” a Fornovolasco sulle Alpi Apuane,
in Toscana, allagatasi per le for-ti piogge. Di recente si è voluto ri-organizzare operativamente e in maniera sistematica le competen-ze tecniche che si erano svilup-pate in particolari nuclei, ovvia-mente spinti dagli ipotetici scena-ri incidentali possibili afferenti al territorio di competenza (Roma, Vicenza, Trieste, ecc.), median-te uno specifico lavoro condiviso che ha messo a confronto le espe-rienze e le didattiche; si è redatto un apposito manuale contenente procedure VVF per le immersio-ni in ambiente ipogeo o assimi-lato e, successivamente, la nuova organizzazione operativa a livel-lo nazionale, ha stimolato la parte formativa componendo pacchet-ti sia per gli operatori che per gli esperti di settore e che hanno avu-to concretezza nei primi corsi spe-rimentali di speleosubacquea per VVF. Tale tipologia di immersio-ne è caratterizzata da situazioni gravose tipo l’impossibilità di rie-mergere in verticale direttamente al pelo libero dell’acqua, avere un unico percorso di entrata e usci-ta, assenza di luce naturale, mag-giori possibilità di incastro, visibi-lità variabile da presente a total-mente assente; tali aspetti ovvia-mente condizionano forteovvia-mente il sommozzatore che deve saper ge-stire immersione ed emergenze in autonomia, avere la concentrazio-ne al massimo sapere di non poter contare sull’aiuto del compagno di immersione.
Per concludere, come definire l’evoluzione dei Sommozzatori dei Vigili del Fuoco?
Direi che siamo rivolti al futuro, agli sviluppi tecnologici, rima-nendo però ancorati a dei solidi principi di formazione e di sicu-rezza sia per le persone da soccor-rere, sia per i nostri operatori su-bacquei.