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RIVISTA UFFICIALE DELL ASSOCIAZIONE NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO DEL CORPO NAZIONALE ASSOCIAZIONE AMBASCIATORI DELL UNICEF

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RIVISTA UFFICIALE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO DEL CORPO NAZIONALE

Anno VIII n. 1/2020

L’INTERVENTO IL TERREMOTO IN ALBANIA

POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 n. 46) ART. 1 COMMA 1 - AUT. C/RM/10/2016

REPARTI

I SOMMOZZATORI DEL CORPO

PERSONAGGI CESARE

SANGIORGI ASSOCIAZIONE

AMBASCIATORI DELL’UNICEF

ONLUS

NOI CI SIAMO!

001 Copertina 1 2020.indd 1 16/11/20 09:47

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Sommario

IL VIGILE DEL FUOCO

RIVISTA UFFICIALE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEI VIGILI DEL FUOCO

DEL CORPO NAZIONALE WWW.ANVVF.IT

Anno VIII n. 1/2020

Pubblicazione trimestrale Registrazione Tribunale di Roma

n. 197 del 02/12/2015 Iscrizione al ROC n. 26136/2016

Direttore Responsabile Andrea Pucci

Editore Editoriale Idea Srl Via A. Gandiglio, 81 - 00151 Roma Tel. 06 65797535 - Fax 06 65741338

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Pubblicità Alessandro Caponeri

Tel. 335 5683698 [email protected]

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Nessuna azienda è stata autorizzata alla raccolta degli abbonamenti.

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Arti Grafi che La Moderna Srl Via Enrico Fermi, 13-17 00012 Guidonia Montecelio (RM)

Stampato a novembre 2020

Foto e articoli, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

Ogni collaborazione è volontaria e gratuita

LUGLIO>DICEMBRE/2020

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SERVIZI

6 UN PIEDE NEL PASSATO, UNO NEL PRESENTE

E IL CORPO NEL FUTURO

Intervista al Capo Fabio Dattilo

10 FUOCO SACRO 12 VIGILI, CARTA E CALAMAIO

14 I DUE EURO DEI VVF 16 QUANDO L’ALBANIA TREMÒ

22 DAL FUOCO ALL’ACQUA 28 MEMORIA STORICA 32 IL NUOVO SITO

34 8° CONGRESSO STRAORDINARIO 39 LE MONOGRAFIE

INSERTO SOLIDARIETÀ

41 Il protocollo d’intesa 45 Comunicazione reale vs/

comunicazione virtuale 47 A scuola ai tempi del Covid

50 CESARE SANGIORGI 54 EMERGENZA COVID 58 COLUMBUS DAY 62 VIDEOCONFERENZE 65 PATENTI MEZZI VVF 66 ACCORDO UNICEF

68 TERREMOTO IN IRPINIA 70 IL BILANCIO 2019

RUBRICHE

76 Vita dell’Associazione 82 Libri

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Antonio Grimaldi, Presidente dell’Associazione Nazionale Vigili del Fuoco del Corpo Nazionale

La conoscenza delle norme e il protagonismo dei Soci

L’

organizzazione di un’Associazione si basa anche sulla profonda conoscenza delle norme che regolano la sua vita associativa. La cosa è indice di demo- crazia e per questo è necessaria la corretta gestione e la trasparenza, nel rispetto di tutti gli associati iscritti al Sodalizio. La nostra Associazione sta facendo un importante passo in avanti in questa direzione, adeguando gli strumenti sta- tutari e regolamentari.

Oltre a questo, per restare al passo coi tempi, sarebbe opportuno che venissero or- ganizzati anche dei corsi formativi mirati avvalendosi della professionalità di nostri Soci, che offrirebbero il loro tempo per incrementare le competenze già acquisite con nuovi approcci informatici. Per raggiungere questo obiettivo, tutti noi dob- biamo avere la consapevolezza di dover mettere a disposizione dell’Associazione disponibilità e impegno, condizione necessaria per la buona riuscita del progetto, imperniato sull’approfondimento delle regole e nella messa in pratica delle stesse.

La conoscenza delle regole comporta sicuramente una migliore gestione della nostra Associazione e, nello stesso tempo, la cognizione delle cose da rispettare per proiettarci nell’ambizioso progetto di essere protagonisti nel mondo del vo- lontariato del Terzo Settore.

In tal senso, l’Assemblea dell’8° Congresso Nazionale ha delineato l’obiettivo da raggiungere. Con il successivo e recente Congresso Nazionale Straordinario, ci siamo dotati dello strumento necessario, adeguando lo Statuto Nazionale alla normativa del D.Lgvo 117/2017 e s.m.i, per iscriverci al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) quale Associazione di Volontariato ODV quando sarà istituito e, qualora si verifichino le condizioni, alla Rete Associativa.

L’importanza della Rete Associativa ci consentirà di svolgere quell’attività di co- ordinamento, tutela, promozione e supporto, delle nostre Sezioni provinciali, con- sentendo loro di svolgere le attività di interesse generale, previlegiando il rapporto con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, con la possibilità di rappresentarle anche presso altri Enti Istituzionali.

T

utto questo, comunque, non prescinde dall’impegno che dobbiamo dedicare al proselitismo, condizione necessaria per un ricambio generazionale.

Sul piano organizzativo, il ruolo svolto in questi 25 anni di storia dell’Associazione è un patrimonio che ha un suo valore e a noi spetta il compito di renderlo sempre più importante. Mentre, sul fronte degli obiettivi progettuali, possiamo affermare che molto è stato fatto ma che il lavoro ancora da fare non è poco.

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LUGLIO>DICEMBRE/2020

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U

n dato importante è constatare che il numero degli iscritti è in lieve aumento in quasi tutte le nostre Sezioni provinciali. Partendo da questo dato, dobbiamo puntare i riflettori sull’insostitu- ibile ruolo delle Sezioni e il protagonismo dei Soci. Per raggiungere e mantenere gli obiettivi sopra elencati, abbiamo necessità del supporto e del sostegno di tutti i Soci, al fine di ottenere risultati sempre più qualificanti, compatibilmente con le possibilità di ognuno.

Dobbiamo convincerci che, per avere un ruolo importante nel mondo del volontariato, abbiamo bisogno di mettere tutte le nostre competenze al servizio dell’Associazione e del territorio. Per un maggiore coinvolgimento nell’attività della diffusione della cultura della sicurezza, ci stiamo adoperando per confermare un percorso già avviato sul fronte della formazione/informazione con l’istituzione di corsi mirati, riservati ai Soci, per facilitatori di gruppo ed esperti della comunicazione facilitata nelle diverse abilità. Stiamo inoltre elaborando un nuovo progetto, rivolto a quella parte di società che purtroppo viene dimenticata molto spesso per la condizione sociale in cui versa.

I

n questi anni l’Associazione ha avuto anche un’attenzione particolare sul versante della Memoria storica e sul Sistema Museale. Finalmente, con grande impegno di tutti gli attori del progetto, è stato sottoscritto l’accordo di programma con il Corpo Nazionale per il raggiungimento dell’obietti- vo di realizzare l’Archivio Storico Diffuso dei Vigili del Fuoco e il relativo catalogo unico condiviso, in cui il protagonismo dei Soci, e non solo, diventa una risorsa insostituibile del progetto in cui non possiamo permetterci di non essere gli artefici principali.

Finalmente siamo diventati Goodwill Ambassador dell’Unicef Italia: la sottoscrizione del protocollo d’intesa con il Comitato Italiano dell’Unicef ci consente di implementare la nostra attività a favore di progetti che mirano ad alleviare i disagi di tanti bambini che vivono in condizioni di sofferenza.

Come possiamo immaginare, ci aspetta tanto lavoro, ma il mio desiderio e auspicio è che l’As- sociazione diventi sempre di più un punto di riferimento per il Corpo Nazionale e per la società civile, che non mancano mai di dimostrare la loro gratitudine per quello che facciamo per le nuove generazioni e per la sicurezza più in generale.

U

n’ultima riflessione nel merito del nostro impegno è relativa all’attività di solidarietà svolta durante la fase dell’emergenza epidemiologica. Lodevole è stato l’impegno di alcune Sezioni provinciali a partecipare, in diversi modi, ad attività di sostegno per le persone e le comunità che in quel momento stanno vivendo situazioni di grande disagio. Non meno significativo, è stato il senso di responsabilità di altrettante Sezioni che, rimanendo a casa, hanno contribuito non poco alla non diffusione di questa maledetta pandemia.

Un doveroso pensiero va a tutte le famiglie che hanno perso i loro cari e in particolare esprimo, a nome dell’Associazione, la nostra vicinanza a quelle dei nostri Soci che purtroppo sono saliti al cielo ad altra vita.

In ultimo, mi auguro che questo momento di grande difficoltà per il nostro Paese possa essere supe- rato rapidamente e brillantemente, per tornare a riprendere le nostre attività con ancora maggiore consapevolezza di avere un ruolo importante nella società italiana, per la sicurezza civile dei nostri concittadini in tutti gli ambienti di vita.

Un caro saluto e un forte abbraccio a tutti Voi.

Antonio Grimaldi

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Intervista al Capo del Corpo Nazionale Fabio Dattilo

di Giusy Federici

“D

a due anni sono Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

Lei mi chiede un bilancio…Beh, il bilancio è che, purtroppo, il Co- vid 19 ci ha un po’ tarpato le ali in questo periodo, da marzo in poi.

Noi ci siamo attivati per manda- re avanti tutto insieme alla gestio- ne dell’emergenza, ma la pande- mia ci ha rallentati e fatto cambia- re gli obiettivi primari che aveva- mo. Però, in questi due anni, noi abbiamo comunque cercato di im- plementare le nuove tecnologie di spegnimento, attraverso incontri fatti a Montelibretti con il perso- nale e le industrie che le produ- cono. E stiamo costantemente mo- nitorando se le attuali condizioni del Covid renderanno possibili gli spostamenti e le opportune veri- fiche”.

Ingegnere, 64 anni, Dattilo ha ri- coperto vari incarichi di dirigen- te e comandante presso molti Co- mandi VVF. È un comandante operativo di grande esperienza sul campo, a cominciare dalla pre- venzione incendi ma le sue com- petenze vanno ben oltre, con un curriculum di tutto rispetto.

Iscritto all’ANVVF, gli abbiamo chiesto sia un bilancio del biennio del suo comando come Capo del

Un piede nel passato, uno nel presente

e il Corpo nel futuro

Corpo, sia il suo pensiero sull’evo- luzione del Sodalizio a 10 anni dal primo raduno di Cortina.

Comandante, tra emergenza Co- vid, lockdown e lavoro quotidia- no sul campo, come si è mosso il Corpo, sia in senso operativo che amministrativo?

In questo periodo, abbiamo co- munque mandato avanti tutte le attività di formazione e i regola- menti, un lavoro molto intenso a seguito dell’emanazione del De- creto legislativo 127, che riguarda le regole per effettuare i concorsi.

Abbiamo ulteriormente potenzia- to il Corpo Nazionale in termini di uomini, anche se questi potenzia- menti sono ancora in parte sulla carta, perché abbiamo dovuto li- mitarla a 500 unità per corso la ca- pacità di formare personale delle scuole per i noti motivi di distan- ziamento dati dalle norme sanita- rie anti-Covid. A novembre è ter- minato il corso e a dicembre, sem- pre Covid permettendo, dovrem- mo assumere altre 500 persone.

Come accennavo, stiamo cercan- do di terminare la parte di regola- mentazione del DL 127 e, quindi, abbiamo già in programma una serie di concorsi anche per inge- gneri e per medici.

Inoltre, abbiamo lavorato molto con il Dipartimento della Protezio- ne Civile, mettendo in atto le nuo- ve procedure del Codice di Pc, che vede il Corpo Nazionale “leader”.

Tra le ultime emergenze che ab- biamo avuto, i danni del maltempo in Piemonte e Liguria, la macchi- na della Protezione Civile era com- posta al 90% da Vigili del Fuoco.

Come è sempre stato…

Come è sempre stato, ma adesso è scritto. È l’articolo 10 del Decreto legislativo del nuovo codice di Pro- tezione Civile, che riporta esatta- mente che il compito dei Vigili del Fuoco è intervenire nel soccorso tecnico urgente. E questo è qual- cosa da ascrivere a un grande la-

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LUGLIO>DICEMBRE/2020

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voro fatto, di ricucitura con Regio- ni, Dipartimento di Protezione Ci- vile, etc.

Lei parla di ricucitura. Perché?

Guardi, la storia è vecchia, il tema è che ognuno vuole fare il primo della classe. Io credo che il nuovo codice abbia inserito una parola che è quella giusta, che si chia- ma sistema. Personalmente, con il Capo della Protezione Civile An- gelo Borrelli e con i vertici regio- nali, io ho sempre avuto un otti- mo rapporto, provengo dalla pe- riferia, sono un operativo. Noi dobbiamo fare sistema e se i ver- tici del sistema si parlano e sono d’accordo sulle strategie, di con- seguenza vengono fuori i risulta- ti. E devo dire che i risultati sono stati eccellenti. Noi, in questo ulti- mo anno, anche durante il Covid, abbiamo avuto riconoscimenti an- che internazionali: siamo stati in Libano dopo l’esplosione a Beirut lo scorso agosto, siamo stati a Ti- rana e Durazzo, in Albania, per il terremoto del novembre 2019 rice- vendo ringraziamenti da autorità locali, consolati, ministeri.

Il Corpo Nazionale, proprio per questa sua unitarietà a livello na- zionale, ha un meccanismo di in- tervento che gli altri Stati, in tutta Europa, ci invidia. E questo è sta- to riconosciuto anche dalla Prote- zione civile che ci ha inserito nei meccanismi europei, anche se il focal point di rapporto con l’Euro- pa è loro. Ma è anche nostro.

Abbiamo poi implementato, nell’ambito della prevenzione in- cendi, una serie di normative, con- cludendo un discorso virtuoso che è il Codice di prevenzione incendi, rendendolo obbligatorio.

Obbligatorio per quale attività?

Per tutte le attività che non han- no normative scritte di prevenzio- ne incendi. Fino all’avvento del

nuovo codice si utilizzavano crite- ri che però hanno il difetto di es- sere interpretabili, soggettivi, mu- tevoli da provincia a provincia.

Ora, invece, c’è un disegno unita- rio che vede in tutta Italia lo stes- so linguaggio, le stesse misure di prevenzione incendi. E questo è un grande vantaggio per il Paese, di semplificazione vera del sistema regolatorio. Oltre ad avere già fat- to una grande semplificazione, con il Dpr 151, del sistema amministra- tivo, per cui i nostri provvedimenti proseguono snelli. Questi control- li, che dovranno essere metaboliz- zati nel tempo, li stiamo già com- pletando con questa nuova disci- plina. E tutto questo per rimanere nella prevenzione incendi.

E le altre attività operative?

Per quanto riguarda la Colonna mobile, abbiamo rivisto le misu- re di intervento e anche fatto una programmazione pluriennale per acquisire nuovi mezzi antincendio che, ovviamente, non si comprano dal rivenditore di auto, bisogna progettarli e poi bandire delle ga- re per le ditte che li costruiscono, che peraltro sono poche, in Europa si contano sulle dita di una mano e hanno già dei lavori da ultima- re, per cui dobbiamo avere un po’

di pazienza. Però abbiamo trova- to i soldi, la cosa principale, abbia- mo fatto un investimento plurien- nale per avere nuove autoscale, piattaforme, autobotti e autopom- pe serbatoi. E, cosa non seconda- ria, un forte impulso all’attività di acquisto di elicotteri di nuova ge- nerazione, gli AW139 che stanno rivoluzionando anche le modali- tà operative del soccorso. Per fare un esempio: nell’estate 2019 e fi- no a Natale, abbiamo unito e spe- rimentato l’unione dei nuclei som- mozzatori con i nuclei elicotteri.

Per cui, se dovesse capitare qual- cosa in mare, come è accaduto di

recente sull’Adriatico, noi riuscia- mo a portare i sommozzatori do- ve c’è bisogno in 10 minuti. E que- sto ottimizza tutto, prima si dove- va partire con la barca sul camion, metterla in acqua, etc. Ora, passa- re da 120 minuti a un quarto d’ora, credo sia un ottimo risultato. E su questo stiamo tracciando un nuovo modello di Sar (search and rescue), ricerca e soccorso da fare anche in montagna e ovunque.

Durante l’emergenza Covid, voi VVF come siete stati impiegati sul territorio?

L’emergenza è sanitaria. Noi, co- munque, abbiamo lavorato af- finché non si abbassasse la guar- dia per gli interventi dei Vigili del Fuoco, dotandoci e dotando tutto il personale di misure e strumen- ti tecnici per continuare a essere operativi e, quindi, intervenire in calamità e nei servizi di ogni gior- no, sapendo che c’è questo nemi- co invisibile che è il Covid. Faccio un esempio su tutti: abbiamo ge- nerato una piattaforma dove i da- ti, nel rispetto della privacy – ed è tutta una nostra invenzione – sono stati inseriti dalle Asl dove c’era- no i malati o gente in quarantena, per cui se una chiamata al 115 pro- veniva da queste zone, sapevamo già che lì potevamo trovare perso- ne contagiate e avere, quindi, una maggiore attenzione. Questa piat- taforma tecnologica, che abbiamo inventato e utilizzato, ci è poi stata chiesta – e noi l’abbiamo data gra- tuitamente – al 118, al 112, ai Cara- binieri, per cui è patrimonio di tut- ti. Però è una intuizione nostra, noi siamo abituati a lavorare sul terri- torio, il che vuol dire mappare i ri- schi prima e poi utilizzare le giu- ste misure, i giusti mezzi e le giuste persone per arrivare. Abbiamo fat- to tante altre piccole cose, ma l’e- mergenza è sanitaria e chapeau ai nostri colleghi del soccorso sanita-

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rio. Però faccio un altro esempio: a Piacenza noi abbiamo adoperato i nostri NBCR per insegnare loro co- me decontaminare le ambulanze, abbiamo insegnato loro la bonifi- ca. Abbiamo trasportato alimenti e anche il gel in tutta Italia, grazie a un accordo siglato da me con una multinazionale farmaceutica che lo produce a Brindisi. Abbiamo re- galato tonnellate di gel sanificante a tutti. E ovviamente, per far que- sto, abbiamo dovuto lavorare con l’agenzia delle dogane per non pa- gare sull’alcool le accise in antici- po. La regia è stata nostra, ma il beneficio è stato di tutta la collet- tività. Tonnellate di gel, ma an- che tonnellate di ipoclorito di so- dio e alcune bonifiche, sul territo- rio, le abbiamo fatte anche noi, co- me all’ospedale di Alatri, solo per rimanere nel Lazio e c’è stata gran- de collaborazione con l’assessorato del Lazio, ma anche del Veneto o della Lombardia. Abbiamo lavora- to in silenzio, sapendo che non po- tevamo avere un ruolo da protago- nisti ed è giusto che sia così, per- ché noi abbiamo la ribalta in caso di calamità, di incidente stradale, di un soccorso tecnico urgente. La ribalta è sanitaria, perché l’emer- genza è sanitaria.

È appena stato siglato un accordo tra il CNVVF e l’ANVVF per l’ar- chivio storico dei VVF. È la vostra memoria storica…

Io penso solo bene di un’iniziati- va del genere. Noi dobbiamo avere sempre un piede nel passato, nella nostra memoria, perché quella dei Vigili del Fuoco è una grande ed entusiasmante storia. Ma noi VVF abbiamo anche un piede nel pre- sente, perché è qui e ora che lavo- riamo e dovremmo avere due pie- di e anche di più nel futuro, per- ché il nostro mestiere è in conti- nua evoluzione, perché cambiano gli scenari climatici e quelli di in-

tervento. Quindi dobbiamo, di si- curo, guardare a quel che ci è ac- caduto nel passato, essere anco- rati al presente ma già progettare il futuro perché è nella tradizione dei Vigili del Fuoco arrivare il pri- ma possibile e il meglio attrezza- ti possibile alle nuove sfide. E pur- troppo questo mondo ce ne sta ge- nerando molte, di nuove sfide. Ad esempio, per i cambiamenti clima- tici, c’è un’agenda a livello interna- zionale, Green, per rendere decar- bonizzato il mondo e in questo noi stiamo lavorando parecchio, an- che nella parte normativa, per fa- re in modo che, ad esempio, qual- che metanodotto possa diventare nel futuro un idrogenodotto.

Ci vorranno 20, 30 anni, ma noi stiamo già studiando, insieme agli attori principali, quali sono le nor- mative per rendere sempre più si-

curi questi impianti. Uno sguardo nel futuro con i piedi ben saldi nel presente.

Dieci anni dopo il primo radu- no nazionale VVF di Cortina,

l’ANVVF ha percorso molta strada…

La mia idea del Sodalizio, è quella che ho già espresso all’ultimo raduno di Ma- tera, prima che il Covid impedisse di incontrare gli amici dell’ANVVF, di cui faccio anch’io parte. La mia idea è politica, nel senso che gradirei che tutte queste persone che han- no il cuore da Vigile del Fuoco, di- ventassero una branca del volon- tariato dei VVF. Perché noi abbia- mo sempre il volontario VVF che va a spegnere gli incendi. Inve- ce, coloro che gestiscono la me- moria e la cultura, potrebbero es- sere un grande vantaggio e quin- di fare in modo di non essere so- lo un’associazione che firma una convenzione, come oggi siamo, ma essere un’associazione incorpora- ta all’interno del Corpo Nazionale come volontari del Vigili del Fuo- co, gestori e vestali della memo- ria, che riescano a garantire anche un’altra cosa molto importante che è l’informazione sui rischi. Volon- tari da mandare nelle scuole, cose che già si fanno ma che dovrebbe- ro essere ristrutturate. Che i non- ni vadano nelle scuole a insegna- re ai “nipoti” come è strutturato il Corpo Nazionale, dove intervie- ne, quali sono le calamità, come ci si comporta nei momenti in cui si è in presenza di un incendio, so- prattutto come ci si comporta per prevenire gli incendi nell’ambien- te domestico. Questo è un grande strumento che, se fosse struttura- to meglio darebbe, in termini pre- ventivi, un grande vantaggio al nostro Paese. E l’Associazione può incarnare benissimo questi valori.

DOBBIAMO AVERE SEMPRE UN PIEDE NEL PASSATO, NELLA

NOSTRA MEMORIA, PERCHÉ QUELLA DEI VIGILI DEL FUOCO È UNA GRANDE ED

ENTUSIASMANTE

STORIA

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Intervista a tre importanti Comandanti del Corpo Nazionale sul film presentato a Venezia

di Maurizio Maleci*

P

ossono cambiare i tempi, ma non lo spirito. Sacrificio, passione ed etica. Ieri e og- gi, alla base del lavoro dei VVF.

Ne parliamo con alcuni Coman- danti testimoni e protagonisti di grandi calamità ed emergenze:

Nicola Colangelo, Gioacchino Giomi e Alfio Pini.

Il film Fuoco Sacro, con immagini d’archivio e la voce di alcuni pro- tagonisti, racconta uno spaccato dell’Italia interessata da catastro- fi di vario genere.

Approfondiamo lo spirito e le at- tività di questi uomini che in tan-

Fuoco Sacro,

il film vero sui Vigili del Fuoco

ti chiamano Eroi, dei quali spesso però non vediamo le facce perché chini sul soccorso e ai quali, se chiedi conto di quello che hanno compiuto, ti rispondono che han- no fatto solo il loro lavoro.

I ng. Col a ng e lo, qual’è il rapporto dei Vigili del Fuoco con la morte?

La morte segna in mo- do biblico l’esistenza dei soprav- vissuti e restituire i resti di una persona a chi l’ha amata è per noi un dovere sociale e umano.

Preferiremmo misurarci con pe- ricoli di imprese rischiose e com- plesse e salvare una vita piutto- sto che confrontarci con la morte.

Nell’immensa strage di Longaro- ne i nostri Vigili hanno compiu- to la loro opera, consapevoli che a ciascuno di quei poveri corpi era dovuta almeno una sepoltura, una lapide, una croce, con una devo- zione al soprannaturale significa- to di una vita che si era spenta.

Le attrezzature dei Vigili del Fuoco sono cambiate nel tempo, lo stesso è successo anche per lo spirito?

Nel passato i mezzi a disposizio- ne erano davvero scarsi e inade- guati, ma il giuramento di fedeltà ci ha impegnato in una sfida nei confronti di quei responsabili del

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bene comune che ci avevano tra- scurato, privilegiando altri settori dello Stato, sapendo bene che an- che senza mezzi idonei avremmo fatto il nostro dovere. Oggi la real- tà è diversa, ma se per un motivo qualsiasi ci si trovasse sprovvisti delle risorse necessarie, si opere- rebbe ugualmente, perché i Vigi- li del Fuoco sono gli artieri di tut- te le arti.

Viviamo in un tempo negligente, in cui le comunicazioni interperso- nali si sono inaridite sulla tastiera di un telefonino. Tuttavia i valori, l’etica e soprattutto l’umanità della nostra missione non sono cambia- te e quindi bisogna dedicare ogni attenzione per essere di esempio, per convincere, per far nascere il senso di responsabilità, per forma- re dei veri uomini in tutti i sensi.

Ing. Giomi, perché si diventa Vigile del Fuoco?

C’è chi ha iniziato spinto dalla curiosità, chi dal bisogno di un lavoro, chi dal desiderio di aiutare gli altri.

Una volta iniziata l’attività opera- tiva quasi tutti vengono “conta- minati” dallo spirito di squadra e dallo spirito di servizio che sostie- ne l’azione di soccorso.

Ogni Vigile del Fuoco è consape- vole di appartenere a una catego- ria di persone che non arretra da- vanti alle difficoltà, e che sa af- frontare il pericolo con la giusta preparazione. Nella formazione si cerca di trasferire al Vigile del Fuoco una modalità di approc- cio, un modo di pensare che con il tempo entra a far parte del pro- prio dna, sviluppando il così detto

“sesto senso” per il pericolo.

I Vigili del Fuoco quanto han- no contribuito a essere all’avan- guardia nella prevenzione in- cendi?

Gli incendi alla Mostra antiqua- ria di Todi del 1982 e del cinema Statuto di Torino del 1983, sono stati due eventi disastrosi che fe- cero riflettere sull’efficacia delle norme di prevenzione incendi al- lora vigenti. Il lavoro dei Vigili del Fuoco e dei gruppi di lavoro con associazioni di categoria e mini- steri hanno fortemente influenza- to la normativa europea di settore.

Soltanto però chi interviene sugli incendi, come i pompieri, “unici in grado di esprimere un giudi- zio esperto”, sa quali sono le mi- sure efficaci e che devono essere anche comprensibili e facilmente applicabili.

Ing. Pini, in Italia, i Vigili del Fuoco so- no nazionali, questa è un risorsa o un pro- blema?

Sicuramente una risorsa. La no- stra grande forza di italiani sta proprio nel Corpo Nazionale, una realtà praticamente unica nel mondo, coordinata da una struttu- ra centrale in grado di organizza- re il sistema territoriale in funzio- ne della pianificazione nazionale.

Il livello di efficienza ed eccellen- za, dimostrate dal Corpo in tutte le situazioni di emergenza, deri- va dal grande lavoro di squadra

fatto per accrescere sempre più la preparazione e la formazione, fino alla organizzazione di nuclei spe- cialistici in grado di affrontare gli interventi più complessi.

Per la gente i Vigili del Fuoco so- no donne e uomini forti e capaci di affrontare tutte le situazioni. L’at- titudine e l’abitudine ad affron- tare situazioni spesso difficili co- stituiscono la forza e la sicurezza che i VVF trasmettono alla popo- lazione.

Secondo lei, quello del Vigile del Fuoco è un mestiere o una mis- sione?

Quella del Vigile del Fuoco è una professione svolta con tanta pas- sione. Siamo consapevoli di do- ver sacrificare, a volte, le esigenze personali e della famiglia nell’in- teresse della collettività. Il Vigile del Fuoco deve essere disponibile ad aiutare chi è in difficoltà: uno sguardo rassicurante e una paro- la di incoraggiamento devono far parte del proprio bagaglio di pro- fessionalità.

Ogni forma di superbia e di so- praffazione non può essere tolle- rata da parte di operatori della si- curezza che hanno nel rapporto di squadra la vera missione.

*Segretario Sezione di Firenze

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Realizzato il 1° Concorso letterario nazionale riservato ai VVF in servizio, in pensione, e ai loro familiari

di Giusy Federici

“I

l primo Concorso lettera- rio nazionale dei Vigili del Fuoco (dedicato alla memo- ria di Antonio Dell’Anna, Antoni- no Candido, Marco Triches e Mat- teo Gastaldo, i quattro vigili cadu- ti in servizio nel 2019), lo abbiamo fatto in periodo di Covid, ognuno ha lavorato da casa. C’è stato un bando, si dovevano scrivere storie inedite, di qualunque genere, ri- guardanti i Vigili del Fuoco”.

Marco Cavriani è il Direttore Cen- trale della Prevenzione e Sicurez- za VVF. Ingegnere, 63 anni, ha ri- coperto vari ruoli all’interno del Corpo nazionale, molti come Diri- gente superiore. È curatore di rivi- ste e libri. Attualmente si occupa della catalogazione della bibliote- ca storica della Direzione centrale Prevenzione a Capannelle. Lavora con il Capo del Corpo Fabio Datti- lo, che lo ha recentemente nomi- nato Referente nazionale per i rap- porti tra il Corpo e l’ANVVF a li- vello nazionale e locale.

Ingegnere, che tipo di racconti erano quelli inviati al Concorso?

Erano in gran parte storie immagi- narie seppure con un fondo di ve- rità. Sono arrivati più di cento ela- borati e di questi ne abbiamo se- lezionati una parte e i primi dieci li abbiamo premiati. La premiazio- ne, in realtà, ha riguardato solo i primi tre e un quarto lavoro ha ri- cevuto una menzione speciale, ma

Vigili, carta e calamaio

sono stati invitati i primi dieci e ab- biamo reso noti i vincitori in quel- la sede, l’aula magna dell’Istitu- to Superiore Antincendio. È stata una bella cerimonia, a ognuno ab- biamo dato un attestato e i tre vin- citori e la menzione speciale han- no ricevuto in premio, messo in pa- lio dall’Opera nazionale assisten- za, un periodo di soggiorno per due persone in uno dei centri ge- stiti dall’Ona stessa.

(Primo classificato, Carlo Blangi- forti con Senza l’odio non c’è l’a- mor?. Secondo classificato, Luigi Pipitone con Il crimine non paga:

una storia di antieroi e di umana debolezza. Terzo classificato, An- na Vita Conte con Aveva appena trent’anni. Menzione Speciale a Luigi Simonetti con Caterinella).

Come sono stati selezionati?

Sono stati giudicati da una com- missione mista, interni dei Vigili del Fuoco ma anche esterni, come professori universitari, un prefet-

to in pensione, etc. Ogni commis- sario ha esaminato più lavori, tutti resi anonimi, e una volta letti sono stati distribuiti ad altri commissa- ri. Ogni opera ha avuto tre giudi- zi da tre giudici diversi. Alla fine i racconti sono stati valutati colle- gialmente. Qualche lavoro non era attinente, ed è l’unico motivo per cui è stato scartato.

Lei è stato il promotore dell’ini- ziativa?

Io sono stato il promotore, ma de- vo dire grazie ai miei collaborato- ri, che stanno gestendo la biblio- teca e che hanno avuto l’intuizio- ne di questo bando di concorso. Io l’ho portato avanti, ma l’intuizione è stata loro.

Visto il successo della prima edi- zione, ce ne saranno altre? Que- sta era dedicata ai 4 VVF caduti sul lavoro lo scorso anno...

Esattamente. Questa è stata una richiesta del Capo del Corpo, che ha voluto dedicare questo concor- so ai quattro vigili caduti nel 2019, i tre di Alessandria e uno di Taran- to: Antonio Dell’Anna, Antonino Candido, Marco Triches e Matteo Gastaldo. È stata una bella idea.

In questa prima edizione gli auto- ri dovevano essere Vigili del Fuo- co, dipendenti anche non operati- vi, oppure familiari. E senza limi- ti di età. Una signora che ha vinto, ad esempio, ha scritto un raccon- to insieme alla giovanissima figlia.

Ora, dei racconti che hanno parte- cipato al concorso, stiamo prepa- rando una pubblicazione, non tut- ti perché non ce la facciamo, ma 30/35 lavori saranno raccolti in un volume che probabilmente verrà distribuito come gadget. La prima è stata un’edizione sperimentale.

La seconda, vedremo se lasciar- la limitata ai VVF o se estenderla al mondo esterno compreso quel- lo scolastico.

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L’ha citata mentre parlava del Concorso letterario, quell’uni- cum che è la vostra biblioteca…

La biblioteca storica della Dire- zione centrale Prevenzione è sta- ta risistemata nel 2011/12, quando l’ing. Dattilo, oggi Capo del Cor- po, era il Direttore centrale Pre- venzione e io lavoravo con lui. L’ab- biamo ripresa, era ferma da venti anni, l’abbiamo catalogata e mes- sa nel circuito nazionale delle bi- blioteche con i protocolli del Mi- nistero di beni Culturali. Oggi il catalogo è visibile sia sul circuito delle biblioteche, sia sul nostro si- to istituzionale vigilfuoco.it. La bi- blioteca, quindi, è stata rivalutata, aperta al pubblico e dotata di un regolamento nel 2013, dopo che il personale ha seguito un apposito corso per la catalogazione e l’in- serimento. Quell’organico, però, man mano è diminuito e oggi c’è solo un informatico e, per forza di cose, la catalogazione della biblio- teca si è fermata. Adesso l’abbia- mo ripresa grazie a un funziona- rio amministrativo che è arrivato dalla biblioteca centrale del Mini- stero dell’Interno, in assegnazio- ne temporanea, a darci una mano.

Così, abbiamo potuto riprendere le catalogazioni e le varie attività. La nostra è una biblioteca storico-tec- nica, ha la storia di tutto il centro Studi ed Esperienze del Corpo Na- zionale dei Vigili del Fuoco, inau- gurato nel 1941 insieme alle Scuo- le. Nel 2021 compirà 80 anni anche il Centro Studi e già stiamo pen- sando a cosa organizzare per l’e- vento.

Come pensate di far conoscere questa biblioteca tecnica?

La biblioteca oggi è aperta al pub- blico e chiunque può venire a con- sultarla. La si trova sui siti web bi- bliotecari. Sul database ci son circa 6mila volumi, non come scansio- ne ma come catalogazione, anche

se la biblioteca ne contiene oltre 12mila.

Lei è anche referente del CNVVF per i rapporti con il Sodalizio.

Cosa si aspetta e come ha impo- stato questo rapporto fiduciario?

Qui entriamo nella fase della ri- costruzione storica. Premetto che io, su incarico dell’allora prefetto Tronca, dal 2012 con l’università la Sapienza di Roma ho curato tre volumi – in uscita il quarto – dedi- cati alla ricostruzione storica del Corpo nazionale VVF. Il primo va dal 1900 al 1945, gli altri due to- mi vanno dal 1945 al 1982 e stiamo sistemando, prima della pubblica- zione, l’ultimo volume, dal 1982 a oggi. Ora l’ANVVF ha proposto al Capo del Corpo, che poi mi ha da- to l’incarico come referente, la ri- costruzione storica anche di tutti i beni materiali del Corpo Naziona- le. Un tentativo del genere era stato fatto una decina di anni fa, quan- do l’allora capo Dipartimento ave- va scritto a tutte le strutture terri- toriali chiedendo cosa avessero di storico, beni materiali, documenti, etc. La cosa ha avuto poco succes- so, perché ogni Comando temeva che gli portassero via i “gioiellini”

che, con cura, avevano sistemato in un angolo, magari per un piccolo museo. Oggi si vuole fare una co- sa diversa: è una proposta dell’As- sociazione che il Capo del Corpo ha condiviso e che, quindi, stiamo cercando di portare avanti: un cen- simento di tutto quel che esiste sul territorio, in Comandi e Distacca- menti. Il censimento si deve fare per forza con l’aiuto del Sodalizio, il personale in servizio attivo non ha tempo.

Mentre i soci dell’Associazio- ne conoscono bene i Comandi e quello che hanno in dotazione…

Esatto. A parte Mantova, che è l’ec- cellenza, e Napoli, Torino etc, ci

sono varie realtà sul territorio ita- liano. Questa ricerca, ovviamen- te, va fatta in accordo con il Mibact perché, se vogliamo che questo pa- trimonio diventi fruibile da parte della cittadinanza, il tutto va fat- to attraverso il protocollo adegua- to che regolamenta come inserire questi dati nelle tipologie di beni.

Questo è il grande lavoro che ci ac- cingiamo a fare. Ovviamente, do- vremo utilizzare i software del Mi- batc e le sue direttive ma questo non vuol dire che non possa esse- re implementato con un nostro ul- teriore software che renda il tutto più accattivante. Questo è l’obiet- tivo che abbiamo con il Sodalizio:

catalogare tutti i beni dei VVF a livello nazionale e, in un catalo- go unico, renderli tutti disponibi- li, da una particolare attrezzatu- ra degli anni Venti che si trova in un Distaccamento e di cui vengo- no descritte tutte le caratteristiche fino a un documento, un’immagi- ne, etc. Nel progetto c’è anche l’i- dea di costruire un database di im- magini, dati e schede tecniche per una descrizione completa di quel che si cerca.

Si tratta, quindi, di un lavoro al tempo stesso tecnico, culturale e di memoria?

È così, è un lavoro di memoria, quindi storico, culturale e tecni- co e soprattutto divulgativo, per- ché permette un parallelo, ad esempio, tra le attrezzature di ie- ri e quelle di oggi e capire le tipo- logie di intervento. Si può riscon- trare anche quel che noi, nel primo libro, abbiamo scritto a chiare let- tere, il perché è nato il Corpo Na- zionale: perché, in primis, si è ri- tenuto di unificare attrezzature e mezzi e poi le procedure e avere la forza di intervenire con un nume- ro adeguato di persone nelle varie calamità. Ed è quello che caratte- rizza, oggi, il Corpo Nazionale.

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15 Coniata dalla Zecca dello Stato la moneta

commemorativa per l’anniversario del Corpo Nazionale

P

er commemorare gli 80 anni del Corpo Nazionale dei Vi- gili del Fuoco, la Zecca dello Stato ha dedicato ai pompieri una moneta da due euro. Disegnata da Luciana De Simoni, il 20 gennaio 2020 la moneta è uscita in 2 del- le 3 versioni previste: la proof, in cofanetto e 6mila esemplari di ti- ratura e il rotolino di fi or di conio che comprende 25 esemplari de- stinati alla circolazione, 5mila ro- tolini di tiratura.

Il 28 febbraio, poi, è toccato alla 2

2 euro per 80 anni di duro lavoro

euro fdc in coin card, con tiratura di 20mila coin card. Tre tipologie, ma sempre con lo stesso sogget- to, lo stemma dei Vigili del Fuoco.

Escluse le 6mila proof, le monete

“normali” immesse, tra le 125mi- la dei rotolini e le 20mila in blister, sono state 145mila pezzi.

Per l’Italia, secondo gli esperti nu- mismatici, si tratta di una tiratu- ra molto bassa, “anche in consi- derazione dell’affetto che sempre più lega la popolazione ai Vigi- li del Fuoco e del grande numero

di operatori che avrebbero voluto avere questa moneta”.

Infatti, la proof e il rotolino sono esauriti da tempo sul sito della Zecca, mentre qualche esempla- re, sempre secondo siti numisma- tici, potrebbe essere ancora dispo- nibile in qualche punto vendita.

La moneta era molto attesa, sia per la celebrazione degli 80 an- ni del Corpo Nazionale VVF, sia per le basse tirature. Non a caso, la mattina della sua uscita uffi cia- le, nei due punti vendita dell’Isti- tuto poligrafi co Zecca dello Stato di piazza Verdi e di via Principe Umberto, a Roma, c’erano già co- de di collezionisti, commercian- ti e, naturalmente, di molti Vigi- li del Fuoco.

COMMEMORAZIONI

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Intervista all’ing. Bennardo, a capo della missione VVF sull’altra sponda dell’Adriatico in occasione del terremoto

di Maurizio Maleci

I

l 26 novembre 2019 una for- te scossa di terremoto ha inte- ressato l’Adriatico meridiona- le, concentrando la propria inten- sità distruttrice in Albania. I Vigili del Fuoco italiani furono da subi- to coinvolti nelle operazioni di soc- corso e l’ing. Giuseppe Bennardo, al tempo Comandante provinciale di Lecce, è stato da subito coinvol- to per la ricognizione e il coordina- mento. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare quell’esperienza.

Ing. Bennardo torniamo indietro di qualche mese, alla fi ne di no- vembre 2019 quando una serie di scosse di terremoto, la più forte con una intensità di 6,4 Richter, interessò principalmente l’Al- bania. Lei essendo Comandan- te a Lecce fu subito coinvolto dal Centro Operativo Nazionale.

Ci racconti come’è inziata.

La scossa mi aveva svegliato al- le quattro di notte nell’alloggio di Lecce, avevo verifi cato se pres-

Quando

l’Albania

tremò

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so la sala operativa del Coman- do fossero pervenute richieste di soccorso, diversi cittadini aveva- no chiamato allarmati, ma non si riscontrava, sul territorio, alcun danno. Dalle sei ho incomincia- to a seguire i notiziari televisivi e ho visto le prime immagini di edi- fici crollati trasmesse sui circuiti internazionali. Poco prima del- le otto è arrivata la telefonata del Centro Operativo che chiedeva la mia partenza immediata per una ricognizione in elicottero sui luo- ghi colpiti e l’invio di una sezione operativa di colonna mobile, dal

Le tecniche di intervento USAR dei Vigili del Fuoco, tra macerie di edifici completamente collassati, sono sistemi all’avanguardia con ruoli e posizioni ben definite

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mio Comando, via nave, con par- tenza dal porto di Brindisi.

Lei fu quindi inviato subito in avanscoperta per capire la situa- zione, quale è stato lo scenario che gli si presentò davanti?

Sono partito con un elicotte- ro AB412 dal nostro reparto volo presso l’aeroporto di Bari, intor-

no alle 11, alla volta di Durazzo con l’obiettivo di prendere contat- ti con le autorità albanesi e pre- parare l’arrivo della macchina dei soccorsi del CNVVF. Lo scenario all’arrivo era un enorme campo di sfollati presso il campo spor- tivo e sette edifi ci completamen- te collassati in varie zone della città con persone vive incastra-

te sotto le macerie e diversi di- spersi. I soccorritori albanesi ope- ravano eroicamente con le scarse attrezzature a disposizione e tra continue scosse di assestamento.

Questa volta è una missione in- ternazionale, quindi a lei, che ben conosce le capacità tecniche organizzative dei nostri Vigi- li del Fuoco, è toccato il compito di organizzare l’interfaccia, con- frontarsi con mentalità, usi e co- stumi diversi, è stato complicato?

Il rapporto con le Autorità loca- li è stato buono, ma quando si è

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trattato di coordinarsi con loro è emersa qualche diversità di ap- proccio. Buona la collaborazione con l’avvocato albanese che face- va da collegamento.

Un grosso aiuto ci è stato da- to dal contingente Italiano del- la Guardia di Finanza di stanza a Durazzo che tramite il proprio Comandante ha messo a dispo- sizione del personale VVF la co- noscenza dei luoghi e alcune re- lazioni consolidate che si sono ri- levate strategiche per la buona riuscita della missione, come l’in- dividuazione dell’area per l’ubi-

Vari momenti degli interventi tra le macerie dei palazzi collassati cazione del campo base nella zo-

na portuale di Durazzo.

Le immagini che ci giungevano dai telegiornali ci mostravano degli scenari diversi da quelli che siamo abituati normalmente a ve- dere in catastrofi di questo tipo.

Il comportamento delle persone a breve distanza dai crateri d’in- tervento, era come se la vita stes- se scorrendo come se niente fosse successo: lei ha avuto la stessa im- pressione vivendola dall’interno?

Essendo lo scenario a macchia di leopardo, a poca distanza dai crol-

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li la vita sembrava scorrere secon- do canoni di normalità, con le per- sone che continuavano a svolge- re le loro attività di sempre, quasi come se non fosse accaduto nulla.

Si poteva tranquillamente vedere l’ambulante con il carrettino ven- dere frutta e verdura o un signo- re bere un caffè seduto a un tavo- lo antistante un bar.

I nostri vigili hanno consolidato e stanno migliorando le tecniche d’intervento per queste tipologie di eventi, i colleghi albanesi in- vece a che punto sono?

Credo che su scenari di crollo i Vi- gli del Fuoco italiani siano in as- soluto fra i migliori del mondo, an-

che perché continuamente chia- mati a intervenire su un territorio fragile come il nostro. I pompie- ri albanesi hanno evidenziato un grande impegno, ma hanno cer- tamente meno risorse in termini di attrezzature e mezzi, ad esem- pio in una città come Durazzo con edifi ci di grande altezza non ci so- no autoscale e non credo abbiano le stesse possibilità di addestra- mento dei nostri. Però occorre di- re che si stanno avviando eser- citazioni congiunte (una di tipo AIB è prevista proprio quest’an- no nel Salento) con la Protezione civile nazionale per migliorare gli scambi e le esperienze con i colle- ghi balcanici.

Le tecniche d’intervento USAR, che prevedono poche persone contemporaneamente sul crate- re d’intervento, a un occhio ine- sperto, potrebbero sembrare non effi caci, la popolazione albane- se, che forse si aspettava di vede- re tante persone brulicare sulle macerie nel tentativo di arriva- re alle persone intrappolate, che reazione ha avuto?

L’organizzazione USAR del soc- corso su macerie prevede ruoli e competenze di squadra ben preci- si con un controllo importante del- la scena dove non c’è spazio per chi improvvisa. Per cui con l’ar- rivo dei nostri si è passati da una situazione caotica con decine di I Vigili del Fuoco hanno lavorato

incessantemente, per cercare dispersi e recuperare persone vive incastrate tra le rovine

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persone sull’area operativa di cui si disconosceva la provenienza, a un sistema molto più organizza- to, di soccorritori censiti e con un ruolo e posizioni ben definite. Sul cantiere di Keneta, gli Abanesi hanno riconosciuto da subito l’or- ganizzazione dei pompieri Italia- ni, mettendosi da parte e assisten- do alle operazioni di soccorso in posizione defilata. Alcuni cittadi- ni, per osservare meglio il nostro lavoro, sono dovuti salire sui tetti degli edifici vicini.

Il Corpo Nazionale è una real- tà praticamente unica al mondo e che ci permette di far operare personale proveniente da tutte

le parti d’Italia con le stesse me- todologie e tattiche d’interven- to, dopo questa esperienza quali suggerimenti ne sono scaturiti?

È stata certamente una delle esperienze più forti e intense del- la mia carriera, nonostante aves- si già nel mio curriculum il terre- moto dell’Aquila, quello del cen- tro Italia e diverse alluvioni, tra cui quella di Sarno o del campeg- gio di Soverato. Certo se voglia- mo essere ancora più efficaci e avere maggiori possibilità di sal- vare vite umane, dobbiamo crea- re delle strutture USAR leggere, avio trasportate, con la presenza di personale sanitario e con una attrezzatura minima (di soccorso

e sanitaria) che consenta di poter svolgere, già dalle prime ore do- po l’evento, alcune attività di sal- vataggio e assistenza unitamente alla ricognizione, in attesa che ar- rivi il grosso della forza.

Per concludere una domanda personale, ci può raccontare co- sa si porta dietro di questa espe- rienza?

Mi porterò per sempre dentro lo sguardo di una donna che mi im- plorava aiuto, schiacciata sotto le macerie e che purtroppo non sia- mo riusciti a salvare.

Fonte immagini: ing. Giuseppe Bennardo, www.vigilfuoco.tv

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T

ra le tante specializzazioni che caratterizzano oggi il Corpo Nazionale dei Vigi- li del Fuoco, vogliamo soffermar- ci sui sommozzatori.

Ripercorreremo la storia di questa specializzazione partendo dalle sue origini per arrivare, assieme al P.I. Massimo Becherucci, Diret- tore Didattico dei corsi di forma- zione per i sommozzatori e istrut- tori sommozzatori, alla situazione odierna. Per ripercorrere il passa- to siamo andati a ricercare un do- cumentario, realizzato da Stefa- no Martelli, ora in quiescenza, che contiene un’intervista al pa- dre dei sommozzatori dei Vigili del Fuoco, il prof. Luigi Ferraro.

L’approccio con i Vigili del Fuoco avviene dopo la Seconda guerra mondiale, quando il prof. Ferra- ro viene contattato dal comando di Genova all’indomani del deces- so di un pompiere che aveva uti-

lizzato in maniera completamen- te inappropriata un autorespirato- re a ossigeno.

Luigi Ferraro inventa, assieme ad alcuni suoi amici e ex collabora- tori il primo corso per sommozza- tori in quanto fi no ad allora non esisteva niente, nessuna proce- dura, nessuna linea didattica, so- lo esperienze acquisite nel tempo.

Nel primo corso, era il 1952, furo- no messe in campo delle tecniche di valutazione dell’individuo, del suo autocontrollo, dell’acquaticità e di un minimo di apnea che sono poi diventate la base di tutti i suc- cessivi corsi per sommozzatori.

Successivamente, il prof. Fer- raro ha seguito personalmente, per sei anni consecutivi dal 1953 al 1958, i corsi di formazione dei sommozzatori dei Vigili del Fuo- co, cui partecipò anche persona- le dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

Dal 1959, come da lui stesso affer- mato, lasciò il bastone del coman- do a validi collaboratori e uffi cia- li del Corpo Nazionale che han- no proseguito la strada intrapresa.

Seppur migliorata e aggiornata, la struttura del corso è rimasta sem- pre la stessa e ancora oggi si può affermare che il corso di formazio- ne per sommozzatori dei Vigili del Fuoco è il più completo, quello che fa l’uomo subacqueo.

Luigi Ferraro ha sempre affermato che per diventare un buon subac- queo non è suffi ciente che sappia respirare sott’acqua, il subacqueo è un uomo nato in terra che però quando si immerge deve abolire tutti i suoi istinti di terrestre, per- ché l’acqua è una cosa mentre l’a- ria è un’altra, i loro pesi sono di- versi, sono tante le cose che devo- no essere imparate in modo da non poter essere più dimenticate.

Grazie a questi corsi i Vigili del

Ripercorriampo la storia del Reparto Sommozzatori dei VVF

di Maurizio Maleci

Dal fuoco

all’acqua

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sica nell’intervista afferma: “Io ho dato dei tre a dei bravi atleti per- ché già bravi non facevano niente per migliorarsi”.

Per diventare un buon subacqueo si deve iniziare sentendo l’acqua sulla pelle, l’allievo deve “marci- re” nell’acqua per ottenere una buona acquaticità ed è questo il motivo per il quale all’inizio gli allievi sommozzatori dei Vigi- li del Fuoco imparano in costu- me da bagno e basta. Raggiunta una buona acquaticità, per gradi si arriva alla sub-acquaticità che è un’altra forma mentale.

Prima del corso del prof. Ferraro, non veniva data nessuna impor- tanza all’apnea che invece, e qui è stato un precursore del concetto della sicurezza, è indispensabile quando avviene un contrattempo.

La maschera, l’erogatore, qualsia- si altra attrezzatura può avere un malfunzionamento sott’acqua e l’operatore, non potendo respira- re sott’acqua , deve essere in gra- do di cavarsela con i propri mezzi, ossia con l’aria che ha nei polmo- ni; pertanto Luigi Ferraro afferma che almeno un minuto e mezzo di apnea ti può salvare la vita.

Se le linee guida dei corsi subac- quei del Corpo Nazionale dei Vi- gili del Fuoco hanno seguito le or- me tracciate dal prof. Luigi Fer- raro, sicuramente la realizzazio- ne pratica ha dovuto tenere conto dei progressi tecnologici e anche delle modifiche avvenute nel- la società, ne parliamo di que- sto con il SDCS Per.Ind. Massimo Becherucci, sommozzatore VV.F.

in forza alla Direzione Regionale Toscana e Direttore dei corsi per aspiranti sommozzatori e istrutto- ri sommozzatori.

Come si è evoluta la struttura del corso per la formazione dei som- mozzatori e degli istruttori som- mozzatori?

I protocolli di formazione han- no conservato negli anni la ma- trice di eccellenza data dai pa- dri fondatori della didattica che si concretizzò nella creazione del C.N.A.S. (Centro Addestramento Nazionale Sommozzatori) con la guida dell’ing. Lo Basso prima e, dell’ing. Chimenti poi.

Il centro, nel tempo, ha modificato la sua funzione, dal solo indirizzo didattico e di gestione operativa, Fuoco italiani sono stati il primo

corpo terrestre ad avere un nu- cleo di sommozzatori, diffonden- do poi, una decina di anni dopo, questa specializzazione a tutti gli altri colleghi nel mondo.

Durante i corsi di formazione il prof. Ferraro pretendeva dai suoi collaboratori, che seguiva- no squadre di 8-10 ragazzi, che giorno per giorno, allievo per al- lievo, tenessero aggiornato un re- gistro annotando il giudizio psi- co-attitudinale di ognuno e gli avanzamenti tecnici. Questo per- metteva, al momento dell’esame di avere un quadro completo per ogni partecipante dall’inizio alla fine del corso. Era anche un modo per avere sempre sotto controllo gli avanzamenti, uno sprone per gli scarsi a raggiungere i migliori e per migliorarsi a quelli che era- no più avanti. Luigi Ferraro, da buon insegnante di educazione fi-

A sinistra, allievi sommozzatori negli anni ’50 prima della prova di acquaticità.

A destra, prove tecniche di lavoro sott’acqua

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Ci si prepara all’immersione in piscina con maschera, pinne e boccaglio

a quella attuale di curare esclusi- vamente gli aspetti di natura for- mativa in seno alle Scuole Cen- trali Antincendio della Direzione Centrale della Formazione, mo- difi cando anche la denominazio- ne giungendo all’attuale acroni- mo C.A.S. (Centro Addestramen- to Subacquei).

In particolare, il metodo di istru- zione noto anche all’estero come

“metodo italiano”, mira a formare sia l’uomo acquatico sia il profes- sionista sommozzatore. La strut- turazione del corso si è via via consolidata nel tempo cogliendo aspetti derivanti dalle tipologie di intervento e dagli eventi criti- ci che si sono succeduti, dalla col- laborazione di esperti di settore noti per il contributo a livello na-

zionale e internazionale e ade- guando allo sviluppo tecnologico le apparecchiature e le strumen- tazioni. Non si poteva per esempio ignorare quello che la tecnica su- bacquea metteva in campo come strumenti di immersione e in par- ticolare la subacquea professio- nale tipo gli attuali sistemi di im- mersione alimentati e controllati dalla superfi cie (SIACS) che dal 2003 fanno parte delle dotazioni dei nuclei SMZT. Per tal motivo una parte del corso è oggi orien- tata a formare l’allievo a tale tipo di immersione fi no a una profon- dità di 20 metri estensibile poi al limite operativo dei 50 metri. Da non tralasciare poi l’affaccio del- la specializzazione alle frontie- re dell’immersione tecnica con miscele di respirazione diverse dall’aria nonché le penetrazioni in grotte allagate che ovviamen- te hanno rifl essi anche sul corso basico. Infatti, negli ultimi due corsi basici sono stati inseriti al- cuni pacchetti particolari che in-

troducono alcune tecniche e pro- cedure propedeutiche ad affron- tare situazioni che l’allievo trove- rà nei successivi e specifi ci corsi.

Considerato che il sommozzato- re è di fatto la massima espressio- ne del soccorritore acquatico so- no stati ultimamente introdotti ulteriori pacchetti formativi tesi a istruire gli allievi a soccorrere con PWC (moto d’acqua). Ultimo, ma non ultimo, l’ampliamento del- le manovre con l’utilizzo dell’eli- cottero che tutti gli allievi affron- tano con timorata reverenza, ma che dal punto di vista interventi- stico è la massima espressione di intervento sinergico tra specialità del Corpo VVF; il soccorso aereo su specchio di acqua, seguendo le procedure dello specifi co ma- nuale, rappresenta lo strumento operativo maggiormente effi ca- ce quando il luogo non sia facil- mente raggiungibile e la tempe- stività della risposta rappresenta il fattore determinante per la so- pravvivenza di chi è in pericolo;

tale aspetto verrà ancor di più ac- centuato con l’avvento dei nuovi elicotteri AW139. Nell’ultimo cor- so tale attività ha riscontrato an- che la presenza di Dino Marcel- lino, noto scrittore e fotografo in ambito aeronautico, che ha redat- to uno specifi co articolo con foto relative all’attività dei sommozza- tori come aero soccorritori (www.

operazionivolo.com).

L’attività didattica viene inoltre documentata dai Centri Docu- mentazione VVF che, con l’ausi- lio degli istruttori addetti alle im- magini subacquee, provvedono a realizzare foto e video di natura didattica e divulgativa.

Nei corsi sommozzatori Vigi- li del Fuoco l’uomo è sempre al primo posto, quale attenzione viene rivolta agli aspetti psico- logici degli allievi?

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Al cuore della metodologia for- mativa ci sono due concetti fon- damentali: portare l’addestra- mento al massimo livello possi- bile di autodisciplina e autocon- trollo anche nelle condizioni più estreme e perfezionare, provando e riprovando i gesti operativi del mestiere del sommozzatore fino a raggiungere quegli automatismi affidabili; formare un sommozza- tore al minimo rischio possibile di errore umano e al massimo livello possibile di efficacia ed efficienza dell’intervento. L’attenzione degli istruttori è quindi rivolta alla va- lutazione del cosiddetto PPA, pro- filo psico-attitudinale dell’allievo sommozzatore che, secondo lo sto- rico manuale FIPS ancora utiliz- zato e seguito all’interno del cor- so, ne stabilisce i criteri. L’obietti- vo è essere certi che l’allievo, una volta brevettato, sia sicuro per sé e per gli altri senza ombra di dub- bio: i miei predecessori, eredi di Ferraro e Marcante, Geom. Baril- li e Geom. Gambi asserivano: “...

nel dubbio meglio un pompiere vi- vo che un sommozzatore morto!”, in estrema sintesi è l’estrema ratio del concetto al quale gli istruttori, e io, non ci sottraiamo.

Le caratteristiche psico-attitudi- nali che concorrono a conforma- re l’uomo acquatico sono aspet- ti legati all’attenzione, al sen- so dell’ordine e della precisione, all’intelligenza meccanica e pra-

tica, all’orientamento spaziale, al coordinamento muscolare o psi- co-motorio o sensoriale motorio, la calma, la pazienza, ecc.

In buona sostanza la sicurezza del subacqueo dipende, in pro- porzione, dalla possibilità e dal- la capacità di evitare, nella mag- gior misura possibile, i pericoli e dalla capacità di affrontare quel- li inevitabili in modo che non ne A destra, i gesti

operativi del sommozzatore vengono provati fino a diventare automatici.

Sotto, oggi i sommozzatori studiano anche le tecniche di rianimazione

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possano scaturire incidenti con conseguenze gravi o irreparabi- li, ossia nelle condizioni di poter- ne controllare gli sviluppi. Dipen- de dunque, in breve, dall’opera- re nel mondo acquatico, prepara- to, ambientato, condizionato e dal sapersi mantenere entro quei li- miti, quelle regole e quelle nor- me, che non sono valide ugual- mente per tutti, ma che devono essere più severamente applicate a seconda delle circostanze e del- le diverse condizioni di prepara- zione, sia ambientali sia persona- li. Questo aspetto della sicurezza è quello che si occupa dell’inco- lumità immediata, che si propone di salvaguardare l’immersione, e del ritorno dell’uomo alla super- fi cie nelle stesse condizioni nelle quali l’ha lasciata.

Il corso sommozzatori si svolge attualmente in diverse location, questo per simulare tutti i possi- bili scenari che il sommozzatore potrebbe trovarsi ad affrontare?

Il pacchetto didattico del corso basico prevede una serie di eser- cizi che necessariamente hanno bisogno di diversi scenari in fun- zione dell’obiettivo prefi ssato: la piscina di Capannelle si presta in maniera perfetta a effettuare per sei settimane tutta l’attività ne- cessaria a effettuare gli eserci- zi basilari e valutare l’allievo dal punto di vista acquatico, a capi- re come si muove, se ha la forma mentis subacquea, se ragiona sot- to il pelo libero oppure se al con- trario stare sotto l’acqua è per lui una diffi coltà o una sensazione sgradevole e... non vede l’ora di uscire! Prima di affrontare tutto il resto del programma che si svi- lupperà ancora per sedici setti- mane in ambiente esterno si deve fortemente valutare l’allievo sot- to l’aspetto tecnico, teorico e so- prattutto nel PPA sopra accenna-

to; non a caso in tale fase è previ- sto un esame fi nale di fase: l’es- sere insuffi ciente in una delle tre valutazioni comporta l’allontana- mento dal corso. L’attività didat- tica comprende l’effettuazione di attività propedeutiche in piscina che saranno poi la fase di parten- za dell’attività in ambiente. Una fase fl uviale di una settimana che si svolge a Terni impegna gli allie- vi per poter capire come ci si muo- ve in acque bianche soprattutto senza vincolo e come si affrontano le immersioni in un fi ume, canale dove il rischio è alto a seguito del- la mancata visibilità, la corrente e la presenza di insidiosi ostacoli e appigli non desiderati. In tale am- biente inoltre si affrontano tutti gli aspetti legati all’utilizzo delle ma-

novre con uso di corde contenute anche nel pacchetto di formazio- ne SFA (Soccorso Fluviale Allu- vionale). Entrando poi più nel vi- vo vengono affrontate via via lo- cation sempre più complesse che vanno dalle acque portuali sen- za visibilità alle immersioni nelle piattaforme nelle acque di Mari- na di Ravenna, avvicinamento ai lavori subacquei di saldatura e ta- glio, lavori con cesoie e divaricato- ri in immersione su auto realmen- te affondate in banchina (ovvia- mente bonifi cate!), ricerche di un qualsiasi target sul fondo con po- ca visibilità, lavori di montaggio e smontaggio subacquei con i siste- mi SIACS, simulazione di ingres- so in ambienti subacquei chiusi, manovre di salvataggio con eli- cottero e ovviamente tanto nuo- to di superfi cie con e senza pinne e senza muta; si utilizzano anche le mute stagne caratterizzate da In ogni situazione, i sommozzatori hanno

l’attrezzatura adeguata al tipo di soccorso

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LUGLIO>DICEMBRE/2020

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particolari procedure rispetto al- le tradizionali mute umide soprat- tutto per la gestione dell’assetto sott’acqua. L’attività poi prosegue in acque più profonde cambiando location e spostandosi nelle ac- que del Comando di Napoli ove per quattro settimane si affron- ta tutta la progressione di immer- sione sino ad arrivare ai -50 me- tri non prima di aver simulato tut- te le emergenze possibili. Si con- clude il corso con quattro giorni di immersione fino a -50 metri in am- biente lacustre a Castel Gandolfo (Roma) caratterizzato da una visi- bilità sul fondo pari a zero, nono- stante l’acqua trasparentissima.

Il prof. Ferraro nella sua intervi- sta parlava della “tuta Belloni”, come si sono evolute le attrezza- ture in dotazione ai sommozza- tori del Corpo nazionale dei Vi- gili del Fuoco?

Le attrezzature in dotazione han- no ovviamente risentito dello svi- luppo del settore. Siamo passa- ti dalla dotazione della sola muta umida, a mute stagne in gomma per acque inquinate, neoprene compresso, trilaminato per un sempre maggior confort in immer- sione specialmente in acque fred- de dove si deve limitare al massi- mo lo scambio termico con l’acqua.

Ulteriori passi sono stati fatti sul- le attrezzature da immersione per raggiugere fondali oltre i 50 metri ove non è più possibile respirare aria ma è necessario optare per al- tre miscele, tipo trimix, fino a rag- giungere gli attuali -80 metri; tali attrezzature vanno da particola- ri dotazioni per la composizione delle miscele, a implementazio- ni di strumentazioni, tipo specifi- ci computer subacquei per la de- compressione; il tutto ovviamente permeato della dovuta formazio- ne teorica e pratica sull’utilizzo da parte dei sommozzatori. Ulteriori

novità sulle attrezzature deriva- no dall’utilizzo di sistemi di ricer- ca di alto e basso fondale che me- diante una specifica integrazione di sistemi tra sidescansonar, po- sizionatore acustico, sonar di fon- do e r.o.v., si raggiungono possi- bilità di ricerca subacquea fino a -600 metri. In dotazione, inoltre, un sistema di ricerca di basso fon- dale denominato DIDSON (Dual frequency IDentification SONar) il quale consente ispezioni in ac- que totalmente prive di visibilità, con o senza sommozzatore pre- sente in acqua.

Da poco è stato fatto anche un corso sperimentale Speleo-sub:

di cosa si tratta?

La speleo-sub è da tempo patri- monio dei sommozzatori VVF.

Lo si apprezza andando indietro nel tempo e analizzando scenari incidentali come l’intervento nel- la grotta dell’Elefante Bianco in provincia di Vicenza del genna- io 1984 e quello di gennaio 1986 quando gli studenti della 5D del liceo scientifico Vallisneri di Luc- ca, rimasero bloccati nella grot- ta denominata “Tana che urla” a Fornovolasco sulle Alpi Apuane,

in Toscana, allagatasi per le for- ti piogge. Di recente si è voluto ri- organizzare operativamente e in maniera sistematica le competen- ze tecniche che si erano svilup- pate in particolari nuclei, ovvia- mente spinti dagli ipotetici scena- ri incidentali possibili afferenti al territorio di competenza (Roma, Vicenza, Trieste, ecc.), median- te uno specifico lavoro condiviso che ha messo a confronto le espe- rienze e le didattiche; si è redatto un apposito manuale contenente procedure VVF per le immersio- ni in ambiente ipogeo o assimi- lato e, successivamente, la nuova organizzazione operativa a livel- lo nazionale, ha stimolato la parte formativa componendo pacchet- ti sia per gli operatori che per gli esperti di settore e che hanno avu- to concretezza nei primi corsi spe- rimentali di speleosubacquea per VVF. Tale tipologia di immersio- ne è caratterizzata da situazioni gravose tipo l’impossibilità di rie- mergere in verticale direttamente al pelo libero dell’acqua, avere un unico percorso di entrata e usci- ta, assenza di luce naturale, mag- giori possibilità di incastro, visibi- lità variabile da presente a total- mente assente; tali aspetti ovvia- mente condizionano fortemente il sommozzatore che deve saper ge- stire immersione ed emergenze in autonomia, avere la concentrazio- ne al massimo sapere di non poter contare sull’aiuto del compagno di immersione.

Per concludere, come definire l’evoluzione dei Sommozzatori dei Vigili del Fuoco?

Direi che siamo rivolti al futuro, agli sviluppi tecnologici, rima- nendo però ancorati a dei solidi principi di formazione e di sicu- rezza sia per le persone da soccor- rere, sia per i nostri operatori su- bacquei.

...NEL DUBBIO MEGLIO UN POMPIERE VIVO CHE

UN SOMMOZZATORE MORTO!

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