Nel mio mulino si macinava la farina che serviva a fare il pane per i partigiani, e sta’ faccenda era combinata col partigianato; voglio dire che io ero il mulinaio dei partigiani. E glielo portavo anche il pane con il mulo sul Sant’Angelo. Il mulino era proprio lì dove al-cuni sono stati fucilati la mattina del 4 maggio. Tre dalla parata del mulino sono scivolati nell’acqua.
Babbo era nella collaborazione e a casa nostra sono state fat-te delle riunioni: a questi giovani veniva spiegato com’era fatto il partigianato, che la prima cosa che dovevano fare era nascondere le armi; per carità che le armi fossero nascoste in un punto sicuro quando sapevano che su ‘ste zone arrivavano i fascisti o i tedeschi.
E che si fossero portati sui campi a fare un lavoro qualsiasi, bastava che stessero sui campi. Invece quella mattina chi è stato non lo so che ha avuto l’idea di pigliare ‘ste armi. E si sapeva quello che già i tedeschi avevano fatto sul Sant’Angelo.
Ma loro hanno preso le armi e si sono portati quassù in una ca-setta che adesso è in ristrutturazione a decidere che cosa potevano fare. Ma non avevano la forza numerica e nemmeno le armi suffi-cienti per affrontare i tedeschi equipaggiati a usanza dell’esercito.
Infatti salendo sul monte i tedeschi facevano le segnalazioni tanto che mentre cercavamo di nasconderci sotto le frasche dei pini io di-cevo al povero babbo perché il militare non l’ho fatto: “Guarda c’è un affare così così per aria … che roba è?” Mi rispondeva: “E’ un segnale, significa restringimento delle truppe.”
A Montefortino noi stavamo di casa laggiù dove adesso c’è l’alle-vamento di maiali ma quella mattina c’eravamo allontanati dal pa-ese. A un certo momento non si sentivano più gli spari delle
mitra-gliatrici; allora io mi sono mosso per andare a vedere cosa succedeva verso casa con un cesto sulle spalle così se mi incontrava qualcuno potevo dire che andavo a fare l’erba. Verso le nove le dieci lì dove adesso c’è il cippo mi sono trovato di fronte i tedeschi. Per terra c’era un mucchio di panni pantaloni scarpe più avanti macchie di sangue. Ma io lì per lì ho pensato che qualche soldato tedesco fos-se rimasto ferito nella sparatoria di poco prima. Poi trovo in paefos-se un gruppo di civili fermi davanti a una casa; dovevano entrare nella casa uno alla volta per essere interrogati tanto che sono dovuto en-trare anch’io: volevano sapere se avevo visto i partigiani e se sapevo dove erano andati. Io dico: “Non ho visto nessuno.” Ché si doveva negare sempre. M’hanno lasciato libero forse perché avevo quindi-ci anni; ne hanno portati via una trentina di ragazzi di diquindi-ciassette anni che hanno trovato nelle case, prima destinazione un campo di concentramento a Macerata.
Lì è successo che gli inglesi hanno gettato dagli apparecchi i ma-nifesti e poi hanno bombardato; allora i tedeschi per allontanar-si dal campo sono stati costretti ad aprire i cancelli. E quei ragazzi hanno preso la via di casa chi ha avuto la possibilità di scappare;
uno non gliel’ha fatta perché gli hanno tirato dietro. Chi non ha avuto la possibilità di scappare è andato a finire in Germania.
I partigiani che hanno preso vicino al ponte l’hanno spogliati … ecco perché c’erano tutti quei panni per terra … ché loro non gliela facevano più a spogliarsi da soli. C’era a fianco del ponte una barri-cata di legno come sostegno della strada; li facevano appoggiare sul-la barricata e li bastonavano sulsul-la schiena poi li colpivano sulsul-la brac-cia, e dopo sul ponte due tre per volta li spogliavano e li fucilavano.
C’ero anch’io lì davanti quando i tedeschi hanno dato ordine ad alcune persone di mettere sul camion i panni che poi si sono por-tati via.
È stato brutto. Abbiamo passato una giornata che …
È stato più brutto il 4 maggio per la nostra zona di quando è passato il fronte che tiravano le cannonate e bombardavano.
Oggi per qualcuno i partigiani hanno fatto delle malefatte ma io
dico che non è vero; ci può essere stata qualche forzatura nei con-fronti di qualcuno sempre per il sostentamento della banda per po-ter andare avanti con la lotta. Per esempio, capita qui a Montefor-tino che un maresciallo entra in un negozio e chiede al bottegaio se ha le sigarette. Il bottegaio dice: “C’è qualche cosa che voglio tenere per ‘sti ragazzi che stanno sul monte tante volte scendessero giù.” E allora il maresciallo grida: “Non sai chi sono io?” Era un fascistone e le voleva tutte lui, le sigarette. Guarda un po’ che si trova lì davan-ti un pardavan-tigiano del Sant’Angelo che sente, entra nel negozio e fa al tizio: “Tira fuori i documenti.” E siccome quello c’ha la pipa sulla bocca, gli dà una manata sulla pipa e gliela butta per aria: “Quan-do discorri con me levati la pipa dalla bocca.” Poi gli dice: “Adesso cavati le scarpe e vai a casa scalzo.” I partigiani dovevano fare chilo-metri e chilochilo-metri a piedi e non sempre avevano le scarpe.
Io, quelli che erano qui, li conoscevo tutti; cose gravi non l’ha combinate nessuno ché era tutta gente per bene ma che era venu-ta su nel fascismo e non lo sopporvenu-tava più. Loro non avevano fat-to mai del male a nessuno. I fascisti invece … i fascisti facevano gli spiritosi al tempo loro: a Palazzo hanno purgato persino il prete che poi è deceduto dietro a quell’affare lì; la gente, l’hanno bastonata.
Io mi ricordo che a quei tempi c’era un tantino di entusiasmo per il Socialismo e c’era una competizione tra socialisti e fascisti;
per questo sono arrivati i camerati col camion e hanno fatto quello che hanno fatto. Uno per volta li chiamavano dentro una casa quel-li che non volevano essere fascisti e quel-li menavano. E all’inizio ‘sto fa-scismo chi era andato a votare lo faceva votare per forza, a modo suo, gli diceva: “Prendi ‘sta scheda e buttala là.” Volevano domina-re, ecco. Le cose le volevano tutte a modo loro. E zitta doveva stare la gente; non è che si poteva dire qualche cosa. Se sbagliavi a parlare magari ti fucilavano lì per lì come è successo da queste parti a chi ha risposto sotto interrogatorio che aveva visto i partigiani.
Con la Liberazione è stato come quando scappano le pecore dal-la staldal-la e si va in campagna a fare festa. Dopo era tutto risorto ché l’avevamo passata brutta!