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Galileo, Vincenzo Viviani e Luigi XIV Il sole e il calore della politica

Nel documento La memoria del passato. Curiosità erudite (pagine 157-163)

fosse un semplice pianeta destinato a ruotare attorno alla terra, ma il vero centro dell’universo. Niccolò Copernico era stato il primo ad aff ermarlo e nel 1632, sei anni prima della nascita di Luigi XIV2, Galileo Galilei lo

aveva ribadito nel suo celebre Dialogo sopra i massimi sistemi3.

La vicenda galileiana e soprattutto la condanna del sistema eliocen- trico da parte del Sant’Uffi zio, culminata con l’abiura dello scienziato, nel 1633 e con il rogo del Dialogo, ritenuto eretico, erano tornate alla ribalta nel 1642, al momento della morte dello studioso, costretto a vi- vere isolato in una villa ad Arcetri, nella campagna attorno a Firenze. La famiglia Galilei, appartenente all’aristocrazia fi orentina, aveva il proprio sepolcro gentilizio nella chiesa di Santa Croce, legata all’Ordine Fran- cescano. In quel momento il complesso di Santa Croce era, però, sede dell’Inquisizione ed i frati, prima di procedere alla sepoltura dello scien- ziato chiesero il parere della Santa Sede. Urbano VIII Barberini negò il permesso alla deposizione della salma in Chiesa ma, contemporaneamen- te, il Granduca Ferdinando II dei Medici, protettore di Galileo e nemi- co del Barberini, manifestò la sua ferma volontà di esaudire il desiderio dei familiari e di far valere i loro diritti. La situazione era di diffi cilissima soluzione ma i frati non si persero d’animo e, per non disobbedire né al Papa, né al Granduca, individuarono un angusto stanzino dietro ad una cappella, al termine di un corridoio presso la sacrestia e lì collocarono il corpo di Galileo. Era in Santa Croce, ma non in Chiesa4.

L’antica concezione tolemaica, che indicava nella terra il centro dell’universo, era stata imposta dal papato, ma veniva rifi utata dal mon- do protestante ed appariva sempre più debole e scientifi camente dub- bia. L’eredità galileiana venne raccolta dal fedelissimo allievo Vincen- zo Viviani e sostenuta dal Granduca Ferdinando II e da suo fratello, il Principe Leopoldo. Proprio a Firenze, all’interno della Reggia di Palazzo

2 Luigi XIV aveva visto, infatti, la luce il 5 Settembre 1638 e gli era stato imposto il nome di Luigi Deodato.

3 Cfr. L. GEYMONAT, Galileo Galilei, Torino, Einaudi, 1969, p. 169 e ss.

4 Si veda in proposito P. GALLUZZI, I sepolcri di Galileo. Le spoglie vive di un eroe

della scienza, in Il Pantheon di Santa Croce a Firenze, A cura di L. Berti, Firenze,

Pitti, prima con le private riunioni della Sperimentale Accademia Me- dicea, già nel 1642 e dopo, a partire dal 1657, con la creazione dell’Ac- cademia del Cimento, la fi gura di Galileo venne posta in primo piano, accanto a quel metodo sperimentale che era stato alla base delle osser- vazioni del celebre scienziato. Anima del Cimento fu proprio Viviani e Luigi XIV, di fronte alla eventualità che il sole fosse realmente conside- rato il centro dell’universo, non esitò ad entrare in contatto con lo stu- dioso fi orentino.

Il sovrano aveva celebrato, per mezzo dell’astro, la sua luminosità vivi- fi cante, ma la dimensione universale che il sole stava ormai assumendo, benché avversata dal papato, appagava Luigi XIV oltre ogni limite. La fi gura di Galileo stava, infatti, avendo nuovo risalto nella seconda metà del Seicento e proprio Viviani ne aveva realizzato una sintetico profi lo in forma di lettera, indirizzandolo il 29 Aprile 1654 al Principe Leopoldo de’ Medici, per mettere in evidenza quella unità fra scienza e fede che aveva sempre caratterizzato il pensiero dello scienziato, cattolico devoto e praticante. Le parole di Viviani erano esplicite nel loro contenuto, so- prattutto in relazione alla stampa del Dialogo sopra i massimi sistemi ed al processo inquisitoriale che ne era seguito.

“Le calunnie e contraddizioni de’ suoi nemici e oppositori, che poi lo tennero quasi sempre angustiato, lo renderono ancora assai ritenuto nel perfezionare e dar fuori le opere sue principali di più meravigliosa dot- trina che però, non prima che dell’anno 1632, pubblicò il Dialogo de’ due massimi sistemi tolemaico e copernicano, pel soggetto del quale sin da principio che andò lettore a Padova, aveva di continuo osservato e fi lo- sofato... Esaminati e discussi i gran problemi della costituzione dell’uni- verso e delle reciprocazioni del mare, intorno al quale accidente egli poi, nel 1616, che si trovò in Roma, scrisse, ad istanza dell’Eminentissimo Cardinale Orsini, un assai lungo discorso... Ma presentendo che della dottrina di questo suo trattato, fondato sopra l’assunto del moto del- la terra, si trovava alcuno che si faceva autore, si risolvé d’inserirla nella detta opera del Sistema, portando insieme indeterminatamente, per l’una parte e per l’altra, quelle considerazioni che, avanti e dopo i suoi nuovi scoprimenti nel cielo, gli erano sovvenute in comprobazione dell’opi-

nione copernicana e le altre solite addursi in difesa della posizione tole- maica, le quali tutte, ad instanza di gran personaggi, egli aveva raccolte e, ad imitazione di Platone, spiegate in Dialogo... Ma essendosi già il Si- gnor Galileo, per le altre sue ammirabili speculazioni con immortal fama sino al cielo innalzato e con tante novità acquistatosi tra gli uomini del divino, permesse l’Eterna Provvidenza che ei dimostrasse l’umanità sua con l’errare, mentre nella discussione dei due sistemi di dimostrò forse più aderente alla ipotesi copernicana, già dannata da Santa Chiesa, co- me repugnante alla Divina Scrittura.

Fu perciò il Signor Galileo, dopo la pubblicazione de’ suoi dialoghi, chiamato a Roma dalla Congregazione del Santo Offi cio dove, giunto intorno a’ 10 di Febbraio 1632, ab Incarnatione, dalla somma clemenza di quel tribunale e del sovrano pontefi ce Urbano VIII, che per altro lo conosceva troppo benemerito alla Repubblica de’ Letterati, fu arrestato nel delizioso palazzo della Trinità dei Monti, appresso all’ambasciatore di Toscana e in breve, essendogli dimostrato il suo errore, retrattò co- me vero cattolico questa sua opinione, ma in pena gli fu proibito il suo dialogo e, dopo cinque mesi, licenziato di Roma, in tempo che la città di Firenze era infetta di peste, gli fu destinata per carcere, con generosa pietà, l’abitazione del più caro signore e stimato amico che avesse nel- la città di Siena, che fu Monsignor Arcivescovo Piccolomini, della qual gentilissima conversazione egli godè con tanta quiete e soddisfazione dell’animo”5.

Dunque Galileo non era un eretico, come provava la sua sincera devo- zione, era solo incorso in un “errore” e gli studi di Viviani dovevano es- sere incoraggiati, proprio perché, grazie ad essi, l’oggettività della scienza avrebbe potuto trionfare, consolidando quella verità che, presso la corte fi orentina, sia il Granduca Ferdinando II che suo fratello Leopoldo stava- no già coltivando, come puro atto di giustizia riparatrice. La Sperimenta- le Accademia Medicea ne era la riprova ed il metodo che accompagnava ogni esperienza non solo raff orzava l’immagine di Galileo ma rendeva i suoi studi una fonte inesauribile di cultura. Il trionfo di Galileo poteva

5 V. VIVIANI, La vita ed alcune lettere familiari di Galileo Galilei, Venezia, Alviso- poli, 1826, pp. 47-50.

porre di nuovo al centro dell’attenzione la visione copernicana del sole, rilanciarne il signifi cato allegorico evocando il sovrano che ne incarna- va l’immagine e lo splendore ed il calore emanati dalla politica francese avrebbero potuto superare i confi ni di quel regno ed estendersi al di là della terra nello spazio infi nito, fi no a raggiungere l’eternità.

Luigi XIV, ben valutata l’eccezionale circostanza, non esitò e nel 1664, come ricorda Marco Lastri, “unicamente mosso dalla stima ch’ei professava”6 nei confronti dello scienziato fi orentino, gli assegnò una

ricca pensione annua. Divenuto benestante, Viviani poté acquistare va- ri immobili nell’odierna Via S. Antonino che “fece rifabbricare con un disegno molto elegante”7, dall’architetto Giovan Battista Nelli, fi no a

creare un vero e proprio palazzo. L’operazione fu condotta a partire dal 1686 e Viviani, per onorare defi nitivamente Galileo che, come abbiamo visto, era stato sepolto in Santa Croce dove nessuno poteva vederlo per la condanna infl ittagli dal Sant’Uffi zio, meditò una singolare soluzione.

La facciata del nuovo edifi cio fu parzialmente coperta da due grandi lapidi in muratura ai lati del portone d’ingresso, contenenti l’elogio del- lo scienziato. Al di sopra del portone fu poi collocato un busto bronzeo di Galileo, realizzato da Giovan Battista Foggini e più in alto, nel cen- tro, fu collocata una nuova lapide in cui si celebrava proprio Luigi XIV, che aveva reso possibile il rilancio della teoria eliocentrica. Il testo, trac- ciato con inchiostro nero di particolare consistenza, non poneva dubbi interpretativi:

AEDES A DEO DATAE LUDOVICI MAGNI

HONORIFICO AERE COMPARATAE AC DENUO CONSTRUCTAE D.O.M.

ERECTAE AC GENEROSAE MENTIS VIATOR

QUI VERITATIS ET SAPIENTIAEAMORE PERCELLERIS QUI BENE- FICIA IN TE

6 M. LASTRI, Casa di Vincenzo Viviani detta dei Cartelloni, monumento di scienza, in L’Osservatore Fiorentino sugli edifi zi della sua patria. Quarta edizione eseguita

sopra quella del 1821, con aumenti e correzioni del Sig. Cav. Prof. Giuseppe Del Ros- so, tomo IV, Firenze, Celli, 1836, p. 65.

7 Ibidem.

COLLATA NON OCCULIS DUM PER HANC VIAM OPPORTUNE PROFECTO A

MAIORIBUS NOSTRIS AMORIS NUNCUBATAM INCEDIS QUOD IPSAHOC HUMILE QUIDEM

SED VERI GRATIQUE AMORIS ARGUMENTUM OBSEQUENTIS DISCIPULI ERGA

VERITATIS ET SAPIENTIAE DEI VIDELICET UNICE AMANTEM PRAECEPTOREM

ATQUE ITIDEM ADDICTISSIMI CLIENTIS ERGA SUOS SERENISS. AC CLEMENTISS.

DD ET LUDOVICUM MAGNUM BENIGNISSIMUM SIBI SYDUS NUNC ESSET PUBLICE DEMONSTRATURA SISTE GRADUM PA-

RUMPER

ASPICE ET UTRINQUE EXARATA PERLEGERE NE GRAVERIS AT SI MORAE ES IMPATIENS LAETO ANIMO PERGE8.

Così in traduzione italiana:

DIMORA DONATAMI DA DIO, PROCURATAMI PER ONORIFICA MUNIFICENZA

DI LUIGI IL GRANDE E DI NUOVO COSTRUITA A DIO OTTIMO MASSIMO

O VIANDANTE DI ANIMO RETTO E GENEROSO CHE SEI PRO- FONDAMENTE TOCCATO

DALL’AMORE DELLA VERITA’ E DEL SAPERE, CHE NON TIENI NASCOSTI I BENEFICI CHE TI

VENGONO FATTI MENTRE PERCORRI QUESTA VIA, CHE FU CHIAMATA DAI NOSTRI AVI

DAVVERO OPPORTUNAMENTE DELL’AMORE PERCHÈ ORA AVREBBE MOSTRATO

PUBBLICAMENTE QUESTA TESTIMONIANZA, CERTAMENTE UMILE, MA DI VERO E GRATO

AMORE DI UN DISCEPOLO DEVOTO VERSO UN MAESTRO CHE

8 R. LUNARDI – O. SABBATINI, Il rimembrar delle passate cose. Una casa per

HA AMATO UNICAMENTE LA

VERITA’ E IL SAPERE, CIOÈ DIO E AL TEMPO STESSO DI UN SUDDITO FEDELISSIMO AI SUOI

SERENISSIMI E CLEMENTISSIMI SIGNORI E A LUIGI IL GRANDE, SUA BENIGNISSIMA STELLA

SOFFERMATI UN POCO, GUARDA E NON SDEGNARE DI LEGGE- RE LE SCRITTE TRACCIATE DA

AMBEDUE I LATI, MA SE NON TI SENTI DI TOLLERARE UN IN-

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