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ha […] quale fine ultimo di garantire la capacità delle banche di assorbire eventuali perdite e di far fronte alle situazioni di crisi, non potrebbe darsi rilievo esclusivo alla qualificazione giuridica

formale dello strumento, ma è necessario ricercare la sostanza economica dell’operazione

sottostante all’emissione per verificare se essa realizzi o meno un trasferimento effettivo del rischio

152

dell’emittente sul mercato”

488

. O, in altre parole, “ciò che conta, a livello comunitario, è che, a

prescindere dalla forma assunta, le regole di fonte legale o statutaria applicabili allo strumento di

raccolta abbiano un contenuto non difforme da quello minimale prescritto dal Regolamento”

489

.

E, pur con il rischio di cadere vittima di un bias di conferma

490

, si tratta di una prospettiva da ultimo

fortemente ribadita dal legislatore bancario europeo

491

della riforma nel testo del nuovo art. 79a CRR

488 F. DAGNINO, “Capitale versato” e “strumenti innovativi di capitale”, op.cit., 431 s. In termini analoghi V.

BEVIVINO, Capitale e struttura finanziaria, op.cit., 136, per cui: “[…] la scelta operata dal legislatore europeo fissa la

struttura delle norme del regolamento CRR sul piano dell’apprezzamento del contenuto funzionale (giuridico) degli strumenti, al di là, quindi, della tecnica legislativa adottata per la selezione degli strumenti. […] Nella formulazione letterale dei requisiti il legislatore europeo ha adottato un «approccio sostanzialista» che si esprime nella valutazione del contenuto della norma sul piano (della descrizione) del contenuto giuridico delle discipline e che, in definitiva […] il legislatore europeo ha apprezzato il rilievo funzionale della disciplina dei valori, e cioè degli effetti prodotti, in questo caso, sul piano dell’obbligo alla restituzione del capitale”.

489 C. FRIGENI, Le S.p.A. bancarie, op.cit., 101.

Non si vuole qui nascondere che l’esclusiva rilevanza del dato sostanziale a cui si informa il CRR è dovuta anche alle divergenze che si riscontrano a livello delle singole normative societarie europee in punto di definizione dei contenuti minimi e inderogabili, in particolare, della fattispecie azionaria ordinaria. In tal senso cfr., in luogo di molti, EBA, report

on the monitoring of CET1 instruments issued by EU Institutions — second update, disponibile su www.eba.europa.eu, 2019, 9 (nt. 17), per cui in Europa “[…] there is no common definition of ordinary shares/common shares” – il report in questione si pone come adempimento del mandato disposto dall’art. 80 CRR in punto di continuo monitoraggio della qualità degli strumenti di fondi propri emessi dagli enti in tutta l'Unione. Nella letteratura, v. le osservazioni di V. BEVIVINO, Capitale e struttura finanziaria, op.cit., 133 ss.

Pur ammettendo ciò, a chi scrive pare che la necessità di garantire una “costruzione” del capitale utile ai fini di vigilanza di tipo funzionale risulti obiettivo primario del legislatore europeo. E a conferma di ciò, volendo svolgere un “esercizio mentale” di tipo controfattuale, si consideri come pur nella situazione in cui si fosse optato per assegnare qualche rilevanza alla qualificazione dello strumento di raccolta (come sembrerebbe fare, secondo alcune interpretazioni, il sistema di Basilea III, e vedi supra nt. 361), la qualificazione azionaria avrebbe rivestito i caratteri di condizione necessaria, ma non sufficiente, ai fini dell’eleggibilità. In maniera concorde sulla questione sollevata in questa nota, v. ID, Capitale e struttura finanziaria, op.cit., 28, e, seguendo un percorso argomentativo differente, S. BOATTO, Strumenti

finanziari partecipativi, op.cit., 26 s.

F. ACCETTELLA, L’accordo, op.cit., 502, critica la scelta del Regolamento che “punta, invece, solo sugli aspetti

sostanziali degli strumenti […] [nonostante] il rischio potenziale che attraverso la mancata specificazione della forma di tali strumenti si allarghino le maglie delle entità ricomprese nel patrimonio di primissima qualità e, per tale via, si determinino rilevanti differenze applicative a livello dei singoli Paesi”.

490 Ossia quel fenomeno cognitivo per cui: “by a mental mechanism I call naïve empiricism, we have a natural tendency

to look for instances that confirm our story and our vision of the world – these instances are always easy to find. Alas, with tools […] anything can be easy to find. You take past instances that corroborate your theories and you treat them as evidence. […] Even in testing a hypothesis, we tend to look for instances where the hypothesis proved true. Of course we can easily find confirmation; all we have to do is look […]. The good news is that there is a way around this naïve empiricism. I am saying that a series of corroborative facts is not necessarily evidence. Seeing white swans does not confirm the nonexistence of black swans. There is an exception, however: I know what statement is wrong, but not necessarily what statement is correct. If I see a black swan, I can certify that all swans are non white! […] We can get closer to the truth by negative instances, not by verification! It is misleading to build a general rule from observed facts. Contrary to conventional wisdom, our body of knowledge does not increase from a series of confirmatory observations

[…]. Sometimes a lot of data can be meaningless; at other times one single piece of information can be very meaningful.

It is true that a thousand days cannot prove you right, but one day can prove you to be wrong” – così N. TALEB, The black swan, New York, 2007, 55 ss.

Nelle scienze cognitive vi è unanime convergenza sulla rilevanza empirica del fenomeno (e pervasività nel processo decisionale e speculativo umano in condizioni di incertezza informativa). Senza pretese di completezza v., nell’ambito della psicologia cognitiva, il classico e celebre lavoro di D. KAHNEMAN, Thinking fast and slow, op.cit., 80 ss., e, nell’ambito della psicologia sociale, J. HAIDT, The righteous mind. Why good people are divided by politics and religion, Londra, 2013, 48 ss.

491 Pur avendo sempre bene in mente le considerazioni appena svolte in nt. 489, già il legislatore storico del pacchetto

CRR/CRDIV (CRDIV Package) sottolineava come gli strumenti ammessi a essere computati nel CET1 non fossero le sole “azioni”. In tal senso v. EUROPEAN COMMISSION, Proposal for a Regulation of the European Parliament and

153

(che enucleerebbe peraltro un “principio”, secondo EBA)

492

ai sensi del quale gli enti, nel valutare la

conformità dei loro strumenti di capitale alle disposizioni rilevanti della regolamentazione

prudenziale, “shall have regard to the substantial features of instruments and not only their legal

form”

493

.

In particolare, in termini non difformi da un approccio inaugurato nel sistema di Basilea II e affinato,