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di Enza Moscaritolo

Il vino naturale. Valentina Passalacqua ha scelto di produrre un vino privo di conta-minazioni. Lei lo definisceun “vino vivo”.

ALLEY OOP UN'IMPRESA DA DONNE

timenti, emozioni e profumi dall’infanzia, trascorsa in campagna da sua nonna, ai piedi del Gargano, e fa emergere una nuova volontà. Da quel momento in poi Valentina Passalacqua decide di virare e prendere un’al-tra sun’al-trada. Da quel momento nasce un’imprenditrice che sceglie di battere una strada tutta sua - quella della biodinamica e dei vini naturali - e che nessuno aveva percorso prima d’ora in quella parte del Nord della Puglia.

È lì che era racchiusa la sua vita e la sua professione.

L’impresa di Valentina Passalacqua affonda le radici in una storia tutta al femminile, ispirata dalla nonna Giulia, che parte, dunque, dal passato, fatto di tradizioni, e che si proietta nel futuro, con una visione ben precisa.

La sfida di Valentina Passalacqua è un ritorno alla natura tout court. Ha creato un’oasi biologica perché, mentre teneva in braccio la figlia appena nata, voleva farle rivivere le emozioni che aveva provato in campagna da sua nonna. È così che ha cominciato a fare vino. E non si è più fermata. Non solo ha deciso di lavorare nella propria tenuta, ma di farlo nel modo più naturale possibile, più autentico e più rispettoso di tempi e cicli vitali, fa-cendo dell’ecosostenibilità anche il proprio stile di vita. «Sentivo che era lì il mio presente ma soprattutto il mio futuro. L’arrivo di Giulia, mia figlia, che ho scelto di chiamare come mia nonna, mi ha dato la definitiva certez-za che quella era la strada giusta. Ho scelto la Montagna del Sole per vivere come avevo sempre desiderato».

È stato un ritorno alle origini che per Valentina si è tradotto nel fare vino nell’unico modo possibile per lei. L’imprenditrice garganica produce vini naturali in agricoltura biodinamica - la prima vendemmia, quella che non si dimentica, è datata 2008 - approdo definitivo, dopo una prima fase de-dicata al biologico. La vinificazione naturale non prevede l’uso della chi-mica, né in vigna per proteggere le uve, né in cantina: si basa sulla fermen-tazione spontanea, senza l’aggiunta di lieviti industriali, ma avviata con i lieviti presenti sulle uve stesse. Non utilizzando chimica sulle piante, le uve sono attive, possiedono gli elementi che fanno avviare la fermenta-zione, senza alcuna aggiunta. «Il vino è lo specchio della vigna perché è proprio lì che avviene il grande lavoro. In cantina, bisogna fare il minimo intervento possibile perché non volevo che nel mio prodotto si avvertisse né l'invasione della chimica, né della tecnologia perché entrambe tendo-no a standardizzare il gusto».

Oggi Valentina Passalacqua è del tutto persuasa che non avrebbe potuto fare altro nella vita, né in nessun altro modo. Per questo ha scelto di vivere in campagna, a contatto con la natura e con la sua azienda che si estende

In cantina,

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su una superficie vitata di 80 ettari, ai piedi del Gargano, ai confini con il territorio del Parco Nazionale, in collina, a 200 mt sul livello del mare.

Conta 25 dipendenti e realizza un fatturato di 4 milioni di euro. Insieme ad un secondo progetto imprenditoriale, denominato Progetto Calcarius, produce in totale 250mila bottiglie all’anno. Tutta la struttura va ad gia alternativa, fotovoltaico ed eolico, ed è autosufficiente a livello ener-getico: «Quando tutto parte dall’interno, puoi anche portarlo fuori». E così anche la casa è costruita usando un sistema bioclimatico e architetto-nicamente compatibile con l’ambiente, per ascoltare meglio il flusso delle stagioni, assecondando il paesaggio circostante.

Controlla personalmente le piante baciate dalla luce del sole che qui ar-riva perpendicolare, aiutando la maturazione delle uve. Si ferma spesso ad odorare l’aria rinfrescata dalle correnti che provengono dal mare e che asciugano l’umidità, regalando ai vini alcune peculiarità assai apprezzate all’estero, richiamando soprattutto l’attenzione del Giappone e degli Sta-ti UniSta-ti, suoi principali mercaSta-ti d’esportazione. L’obietSta-tivo è dare vita ad un vino tipico del Gargano e che sia allo stesso tempo internazionale, una scoperta per le platee di tutto il mondo, e non è stato facile perché non stiamo parlando di un territorio storicamente votato alla viticoltura,

ben-L’aroma.

Un momento della degusta-zione dei vini di Valentina Passalacqua.

(Foto di Petter Backlund)

Nella vigna.

Valentina Passalacqua con le figli Giu-lia e Agnese nel podere di fami-glia.

sì alla pastorizia e all’agricoltura da secoli. Ciò significa restituire alla ter-ra la generosità che essa ha concesso, tter-rattandola con rispetto e valoriz-zandone l’unicità. In gergo è il terroir, quella parola francese che esprime appieno il concetto di unicità e di identificabilità legate al territorio. «Vo-levo un prodotto salubre, un prodotto tradizionale, come lo facevano i nostri nonni, senza contaminazioni di alcun genere. Volevo ritrovare la meraviglia degli occhi di quando ero piccola e soprattutto, volevo lasciare una terra migliore alle mie figlie» aggiunge con fierezza.

È caparbia Valentina Passalacqua, come sanno essere le donne da que-ste parti, come le pietre di questa terra calcarea e stratificata. Ha scelto la sua professione, coniugando ciò che aveva di più caro, sfidando le conven-zioni. Saperi e tradizioni si tramandano, corrono e si rinnovano da una generazione all’altra, in un percorso fatto soprattutto di scelte non sem-pre facili, ma non per questo meno avvincenti. Ogni vendemmia ha rap-presentato la conferma di un percorso intrapreso nella giusta direzione – quella dell’ecosostenibilità - dove l’ambiente è assoluto protagonista, portata avanti grazie alla salvaguardia della biodiversità con il recupero di vitigni autoctoni come il Bombino, il Nero di Troia, il Fiano Minutolo,

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