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3 Cenni al metodo degli Elementi Finiti per problemi di fluidodinamica con parete

3.1 Generalità sul metodo degli elementi finiti

Si tratta di un metodo utilizzato per risolvere in maniera approssimata problemi descritti da equazioni differenziali alle derivate parziali (EPD) riducendo queste ultime a un sistema di equazioni algebriche alle quali sono associate le corrispondenti condizioni al contorno e iniziali (formulazione forte). La caratteristica principale è la discretizzazione del dominio continuo di partenza in un dominio discreto (griglia) mediante l’uso di primitive (elementi finiti) di semplice forma, connessi in punti sul loro contorno (nodi). In particolare, i nodi si introducono per:

 definire la geometria del modello in base alla loro posizione;

 unire tutti gli elementi in un unico dominio computazionale, poiché gli elementi si scambiano tra loro azioni solo tramite i nodi;

 descrivere la distribuzione delle incognite principali dell’elemento.

Il comportamento su ciascun elemento della soluzione del problema è espresso dalla combinazione lineare di funzioni dette funzioni di base o funzioni di forma (shape functions), scelte in modo tale da valere 1 nel nodo considerato e 0 negli altri nodi. In generale, dal teorema di Weierstrass si vede come una funzione continua può essere approssimata da un polinomio di grado sufficientemente elevato (più è elevato il grado, migliore sarà l’approssimazione ottenuta). Ossia, una volta suddiviso il dominio d’integrazione in intervalli, si approssima la funzione incognita con delle funzioni ad andamento noto, scegliendo, come incognite del problema trattato, i soli valori ai nodi (hj) (Figura 3-1).

Figura 3-1 Esempio di approssimazione della soluzione tramite un’interpolata (caso particolare in cui il valore ai nodi è esatto).

La soluzione del problema differenziale è data dalla soluzione del problema omogeneo associato, più la soluzione particolare dipendente fondamentalmente dalle condizioni al contorno e da altri termini di forzante noti. Vi sono due classi di parametri dai quali si possono trarre informazioni sul “comportamento naturale” di un certo sistema fisico-

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meccanico. Tali parametri includono le proprietà intrinseche (costitutive) dei materiali e delle strutture fisiche in esame, tipo:

Modulo di elasticità; Conducibilità termica; Viscosità;

Nella seconda classe di parametri sono raggruppati quelli che producono disturbi al sistema fisico:

Forze e momenti esterni, per problemi meccanici solidi;

Gradienti di temperatura e quantità di calore, per problemi di trasferimento di calore; Gradienti di pressione, per problemi riguardanti fluidi;

Differenze di potenziale e campi magnetici, per problemi elettrici; …

Dal punto di vista dei modelli matematici, invece, la prima classe di parametri figura nella soluzione omogenea, mentre, la seconda classe caratterizza la soluzione particolare. In particolare, la prima classe di parametri comparirà in quella che nei problemi di meccanica dei solidi è chiamata matrice di rigidezza del sistema, mentre, la seconda classe apparirà nella cosiddetta matrice di carico, o meglio, vettore dei termini noti del sistema algebrico [3]. Il metodo degli elementi finiti fa parte della classe dei Metodi di Galerkin, il cui punto di partenza è la cosiddetta formulazione debole di un problema differenziale. In tale metodo, si approssima nello spazio la soluzione del problema, scritto in forma debole, mediante una combinazione lineare di funzioni di forma elementari che approssimino le funzioni incognite del problema di partenza con un errore accettabile ai fini pratici. I coefficienti di tale combinazione lineare, detti anche gradi di libertà, gdl, diventano le incognite del problema algebrico ottenuto dalla discretizzazione, come nei casi precedentemente considerati, coincidono con i valori nodali di alcune variabili.

Una volta discretizzato il problema nello spazio, si deve definire il metodo di avanzamento temporale. In particolare per problemi stazionari, come quelli analizzati nei capitoli successivi, l’avanzamento temporale è un artificio per raggiungere la soluzione stazionaria. Un metodo matematico, per quanto riguarda l’avanzamento temporale, si definisce esplicito quando la determinazione della soluzione a un dato istante richiede la valutazione della funzione integranda degli istanti precedenti, altrimenti si definisce implicito. Tuttavia, solo alcune tipologie di problemi della matematica del continuo possono essere risolte in modo

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esatto tramite metodi diretti, per la maggior parte dei problemi numerici, invece, si è costretti a utilizzare spesso metodi iterativi.

3.1.1 Definizione di un modello

Per arrivare al modello finale agli elementi finiti si seguono delle fasi fondamentali, ognuna delle quali però comporta l’inevitabile inserimento di errori nella soluzione:

1. Idealizzazione. Fase presente in tutti gli studi d’ingegneria: si passa dal sistema fisico a un modello matematico, che astrae alcuni aspetti del sistema, focalizzando l’attenzione su poche variabili d’interesse e “filtrando” le rimanenti. Il sistema fisico se complesso è suddiviso in sottosistemi.

Definizione delle proprietà del materiale e delle condizioni al contorno del problema. 2. Discretizzazione. Ha lo scopo di passare da un numero infinito di gradi di libertà nello

spazio e/o nel tempo, sistema continuo, a un numero finito, sistema discreto. Ogni sottosistema viene, a sua volta, suddiviso in elementi finiti ai quali è applicato un modello matematico. A differenza delle trattazioni analitiche è sufficiente che il modello matematico scelto sia adeguato alle semplici geometrie degli elementi finiti. Tale scelta di solito è implicitamente legata alla scelta del tipo di software da utilizzare, il quale è implementato su un proprio modello matematico.

Per un uso teoricamente corretto e coerente di tali programmi vanno osservate alcune regole pratiche che permettono di individuare le varie cause di errore che possono produrre risultati non accettabili:

 Errori connessi a un cattivo inserimento dei dati geometrici e/o meccanici;

 Uso di “tipi di elementi” inadeguati all’analisi che deve essere eseguita (si ricorda che la scelta del tipo di elemento fissa le funzioni di forma);

 Forma e dimensione inadeguata degli elementi, la quale condiziona fortemente la qualità della soluzione finale del problema. Infittire la griglia nelle zone in cui si prevede una concentrazione delle deformazioni. In particolare, un consiglio utile da seguire è:

Per il calcolo di tensioni → griglia fine;

Per il calcolo degli spostamenti → griglia grossolana;

 Erronea applicazione delle condizioni di vincolo e di carico. Quest’aspetto è molto delicato e richiede un buon livello di esperienza e conoscenza tecnica.

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 Sfruttare le eventuali simmetrie del problema.

 Ricordare che il numero di gradi di libertà dei nodi degli elementi di tipo diverso non sono necessariamente uguali, e quindi bisogna prestare attenzione a come

interfacciarli.

 I lati e gli angoli degli elementi devono essere regolari e non troppo diversi tra loro.  Fare attenzione alle opzioni automatiche del codice utilizzato.

Possibili metodi di verifica:

 Confronto con eventuali dati sperimentali (non sempre disponibili in letteratura);  Verifica dell’equilibrio o del bilancio energetico di porzioni del modello;

 Verifica dell’entità delle reazioni vincolari che complessivamente devono essere in equilibrio con le forze attive agenti nel modello.

3.1.2 Impostazioni software

La generica struttura di un software agli elementi finiti è composta (Figura 3-2):

Figura 3-2 Struttura di un generico software FEM.

 Fase di preprocessing (Preprocessor). Fase di preparazione del modello suddivisa in: o Creazione del modello agli elementi finiti che rappresenta il risultato della

discretizzazione del dominio di definizione del problema fisico;

o Scelta di una funzione di forma che rappresenti il comportamento del problema fisico di un elemento; funzione continua, approssimata, che descrive la soluzione in ogni elemento.

o Sviluppo delle equazioni di equilibrio e/o di bilancio per un elemento; o “Assemblaggio” degli elementi per rappresentare l’intero problema fisico.

Costruzione della matrice di rigidezza globale del sistema fisico; o Applicazione delle condizioni al contorno, iniziali e i carichi.

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lineari per ricavare i risultati nodali;

 Fase di postprocessing (Postprocessor). Fase di elaborazione dei risultati, dalla quale sono ricavate una serie importante d’informazioni.

In particolare, a ogni passo del processo iterativo per il calcolo della soluzione, il codice FLOTRAN risolve tutte le equazioni che governano il problema in esame, nel seguente ordine:

1. Approssima la soluzione ad ogni passo dell’equazione della quantità di moto; 2. Risolve l’equazione della pressione;

3. Calcola le velocità dall’equazione di conservazione della massa; 4. Risolve l’equazione dell’energia;

5. Aggiorna le proprietà laminari del flusso;

e se attivato il modello di soluzione per flussi turbolenti il programma procede con i seguenti punti:

6. Risolve le equazioni della turbolenza; 7. Aggiorna le proprietà turbolente del flusso.

L’avanzare della soluzione verso la convergenza è monitorata dall’utente tramite l’osservazione dei residui della soluzione globale da un’iterazione alla successiva, o più semplicemente impostando l’ordine di grandezza dei residui dell’equazione della pressione, poiché la pressione è una variabile dominante sul criterio di convergenza per le analisi di tipo fluido. Al suo interno, il programma FLOTRAN calcola la convergenza per ogni grado di libertà , a ogni iterazione come segue:

1 1 1 N k k i i i N k i i ConvMon (3.1)

Questa grandezza rappresenta la somma su tutti i nodi dei valori assoluti delle variazioni della variabile calcolata dai risultati tra il k-esima iterazione attuale e quella precedente (k-1), divisa la somma dei valori assoluti della variabile all’interazione k. Ovviamente, il numero d’iterazioni globale utile al raggiungimento della convergenza della soluzione varia considerevolmente, secondo le dimensioni e la stabilità del problema in esame. Per fornire una soluzione stabile si possono introdurre fattori di rilassamento inerziali per l’equazione di conservazione della quantità di moto. Nonostante tali accorgimenti, però, e nonostante

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FLOTRAN esegua una serie di controlli sui risultati al fine di garantire che il problema impostato sia valido, è necessario che l’utente verifichi manualmente se la soluzione diverge e se i risultati ottenuti siano validi e accettabili [5].

In ANSYS CFX, invece, ci sono principalmente due criteri di controllo sulla convergenza della soluzione, basati sull’impostazione del valore del:

 residuo RMS (valore medio nell’intero volume) o MAX (valore massimo nell’intero volume) di tutte le equazioni che il codice risolve;

 numero massimo d’iterazioni.

Di solito sono impostati entrambi i criteri in ambiente CFX-Pre [23].

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