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GENOVESI E GALANT

Nel documento Antonio Genovesi. Economia e morale (pagine 175-199)

Genovesi. Per il secondo tempo invece possiamo utilizzare altri manoscrit- ti inediti provenienti dall’Archivio Galanti e immediatamente successivi alla pubblicazione dell’Elogio storico dell’abate Genovesi.

Sia gli studiosi di Genovesi che quelli di Galanti in genere hanno pri- vilegiato quasi esclusivamente l’edizione del 1772 dell’Elogio galantiano, trascurando le successive due edizioni, quella veneziana del 1774 e soprat- tutto quella fiorentina del 1781, che in realtà presenta un testo in gran parte ristrutturato e modificato3. Se si escludono Venturi, Zambelli e soprattutto Galasso, pochi altri sono andati a riscontrare varianti e riscritture tra la prima e la terza edizione.

Alla luce di una nuova documentazione emersa dall’Archivio Galanti diventa ancor più opportuno realizzare questo lavoro per il quale ora pos- siamo utilizzare un corposo manoscritto, la cui stesura è datata dallo stes- so Galanti al 1774, ma alcuni riferimenti e annotazioni fanno dedurre un prolungamento al 1775.

Siamo dunque a due anni dalla pubblicazione dell’Elogio di Genovesi con i collegati interventi della censura e le aspre polemiche seguite. L’attacco della censura – con la conseguente iscrizione del libro all’Indice, nel novembre del 1773, con decreto del papa Clemente XIV4 – ovviamente riguardava soprattutto il giovanile radicalismo illuministico voltairiano che l’Elogio palesava insieme al rifiuto di ogni spiritualismo, l’affermazio- ne di un laicismo razionalista come elemento centrale del pensiero moder- no, la celebrazione di nomi proibiti come quelli di Locke, Voltaire, d’A- lembert, Rousseau, ma anche Giannone, il tutto in un quadro di evidente anticurialismo.

Nelle Memorie, un Galanti ormai avviato al crepuscolo della vita ricor- da, tra l’altro, che la pubblicazione era stata «un’arditezza giovanile» in quanto aveva trascurato di «curare la revisione ecclesiastica»5, giudizio che ritroviamo anche nell’Avvertimento al lettore che apre la terza edizio- ne. La vicenda, come è noto, ebbe un esito senza conseguenze negative,

3 Elogio storico del signor abate Antonio Genovesi, Napoli, 1772; 2a ediz., Venezia,

Pasquali, 1774; 3a ediz., Firenze, Pisoni, 1781.

4 Cfr. R. IOVINE, Elementi di continuità nell’Illuminismo napoletano: D. Mangieri tra C. Galiani e G. M. Galanti, in «Frontiera d’Europa», X , 2004, 1, pp. 127-167; E. CHIOSI, R. IOVINE, L’Elogio censurato. Genovesi, Galanti e l’inquisizione, in Un il‑

luminista ritrovato: Giuseppe Maria Galanti, a cura di M. Mafrici e M. R. Pelizzari, Salerno, Laveglia, 2006, pp. 211-224.

poiché i tre teologi scelti per la revisione espressero giudizi «diversi» e nel frattempo a Venezia l’Elogio veniva ristampato con approvazione del «pubblico inquisitore», cosa che risultò determinante per chiudere il caso. Sempre nelle Memorie, ricordando questo contenzioso censorio capitato all’Elogio, Galanti aggiunge una notazione in cui rimarca il ruolo che «la gloria di essere autore» ebbe nella pubblicazione dell’Elogio: «una passione veemente; infelice per la sanità e pericolosa per la vita, quando si esercita sopra materie filosofiche e politiche»6. È una annotazione che sicuramen- te va letta all’ombra di quel carico di disincanto, amarezze e delusioni e anche severità con cui Galanti guarda alle vicende della sua vita, ma assu- me altri significati se collegata ad una successiva notazione in cui l’autore si riferisce allo scritto dell’abate Magli contro il suo Elogio. Magli, infatti, nel 1773 aveva pubblicato l’Avvertimento all’autor del libro anonimo iscrit‑ to Elogio storico dell’abate Genovesi7; è lo stesso Magli, amico-discepolo di Genovesi, che contro il maestro aveva già fortemente polemizzato nel 1759 a proposito della Metaphysica8 e contribuito a deferire l’autore alla Sacra Congregazione dell’Indice9. Nelle Memorie Galanti scrive:

L’abate Magli, che aveva combattuto di proposito la metafisi- ca dell’abate Genovesi, scrisse un grosso volume sotto il titolo di Avvertimento cristiano all’autore anonimo dell’Elogio dell’abate Genovesi. Io formai un Avvertimento ragionevole all’autore dell’Avvertimento cristiano, in cui misi in ridicolo l’abate Magli. Ma ravvedutomi quanto frivoli fossero gli scritti polemici, e quanto avrei contribuito a rendere noto un libro caduto nell’oblio nel suo nascere, mi guardai di commettere la debolezza di pubblicare la mia opera coll’impressione10.

6 Ivi, p. 60.

7 P. MAGLI, Dissertazioni sul diritto della natura e sulla legge della grazia, I-II,

Napoli, Vincenzo Orsini, 1772-1773; in appendice al vol. III si trova l’Avvertimento

all’autor del libro anonimo iscritto Elogio storico dell’abate Genovesi.

8 P. MAGLI, Dissertazioni filosofiche in cui si oppongon più difficoltà a parecchi principalissimi pensieri in metafisica de’ filosofi leibniziani e spezialmente del signor D. Antonio Genovesi, Napoli, 1759.

9 F. VENTURI, Settecento riformatore. Da Muratori a Beccaria, Torino, Einaudi,

1969, pp. 597-598.

Un altro riferimento importante lo troviamo nella lettera di Galanti a Voltaire del 20 settembre 1773, lì dove, accennando alle accuse piovute addosso all’Elogio di contenere «dottrine contrarie alla religione e perni- ciose alla tranquillità dello stato», scrive di trovarsi nella «necessità di far la difesa del [...] libro»:

Io al presente, o Signore, travaglio a questa nuova opera, la quale in gran parte non contiene che la difesa delle più importanti verità che sono state da voi insegnate11.

Dunque l’idea di uno scritto con una difesa a tutto campo del suo Elogio nasce nei mesi in cui le polemiche sono arrivate sul tavolo del Re, trasfor- mandosi in accuse formalizzate “giuridicamente”.

Di questo testo manoscritto, Avvertimento ragionevole all’autore dell’Av‑ vertimento cristiano, abbiamo notizie da due studiosi che negli anni Venti del Novecento ebbero accesso a Santa Croce del Sannio, Giuseppe Verrecchia e Gennaro Maria Monti; è lo stesso Verrecchia che ci ha lasciato l’unica descrizione, sia pure sommaria, dei due manoscritti delle opere giovanili, prima che se ne perdessero le tracce, ma non riesce a consultare l’Avverti‑ mento12; mentre Monti, viceversa, non dà notizie delle opere giovanili ma riesce a consultare il manoscritto in questione tanto da pubblicarne due brevi estratti in Due grandi riformatori del Settecento13.

Dopo queste testimonianze degli anni Venti, anche del manoscritto dell’Avvertimento, così come accaduto per le due opere giovanili, si perdo- no le tracce, fino al recupero che ne fece Placanica descrivendolo nel volu- me Libri e manoscritti di Giuseppe Maria Galanti14. Si tratta di un manoscritto assai corposo, 138 carte vergate nel recto e nel verso, diviso in tre parti, 11 Illuministi italiani, tomo V, Riformatori napoletani, a cura di F. Venturi, Milano-

Napoli, Ricciardi, 1962, pp. 1022-1023. La lettera di Voltaire a Galanti, datata da Napoli 20 settembre 1773, è pubblicata anche da Salvatore Rotta in appendice al saggio Giuseppe Maria Galanti e Voltaire, in «Rassegna della letteratura italiana», gennaio-aprile 1962, pp. 118-119.

12 G. VERRECCHIA, Giuseppe Maria Galanti 1743‑1806. Ricerche bio‑biblio‑ grafiche, Prefazione di M. Romano, Campobasso, Società Anonima Tipografica Molisana, 1924.

13 G. M. MONTI, Due grandi riformatori del Settecento: A. Genovese e G. M. Galanti,

Firenze, Vallecchi, 1926, pp. 191-193; 208-211.

14 A. PLACANICA, D. GALDI, Libri e manoscritti di Giuseppe Maria Galanti,

la prima con il titolo Avvertimento amichevole all’Autore dell’Avvertimento cristiano, preceduto da una Prefazione; la seconda, Supplemento all’Avverti‑ mento amichevole. Lettera alla Signora*** sulle accuse di plagio; la terza, Saggi sopra diverse materie di Filosofia con il sottotitolo: per servire di rischiaramento agli articoli censurati dell’Elogio Storico dell’abate Genovesi.

Come si evince da questa sommaria descrizione, si tratta di un testo ela- borato da Galanti a ridosso dello scritto polemico del Magli e di altri scrit- ti come l’anonima Lettera critica sugli elementi teologici dell’Abate Antonio Genovesi, stampata nel 1773 e con finzione letteraria inviata da Varsavia, 12 marzo 1773. In realtà, sia Magli che l’anonimo autore della Lettera criti‑ ca hanno come obiettivo polemico non solo l’allievo autore dell’Elogio ma anche il maestro, in particolare per la Metaphysica cui erano stati rivolti gli strali del Magli.

Insomma, l’Elogio è l’occasione per riprendere la battaglia da parte dei campioni dell’ortodossia cattolica e della conservazione contro Genovesi che aveva aperto le porte alla cultura illuminista europea, alla libertà di pensiero, alla laicizzazione della società tanto che, secondo Magli, si era re- alizzato un vero e proprio allineamento di Genovesi sugli illuministi fran- cesi: Montesquieu, D’Holbach, Voltaire, Rousseau. Si trattava ovviamente di estremismo polemico, ma che ben evidenzia il clima politico-culturale di quei primi anni Settanta in cui, tra l’altro, ritorna in campo la polemica giurisdizionalista che va a confluire nella filosofia illuminista15. Nell’Elogio, com’è noto, Galanti accentua questa facies illuminista e riformista della fi- gura di Genovesi soprattutto nel curvare la ricostruzione verso la centrali- tà politica del suo pensiero, verso la riforma dei costumi e della religione piegata all’utile; la separazione da marcare tra la Chiesa e lo Stato, tra la società civile e quella ecclesiastica; una nuova visione politica che il «parti- to dei filosofi» andava radicando nel Regno16.

Pasquale Magli ancora giovane, insieme a Genovesi, di cui diventa ami- co e confidente, aveva frequentato Vico negli ultimi anni della sua vita. I rapporti tra Magli e Genovesi avranno una rottura irreparabile per volontà del primo, dopo la pubblicazione della Metaphysica del Genovesi e avran- no sviluppi nelle Dissertazioni che Magli pubblicherà nel 1759 e nel 1773. Egli diventa così uno degli avamposti del fronte tradizionalista ortodosso contro Genovesi e la sua scuola.

15 F. VENTURI, Settecento riformatore, II, La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti 1758‑1774, Torino, Einaudi, 1976, p. 208.

Genovesi, oltre che difendersi dalle conseguenze procurategli dalle ac- cuse del Magli – un processo finito a Roma e durato circa sette anni – si lasciò ulteriormente coinvolgere nella polemica, redigendo le Lettere filoso‑ fiche a un amico provinciale (1759)17, in cui con «tediose ripetizioni polemiche e [...] pesante documentazione patristica e scolastica» realizza una sorta di commento alla sua Metaphysica attaccata dal Magli18.

Con stile scolastico e inquisitorio Magli accusa Genovesi di privile- giare la lettura di Leibniz, Spinoza, i teologi nazionalisti protestanti come Budde, uno dei modelli della sua Theologia; di non prendere le distanze da autori come Collins, allievo di Locke e autore di A Discours on Free‑Thinker (1713), fortemente anticlericale e propugnatore del libero pensiero; acco- sta la Methaphysica alla Theologia19, ma più pericoloso risultava l’evocare sul pensiero di Genovesi «sospetti, ora di panteismo, ora di manicheismo, ora di giansenismo»20. Genovesi nelle sue Lettere filosofiche, in risposta alla Dissertazione del Magli, liquidava alcune questioni prettamente teologiche come quella sull’origine del male con deviazioni sulla letteratura romanze- sca e con la riaffermazione della centralità della «ragione» e non della «vo- lontà» come sistema ordinatore, secondo una versione sempre più vicina alla filosofia illuminista21.

Nella prima edizione dell’Elogio incontriamo ovviamente l’abate Magli, sul quale Galanti esprime un duro giudizio: «uomo di povere lettere e di meschino ingegno fattosi istrumento» di «filosofastri» avversari di Genovesi, «abbracciò il partito quanto vile, altrettanto ridicolo di contra- star la gloria dell’abate Genovesi con discreditar la sua Metafisica». Le sue Dissertazioni filosofiche, che «al presente sono interamente obliate», costrin- sero il Genovesi a difendersi con le Lettere all’amico provinciale per dimo-

17 A. GENOVESI, Lettere filosofiche ad un amico provinciale per servire di rischiara‑ mento agli Elementi metafisici, Napoli, Stamperia Simoniana, 1759.

18 P. ZAMBELLI, Tra Vico, la scolastica e l’illuminismo: Pasquale Magli, in

«Bollettino del Centro di studi Vichiani», I, 1971, p. 25. Un accenno alla polemi- ca Genovesi-Magli si trova già in G. RACIOPPI, Antonio Genovesi, Napoli, 19582,

pp. 111-112; cfr. anche R. DE MAIO, Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna, Napoli, ESI, 1972, pp. 313-316.

19 P. ZAMBELLI, La formazione filosofica di Antonio Gneovesi, Napoli, Morano,

1972, pp. 254, 491, 668.

20 E. PII, Antonio Genovesi dalla politica economica alla «politica civile», Firenze,

Olschki, 1984, pp. 148-149.

strare al Magli «la sciocchezza e la temerità di averlo attaccato, ancorché non meritasse che il disprezzo e il silenzio»22.

Nella Dissertazione del 1773, originata dalla pubblicazione dell’Elogio di Genovesi l’anno prima, Magli rimprovera Galanti di appropriarsi dell’e- redità di Genovesi e di condurla ben oltre i confini toccati dal maestro nell’attacco alla tradizione cattolica e al ruolo storico della Chiesa, sfo- ciando in una piattaforma ideologica e politica che ribaltava tutto l’as- setto dei poteri costituiti dello Stato e della Chiesa: Machiavelli, Hobbes, Spinoza, Pufendorf, i luterani, i calvinisti, i deisti, gli illuministi francesi e Rousseau «rischiavano di sostituirsi al pensiero dei teologi di tutti i tempi. All’orizzonte si stagliava ormai nettamente la visione di una società tutta umana, senza distinzione di clero e di laici»23.

Lo sbocco di tutto questo, minaccia Magli, sarebbe stato uno scenario che avrebbe accostato le società cristiane al modello politico del dispoti- smo turco-orientale:

Voi biasimate come tirannica e anticristiana l’autorità divina ed in- fallibile della chiesa, de’ pontefici e de’ vescovi, né altro sospirate che libertà di pensare, che libertà di coscienza, che tolleranza, e poi volete intro- dur nel cristianesimo il dispotismo orientale e il dispotismo de’ turchi e de’ pagani?24

Magli avverte lo «sfaldamento e sgretolamento» in corso «ad opera del- le contese giurisdizionali e della penetrazione illuminista»25 e quindi porta l’attacco a Genovesi fino in fondo accusandolo di essersi collocato fuori dall’ortodossia fino a rivestire i panni di «luterano», «calvinista», «miscre- dente deista», lasciandosi «unger gli stivali» e facendosi acclamare «sa- cerdote della natura nell’età nostra, in cui i naturalisti, i deisti, gli atei, gli empi si spaccian vangelisti, appostoli e martiri della natura, dell’umanità, della ragione, in discredito e discapito della grazia, della divinità e della rivelazione». Tanto che Magli proclama Genovesi e «il suo galantissimo elogista» «i nuovi sacerdoti della natura» che offrono «sacrifici naturali» al barone d’Holbach26.

22 Elogio storico dell’abate Genovesi [1772], cit., pp. 117-118. 23 VENTURI, La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti, cit., p. 209. 24 MAGLI, Dissertazioni, cit., p. 133.

25 VENTURI, La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti, cit., p. 210.

All’attacco portato dal fronte dei conservatori, in particolare dal Magli, contro l’Elogio storico e contro Genovesi, Galanti tra il 1773 e il 1774 – come conferma la lettera di Galanti a Voltaire del settembre 1773 – risponde con una sorta di compendio analitico di tutte le accuse che gli sono state mos- se e, attraverso l’Elogio, ovviamente mosse al suo maestro. Nel testo ma- noscritto dell’Avvertimento in risposta all’Avvertimento del Magli, Galanti cerca di controbattere soprattutto alle accuse più pericolose, avanzate dal Magli ma anche dall’anonimo autore della Lettera critica – identificato in un certo Adinolfi – e in genere dagli ambienti tradizionalisti, che l’Elogio di Genovesi «conteneva principj non conformi a quelli della vera religione e massime che mettevano in pericolo la tranquillità dello Stato»27. Galanti ricostruisce i precedenti dell’aspra polemica che Magli aveva messo in campo con la prima Dissertazione del 1759, che «altro non era che un’atro- cissima e scandalosa satira contro del suo amico e maestro e contro del suo creatore»28.

Il «visionario abate Magli» aveva ora rivolto i suoi strali contro l’Elogio galantiano, reo di aver tentato di «distruggere» la religione cristiana; ac- cusa l’autore «di deismo, di materialismo e di pirronismo per aver lette di opere di Montesquieu, di Diderot, di D’Alembert, di Rousseau, di Voltaire, che l’abate Magli chiama la feccia di tutto il genere umano»29. Galanti per questo è definito «filosofo e partigiano della filosofia». Le stesse accuse si ritrovano nella anonima Lettera critica, in cui attraverso Galanti si accusa il maestro di non avvalersi delle Sacre Scritture e delle «testimonianze» dei Padri della Chiesa, ma piuttosto di «Grozio, Gronovio, Pufendorf» con i quali ritiene che «non sia permesso a’ sudditi di giudicare il proprio sovra- no e che si dee credere ch’egli sosteneva il contrario per essersi valuto di queste dottrine in luogo delle dottrine de’ Padri della Chiesa»30.

Rivolgendosi direttamente al Magli – «Mio garbatissimo abate Magli» –, Galanti con un costante stile ironico, modellato sul genere del pamphlet illuministico, cerca di smontare le accuse rivolte al suo Elogio e anche lo stile greve adoperato dal Magli infarcito spesso di «ingiurie», «villanie» natura e grazia. Il diritto naturale e la legge della grazia in Pasquale Magli (1720‑1776),

Perugia, Morlacchi Editore, 2010.

27 Saggio sopra diverse materie di filosofia con un Avvertimento amichevole all’autore dell’Avvertimento, c. 2.

28 Ivi, c. 3. 29 Ivi, c. 7. 30 Ivi, cc. 12-13.

e falsità. Gli è facile sottolineare l’arretratezza culturale del suo interlo- cutore, il suo collocarsi sul fronte più tradizionalista e ortodosso lì dove attribuisce alla filosofia e quindi alla libertà di pensiero «tutti i disordini e tutti i malanni che in ogni secolo hanno travagliato la chiesa»:

Dunque – scrive Magli – se volete rimediare efficacemente a sì gran mali, togliete dal mondo la filosofia e lo spirito filosofico e ’l tutto rimar- rà in pace e in quella umiltà e semplicità ch’esige il Vangelo31.

Per cui, chiosa Galanti, sono da cancellare tutte le opere e gli autori del pensiero moderno, Montesquieu, Voltaire, Diderot, d’Alembert, Rousseau. Magli, sottolinea Galanti, non solo «parla» di cose che non «intende», ma manca perfino del «senso comune», ecco perché può perfino proporre di «togliere dal mondo la filosofia e lo spirito filosofico»32. Non c’è, quindi, da meravigliarsi se egli non ha capito la posizione dell’autore dell’Elogio su Rousseau, lì dove «confutando il paradosso di M. Rousseau sulle scienze, aveva cercato di dimostrare che gli errori, le superstizioni e infiniti disordi- ni si erano ne’ secoli introdotti in Europa col favor dell’ignoranza e che, per mezzo del lume della filosofia, erano cessati»33. Come pure non ha capito le notazioni del Galanti contro il Mamachi, sempre a proposito di Rousseau nello scritto contro il Mamachi posto in appendice all’Elogio. Galanti passa poi ad esaminare puntualmente alcune delle accuse del Magli che rivelano inesattezze e falsificazioni, in particolare lì dove l’ex amico di Genovesi tenta di dimostrare che l’allievo Galanti manipola il pensiero del maestro; l’accusa riguarda soprattutto il pensiero di Genovesi sulla religione, quan- do «sosteneva che la teologia non dee consistere in disputar vagamente di cose curiose inutili e sottili, ma deve esser la scuola delle virtù, la scienza di indirizzare gli uomini e ajutarli a ben sostenere la vita»34.

Richiamando il Proemio alle Scienze metafisiche di Genovesi, Galanti dimostra che utilizzando Newton il maestro è pervenuto proprio a que- sta concezione di un Dio dagli «attributi» che più hanno a che fare «colla nostra vita e felicità»35; cita la Logica per gli giovanetti, per confermare che

31 Avvertimento amichevole all’autore dell’Avvertimento cristiano, cc. 21-22. 32 Ivi, c. 27.

33 Ivi, c. 30. 34 Ivi, cc. 35-36. 35 Ibidem.

Genovesi sosteneva l’abolizione delle troppe «scuole di metafisica e teolo- gia scolastica» per sostituirle con un «po’ di teologia fisica», ma soprattutto con «cattedre» di insegnamento di «corti e lampeggianti estratti di scrittu- ra e catechismi»36.

Per quanto concerne la religione, Galanti ribadisce che nel suo Elogio ha correttamente inteso che il maestro era approdato ad una idea di religione che deve «essere utile al genere umano» e che la teologia «non dee di- struggere la retta ragione»; una religione «fondata sulle leggi naturali [...] dell’universo e sul principio sempre invariabile della pubblica utilità o, per parlare più esattamente, ella non dee altro essere se non la legge naturale ridotta in precetti positivi»37.

A Galanti non sembra sfuggire il ruolo di Genovesi nella elaborazio- ne della «scolastica newtoniana»38 nella cultura napoletana; gli è chiaro che il suo maestro percorre «un’ardua e pericolosa via mediana in tempi difficili»39, coniugando la teologia naturale newtoniana con la tradizione cattolica, specificamente con il cristianesimo evangelico, ed esaltando «il carattere religioso della nuova scienza»40, in linea con il progetto di dif- fusione del newtonianesimo dei cattolici illuminati, a cominciare dal suo grande protettore Celestino Galiani.

Magli, invece, sostiene che Galanti «si cuopre il viso colla masche- ra dell’abate Genovesi», ma in realtà queste idee sono di Voltaire e di Rousseau e, quindi, l’autore dell’Elogio con «baldanza» non fa altro che «seminar in Napoli, sotto l’autorità del Genovesi, l’empie dottrine de’ re- centi increduli e naturalisti». In conclusione, l’Elogio, secondo Magli, con- tiene «tutto il veleno del moderno anticristianismo»41.

Tutto lo scritto del Magli, sottolinea Galanti, è finalizzato a «rendere la

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